19 maggio, 2016

Sogno sempre il mare.

Ho bisogno di uno bravo.
Uno bravo a interpretare i sogni.
Sogno cose strane.
Tremende certe volte.
bellissime altre.
E spesso, il mare.

Quasi sempre. E mai calmo. 
Lo sogno in tempesta, come quella volta al Giglio, che mai più sono stata peggio di così, in mezzo al mare, intendo. Lo sogno con le nuvole, coi fulmini orizzontali, con le onde più grandi di me e io che voglio gridare e non ci riesco.
E poi, lo sogno da terra, da una balaustra che guarda giù, e si vede la ferrovia, e io che aspetto e aspetto, e cerco di leggere il nome del paese e non ci riesco, e pioviggina finissimo, e poi mi guardo le mani e sono azzurre, come se il cielo mi fosse piovuto sulle mani.

Che strana cosa sono, i sogni.
 Metti insieme cose e situazioni della vita reale, un compagno di scuola che non vedi da secoli, gente famosa, che magari ti sposi pure, è successo qualche sera fa, che ridere.
Io me li ricordo i sogni, anni fa qualcuno deve avermi detto che era belo segnarli su un quaderno appena sveglia, perchè se non te li ricordi è una delusione, Ho Sognato Ma Non So Cosa, ho sognato ma non mi ricordo. 
Io, invece, mi ricordo sempre.

I sogni forse sono la parte di noi che nascondiamo di più, quella che ci fa capire delle cose, per quanto ingarbugliati e strani siano, portano sempre un fondo di verità, qualcosa che si colleghi alla vita vera. O forse proprio no.
Sogno il mare perchè lo amo.
Sogno il mare perchè ne ho voglia, perchè mi guarisce dai pensieri pesanti e dalla malinconia. E mi ricorda cose bellissime, giorni bellissimi, e persone che non ho più. Forse, è proprio per questo che lo sogno così tanto, perchè mi illudo di ritrovarle.

Così, raccolgo i miei sogni, li scrivo fitti su un quaderno, e lo tengo lì. Non lo rileggo mai, forse non è ancora il momento, scrivo tante di quelle cose che non legge nessuno e che tengo per me, scrivere e leggere sono una terapia, forse lo è anche sognare il mare.

E forse, la tempesta che vedo è quella che si ha dentro, ognuno di noi ha una tempesta nel cuore, che gli piaccia o no, che la senta o no, le tempeste sono quelle che poi fanno il cielo più bello e il mare più calmo, liscio e di velluto, con le ondine leggere che fanno ssssshhhhhhh appena appena, non quelle rabbiose che si infrangono sugli scogli e  sono forza e bellezza, come quelle di Capo Testa che da terra sono uno spettacolo di energia che non ha uguali al mondo.

Forse, la mia energia la prendo proprio da lì, dalle onde che sogno le notti che qui c'è il vento e metto insieme il vento vero con le onde finte, e non so più bene se sono su quella balaustra a guardare giù o se sono nel mio letto, e comunque, chiudo gli occhi forte perchè non vorrei svegliarmi mai, perchè il sogno svanisce, le onde che hai solo immaginato vanno via e il vento vero ha solo scompaginato l'aiuola delle rose che adesso è tutto un tappeto di petali color pesca e rosa, e arancio e lilla.

Spero che il mio sogno sia rimasto sotto il mio cuscino.
Stasera, forse lo sognerò di nuovo.
Chissà.



10 maggio, 2016

Senza colore.

Maggio sì.
Maggio coi boccioli delle rose, coi vasi che stanno avendo ora i fiori che le mie amiche hanno già da mesi.
Non sono brava con i fiori.
Oggi, non sono brava con niente.
Nemmeno ieri in realtà.
Ho iniziato cento volte un lavoro, disfatto, iniziato un'altra volta, sbagliato, iniziato di nuovo, strappato e buttato.
Ho scritto cento cose, cancellate, rifatte, ho tirato sù una riga, io scrivo a penna, spesso, non con la tastiera, che cancellare con la penna sembra di cancellare un pò di meno, è vero che cancelli ma quello che scrivi resta sempre lì e lo puoi rileggere, così, vedi come si legge ancora?

