29 ottobre, 2012

Le somme.

Si diceva arrivasse il diluvio, che scendesse dal cielo questo mondo e quell'altro, che avrebbe piovuto per giorni e giorni. Invece un bel niente, vento sì, qualche goccia, niente di che. Ci vuole altro per chiamarlo diluvio. La settimana corta, quella che inizia il lunedì e poi c'è già una festa a metà, anche se proprio festa non è, ma ci regala un ritmo lento, quel che serve a raccogliere le idee, a fermarsi, a riflettere. Rifletto sì, penso e penso e alla fine mi fanno male gli occhi da tanto pensare, e mi frigge la testa e un pò mi arrabbio e un pò mi intristisco e poi mi dico che forse con un bel vaffanculo si potrebbe risolvere tutto e allora non mi intristirei e nemmeno mi arrabbierei che non so quale è peggio delle due, se la rabbia o la tristezza, che rabbia + tristezza, uguale, riga, fa delusione, è una somma fin troppo facile, la so fare perfino io che coi numeri non c'entro niente e infatti non sono numeri ma sentimenti e nemmeno con quelli sono brava, li rovescio, li spreco qualche volta, soprattutto l'entusiasmo, la voglia di fare delle cose, esagero, lo so, ma è così che dicono le mie istruzioni, ma chi l'ha detto poi. E' sole regalato, il lunedì mattina è pronto per essere scartato, con gli avanzi del week end sparsi un pò dovunque, la quantità di coperte sul divano la dice lunga su quanti fossimo ieri a guardare un film alla tv, c'era un vento freddo fuori e dentro il thè fumante e gli avanzi della torta di Michela e tutti rintanati sotto le copertine, quelle piccole da divano che servono per uno soltanto e che se ci vuoi stare in due ti devi per forza abbracciare, è questo il bello delle copertine che lasci sul divano, solo che se si è in mille ce ne sono una quantità poi, al lunedì mattina, da ripiegare e riporre. Lascio che la luce di fuori entri nelle mie stanze, anche quelle più nascoste, lascio che questo freddo frizzante e in un certo senso atteso, corrobori e dia vigore a tutto quello che incontra, passi fra le tende e atterri sul divano, a far le somme non sono brava, perciò cancello, ci tiro una riga e ne faccio un'altra, una mela + due mele fa tre mele, oppure calma + pace, vediamo se mi viene.

26 ottobre, 2012

Calma.

E' quel che ci vuole per una giornata come questa. Calma, che tanto è venerdì, che ci sono tutti i figlioli a casa, che tanto domani c'è una bella festa a Cuore di Maglia, che poi c'è la domenica e si può scegliere di fare quel che si vuole, anche stare in pigiama tutto il giorno e magari uscirci anche, a buttare l'umido, a cogliere le ultime rose, il pigiama è una libertà che non ha eguali, è una ricchezza che non si smette mai di apprezzare. Calma, che oggi si ha già l'ansia di buon mattino, non sarà nulla di grave, è un controllo e basta, che si deve fare e basta, come il vaccino, come l'antitetanica, come la filaria ai cani di casa, sì, tutto vero ma non è che ce n'ho tutta 'sta voglia. Calma, oggi arriverà il freddo siberiano, almeno così si legge sul giornale, emmenomale, non mi piaceva il fatto che facesse ancora così caldo, è strano eh? 26 gradi, a fine ottobre si deve andare in giro con le sciarpe di lana e magari anche i guanti, di quelli così belli come ha fatto Afef, con le stelle, ma senza dita, che sciccheria, in modo che si possano sfoggiare i colori più belli di smalto, i rossi accesi, i ciliegioni scurissimi, perfino quelli pitonati per mani da gara. Calma, magari oggi arriveranno quelle scarpe che si aspettano da oltreoceano, le porterà il corriere e ti farà firmare su quel tablet con la penna di plastica, oppure se non ti trova le lascerà sul pianerottolo e le troverai quando ritorni a casa. Calma, è un fine settimana che inizia adesso, in questo istante preciso, le cose si fanno sempre con calma e controllo, inutile che ti faccia girare la testa, inutile che ti faccia prendere dal panico, è cosa da nulla, si deve fare e si fa. Bonjour, è ottobre inoltrato, qui si gira ancora senza calze, si parla di smalti, di scarpe, di niente, perfino del tempo,  per far passare la paura.

24 ottobre, 2012

Stiro e twitto.

Tema. Stirare. A me stirare MI schifa.Cioè, non proprio che mi schifa, ma non è che mi piace. 
Ecco, venticinque errori di grammatica e sintassi in una riga sola, niente male.

Che stirare non sia pratica che mi faccia impazzire è ormai cosa nota. La trovo un'enorme perdita di tempo, eccezion fatta per le camicie del mio Sposo e di qualche Figliolo che hanno da essere impeccabile senza pieghe nelle maniche, senza l'ombra di uno stropiccio, senza niente, come tirate a piombo. Devo dire che a stirar camicie son diventata bravina, ma uno fa di necessità virtù, non  che se vai a stare al Polo debba continuare a farti schifo la granita, per dire.
Non amo stirare e perciò mi son organizzata. La radio, per forza di cose, che a guardare la tv combino guai, in realtà stirare guardando la tele te la fa passare meglio, anche se più che guardarla la senti e allora che differenza fa. Oltre a ciò, mi organizzo be sul serio per le ore che passerò attaccata all'asse da stiro, oggetto abiurato in casa mia al pari dell'abiurato stendino, ma di questo ho già parlato diffusamente.
Mi organizzo che chi non stira in compagnia è un ladro o una spia e allora, tengo lo smartphone vicino all'appretto, vicino ai fazzoletti candidi e a forma quadrata, giammai rettangolare, accanto alle magliette ben piegate da stirare a rovescio, non sia mai che si cancelli con un colpo di ferro innocente una scritta o un disegno, l'ho già fatto, ahimè, e so bene di cosa parlo. Lo Sposo Illustrissimo appartiene a quella corrente di pensiero che vuole le camicie appese, non già piegate come nella scatola ma senza gli spilli, che ancora me lo devono spiegare perchè nelle scatole delle camicie ci mettano gli spilli che è un'enorme perdita di tempo anch'essa. sia a metterli che a toglierli, per dire. Il mercoledì mattina, lassù nella casa in collina, s'ha da stirare fino alle convulsioni, fino a stramazzare a terra priva di sensi, tirandosi dietro nella caduta pure il ferro da stiro che avrà il buongusto di non cadervi sulla testa per non compromettere la già compromessa attività cerebrale, ma di frantumarsi al suolo. Esagggggerata. Però, avrei qualcosa di interessante da twittare alle mie amiche squinternate, da Instagrammare, da condividere su Facebook, così da sentirmi un pò meno sola, sommersa da quintalate di pantaloni e tovaglie e lenzuola, deh, le lenzuola, la prova provata e  perfetta che stirare è inutile come fare il letto, tanto poi si disfa uguale, se mi sentisse mia nonna mi manderebbe un fulmine a incenerire il ciliegio in giardino e allora sì che twitterei.

Le donne del 2012, quelle che stirano e ammirano obtorto collo, quelle che fan di necessità virtù, sono quelle che stirano e twittano, che mandano nel web la loro mattina grigia di nebbia illuminata soltanto dalle lucine del ferro da stiro. Sono quelle che sanno che la vita è un bel mucchio di panni da stirare, molte camicie, molte magliette, moltissime lenzuola con gli angoli, i peggiori, o le tovaglie di lino. E twittando e sorridendo, si stirano tutte.
Cominciamo con i fazzoletti però. Stamattina a tribulare non c'ho voglia.

Uso improprio di alcuni termini dialettali, ripassare i verbi, voto 4.

23 ottobre, 2012

La luna mi guarda.

Di solito leggo dei libri prima di dormire Stasera invece no. Stasera avevo ancora i giornali da leggere, stamattina non ce l'ho fatta, ed è così strano leggere i giornali la sera, è come se leggessi qualcosa di già passato, anche se li leggi sul web, per dire. Poi ho alzato gli occhi un secondo. La luna mi guardava, da dietro gli alberi, fuori dalla mia finestra, dal pezzo di cielo che vedo da qui, appena prima di dormire. La luna mi guarda, trova il modo per dirmi tante cose, è stata una bella giornata, come le vorrei sempre, è scivolata via come la sabbia nella clessidra, io ne avevo una di clessidra, una volta, con la sabbietta rosa che scendeva piano, era quella della scatola del Rischiatutto, lo avevo trovato sotto l'albero a Natale, in realtà il regalo era più per mio fratello, il filosofo di casa è sempre stato lui, a me quel Natale avevano regalato una bambola, ma guarda un pò, una bambola normale, invece io volevo la Michela La bambola Che Cammina, e mai, mai, mai che me l'abbiano regalata, quando hai uno zio che ha una fabbrica di bambole non è che stanno lì a comprarti la Michela. La luna mi guarda, in questa sera che mi vengono in mente delle cose così strane, ma belle, in questa sera che chiude una giornata normale e speciale, dove tutto è andato liscio, dove le cose hanno presa la piega che dovevano prendere, l'ho detto poco fa, inutile che tu ti sbatta, succede sempre quel che vuole, alla fine. Così, la filosofia spicciola di una sera in pigiama, che un pò filosofa la sono anche io e non soltanto mio fratello, che domani non ho grandissime cose da fare se non le solite di sempre ed è già un lusso. Starò così, come oggi, a ridere come una scema con le mie amiche, a spiegare a mia figlia chi è Bob Dylan, a cantarle Mr. Tambourine Man e a scoprire che ancora la so a memoria. Se è stata una bella giornata, sarà una bella notte, di quelle che ancora non si arrendono all'autunno, stasera faceva un tiepido gradevole fuori in giardino, sarà una notte calma e farò dei sogni chiari, non schiaccerò il mio cuore sul cuscino ma  mi addormenterò sorridendo se la luna mi guarda.