Piove.
Piove finissimo, un pò sì e un pò no.
Piove e non si riprende.
Piove che non si trova una soluzione, una risposta, un bel niente.
Per questo amo i temporali.
Che piove da maledetto e poi finisce.
Non questa roba qua, che non è niente di sicuro, un pò c'è e un pò no.

Che pioggia sei se nemmeno fai rumore sui vetri, che pioggia sei se bisogna guardare cento volte contro l'acero e dire, forse piove, forse no, e poi guardare per terra, goccioline che non significano  niente, solo che hai lasciato fuori le lenzuola e sono inzuppate e lì resteranno perchè non hai nemmeno voglia di ritirarle le sciacquerò di nuovo, e chemmimportammè.

Ho voglia di colori, invece di questo cielo scemo che non sa nemmeno lui che cosa sia, se viola o grigio e lillino, no, lillino no, mi piacerebbe e invece è questo colore che non sai dire, se glielo chiedo, non lo sa nemmeno lui.

Di che colore sei cielo stamattina, coraggio, dimmelo tu, rispondimi, trova un senso alle cose che non so, alle risposte che non so dare, ma forse, le domande che non hanno risposta non vale nemmeno la pena farsele, o no?

Di che colore sei, cielo senza nuvole, che sei tutto uniforme e piatto e noioso, noioso come quei giorni che non passano mai, fra documenti e cose, fra i letti disfatti e la polvere e le ragnatele dell'ingresso, come se i ragni si fossero svegliati tutti adesso, e tutti qui. Io non uccido i ragni, li accompagno con grazia verso l'uscita, forse è per quello che a volta trovo costruzioni finissime di alto design.
Ma sempre ragnatele sono.

Ho voglia di colori, del blù del mare aperto, il candore delle vele, voglio il cobalto del cielo, il rosso di un tramonto infuocato su un'isola, voglio colori a manciate, pennelli diversi che colorino i miei pensieri che oggi sono di tutte le tonalità possibili dell'indaco e del niente, voglio pastelli temperati per colorare questo dieci di maggio che di maggio non ha niente se non il nome sul calendario, sono brava a colorare, non esco dai bordi, coloro concentrata e con mano leggerissima, e anche un paesaggio a matita diventa un'esplosione di colori lucenti.

Ma niente, non ho vernice, non ho pastelli, non ho niente di niente, solo il grigio del cielo, questa pioggia cretina come me che piove sulle prime rose dell'aiuola.

Il cielo resta lì, nel suo grigio impossibile, nel suo silenzio e nel suo mistero.

e io lo guardo senza fare niente, in un dieci di maggio che non ha alcun significato, che non ho nemmeno un pastello, nemmeno un colore, che un pò piove e un pò no.








01 maggio, 2016

Portami, maggio.


..le rose inglesi dell'aiuola, il profumo che mandano in certe sere quando fa caldo, un pò vaniglia e un pò limone, non è vero che sanno di rosa, non queste.

Portami la loro bellezza, quella perfezione di petali e fusto, dolcezza e forza, spine e velluto. Tutto il mondo è così.

Portami, maggio, quei cieli che sai, quella luna piena che aspetto, quegli azzurri sbiaditi dal sole a picco, portami il prato verdissimo, le ciliegie che sorveglio da settimane, perfino i ribes, che altro non sono che palline verdissime, ci vorrà ancora un sacco, ma almeno, sono lì.

Portami abbracci e cose belle, portami giorni lucenti, semplici, portami il ridere delle persone che amo, portami gli occhi trasparenti di chi mi guarda come sa, portami un pomeriggio su una spiaggia qualsiasi, il rumore delle onde e io seduta lì.

Portami le colazioni sul terrazzo, che l'acero nessuno lo ha tagliato ed è enorme e bellissimo e i rami arrivano fino sul tavolo ma nessuno osa toccarlo, forse perchè nessuno qui sa come fare, in realtà, e poi è così bello e le cose belle si lasciano così come sono. O forse no, perchè solo più belle, possono diventare.

Portami, maggio, le cose che mi piacciono, un sentiero non troppo difficile, dove possa correre verso cosa non lo so, portami una fontana di acqua fresca e un prato dove possa cadere di schianto, quando  sono così stanca e felice che non riesco nemmeno a respirare e non ho più gambe e non ho più sentimento, portami un posto dove possa chiudere gli occhi e riaprirli e dire, ok, è tutto a posto, che lo dico sempre e non succede mai.

E portami me, portami sempre le mia voglia di fare le cose, la mia dannatissima voglia di essere felice, anche con quasi il niente, portami la sensazione di sentirmi in pace, portami me come sono da sempre, fai in modo che le pentole di malinconia che mescolo ogni tanto non mi cambino mai, che mi facciano sempre essere entusiasta del mondo e delle cose e della vita e delle persone, e se non puoi portarmi quelle che non ho più, almeno lascia il loro sguardo fisso su di me, ovunque siano.

E benvenuto maggio, mese dolcissimo di fiori belli e felicità.
Toccami il cuore coi tuoi profumi e coi tuoi giorni, ti annuserò, sai di vaniglia e di limone, e forse, anche di rosa, forse.





29 aprile, 2016

Risvegli.




Non è solo aprire gli occhi.
non il muoversi, nel letto, il girarsi, dal fianco, al sotto, o da dove.
E' quell'attimo infinitesimale, impercettibile, insondabile.
La perfezione.

Si aprono gli occhi, a volte si strofinano, ci si stira un pò, giusto per controllare che tutto sia a posto, che tutti i muscoli siano pronti a un nuovo giorno.
Per il cervello, c'è tempo.

Piccoli riti preziosi, guardo fuori  il cielo che c'è, non che me ne importi, ci si bea di quegli istanti luminosi e ancora così pieni delle ombre della notte, mai provare a ricordare che cosa si è sognato e se, in questi momenti non viene in mente, non si è concentrati abbastanza, non ancora.

Si è in una specie di giardino segreto, un cartello indica Sono Sveglia Ma Non Del Tutto, e non c'è tempo di pensare a niente, nemmeno alla giornata che verrà, che di solito non è che sia tutta sta passeggiata fra le rose, ma almeno ci si tenta.
Si cerca con cura fra i  pensieri, quelli più belli da pensare. E ci si fa abbracciare per un pò.

Ci si culla, ancora 5 minuti, tempo ci sarà per correre e correre, non penso a niente, non sono niente, sono tutt'uno col mio letto e la finestra, col piumone che ancora non ho tolto, tutt'uno con i miei pensieri più lucidi, intatti, se chiudo gli occhi non c'è rischio di addormentarmi di nuovo, uhm, sicura?  Il cuore dice di sì, che forse c'è, la testa sta facendo due flessioni e dice E' Ora, ma il cuore no, il cuore è testardo e cocciutissimo, sta ancora così bene lì dov'è.

Perchè non accontentarlo, in fondo.

La testa può darsi tutte le arie che vuole e dire Si fa Così, Si fa cosà.
E' il cuore che vince, sempre.
Sempre.
Sopratutto la mattina presto.





21 aprile, 2016

Il Glicine della Caserma.






Lo amo sì.
Non è un mistero.

Lo amo perchè è complicato, bellissimo, del mio colore preferito.
Lo amo perchè ha un buon profumo.
Lo amo perchè appare all'improvviso, un giorno non c'è e il giorno dopo è lì.
Ne ho stilato perfino una mappa, precisissima, così da non perderlo mai.

Il glicine è la meraviglia.
Questo qui,si chiama Il Glicine della Caserma, ed è il più bello di tutti, da quando una mano demente ha sradicato quello enorme della Zuccherificio.
L'ultimo che ho avuto  ed era mio, si chiamava Nonostante. Qualche volta, lo sogno.

Che strano fiore sei, glicine, grappoli di tenacia e tenerezza, resisti a tutto, cresci ovunque ti si ami, entri ed esci dalle finestre delle caserme abbandonate, nessuno si cura di te, eppure, sei di una bellezza che toglie il respiro.