22 ottobre, 2012

L'abito di tulle.

Vorrei un abito di tulle, stamattina. Anzi, in un certo senso ce l'ho, Me lo immagino cucito addosso, colorato non so come, forse verde forse lilla. Voglio un abito di tulle che mi faccia leggera, trasparente, come ad una festa, come ad un ballo di quelli che non si fanno nemmeno più, quelli dei film, delle favole, quelli che le bambine immaginano ma lo immaginano ancora? non so. Oggi, voglio essere leggera e trasparente, voglio un pò ballare mentre stendo, canticchiare come ho fatto scendendo le scale per darmi coraggio, io il coraggio non ce l'ho mai, nemmeno la mattina presto, anzi, men che meno la mattina presto, poi magari mi viene ma la mattina presto io il coraggio non lo trovo da nessuna parte, non sotto il cuscino, non dentro la tazza del caffelatte, nemmeno lungo le scale. Col mio abito di tulle sarei fata e ballerina, passerei il Folletto in punta di piedi per darmi un tono, mi spierei nello specchio quando ci passo davanti, e ci sorriderei dentro, divertita e buffa. Il tulle non è una stoffa vera, è una stoffa che da sola fa festa e allegria, è tulle un abito da sposa, il sacchetto dei confetti, il fiocco su un regalo. Il tulle ha tanti buchini invisibili da cui lasciar passare le cose che oggi non vuoi, che chiudi fuori dalla porta facendo l'inventario delle cose belle, di questo bel fine settimana che è passato e ti ha lasciato così bene, perfino bella, le amiche del sabato e la famiglia alla domenica, la casa nuova di un Figliolo che ha iniziato una vita nuova, un cammino bello di cose morbide e luminose, che bello vedere i tuoi figli felici, specchio riflesso, fan felice anche te. Il mio abito di tulle mi farà pronta per la festa di oggi, non ce n'è nessuna ma me la faccio da sola, nessuna ricorrenza e un bel niente ma oggi non voglio pesi sul cuore, non voglio menate, non voglio trovarmi a  respirare lungo guardando fuori dalla finestra, non voglio  storie e malinconie, oggi farò le cose che devo fare una in fila all'altra, coi miei tempi e le mie ragioni, con il ritmo lento e acceso che ha questa casa, non voglio star ferma a guardarmi stare male, a pensare e adesso?, e poi? e fra cent'anni? voglio raccontarmi solo cose belle, voglio solo cose belle, normali, di magoni ne ho già troppi e li chiudo tutti nell'armadio con i maglioni pesanti e i piumini che ancora non servono, oggi serve solo un abito di tulle, una bella musica per ballarci sopra, per un giro di valzer con il gatto in braccio, attento a non sgualcirmi, micio, il tulle è così delicato.



18 ottobre, 2012

I giorni da torta.

Non sono una gran cuoca. O forse sì, la sono e non lo so. Perchè la sono a tratti. Ci sono volte che cucino per reggimenti e non me ne accorgo quasi: ragù come mi ha insegnato mia mamma, torte salate, arrosti e selvaggina, no, selvaggina proprio mai ma ci stava bene, risotti e timballi. Altre invece che anche le spinacine mi fan fatica. Ieri è stata una giornata difficile. Credo di essermi beccata il raffreddore a Udine, buuuuu, e la fai tanto lunga per un raffreddore? Beh, non è proprio così ma facciamo finta di niente. Le giornate difficili sono quelle giornate che ti senti come impantanata, che hai le gambe pesanti e la testa anche, e vabbè, c'hai pure mal di testa, ma non è che passa con il moment rosa, è un mal di testa da sovraffollamento. I pensieri sgomitano e si spingono all'interno della tua testolina, ci sono quelli morbidi che vengono schiacciati da quelli pesanti e odiosi, cosicchè i pensieri morbidi si fanno piccini piccini e stanno in un angolo e quelli orrendi invece spadroneggiano,e si fan vedere belli tronfi e prepotenti e tu non puoi farci niente. O forse sì. Puoi fare una torta. E' quello che ho fatto ieri, infatti, e devo dire che in parte ha funzionato. Ho fatto una torta semplice, con ingredienti semplici, una torta che faccio al mare, è lì che l'ho imparata, e poi la faccio quando non ho voglia di prendere i libri di cucina e leggere gli ingredienti perchè tanto la so a memoria. E' una specie di comfort food, che consola e rassicura, non so come dire. Si fa veloce, ma è bello farla lentamente, guardare le uova che girano e girano nel Kitchen Aid, poi metterci lo zucchero e il rumore del KA è un ronzio piacevole, che ripete sempre la stessa frase, lo faccio per te, lo faccio per te, lo faccio per te.

CI metti tutte le cose che devi, inforni e già a guardare dallo sportello l'impasto che diventa torta stai già un pochino meglio. Sai che quando la Princi tornerà da coro la torta sarà prontissima e ancora tiepida sul tavolo e lei ne ruberà un angolino prima di salire in camera sua. Sai già che il tuo Sposo dirà subito Hai Fatto La Torta appena entrato dalla porta di casa, perchè è il profumo  che fa di una casa qualunque la tua casa.

E' una torta semplice e farla non è la stessa cosa di comprarla.

Nei giorni magnifici mi compro un paio di scarpe.
Nei giorni difficili faccio una torta.

Questo spiega perchè,  da un pò di tempo in qua, il mio armadio delle scarpe è sempre uguale.
In compenso, faccio molte torte.

17 ottobre, 2012

Le belle sere.

Le belle sere càpitano, qualche volta, quando non te l'aspetti, o magari te lo immagini ma non osi pensare che possa essere  proprio così. Ogni tanto, ci si prende dei piccoli lussi, una specie di piccola festa privata dopo una giornata pesante e bellissima. Qualcuno ha organizzato per me una sera bellissima, di quelle che non si dimenticano, di quelle che quando sei lì ti fanno sentire beata, privilegiata, fortunata, e tutte le questioni le hai chiuse lì, fuori dalla porta a vetri, sulla ghiaia del cortile, tutti i pensieri li lasci infradiciare sotto la pioggia battente e tu te la scialli, felice. Ho passato una sera speciale con persone che vedevo per la prima volta ma che sapevano così tanto di me che in fondo, forse, eravamo un pò cugine. Sono persone che leggono qui le cose che mi passano per la testa, un pezzo della mia vita, il pezzo che racconto che è la buona parte, leggendo qui si capisce benissimo se sono felice o se ho la luna storta, se sono in pace col mondo o se mi sento soffocare. Che bella sera. Che belle cose che succedono qualche volta, che bel parlare, che bei momenti perfetti di chiacchiere e condivisione, che regali della vita sono questi. La cosa straordinaria è che loro sono proprio come me. Hanno figli coi quali si confrontano, coi quali urlano senza convinzione, hanno magoni grossi come macigni che ogni tanto saltano fuori, hanno questioni e risate, sono belle nel cuore, di quella bellezza chiara e luminosa, sorridono come sorride la gente buona, ti guardano per capirti, ridono delle stesse cose che fan ridere me, hanno gli stessi gesti, gli stessi atteggiamenti,perfino lo stesso modo di ascoltare, di vedere il mondo, la stessa ostinata forza per non farsi schiacciare, per nuotare e nuotare fino a sfinirsi, tanto sanno che l'abbraccio di un'amica renderà il loro cuore ancora leggero, perfetto, come prima, fino alla prossima nuotata. Che belle  sono le mie Amiche delle Fragole, che trovano un pò di loro stesse nelle parole che rovescio qui per stare a galla, per non farmi prendere dai magoni, per continuare a nuotare. A Sabrina, Michela e Anna Paola, per la bella sera che è stata l'altra sera, per quelle lacrime nemmeno tanto nascoste di una di loro, per quell'abbraccio forte che mi ha detto tante cose, per quella loro emozione che era come la mia, che bello emozionarsi ancora così nonostante le cose della vita ti allenino ad essere cinica e distaccata, che bello quel ridere di gusto, come a scuola, come in chiesa quando ridere non si può, che belle quelle scemenze e quelle cose tremende dette con lo stesso vigore,la stessa forza, la stessa dignità che solo le persone speciali hanno e solo pochi capiscono davvero. Grazie a voi tre, di questa festa che mi avete regalato, di questo sapere un pò della mia vita e farla un pò vostra, perchè la vostra è così simile alla mia e, ne sono certa, simile a quella di altra centinaia di donna che ogni giorno passano di qui. Non è molto, per qualcuno non sarà niente. Per me, è il regalo più bello del mondo, una carezza che non ti aspetti, l'inusuale certezza di non essere soli, il piacere sottile di stare con Genti Strane come me, che non è cosa di tutti i giorni. A voi, un bene speciale che non si spiega, un pò sopra e un pò di lato alle cose, che non in molti han la fortuna di provare,  che non in molti capiranno, ma sono sicura che voi invece sì.

10 ottobre, 2012

La Leggenda delle Rose senza Spine.

Non è tanto vero, le rose senza spine non esistono. O, se esistono, mi sa che non sono così facili da incontrare. A me le rose non piacevano, una volta. Le trovavo saccenti e pretenziose, vuoi mettere una bella margherita, un anemone viola violissimo, un grappolo di glicine? Il mio amore per le rose è sbocciato tardi, da quando ne ho incontrate sulla mia strada di quelle bellissime, profumate di limone e di vaniglia, dai petali sottili e dalla fioritura sfacciata. Mi fermo a guardare anche quelle delle aiuole della città, ho un debole per quelle arancioni, mi sa che ne staccherò un rametto, qualche volta, non vista, per averle anche io nel mio giardino, nella mia aiuola davanti a casa, così da vederle sempre, e non solo quando scendo in città. Anche in numero esiguo, tre o cinque possono bastare, infilate con grazia in un vaso, sia esso un Lalique o un vasetto riciclato della marmellata, le rose danno il meglio di sè, rendendo regale anche il più triste dei tavoli e delle scrivanie, un centrotavola da giorno di festa, un regalino per un'amica, anche se avvolte nella stagnola, che ci fa. Ma per le rose si paga pegno. Non è raro pungersi, nel coglierle. Bisogna aver mestiere, metterci tutta la calma e tutta l'attenzione possibile, è cosa da nulla, certo, ma la puntura improvvisa di una spina di rosa non è certo un regalo.

Le Rose senza Spine crescevano selvatiche e bellissime nell'aiuola accanto al tiglio, proprio vicino a una panchina di legno scrostata, lì da chissà quanto, dove tanti amanti avevano inciso le loro iniziali per dire che sì, il loro amore sarebbe durato per sempre. Le Rose senza Spine avevano petali profumati, di quel profumo che si sente solo se socchiudi un pò gli occhi, e sorridi piano, come a non perderne nemmeno una nota, nemmeno un soffio. Crescevano, abbarbicate le una alle altre come in un lunghissimo, intricato abbraccio, boccioli e fiori, foglie e rami. Coglierle sarebbe stato uno sgarbo a tanta bellezza a tanta impareggiabile, profumatissima armonia. Ma quella mattina c'era bisogno di loro. A rendere colorato un risveglio, sistemate con cura accanto alla scatola dei biscotti, le Rose senza Spine con loro portamento regale davano alla giornata che stava iniziando il profumo dolce della vaniglia, il frizzante discreto del limone, perfino la seduzione dell'aroma della liquirizia. Coglierle, in fondo fu semplice. Le Rose senza Spine nascondevano un segreto. Le spine le avevano eccome, solo, col le loro foglioline coriacee, piccole ma robuste, facevano in modo che nessuno al mondo mai potesse pungersi, per regalare al mondo la loro bellezza senza far soffrire nessuno. Così, chi avesse voluto bearsi della loro vista e del loro profumo, doveva solo avere l'accortezza di schivare le spine, nascondendole sotto le foglie, e non si sarebbe ferito.

Spine e rose del giardino di ognuno, spine e rose nella vita di tutti.
Trovate nel vostro giardino rose profumate. Se hanno spine, e ce le avranno di sicuro, coglietele con delicatezza, avendo cura di nasconderle, ignorarle , prendendo i fiori dal verso giusto, dal gambo più in cima, vicino alla corolla.


La Rose senza Spine sorridevano dall'aiuola accanto al tiglio. 
Ancora una volta, qualcuno aveva scoperto il loro segreto.

08 ottobre, 2012

I colori della nebbia.

C'è solo al mattino presto, quando si scende in città per accompagnare la Princi a scuola. Poi si dirada, si scioglie, và via, o forse ci si abitua ad averla davanti e non la si nota nemmeno più. E' una settimana nuova lassù nella Casa in Collina, pochissimi i suoi abitanti, il minimo storico, oserei dire, ma inutile star lì a frignare, è così e basta, non facciamola tanto lunga. E' una di quelle settimane che iniziano pianissimo, lentissime, ma che poi alla fine ti centrifugano per bene, ti sbattono come polpi sullo scoglio, e ti lasciano stremata e dolorante. Non ci si perda d'animo, non ci si fermi per nessun motivo al mondo che sia uno. L'autunno è una stagione strana, la puoi amare o odiare di gusto, puoi lasciarti affascinare da quell'umidità, dallo scoprire che forse il golfino di cotone per chiacchierare un pochino sotto gli alberi della piazza con la tua Amica delle Lampadine forse non basta più. Puoi accogliere questa stagione lenta con un sorriso di benevolenza o con uno scatto d'ira, imprecare contro la nebbia e il freddino, contro un cielo di seppia, contro tutto il mondo, oppure ancora far finta di niente, seguire l'andare delle cose, plasmartici loro addosso (!), prendendo la loro forma, adeguarti senza rassegnazione, non sia mai!, ma con una specie di seducente accordo, a dire, va bene, mi prendo il mio tempo, i miei tempi, soddisfo ogni singola esigenza, non mi sbatto come un polpo sullo scoglio ma faccio le cose per bene, mi volete ansiogena, ansiosa, schizzata e angosciata? Mi dispiace, non oggi. Oggi mi coccolo con questa nebbia e queste foglie, mi godo il primo freddo umido e insidioso di questa città, mi faccio compagnia con la musica che mi piace, con i colori dei gomitoli, ho sistemato la cesta dei filati preziosi e quel che ne è uscito è un capolavoro di bellezza e di armonia, cosa diventeranno non lo so ancora, ma non è importante, la cesta dei gomitoli dà, alle squinternate come me, un piacere degli occhi che si allunga fino ad accarezzare l'anima, anche la più acciaccata. Perciò, faccio tesoro delle chiacchiere mattutine e mi sorrido, non c'è niente che mi turba, non il freddo e non la nebbia, se guardi fuori un pochino c'è, ma se guardi fra due minuti, vedrai, è già sparita.

05 ottobre, 2012

Tenersi insieme.

Un giorno o l'altro ricorderò anche chi me lo ha detto, Tieniti Insieme, che non è la Clara, di Bergamo Alta, perchè gliel'ho chiesto stamattina al telefono e no, non è lei. Chiunque sia, voglio ringraziarlo per avermi insegnato un'espressione che mi piace così tanto e che mai come stamattina mi è servita per continuare la giornate. Tenersi insieme, da sè e insieme agli altri, in un mondo che non è un bel mondo, dove le notizie cattive superano di gran lunga le cose belle, ma non è vero, in fondo, bisogna forse abbassare lo sguardo, o alzarlo del tutto, non guardare nel fango e nemmeno sulla luna, nè sassi nè diamanti. Non è un bel momento per nessuno, è un mondo che va osservato per bene per capire dove finirà e forse nemmeno ci riesci così. E' un mondo che ti ruba tutto, la bici, il computer, l'anima, se non ci stai attento, ma quella no, nemmeno per sogno. Rimango così. Mi tengo insieme con le cose che ho, e mi faccio ciclope di forza e profeta di saggezza, a dire Andrà Come Deve Andare, senza frignare come una scolaretta, sorridendo così tanto che mi fa male la faccia, ma funziona, funziona sempre.

 Mi tengo insieme con i miei di casa, i cani sul divano un pò sdrucito, il gatto malaticcio. E Loro. La mia ricchezza più grande, il mio tesoro nascosto, le mie gemme purissime. Mi tengo insieme perchè nient'altro c'è da fare, mi tengo vicino ai miei di fuori, gli amici più cari, così pochi da stare intorno a un tavolo, ma così vicini e sinceri. Mi tengo insieme con le mie amiche, e anche a loro vorrei dire di tenersi insieme, loro stesse e insieme a me, che un tablet rubato si ricompra, e che mi dispiace dei pensieri pesanti di una di loro e che vorrei alleggerirle quella gerla di ansia e tristezza che ha sulle spalle, e che già le ho detto che andrà tutto bene e che siamo tutte lì vicine a lei. Ci sono piccole cose per tenersi insieme, per guardare dalla stessa parte e dire Andrà Meglio, una pasticceria nuova di zecca dall'altra parte della piazza, un momento perfetto di chiacchiere al telefono, una coperta caldissima che è quasi finita per il mio Figliolo più grande, una sorpresa in un pacchettino bianco da parte di un'amica nuova. Ci sono momenti nella vita di ognuno di ognuno che la strada sembra piena di sassi e di spine e il fatto che sia così per tutti non è certo di conforto ma almeno, un pochino aiuta.

Continuerò a sorridere, è la cosa che so fare meglio, e anche quando la vita mi avrà rincorso, raggiunto e messo con le spalle al muro e rubato tutto, la borsa o la bici o il portafoglio, non lascerò che rubi anche la mia anima e i miei pensieri leggeri, i piccoli lussi da niente che fanno di un giorno normale un giorno speciale e  poi le cose passano, l'estate, il temporale, l'odore di fritto sulle scale, passa tutto, anche i momenti difficili come questo, e allora, tenersi insieme, e sorridere, sorridere, finchè non ti fa male la faccia.

04 ottobre, 2012

Mentre asciuga il pavimento.