Che stano fiore sei, glicine, che non si si può cogliere, nè mettere nel vaso, ti si deve guardare e basta, da lontano, sentirne il profumo, di quelli così belli che devi sentire per forza chiudendo gli occhi, ci hai fatto caso?, i profumi che ti piacciono ti fanno chiudere gli occhi e sussurrare CheBuooono, appena appena, perchè nessuno deve sentire.

Che complicato sei, Glicine della Caserma, col tuo tronco sottile e le tue foglie verdissime, non si capisce dove nasci, chi ti ha mandato, chi ti ha piantato e in quale giardino, da fuori non si vede dove cominci, e quanto mi piacerebbe scavalcare il muro della caserma, sono esploratore urbano, lo faccio spesso,  ed entrare e vedere per bene, capire per bene, stare un pò con te, sapere fin dove puoi arrivare, fin dove puoi far fiorire quei tuoi fiori così belli. 

Ma lo so che resterai lì.
Non scavalcherò nessun muro, perchè è troppo alto e troppo in vista, i glicini son fiori complicati, si fanno gli affari loro e non si concedono, se non per pochissimi giorni all'anno. 
Ti guarderò da lontano, rischierò di andare a sbattere ogni volta che passo di lì, resterò un minuto in più sull'incrocio per guardarti meglio, per riempirmi gli occhi come faccio sempre, le volte che ho cose belle da guardare e non sono poi così tante.
Mi piaci da morire, glicine selvatico che nessuno cura, non so mica se c'è qualcuno che ti ami più di me.

Tu resta fiorito un bel pò, questo ti chiedo.
Vederti mi basterà.







13 aprile, 2016

L'incredibile Pioggia dei Petali Rosa

Si vedeva anche da lontano.
La nuvola rosa che in prospettiva era proprio accanto al lillà, si vedeva eccome.

Ma poi arrivò il vento.
E scosse i rami.
E i petali caddero, volteggiando, dieci per volta, qualche volta anche meno.

Il Ciliegio del Pratino è una Bugia.

è bello bellissimo per pochissimi giorni all'anno, fiorisce all'improvviso, come certi amori, come le margheritine del Prato Piccolo, come le viole.
Poi, svanisce.
Non può restare.

basta che un soffio di vento lo corteggi un pochino, basta che gli faccia due moine, Manda I Tuoi Petali a Ballare Con Me, e il ciliegio, stupido, li lascia andare.

Sono a tratti ciliegio e petali. E vento.
Sono forte come il suo tronco, non mi muovo, ci sono volte che sto lì immobile ad aspettare, ma aspettare che cosa non lo so, forse, non è nemmeno importante, è che aspettare mi piace, qualcosa succede sempre.

Sono petali che volano, che disegnano traiettorie morbidissime nel pezzo di cielo fra i rami e il Pratino, e ballano e ballano per pochissimo ma ballano e mentre lo fanno sono così belli che ti verrebbe voglia di raccoglierli tutti e di incollarli di nuovo e dire, Sù, Cadete di Nuovo.
E quante volte sono caduta io, sgraziata e impacciata, senza la dolcezza di questi petali perfetti, quante volte mi sono schiantata al suolo senza fare rumore esattamente come loro, e quante volte da sola ho cercato di riattaccarmi al ramo, ma non per cadere di nuovo, per stare lì.
 A rialzarmi forse, sono più brava che a cadere. 

E sono vento.
Vento profumato, vento rabbioso e prepotente, a tratti, vento dolcissimo che ti sussurra alla finestre, vento che non ti fa dormire, vento di mare che sa di sale e di schiuma, vento che ti avvolge, ti abbraccia anche quando nessuno può farlo, e nessun abbraccio mai sarà più caldo dell'abbraccio del vento, che solleva l'acqua delle onde in mille goccioline, sono il vento che fa cadere i petali in giardino, sono il vento che ti dice Vieni, Vieni a Correre Con Me sulla riva, vediamo chi va più veloce.