Il momento è quello più atteso della mattina. Si è in pista dalle 7 scarse, quando si è stirata al volo una camicia per un figliolo che doveva per la prima volta affiancare il padre in un impegno ufficiale. In questa casa, le cose sono sancite dall'abbigliamento: e in particolare, questo Figliolo qui, quando mette la camicia, o ha un esame o ha qualcosa di importante da fare. E infatti. La mattina da casalinga s'impone dopo un bel pò di giorni passati in giro, lavatrici stese e non stirate, accumulate alla bell'e meglio in un lettino singolo che una volta fu di una collaboratrice domestica,  mai rimpianta abbastanza, non che sia morta, certo che no, ma tornata nel suo paese d'origine per sposarsi e fare figlioli.  Rimpianta, rimpiantissima perchè adesso quel che faceva lei lo deve fare la scrivente, ed è vero che non siamo più in 7 ma in 4 scarsi, e che un figliolo va di qui e uno va di là, che con le mie Amiche dico spesso che avere un aiuto in casa è troppo fuori moda, ma accidenti, quanto mi verrebbe comodo adesso. Così, vado di piumini e lavatrici e ferri da stiro e pavimenti. L'aspetto migliore del lavare un pavimento è quando esso stesso deve asciugare. Tu ti metti lì e aspetti, un pò come si fa con lo smalto. Sono 10 minuti di stop, che si possono impiegare a discrezione. In realtà si potrebbe salire al piano superiore e continuare nelle faccende, ma si fa finta di niente e  si dice, fra sè e sè, Aspetto Che Asciughi e Poi Ricomincio. Serve a rigenerarsi, magari a bere un caffè scaldato nel microonde, dacchè la caffettierona si fa al mattino presto e quasi mai si finisce tutta. Si possono rivedere i giornali, sbirciare le mail, qualche volta fare due giri di maglia, giusto così, se si ha sui ferri una cosa da finire in fretta. Aspetto Che Asciughi il Pavimento è una dichiarazione di pace, una specie di armistizio nelle faccende domestiche, che non è che siano proprio 'sta gran cosa. Ogni tanto si dà una controllatina, ecco, è quasi asciutto, e con un lieve disappunto si smette di fare quel che si sta facendo e si torna mestamente alle faccende di casa. Ecco. A chi mi chiedeva, Ma Quanto Ci Metti A Scrivere rispondo così, Mentre Asciuga il Pavimento. La prossima volta però, strizzo di meno il mio MocioVileda. Così ho più tempo.

02 ottobre, 2012

La Festa Promessa.

Il mio compleanno, da qualche tempo in qua, mi mette allegria. Non come prima, qualche anno fa portava con sè una serie di brutti ricordi, molto tristi e pesanti, i più tremendi della vita, quelli che non si dimenticano, mai, dovessi campare tremila anni. Invece, ho fatto pace con questo 2 ottobre, così vicino al giorno più triste della mia vita, la festa promessa e mai fatta,  povero compleanno,  non ne può nulla di quello che è successo,  e allora da un pò di anni in qua mi diverto e faccio di tutto per passarlo nel modo che mi piace di più, avendo l'immunità fino alla mezzanotte, e potendo fare quel che più mi aggrada, ovviamente sempre nei limiti della legalità e della decenza. Non faccio bilanci, non tiro le somme, non dico un bel nulla. Rido e basta, cerco di essere il più leggera possibile, metto da parte per un pò le cose che non mi piacciono e faccio cose semplici, le rose d'autunno al mattino presto, la colazione lussuosa, una pizza con la mia Amica d'oltreoceano e la mia figliola, dacchè tutti i maschi della mia casa son sparsi per il mondo. E poi, la festa. Anche con la festa di compleanno ci ho fatto pace da pochissimo, sembrava non ne avessi diritto, sembrava facessi peccato, sembrava che fosse una cosa proprio da non fare, non io, non in questo periodo dell'anno.

Voglio dire grazie a chi ha festeggiato con me  oggi, per telefono o di persona, nel modo più semplice che ci sia eppure il più bello, il più perfetto, certamente il più gradito, il più grande.
A chi ha condiviso una giornata normale facendola diventare un pò speciale, l'ho detto perfino al panettiere, E' Il Mio Compleanno.

Lassù, da dietro le nuvole, so che qualcuno ha sorriso.
La festa promessa la faccio ogni anno.
Lo so non è uguale, ma faccio finta che.

Perciò, buon compleanno a me, che lo è ancora fino a mezzanotte, ho l'immunità e posso fare e dire quello che voglio e saltare e ballare e ridere ridere ridere come una scema. 
Da dietro le nuvole, il sorriso si fa calore e infinita mancanza, la festa promessa si vede anche da lì.

01 ottobre, 2012

Quattroggiorni.

Sono stata in vacanza.
Sono stata fuori.
Sono stata via.
Lontano.

L'edizione 2012 di Manualmente, la fiera della creatività di Torino, si è conclusa ieri sera, sotto un cielo bellissimo a onde scure, con una luce già autunnale e un pò decadente, ma che sussurrava promesse di cose belle e giorni chiari.
E' stata una festa vera.
Eravamo lì per la quinta volta e nemmeno ci sembrava vero, Cinque Anni? Ma Davvero? Essì, davvero, Cuore di Maglia è presente lì, sempre allo stesso posto, con le panche scomode, il tavolo in disordine, i gomitoli e le fotografie, e la gente, quante gente che è passata da noi. Ma non davanti, proprio da noi.
Delegazioni di amiche con vassoi di leccornie e di sorrisi e di abbracci che "manco un parente"  come dice Anna, e poi tante chiacchiere e ridere, ma ridere davvero, così contente di essere lì, un pò in gita, un pò in vacanza, la fatica e la stanchezza ma cosa sono, fuori e lontane da tutte le questioni, da tutti i pensieri, da tutto davvero. E' stato come avere il pass per un pò di sereno, ecco, io ce l'ho ed entro a stare bene, a rivedere persone che non vedo mai, magari e che vedo solo qui, e a twittare immagini e cose e sorrisi e sorprese e regali impossibili e lucciconi a leggere il biglietto. 
Così grazie.

Quattro giorni non sono nulla e sono tantissimo, quattro giorni sono un week end lungo, una gita, una fuga da chissachè. A smontare tutto c'è sempre un pò di malinconia, tutto si riduce a scatole vuote, a scatoloni e nastri buttati via, a carta stropicciata e dentro niente. Rimane e la certezza di avere fatto il pieno di cose belle ed energia, di positivo, di carezze e di anime speciali, di genti strane come te che come te son spaesate e un pò stranite, ma che non perdono tempo a farsi schiacciare.  Le cose di fuori sono rimaste uguali, ma forse si avrà il buon gusto di guardarle in un altro senso, girarle un pò, guardarle in obliquo e poi di sbieco, finchè non perdono tutto il loro significato e della loro pesantezza non resta che una carta stropicciata e dentro niente.

Grazie a chi c'era.

27 settembre, 2012

Manualmente 2012.

E' uno degli appuntamenti irrinunciabili per tutte, irrinunciabile per Cuore di Maglia.
Per il quinto anno consecutivo saremo a Manualmente, e colà vi aspettiamo.
Fra pochi minuti partirà una diligenza carica di gomitoli e cose e idee e corsi e progetti nuovissimi.
Siamo là, nello stand enorme, il più grande di tutti, davanti al bar.
Seguite il Cuore.
Come sempre.

Manualmente
Lingotto Fiere - Torino
Dal 27 al 30 settembre 2012.

24 settembre, 2012

Le Genti Strane.

Che son strana me lo sento dire da un bel pò. Forse non ho ancora capito bene se è un'offesa o un complimento. Diciamo però che esser strana mi piace. Che poi, cosa voglia dire non so. Stamattina, ho avuto modo di pensarci, o meglio, me ne hanno dato modo. E che bello è stato pensarci un pò. Le genti che son stranI sono quelli che parlano anche coi muri, che sorridono anche ai cani, che guardano con nostalgia i bambini nei passeggini e fanno loro le smorfie e puoi capire se la loro madre è strana o meno dal modo in cui ti guarda: se ti strafulmina non è strana per niente, se invece sorride è un pò strana anche lei. Le genti che son strane hanno sempre un momento per te, non rispondono mai Vado di Corsa, ma si fermano anche a costo di correre e correre, dopo. Le genti che son strane le puoi vedere la mattina presto, vestite metà di pigiama, spesso la parte di sopra, qualche volta la parte di sotto, quasi mai tutt'e due. Oppure vestite di puntissimo per il compleanno di un'Amica. Le genti che son strane hanno il cuore colorato, questo non è sempre un bene, anzi non lo è mai: esse si prendono certe lorde in piena faccia, figurate, s'intenda bene, ma che fanno male come e più di quelle vere. Le Genti Strane leggono molto, imparano a memoria canzoni e poesie, conservano dei fiori seccati fra le pagine dei libri, ascoltano molto, parlano molto, sorridono molto. Le Genti Strane saccheggiano le bancarelle dei gioielli del mercato, e quel ciondolo che può sembrare un cuore preziosissimo è in realtà un cuore farlocco di latta purissima, il cui valore non supera i 4 euro. Ma luccica tanto, è un cuore che sa, è un cuore che riflette il sorriso di chi lo guarda e che dice Ma Che Bello. Le Genti Strane non piacciono a tutti, piacciono solo ad altre Genti Strane, che capiscono, che comprendono benissimo e sanno, sanno già tutto. Le Genti Strane trovano raramente altre Genti Strane, circondate come sono da Genti Normali, di quelle un pò finte, che se la credono e che te la spiegano. Quando una Gente Strana incontra un'altra Gente Strana è proprio bello, perchè ti dicono Ma Sei Tu Quella Delle Fragole e tu ti illumini e dici Massì che Sono Io, e forse come le fragole diventi rossa ma è una sensazione così perfetta anche se dura pochissimo che ti fa dire che forse tanto strana non sei se le cose che pensi e che scrivi gli altri ti dicono Uguale a Me. Quando una Gente Strana incontra un'altra Gente Strana, la giornata è diversa e più morbida, e allora sei contenta di così poco che però è tantissimo, e allora corri a lucidare quel ciondolo a cuore di latta farlocca, perchè la prossima volta, luccichi di più.
Grazie, Raffaella, per il tuo saluto di stamattina. 

23 settembre, 2012

Aspetterò.

Aspetterò l'autunno. Mi sono accorta di averlo cercato, stamattina, guardando fuori, il prato è ancora verdissimo e nessuna foglia, l'acero non è ancora rosso come vorrei, e fuori le rose stanno ancora fiorendo e fiorendo, non so bene come, le ho potate io non sapendo da che parte cominciare, il giardiniere mi ha spiegato mille volte, Deve Contare, ma come si fa a contare, non si fanno i conti con le meraviglie, non è possibile contare per tagliare bene le rose, non mi sta in testa. Ho tagliato a muzzo, come viene viene, e devo averci preso, se oggi ho raccolto delle rose così belle. Aspetterò. La nebbia arriverà prima o poi, non che ne senta la mancanza ma mi piace, è come una protezione da tutto il resto, una coperta che ti separa dalle cose che non vuoi vedere, dai rumori che non vuoi sentire, e se ti avvolge dentro ancora meglio, vuol dire che hai cose che non vuoi vedere nemmeno lì. Aspetterò il freddo, ancora ci si ostina a stare leggeri, infatti si sta bene, al massimo un golfino, uno scialle avvolto bene per non prendersi il mal di gola, zero calze, ovvio, è un bel clima, questo qua, Aspetterò che faccia autunno secco, quello bello, quello romantico e un pò decadente, con le foglie che fanno rumore e il respiro che si vede, quando non si potrà più andare in Vespa perchè dal freddo ti lacrimano gli occhi, ed è una sensazione che mi è sempre piaciuta, in moto ci sono andata tanto e l'ho riscoperta quest'estate, e ricordo sempre benissimo quando ci andavo in questo periodo dell'anno perchè fra poco è il mio compleanno e so per certo che tempo fa e faceva e cosa ho fatto in tutti o quasi i compleanni della mia vita, e chi c'era e chi non c'era, e chi c'è stato e adesso non c'è più, e chi invece non ci ha mai voluto essere, peccato. L'inizio dell'autunno ha un fascino che pochi comprendono, di solito i più scentrati, che provano soddisfazioni e piccolissime gioie quotidiane, che studiano antidoti contro il male che c'è, contro il triste che c'è, i pensieri e le menate e allora che bello la coperta sottile in fondo al letto, gli amici da vedere per la festa di inizio autunno, inventata un'ora fa, il buio che scende piano, i figlioli e tanti progetti e tante cose da fare,  molte da desiderare, difficili magari ma che arriveranno, lo so, e se non arrivano subito non è importante, aspetterò.

18 settembre, 2012

Nel cuore no.

Nasco disordinata. Approssimativa. Sparsa. Ho cose dovunque, siano esse vestiti, matite, trucchi, orecchini, ricevute, medicine. Trovo cose che credevo perse da anni in posti che mai avrei immaginato e che certamente sono stata io a mettere lì, ad appoggiare un attimo, magari a nascondere, l'anello di mia nonna con l'ametista non lo trovo da 5 anni ma so che è qui e che prima o poi salterà fuori, l'ho nascosto così bene. Ora, mi è venuta voglia di ordine. Di pulizia, non nel senso detergente della parola, ma di essenziale, chiaro, sgombro. E' cosa ben difficile in una casa come questa, dove si è sempre un numero imprecisato, almeno 3, qualche volta 11, al completo 7, una volta 19. E non parlo di feste o pranzi speciali, era un giorno qualunque, amici di amici, così. Oggi, ho deciso di dedicarmi all'ordine, di togliere finalmente la pila di libri accanto al divano, e sul comodino e la fila di scarpe davanti allo specchio, a me le scarpe piace vederle, non ne ho nessuna nelle scatole, sarò malata, chissà. E metto in ordine l'armadio delle lenzuola e quello delle coperte, dividendo quelle che ho fatto io da quelle di pile dell'Ikea, quelle natalizie da quelle comuni, per così dire. Sgombro la poltrona dal mucchio di vestiti che ci butto distratta, prendo un cestino e ci raccolgo  le collane e tutti quei braccialetti e gli anelli per niente preziosi ma che fanno così scena, e le monetine e le chiavi al loro posto, ma che posto hanno le chiavi non si sa. Stamattina è la mattina dell'ordine, delle cose pulite, ci ho provato tante volte, ed è preoccupante quanta meticolosità ci metta a riordinare e in quanto tempo tutto ritorni come prima o quasi, un giorno e mezzo, forse due. Vale la pena di provare. Devo aver letto da qualche parte che si mette ordine fuori per aver ordine dentro di sè, e chissà quanto ci metterò con la baraonda assoluta che mi trovo ad avere da qualche tempo in qua, in testa, addosso. Nel cuore no. Nel cuore non ho confusione e disordine. Nel mio cuore tutto è allineato e perfetto, ognuno ha il suo posto, il letto ben rifatto, gli scaffali spolverati, c'è perfino una musica di sottofondo, un buon profumo. Il mio cuore, nonostante il rumore di ferraglia e traffico che c'è fuori, nonostante il buio e i tuoni e gli uragani, e la gente  che urla e si incattivisce, se ne sta tranquillo, lindo e pulito, con tutte le persone e le cose ben al sicuro al suo interno. Fuori, succeda quel che vuole succedere, ci sia pure ogni tipo di rivoluzione e di casino, ci sia polvere e confusione, spine e fuoco. Nel cuore, nel mio cuore, no.

17 settembre, 2012

Gli allenamenti dei Maya.



Han previsto sfaceli, inondazioni, maremoti, fine di mondi, e altre amenità per il prossimo 21 dicembre. Mancano 3 mesi circa, e come ogni evento, si comincia a fare le prove, del genere Cerimonia Inaugurale Olimpiadi. Serviva un luogo, una palestra, una location, dove provare effetti speciali, dove dire Questo Va Bene, Questo Invece No. Han scelto me, me e la mia casa, detto Ok, proviamo con quella, c'ha pure il giardino.

La serie di eventi diciamo sfavorevoli che da un mese in qua mi perseguita, continua senza sosta. So benissimo che i Maya non c'entrano, si stà a scherzà, ma in effetti, l'infilata di grane, questioni, pasticci, piccoli incidenti, guasti agli elettrodomestici, rotture di cristallerie e via così, un pò me lo fa pensare. O che qualche fattucchiera abbia bollito in un pentolone code di rospo, zampe di ragno ecc. e abbia preparato un intruglio malefico solo per me. Potrebbe pure essere. Io cerco di non farmi troppo prendere dagli eventi, anche se, c'è da dirlo, qualche volta è fin troppo difficile mantenere la calma, mantenere il controllo, dirsi Massì, Dai Che Passa. Passerà di sicuro, c'è solo da capire bene quando.

Nel frattempo, ci si organizza un pochino.

Qualche evento mondano, l'inaugurazione di WoolCrossing sabato e la KnitMerenda di domenica hanno fatto la loro parte nel tirarmi fuori dallo stagno, dalle sabbie mobili, e non mi viene in mente nient'altro che si possa dire. I Maya facciano quello che vogliono, son genti che anche a loro bisogna lasciarci fare quello che vuole, compreso scompaginarmi il blog e bloccarmi con un mal di schiena mai avuto in vita mia, compreso quando aspettavo i figlioli e di figlioli ne ho aspettati un certo numero, per dire.

Si inizia la settimana guardando bene, frugando compulsive come quando si cerca qualcosa di prezioso che si crede di aver perso, alla ricerca di una cosa bella, o se non bella almeno gradevole, normale, luminosa nel buio che c'è.

I Maya son genti buoni alla fine, le prove degli sfaceli possono andarli a fare nel campo qui dietro, se vorranno, nelle pause preparerò loro un caffè e qualche biscotto, così, per rifocillarli un pochino, ma per piacere, che spostino le loro mire da un'altra parte.

Fortunata come sono, scoprirò che i Maya odiano i biscotti e che il caffè li rende nervosi. Non sia mai.

p.s. Per il blog disordinato ci sto lavorando e con me la Fosca. Ma anche lei, mi sa che dà la colpa ai Maya...

12 settembre, 2012

Anche per me.