Oggi non so se sono vento, petali o ciliegio.
Forse sono tutt'e tre le cose.
Il Ciliegio del Pratino sarà anche una Bugia

Ma è la Bugia più meravigliosa che io conosca.
Per questo gli ho scritto una storia.




05 aprile, 2016

Dai, sù.

Che non abbiamo bisogno di gentucola che frigna.

Di donnicciole stupide, di donne medie che non sanno guardare più in là del proprio prato, di donne che non ce la fanno a farcela, mai.

Io ce la faccio a farcela, da sempre. E qualche volta mi piacerebbe essere una donnicciola di quelle che si lamenta e fa le smorfie di disgusto e che si fa aiutare dal mondo e che e che.
Stamattina è una mattina pessima, di quel pessimismo leopardiano che ritrovo negli altri e che mi fa ridere spesso, rido molto, io, sono una che fra ridere e frignare preferisce ridere, sempre. 

Oggi invece no.

Eppure, sono sicura che è tutto a posto o che ci sta andando piano piano, che questo puzzle bizzarro che è la mia vita degli ultimi mesi, alla fine, si comporrà.

 E sarà bellissimo, anche se non ho mai capito bene che cosa si fa con i puzzle finiti, anni fa ne abbiamo tenuto uno di Pippo e Pluto su un tavolino basso per un po’ indecisi sul da farsi, poi un giorno non so quale dei  figli ci è franato sopra, sbattendo lin uno spigolo lì vicino e allora via di spinaci surgelati sulla testa, di cremine, di NonE’Niente, e PassaSubito, e urla e strepiti, preoccupata com’è ovvio più della testa del fanciullino che del puzzle disintegrato. Che alla fine, fu spazzato via di malagrazia e non se ne parli più.

Oggi, sembra a me di aver battuto in qualche spigolo, non so da che parte cominciare e sono sveglia da ore, e arrivano belle cose e belle notizie e altre ne arriveranno, ma è la confusione che mi destabilizza, è la distanza, la paura, l’amore anche, il coraggio che non ho, quello che non trovo, la figliola a casa con l’influenza, e il resto sparso per mezzo mondo, che grande è il mondo di ciascuno, e quanti cuori può contenere il tuo cuore, e quanti ne riesce a tenere lì, al caldo e vicini,  seppur lontanissimi.

Avrei voglia di una città che non ho mai visto, di un tavolino al sole, una bancarella di libri usati e il mare. Magari un frullato, o una granita, per fare shhhhhh con la cannuccia alla fine. E bei pensieri e belle cose.
Invece sto qui, con le cose da fare, il cielo seppia, i vetri sporchi e nessuna voglia di lavarli, ma dai quali si vede il ciliegio che sta fiorendo.

 Ecco, in attesa che il mio puzzle si completi per benissimo, e che non venga spazzato via come quello di Pippo e Pluto, mi curo da sola, mi canto qualcosa sottovoce, mi prendo un thè in cucina e guardo fuori, tutto quel rosa, tutti quei fiorelloni esplosi, la bellezza, la dolcezza, dai sù, non abbiamo bisogno di gente che frigna e fa la scema, e si lagna e fa i capricci. Passerà, passa tutto o quasi, il ciliegio ti darà una mano.

Il sacchetto di  spinaci surgelati, questa volta non servirà.
Lavare i vetri, forse sì.

24 marzo, 2016

La forma del cuore.

Che bella forma ha il mio cuore quest'oggi.

è tonda e perfetta.
e ride. Lui, ride.

Ride dal mattino presto, ride da ieri, ha anche frignato un pò, ieri, come fa spesso.
Ho un cuore strano, sa fare tutto.

Sa ridere sì, morbidissimo, e poi sa piangere, molte più volte, uh, quante volte, spigoloso e ruvido, un cuore stupido, cocciuto, un cuore che non ammette sbagli mai, nemmeno alla sua padrona. 
Si dice, Padrona del Cuore? Non so.

Il mio cuore ha forme diverse, a seconda dei giorni, 
E a seconda dei giorni fa cose diverse.
Ieri, per esempio, ballava e saltava.
Oggi, si riposa un pò, ma ha sempre un bel sorriso stampato sulla faccia.
Ce l'ha una faccia, un cuore? Non so.

Il mio cuore è la parte di me che mi piace di più, ma se fosse davvero così dovrei smettere di maltrattarlo. A parte il ginocchio sinistro quando corro, è la parte di me che mi fa più male a volte.
è la parte di me che dovrei ascoltare di più
o ascoltare di meno
e ragionarci.
Si riesce a ragionare con un cuore? Non so.

le cose che so di lui non sono molte in effetti.
Ma lo amo.
Amo il mio cuore per come mi fa vivere la mia vita bizzarra, i voli che mi fa fare, fin lassù in cima al cielo e fin laggiù, più sotto le pozzanghere, le miniere, i burroni più profondi, le gole nascoste, gli anfratti che se non ti ci togli da sola nessuno al mondo mai ti troverà. e ti salverà. E quanto ai burroni lo sai, prima di caderci dentro, si vola.


Il mio cuore sa leggere e scrivere, e legge e scrive dentro ad altri cuori, che un pò mi appartengono, qualcuno l'ho fatto io, e ieri li ho visti ridere tutti, i cuori che ho fatto io, non occorre mestiere per fare dei bei cuori, i cuori più belli vengono da soli. Certo, li devi aiutare un pochino.
E poi ci sono gli altri cuori, i cuori degli altri, non tutti, quelli che leggono nel mio, che parlano col mio, quelli che dicono la stessa parola nello stesso momento, quelli che uno fa un pensiero e l'altro lo dice a voce alta.
I cuori miei.

Il mio cuore è in buonissima compagnia.
E oggi ha la forma della felicità, perchè di questo deve trattarsi, mi pare.
Perchè a dispetto delle volte che il mio cuore è stretto e non si muove, e non guarda da nessuna parte e se ne sta lì in mezzo al petto a fare nulla, nemmeno a battere, quasi, oggi il mio cuore ha voglia di correre e di ridere e di saltare, e di fare capriole nel prato, e fermarsi solo quando fa girare la testa.
Perchè la testa e il cuore litigano spesso.
Ed è tutto un HoRagioneIo, No, io. E Taci.

Ma poi, basta una capriola, un bel sorriso e fanno pace.









17 marzo, 2016

Le Cose Belle




                                ph. La Douleur Exquise

le cose belle arrivano sempre.
Non senza fatica, non senza pensieri. Non senza piangerci, almeno un pò. E piangere qualche volta cura, solleva, ti fa sorridere fregandoti gli occhi, o asciugandoli con le dita, mai con il dorso della mano, le donne hanno uno strano modo di asciugarsi gli occhi, lo fanno con discrezione, e controllano che poi sia tutto in ordine, come a dire, Sì, Piango, Ma Voglio essere Ancora io, Sono Sempre Io, Non è Niente, MI Passa Subito, sono ancora a posto, non col trucco sbavato e gli occhi pesti. 

Le donne si asciugano le lacrime con timidezza, come a scusarsi, come a non farsi vedere, come a volerle ricacciare indietro, da dove sono venute.

Sono più brave degli uomini.
Forse, perchè piangono di più.

Le cose belle però arrivano.
Arrivano notizie, arrivano parole, arrivano gesti. Sorrisi immaginari. Baci da lontano. Progetti che si avverano. Arrivi e partenze. E molto altro.

Le cose belle sono dentro a un cassetto, nemmeno tanto segreto.
Non è nemmeno chiuso a chiave.
Perchè le cose belle le vai a vedere spesso, e disordinata come sei, la chiave la perderesti ogni volta.
E' bello guardarle, anche se non hanno ancora preso forma, e finchè sono lì, sono ancora così tue e così perfette che quasi quasi, sarebbe bello anche lasciarle lì dove sono.
Ma sarebbe un peccato.
Mortale, per giunta.

Le Cose Belle Mie sono un migliaio circa.
Ho un cassetto enorme a contenerle tutte, e ogni tanto lo apro, le riordino, è il cassetto più ordinato che ho, mica come quello della biancheria, o il Cassetto del Tutto sotto al forno in cucina.