I gessi e la lavagna. I quaderni nuovi e nuovo il diario, forse la cartella, certamente l'anima, un anno in più, un altro primo giorno di scuola, un'altra di quelle ansie meravigliose, mi mancano un pochino, le baratterei volentieri con le mie, che in questi ultimi giorni si sono fatte più insistenti, striscianti, villane e che non passano. Non mi serve nulla, non ho bisogno di nulla, ma il mio cuore si è come arrotolato su se stesso, i cuori non si arrotolano ma il mio sì, gira e gira come i mulinelli nell'acqua, l'ingorgo del lavandino. Primo giorno di scuola, rientrati a notte fonda, la Princi è andata a scuola che profumava ancora di mare e di sole e di tutto quel blù e quella sabbia. Primo giorno di scuola anche per me, ad esercitarmi, a prepararmi a un altro inverno come tutto il mondo, a studiare le situazione, a fare i conti con le vicende e i malumori e le cose pesanti, la vita non ne risparmia a nessuno, ci sono solo diversi soluzioni alle equazioni, quelle da fare sul quaderno a quadretti e mai, mai, mai che me ne fosse venuta una al primo colpo, mai. Ci sono equazioni che non si risolvono e altre che invece sì, con una scrollata di spalle o con un lavoro di fino, ci sono compiti che ti piace fare e altri che nemmeno per sogno, ci sono poesie da imparare a memoria e libri da leggere, la storia, sapere gli affluenti, gli stati del Canada, di potassio ce n'è uno, la fisica, Azzeccagarbugli, i complementi, to do/did/done, il Congresso di Vienna. Ho lezioni da imparare molto diverse da queste qui, ho cercato di studiare in vacanza ma il mare mi ha rubato i libri e non ho fatto niente, non sono preparata, svogliata e ferma e stropicciata, e il cuore, stupido muscolo che non sopporto, nemmeno suggerisce, nemmeno mi passa un bigliettino e non mi chiami alla lavagna, no, che non so fare niente, non sono niente, alla lavagna si viene con gessi colorati e io ne ho soltanto di neri a sporcarmi le mani.

09 settembre, 2012

La tazza rotta.


E' incredibile come la vita di ciascuno sia costellata da gesti simbolici, più o meno voluti, più o meno coscienti. Stamattina ho buttato una tazza. Una tazza di New York. Una tazza di New York rotta. Niente di speciale, niente di apparentemente rivoluzionario: nelle credenze di tutti si trovano zuppiere sbeccate, bicchieri incrinati che non si ha cuore di buttare e che ivi restano, magari un pò in fondo, un pò nascosti, ma che lì rimangono per anni. Fino a quando. Fino a quando non si prende coraggio e non si decide di buttare via senza pensarci troppo. Tutto questo preceduto dal domandarsi, Perchè Tenerla. Già, perchè. Perchè conservare tazze sbrecciate che fanno tristezza, nemmeno utili per tenerci i fiori o le penne. Le imperfezioni salterebbero subito agli occhi e allora, addio armonia.

Ho deciso mezz'ora fa che è tempo di cambiamenti, di piccolissime, enormi rivoluzioni personali, di cambi di registro, come è andato di moda dire in questa casa durante questa strana estate.

I cambi di registro sono pratiche costose, in termini di adattamento e prima ancora di coraggio nell'attuarli.

Eliminando zavorre, pensieri tristi, financo persone e situazioni, si avrà la sensazione di camminare più spediti, di scivolare un pò di più sulle cose, di evitare, laddove possibile, inutile malinconie e ansie e tristezze, e alterchi e depressioni e rabbie improvvise e pianti nascosti, questi ultimi fin troppo annunciati.

Certo non sarà facile.

Nel frattempo, ognuno cerchi nella sua credenza una tazza incrinata.

E' da lì che si comincia.

07 settembre, 2012

Cactus.



Le mattine di questa inusuale, ritardataria, strana vacanza sono dedite alle più svariate attività. Del mare ci si nutre diciamo dopo le 13 o giù di lì, si sceglie la spiaggia più lontana e deserta, isola nell'isola, i turisti sono proprio pochi in questi giorni, molti si sono spaventati dal nubifragio dei giorni scorsi e sono tornati in fretta e furia in continente. Si scende al mare tardi e tardi si rientra, il tramonto di questa stagione ha colori impagabili e perfetti. Stamattina ci si è dedicati a un giardinaggio d'impulso, di quelli che t'acchiappa e via, lo devi fare. Ingredienti: un vaso di vetro di quelli lunghissimi, una raccolta di conchiglie minuscole, che il mio Figliolo Sotto Test e uno dei suoi compagni di merende hanno messo insieme in queste vacanze appena passate e che mi hanno fatto trovare, trionfanti, sul mio comodino, ben stipate in una bottiglietta vuota di acqua Smeraldina frizzante. Il resto, si reperisce facilmente, basta fare un giretto oltre le rocce, e raccogliere qualche rametto di pianta grassa e minuscole foglie di cactus. I cactus sono una passione recente, non so nemmeno ancora se sono una passione o che cosa, mi piacciono, li guardo, mi stupisce come possano vivere di così poco, come sembra sempre che stiano dormendo o sonnecchiando e poi, voilà, trovi fra le spine un fiorellino o una nuova fogliolina spinosa. Le spine dei cactus non sono come tutte le altre. O almeno, non tutte. A cogliere le foglie cicciarde dei cactus dietro casa mi si sono riempite le mani di spine sottilissime, infide, invisibili. Non te ne accorgi ma ci sono, non si tolgono tanto facilmente come quelle dei ricci, se ci passi il dito le senti eccome.

Il mio vaso coi cactus è pronto. Non è perfetto, la sabbia ha quasi completamente ricoperto le conchigliette, ma nel complesso mi piace. I cactus sopravvivono a tutto, l'anno prossimo saranno vigorosi e moltiplicati, nel loro cilindro di vetro. Le spine andranno via da sole, prima o poi, tutte le spine vanno via. Anche quelle sottili, quelle invisibili, quelle che non si riescono a togliere in nessun modo. E non fanno nemmeno tanto male.

Basta solo avere l'accortezza di non passarci sopra il dito.

01 settembre, 2012

Nonostante, il Glicine.

Nessuno sapeva della sua esistenza. O forse sì, molti anni prima, quando ancora la casa non era la casa di ora. le case passano attraverso il tempo, passano di gente in gente, di famiglia in famiglia, in ogni casa c'è un pò di storia e di dolore e di allegria, di tenerezza e amore, tanto amore, quanto, ma quanto. Si era voluto togliere tutto il verde, la natura lasciarla fuori, intatta e bellissima, perchè catturarla e tenerla lì. Poi, un giorno, dopo anni, due foglioline sono spuntate da sotto il pavimento, contro il muro rosa. a dove prendesse nutrimento e chi lo sa, e dove avesse le radici, nemmeno. Ieri una sorpresa, un pò anticipata dai figlioli che sono qui da un bel pò. Innaffiandolo con cura, parlandoci anche, scrutando con soddisfazione ogni nuova fogliolina mi avevano detto che, sì, davvero  il glicine era cresciuto un botto e che aveva già un tronchicino sottile ma robusto. L'anno prossimo, forse fiorirà. Il glicine ha una storia a parte, come è a parte la storia di questa casa e di tutte le persone che da qui si sono trovate a passare, a restare, a sorridere, a piangere, anche, a stare bene e a stare male, nell'ineluttabile verità che fa la storia del mondo. E quante lune piene e maestralate e piogge battenti e temporali e stelle cadenti e caldo torrido e sole, sole, sole da ogni parte e luce e buio e profumi di mirto e di foglie e di mare. Il glicine ha sfidato il legno e le rocce, e la siccità e la mancanza di luce ed è salito sù, chissà da dove ed ora è qui, verdissimo, sorridente perchè i glicini sorridono a chi sorride loro.

Alla fine, le cose della vita, di tutte le vite, della vita di ognuno, vanno tutte dove vogliono andare, nonostante il secco e le pietre, nonostante il buio e il vento e la neve e il gelo, nonostante  i sassi e la grandine, e le lacrime, i magoni e la solitudine e la paura. E tutto quello che ce la metteva tutta per non farlo sorridere come ora. E a chi ci si mette per non far sorridere te.

Al glicine, fu messo nome Nonostante.

27 agosto, 2012

E otto!

L'estate duemiladodici, questo è sicuro, verrà ricordata oltre che per le Olimpiadi, una macchina sfasciata e le vacanze brevi, certamente anche per la quantità di progetti di knitting che si sono portati a termine. Complice uno Sposo molto impegnato e una Figliola rimandatissima, ci si è organizzati e si è dato il via a una vera e propria produzione seriale di scialli Abyssal di ogni genere, foggia, colore e filato. Qualcuno regalato, moltissimi per la scrivente e la Figliola Fedifraga. Un progetto di knitting ha dei risvolti che non si immaginano nemmeno, se non ci si ferma a metterli a fuoco per bene. Molti pensano che si inizi dal modello. Niente di più falso. Un progetto di knitting che si rispetti inizia dal filato. E ben lo sanno le squinternate, quelle di Qui e quelle del Resto del Mondo,  sdilinquite per gomitoli, matasse e affini. Ne sono prova tangibile gli armadi, le cassapanche, i cassetti, financo le scansie in cucina piene zeppe di meraviglie colorate dai nomi blasonati o da comunissime matasse scovate chissà dove, dal mercato al web. La scelta di un filato non esiste, è lui che sceglie te, pavoneggiandosi sullo scaffale, brillando più degli altri nel cestino, facendosi languido e morbidissimo al tatto, il gomitoli si sa, conosce bene la sottile arte della seduzione, sa benissimo che per niente al mondo mai te ne potrai andare dal negozio, allontanarti dal banco senza di lui. Ancora non sai che cosa ne farai, l'importante è averlo. Più tardi, a casa, mentre lo sistemerai accanto agli altri forse ne avrai già un'idea su cosa diventerà o forse no, non è questo l'importante. Il secondo step è il modello. Anche qui, nessuno o quasi fa una ricerca capillare, non si confronta, non si misura, non si soppesa se questo o quello. Si vede e si dice, Ecco, Farò Questo. Senza retropensieri, senza dissertazioni, senza tentennamenti. L'estate del duemiladodici ha segnato una produzione straordinaria di scialli in seta e cotone, e già si pensa ai filati dell'autunno, qualcuno azzarda anche smalti abbinati ma sono sottigliezze. In questa mia estate così strana ho avuto tempo e modo di lavorare tanto a maglia, cosa che mi piace, rilassa, conforta, solleva, estrania, concentra, diverte, appaga. Inscindibile da essa, il progetto Cuore di Maglia, che si avvia trionfante a compiere 5 anni il prossimo marzo. E tutte le persone che girano intorno a tutto questo.