Le Cose Belle sono lì, aspettano con pazienza di diventare cose vere, di diventare bei pensieri e non restare progetti o idee o sorprese da fare, che bisogna starci attenti, o feste da organizzare o piccolissimi viaggi, anche solo un giro lungo verso chissà dove. Sono lì, incartate con la carta colorata, con i nastri giusti, perfino coi quotidiani, ho da sempre questa mania di incartare i regali coi giornali e le riviste, e vengono dei pacchetti meravigliosi, che forse, sono ancora più belli del contenuto.

Succede che le Cose Belle abbiano una pazienza infinita, e qualche volta tardino ad arrivare, o qualche volta smarriscano la strada, e siano così in ritardo da farti arrabbiare, come i 120 minuti del Frecciarossa quella volta, o le volte che fai errori grossolani di valutazione e temi e modi e luoghi, e allora le Cose Belle un pò si risentono e senti una voce dal cassetto che dice Non E' Il Momento, non ancora, e allora sì magari ti risenti pure tu, e ti ci incazzi pure, e piangi e urli e strepiti e dici la qualsiasi cosa e fai volare telefoni e sbatti la testa al muro e le mani sul volante, casomai,e  una quantità di situazioni differente, a scelta, come le caramelle.

ma le Cose Belle sono sempre lì, nel cassetto ordinatissimo che sai solo tu dove sia.
E aspettano.
E tu aspetti loro.

C'è un arrivo, una partenza, un'altra festa di laurea e mille altre Cose Belle da preparare, lassù, nella Casa in Collina.

Non è detto che non si piangerà più.
Ma adesso, sorrido, sorrido così tanto che mi fa male la faccia.

che avevo perso l'abitudine
ma sorridere, più di piangere,  è la cosa che mi riesce meglio.










05 marzo, 2016

Dieci Anni.

















10 anni di me

Della mia vita

Delle cose mie

Ho scritto tanto, quasi ogni giorno.
Quasi ogni volta che ero così felice da volare

Quasi ogni volta in cui ero così triste che non  mi accorgevo  di piangere, se non fosse stato per i singhiozzi, che sentivo uscire come se nemmeno fossero miei. Ho scritto tanto, tanto di tutto, frivolezze e cose pesantissimi, ho scritto dei miei figli e della mia famiglia strampalata , sparsa e meravigliosa, dei miei viaggi, le mie vacanze da zingara, le mie partenze, i miei ritorni,  ho scritto di avventure bellissime accadute senza uscire da questa casa e da questo giardino, dal pratino che conoscono in tanti, dalla casa in Collina che a volte è rifugio e meraviglia e teatro di festa e bellezza e altre volte così silenziosa da far paura, un minimo rumore e non dormo più.
Dieci anni.

Rileggo ogni tanto, mi piace ritrovarmi nei post che ho scritto, ve ne regalerò uno al giorno e mi vedo così diversa e così uguale a 10 anni fa, avevo dei bambini e non degli uomini fatti e delle donne quasi, le feste di laurea erano così lontane, certamente ero più bella, forse più serena, di sicuro più ansiosa, o forse no, non saprei dire.

Rileggo per sapere come sono stata, rileggo per imparare, imparare sempre, che tanto gli sbagli si fanno lo stesso anche se studi di matti, non è così semplice.
A volte la vita ti corre dietro, altre ti si siede vicino e ti sorride. Altre invece, ti prende a schiaffi così forti, e ti strattone, di qua e di là e ti maltratta e ti fa dire Basta, che ti copri la faccia con le mani ma che stai lì a prenderle, perché non è che ha i altra scelta, mai.

Dieci anni.
Amo questo blog come uno dei miei libri preferiti, quelli che torno a rileggere ogni tanto, quelli che so a memoria e ogni volta mi stupisco di una frase, di una virgola messa nel posto giusto che è una pennellata di poesia, e allora cerco di trasporla, la poesia, nei giorni miei che di poesia hanno proprio poco o niente, che non sono molti, ma  insomma.

Così, continuo a scrivere.

Per me, per le persone che qui si riconoscono, che qui trovano da sorridere qualche volta, o da riflettere o da dire Che Scema. Continuo a scrivere questo libro bellissimo, come va a finire non lo so, non sono brava coi personaggi e coi finali, con gli incipit invece sì, e allora, i libri più belli iniziano con C’era Una Volta, io inizio con grazie, a chi mi legge da sempre, e grazie a loro, alle Fragole, che mi hanno permesso di non impazzire, di non lasciarmi andare, di tirar fuori dal cilindro qualcosa che mi facesse bene, e in qualche modo mi facesse soffiare il naso, tirar su col naso e nascondere il fazzoletto. E andare avanti.

Grazie Fragole Infinite.
 Da chi ogni giorno salvi e accarezzi. Da chi ti ha voluto. Da me.
Che son passati 10 anni ma sono sempre io.


05 marzo, 2006

Mi sa che il momento è arrivato.


Cento volte? Mille volte? Almeno una dozzina!
Le volte che ho provato a creare un blog. E chi sono, mi dicevo, la scema del villaggio?

Così, eccolo.
Un pò di me, molto della mia vita e delle cose che sono mie, i figli, i libri, i fiori, le ricette,i biglietti del cinema, gli scontrini, i nastri dei regali.
Io, insomma.
Mi ricorda molto i diari che facevo da fanciulla.
E' divertente.

L'unica cosa che mi mancherà, sarà attaccare le foto con la coccoina.


01 marzo, 2016

First.

Lo sai com'è il sole sulla nebbia?
così.
Che un pò c'è e un pò non c'è, e la nebbia non fa più tanta paura, se sai che c'è un sole sotto.
Il Primo di marzo.
Un passo verso le cose belle, verso il caldo e l'allegria, dimentichiamoci del freddo e delle pozzanghere e dei vetri ghiacciati la mattina presto.

Il Primo marzo, bello come tutti gli inizi, bello come i primi baci, il primo ghiacciolo della stagione, le prime viole, che in realtà sono state lì tutto l'inverno, nell'aiuola delle rose, a farmi compagnia.

Primo Marzo, è così bello pensare che fra poco è primavera, e a primavera tutto è concesso, tutto è permesso, abbiamo il passaporto pronto e andiamo dove ci pare a noi, un pò leggeri, un pò incoscienti, certo, farà ancora freddo, certo che l'inverno non lo so mica se è davvero finito, ma di sicuro non sarò io a farlo iniziare di nuovo.

Disegno per me un prato a fiorellini azzurri piccolissimi, di quelli che non puoi cogliere ma solo guardare, mi regalo piccolissime felicità accessorie, che studio e studio e non imparo mai, a coglierle davvero, a sapere che ci sono e che sono lì, appiccicate, sempre accanto, così vicine che ti basta chiudere gli occhi e sentirne le carezze. 

Disegno per me un cielo stellato, di quei cieli d'inverno che si guardano quando si esce sul terrazzo a notte fonda, per far entrare o uscire questo o quell'altro gatto, e ci si attarda lì, infreddoliti, in pigiama, unici spettatori del firmamento più perfetto, del silenzio buio e di quelle lucine che affascinano, che belle sono le stelle d'inverno, i cieli lucidi, le notti chiare.

Disegno per me un mare infinito, senza onde, di un blu che sembra verde, trasparente che si vede il fondo, ci metto una spiaggia di ciottoli piccoli e ci disegno anche me, seduta, a leggere o a guardare lontano, e chiedermi che cosa c'è oltre l'orizzonte, e magari mi invento una storia, che coi numeri e coi disegni non sono tanto brava, ma con le parole forse sì, e allora, mi invento la storia del Primo Marzo e me la racconto sottovoce, non so nemmeno come inizia e non so ancora il finale, ok, la scrivo, e mentre scrivo sento il sole e il rumore del mare, e perfino l'odore della salsedine e del vento, e inizio spiegando per bene come fa mai ad esserci il sole sotto la nebbia.

Se capisci questo, è tutto più facile.








Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...