Un progetto di knitting nasce da un gomitolo accarezzato in un negozio.
Tutto quello che viene dopo, è puro lusso.
Grazie, Anna, per gli stitchmarker col cuore.

25 agosto, 2012

I sabati d'agosto.

Sono quelli che passano più lenti, quelli di cui t'innamori quasi da subito, quando ti sorprendi a scrutare il cielo, Dicono Che Pioverà, eppure ti ostini a girare in Vespa, due gocce di pioggia e chessarammai. I sabati d'agosto hanno un gusto retrò di città abbandonata, che è tutt'altro che vuota, la gente se ne sta tappata in casa o se ne va al mare per il fine settimana, o in campagna o dove diavolo, certo è che in giro non c'è nessuno o quasi. La gente c'è dove deve essere, ci si incontra alla casa di Cuore di Maglia per l'ultimo knit cafè dell'estate, genti da ogni dove, con vettovaglie e sorrisi grossi così, e quanto mi è dispiaciuto farle aspettare davanti alla porta, odio arrivare in ritardo e in effetti in ritardo non sono mai, accidenti. Mai o quasi.  I sabati d'agosto sono quelli che ti mettono in pace col mondo, sono stati giorni faticosi, di quella fatica spray che è difficile da identificare, che ti passa sopra e ti lascia spossata, sottosopra, confusa. La pace arriva, e te la portano da Torino, dentro un piatto avvolto in uno strofinaccio da cucina, dentro un pacco di biscotti. E da Milano, fra dolci e cremine dal nome irripetibile, il pane croccante e  quegli abbracci, loro lo sanno, sanno sempre tutto, come faranno non si sa. Fuori è agosto, questo posto è un'oasi di frescura e di beatitudine, è il posto di tutte, dove ognuno si sente a casa, dove tutte sanno bene dove trovare i tovagliolini piccoli, lo zucchero, i bicchieri con le fragole. Si aveva bisogno di questa pace, di questo sano fare niente, di queste chiacchiere e di queste coccole, si sentiva la mancanza di un giorno speso a far progetti, a knittare come se non ci fosse un domani, ho finito uno scialle in poche ore, è un regalo importante, l'ho fatto con affetto per qualcuno che è stato vicino a me, in qualche modo,  ma la vicinanza è più preziosa se fatta da lontano.  Fuori, l'agosto della città, in un quartiere mai frequentato e figuriamoci d'estate, il sole a tratti, tra poco il temporale che forse mi sorprenderà per la strada, col suo profuma di erba e d'acqua, ma non mi fa paura, anzi mi piace, e poi è da mettere in conto, è estate forte, è estate piena, l'estate non è ancora finita, anzi la mia deve ancora cominciare, la tengo lì, intatta e rotonda, trasparente e perfetta, le altre finiscono e la mia inizia, forse proprio oggi, in questo sabato d'agosto.

19 agosto, 2012

Dammi una Vespa.

Ognuno di noi ha i suoi feticci, i suoi oggetti culto, le sue piccole manie. Con l'estate e i ritmi lenti e il caldo e l'afa, si ha forse un pò più tempo per mettere a fuoco le abitudini, le cose che ci fanno sentire bene, o anche soltanto che ci fanno sentire a casa. Sono giorni lentissimi e caldissimi, giorni che hanno da passare, giorni che ci si crogiola al fresco dell'aria condizionata, si portano a termine progetti di knitting uno dopo l'altro, solo cotone e seta, per il momento e in colori acidi e vivaci da perdere la testa. Si preparano insalate di riso thai, si fa larghissimo uso di basilico, pesche e profumo al pompelmo, si riscopre il potere rigenerante dell'acqua e menta. Anche la città nel suo assetto estivo ha un suo fascino speciale, soprattutto se anche il mezzo per girarla non è il solito di sempre. Niente ti fa sentire più libera, nulla è più consolatorio di un bel giro in Vespa nel caldo che fa, con la velocità discreta il sole diventa un prezioso alleato e non certo un nemico da cui scappare. In questo clima di semi ozio anche le notizie pesanti, soprattutto sapendo che non hanno avuto nessuna conseguenza, si affrontano con una certa sufficienza, vengono considerate con un certo distacco, ascoltando eroicamente il resoconto dettagliato di quanto successo e, una volta sincerati che nessuno si è fatto neppure un graffio, si archivia la questione, pensando a come porvi rimedio. Certo non ci voleva, ma la scala dei valori, degli affetti, financo delle amicizie si è così rimodellato in questi mesi, che ora è tutto così perfettamente chiaro, cosa ci importa e cosa no, a chi siamo cari e a chi no, che cosa è davvero fondamentale e cosa invece nemmeno per sogno. Cialde di filosofia in pacchetti da 3, riflessioni nel caldo di un agosto strano e strascicato, vissuto lentamente e  con lussuosa flemma, non è vacanza, ma ci si attrezza per farla sembrare il più possibile, e non è nemmeno male, in fondo, si organizza una piccola gita con le Amiche verso il Mare Vicino, a quello Lontano penseremo fra un pò, si scrutano le nuove foglioline delle piante sul davanzale, piccoli lussi estivi sui quali ci si concentra e davanti ai quali che vuoi che sia una macchina sfasciata se nessuno si è fatto male, la scala dei valori di ognuno subisce ogni giorno scossoni mica da ridere, e anche il cuore, allenato e perfetto, tiene duro e rimane impassibile, o almeno fa finta, salvo poi battere all'impazzata nel buio, quando nessuno vede, la finestra spalancata sulle rose sfiorite, il caldo e le cicale, dammi una Vespa e ti porto in vacanza.

13 agosto, 2012

Il Bottino.

Il lunedì qui è giorno di mercato. Da non confondersi con quello del giovedì e del sabato, che è mezzo mercato, cioè metà della piazza dell'orologio, il lunedì è mercato tutt'intero, cioè tutta la piazza. E fin qui, ci siamo. A me i mercati piacciono un sacco, adoro questo qui e ho adorato quest'altro, spesso non compro niente e guardo solo, ma qui il lunedì il mercato è una scusa bell'e buona per vedersi. Stamattina è successo così, l'Amica delle Perle e la scrivente, con la partecipazione straordinaria di Biancaneve alla spasmodica ricerca di una borsa turchese. Le vacanze in città hanno aspetti nascosti che nemmeno sai, che non puoi immaginare se non li provi davvero. Il caffè di stamattina ha avuto un altro sapore, un pò da gggita, un pò da turiste. Anche gli avventori del corso non sembravano gli stessi di sempre e qualche turista c'era davvero. Trovata la borsa turchese nella bancarella all'angolo, quella che Afef sostiene essere di certi miei amici ma giuro, non li ho mai visti in vita mia, ma che hanno certe borse carinissime a 20 euro e difatti me ne sono accaparrata una a settimana, verde acido e  rosa, abbinandoci per forza di cose uno scialle in tinta, e che lo dico a fare,  meditando l'acquisto di quella arancione, gli acquisti seriali sono la mia specialità. Stamattina, complice la Princi, provata dalla lezione mattutina di latino, abbiamo saccheggiato bancarelle di gioielleria, si fa per dire. Un bracciale di gomma, copia nemmeno tanto fedele di un altro bracciale di grandissima tendenza, un secondo bracciale tutto rose e intrecci, un paio di orecchini sberluccichi di un bel rosa antico e un altro paio di orecchini, a mezzi con  la Princi, color verde petrolio, uguali ugualissimi a un cotone che possiedo e che riposa beato nel cesto della lana, ben protetto da una bustina trasparente, è misto seta, meglio essere precisi. Stranamente l'Amica delle Perle non ha comprato nulla, anche se ha messo gli occhi su un collanone di perle (ovvio) viola che le piaceva tanto e che è stato un delitto lasciare lì, ma Ella, si sa, è allergica alle chiusure e pare brutto fare apporre una chiusura di platino purissimo a una collana del valore di euro 3. Fatto sta che alla fine il mercato lo abbiamo girato in lungo e in largo, sospirato al banco delle espadrillas coloratissime, Ma Ti Ricordi?, adocchiato una zeppa improbabile con ramage floreali e tacco trasparente, contrattato una mantovanina a quadretti vichy di un bel lavanda chiaro, che starebbe un amore alle finestre di Cuore di Maglia, toccato stoffe e strofinacci, gomitoli e cose, con lentissima indolenza, con l'ozio beato tipico della metà di agosto. Ora, rimirando il mio bottino che nella sua completezza non arriva a euro 10, mi punge vaghezza di utilizzare quel cotone verdino che possiedo e inventare di sana pianta uno scialle all'uopo studiato. Forse,a nche Biancaneve, nella quiete (!) della sua casina ne starà studiando uno color del cielo da sfoggiare con la sua borsa nuova di zecca. E l'Amica delle Perle? Ella, ne sono certa, sta usando tutte le armi possibili per carpire dal suo Illustrissimo Sposo le astuzie della gioielleria al capitolo Come Cambiare la Chiusura di una Collana. La comprerà, alla fine, ne sono più che certa. Può forse l'Amica delle Perle rimanere senza perle? Non sia mai. 

10 agosto, 2012

Nel concavo Cielo sfavilla.

Ne voglio vedere manciate, tonnellate, vagoni interi. Voglio stancarmi di contarle. Non ricordo di aver mai visto stelle cadenti in collina, ma la notte di San Lorenzo è una notte speciale da sempre, un pò magica e misteriosa e si sta tutti lì, il naso al cielo, a vedere quel miracolo improvviso, quella cosa che è un attimo e non c'è più, ma che per quell'istante ti regala la Bellezza Vera, il mistero dell'universo, l'immensità del cielo. Che bella cosa le stelle cadenti, possono passare mille anni e si guardano con la stessa intensità, la stessa meraviglia. Si guarderanno dalla collina, si sceglierà con cura un posto non troppo illuminato e si starà lì, il naso per aria, aspettando di vedere uno squarcio sottile di luce nel cielo, e poi un altro e un altro ancora. Nel frattempo, si stila la lista dei desideri, nessuna stella cadente può finire la sua corsa senza aver avuto il suo bel fardello di desideri da esaudire. E questo, prima che sparisca per sempre, il desiderio deve essere velocissimo e schematico ed espresso in tutta fretta, perchè sia efficace. Mi preparerò all'evento. Spero che le nuvole che passeggiano stamattina qui intorno non rovinino lo spettacolo e che il cielo sia bello lucido e scurissimo, un foglio nero dove le stelle cadenti possano ballare veloci, come il tratto lucente di un artista distratto. Il mio mucchietto di desideri è già pronto da esprimere, c'è un vento che viene dal mare e profuma di erba e di fiori, la notte di San Lorenzo è il segno che l'estate è al massimo, e le stelle cadenti sono una piccolissima illusione, una danza luminosa che fa pensare, ricordare, desiderare e stupire. Ciascuno scelga il suo tratto di cielo, il suo pezzo di mondo dal quale guardare, il suo desiderio più segreto. Le stelle che cadono, da qualunque posto tu le guardi, non deludono mai.

06 agosto, 2012

L'irrigazione ipnotica.

Con un titolo così complicato uno si aspetta chissà quale rivelazione, quale teorema, quale difficilissimo trattato. E invece no. Poche cose ti catturano come guardare gli spruzzi d'acqua che bagnano il prato. Non che abbia bisogno di uno bravo, o forse sì, ma stamattina mi sono incantata a guardare i giochi di luci, gli arcobaleni e tutti quei ghirigori che faceva l'acqua mentre bagnava il pratino di casa, come ogni mattina, intorno alle 8. Che scoperta, il pratino viene bagnato tutti i giorni sacrosanti, l'Illustrissimo Sposo ha messo a punto anni fa una sofisticatissima rete di tubicini e mini computer e timer e chissà cos'altro, affinchè ogni mattina, ogni sacrosanta mattina, alle ore 8 e qualcosa, ma sono io a non ricordare quel qualcosa, il timer lo ricorda benissimo, affinchè parta un gioco di spruzzi e rugiadine e gocciolamenti da far invidia alle migliori fontane del mondo. Stamattina, complice un sole di traverso, filtrato da nubi strane, non proprio minacciose ma lì, ferme, gli spruzzi del pratino hanno dato spettacolo, E io lì, sul terrazzo a guardarli rapita,  come si è davanti al fuoco, o alle onde di Capo Testa, o a guardare la neve dai vetri. Nessun pensiero viene male a guardare le milionate di goccioline che fanno un giro nel cielo prima di atterrare sull'erba, nessun veleno, nessuna tristezza passa per la testa, inebriata da uno spettacolo così esclusivo, nessuna gocciolina è uguale a un'altra, e a guardare bene, nemmeno riesci a distinguere i colori dell'arcobaleno, sai che c'è, fine. Iniziare la mattina con un posto in prima fila ai giochi d'acqua del mio giardino è un privilegio semplice a cui rinunciare sarebbe un delitto. C'è tutto un mondo dentro una gocciolina illuminata da un sole opaco.

03 agosto, 2012

Quante volte.

Quante volte si deve tornare indietro, cancellare e rifare, strappare il foglio e ridisegnare. Quante volte si deve tornare sui propri passi, convincersi che è la strada giusta e invece non è vero. Quante volte ci si deve far coraggio da soli, tirarsi fuori, scavalcare cancelli e staccionate immaginarie e correre, correre, scansare le pozzanghere e i buchi nel terreno e correre correre, e far finta di nulla, che è quella la strada giusta, corri e corri che va così, non guardare da nessuna parte nè indietro nè avanti. Indietro no, perchè sarebbe un attimo e molleresti tutto, avanti nemmeno, che la strada è ancora così lunga e impervia e pericolosa e infida e piena di sassi e di vetri rotti e di spine e rottami, e cose, quante cose. E' fatica, è stanchezza, è qualcosa che non sai, sono lividi piccolissimi, non è mica niente, poco più grandi di una monetina, sono lividi immaginari che non vede nessuno, sono botte invisibili, appena appena, uno dopo l'altro a sommarsi, uno sull'altro ad aggiungersi, graffi sottili, non è niente, è solo un graffio, non serve nemmeno disinfettare, un giorno o due e non si vedrà più nulla, ma livido su livido fa un dolore grande, graffio su graffio una ferita.

30 luglio, 2012

La Raccolta dei Mirtilli.

La si era buttata lì giovedì scorso, Perchè Non Andiamo a Mirtilli Domenica, allettati anche dall'idea di passare due giorni con gli Amici di là, quelli di sempre; quelli delle feste, delle vacanze e delle cene e dei Natali, anche. Così si è partiti. In realtà, si sarebbe dovuti partire all'alba, ma visto il mio sguardo smarrito e la zero voglia anche degli altri, si è deciso così: Si Parte Quando Abbiamo Voglia. E la voglia è arrivata intorno alle 11, minuto più, minuto meno. In realtà ci si aspettava una camminata più leggera, ma si sa, non è che il mirtillo MI nasca così, a portata di mano e per trovarlo non è che si debba andare in piazza San Babila, ma si deve giocoforza salire un pochino. Ho detto un pochino. Io non sono un'amante della scarpinate, men che meno della fatica, abiuro le salite, le sudate, i ciottoli, il mal di gambe, le ortiche, gli insetti, il fiatone, lo sbatti. Bene. Questi ingredienti c'erano tutti, insieme, c'è da dirlo, al gruppo di amici adorati e glorificati, quelli per i quali ti butteresti nel fuoco, per dire. E quindi , oltre al fuoco, per loro ti rechi anche in montagna, ti inerpichi su sentieri scoscesi e impervi, stai in equilibrio sulle rive per raccogliere i mirtilli che la tua Amica della Pastiera ti ha sfranticato l'anima che vuole farne marmellata e gelatina congelarli pure. Bambina, te ne porto quanto vuoi, in deliziosi cestini verdini, in un bel sacchetto di cellophane con il prezzo sopra, comprati in meno di due minuti all'Esselunga, con l'aria condizionata e in tutta scioltezza. Nossignore. Ella vuole quelli del Monte Soglio. E perciò, poichè l'adoro, soffro e mi reco.
Da lassù, il panorama è una delizia.

Non è stato così tragico, alla fine. A lamentarmi ci ho provato un pochino, sempre l'ultima della fila, anche dopo i bambini, anche dopo un papà con 15 chili di bambina nello zaino, io dietro, zitta e compunta, a scrutare fra le foglie e cercare i benedetti mirtilli. Che Lui, il Mirtillo, non è che si palesa e dice Son Qua, no, esso si nasconde alla vista e ha il cattivo gusto di crescere e prosperare in mezzo ai rovi, fra le ortiche, fra le foglie di melissa e di menta, fra l'erica bianca meravigliosa e selvatica. e poi, ci vuole mestiere, Lui MI è delicato, non è una mela che prendi e tiri giù, Lui lo devi prendere con due dita e stare attenta a non schiacciarlo, sennò la marmellata la fai in loco, direttamente, lo devi posare con grazie nella scatoletta verdina che ha portato la Elena, o nel contenitore di Silviaeeugenio, se no è la fine. 
Camminare in montagna non è poi tutta 'sta traGGedia, sono io che son noiosa ma con le Amiche giuste riesci pure a chiacchierare, e devi stare attenta a non scivolare dal troppo ridere giù per un dirupo. Di mirtilli ne abbiamo raccolti parecchi, forse non per barattolate di marmellata, ma di sicuro un bel pò di muffin verran fuori. E loro, le Canavesi, di cucina ne sanno, eccome se ne.

Cionondimeno la prossima volta mi organizzo.

Voi andate a mirtilli e io scialla a casa vi ricamo in pochissimo un bel quadretto.
E vi faccio pure una crostata.

Uhm....mi sa che mi urlano dietro, mi sa.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...