29 febbraio, 2016

Vento Bisesto.

solo un giorno in più, alla fine
Non so se sono superstiziosa o non la sono, non me lo sono mai chiesto, ho avuto un gatto nero cui ho messo nome Mario, rovescio il sale e non dico bah, rompo uno specchio e bah lo dico eccome, non foss'altro perchè è impossibile raccogliere i cocci senza ferirsi.

Bisesto.
Cosa mi aspetto da un giorno così.
Un bel niente.
Oppure tutto.
Tutto e il suo contrario.

Fuori, impazza la bufera, un vento mondiale, che fischia e sibila alle finestre, che gioca coi pini che non sono nemmeno tanto contenti di giocare, inzuppati come sono dalla pioggia della notte e avrebbero solo voglia di stare scialli e tranquilli ad osservare la situazione da lontano, senza troppi coinvolgimenti, con una certa sufficienza.

Ma il vento non sente ragioni.
Il vento è la cosa più prepotente che io conosca, non gli importa nulla del resto del mondo, va per la sua strada, che sia sfacciato e freddo da nord ovest, che sia caldo e appiccicoso da sud, il vento fa sempre esattamente quello che vuole fare. Sferza gli alberi, corteggia le finestre, spalanca le porte e le fa sbattere con la corrente, così, all'improvviso, nel silenzio della casa la mattina presto, gonfia le tende, le arrotola, le caccia fuori in una danza scomposta.
Fa cantare le foglie sugli alberi, fa girare e girare quelle per terra, le ammucchia come per mettere ordine, come a dire, ok, State Qui Buone, e un attimo dopo le spariglia di nuovo, giù per la discesa, intorno al fico, un attimo prima di ammucchiarle di nuovo.

Ventinove, un giorno in più.
Voglio essere vento, che scompagina e confonde. Per confondere me.
Voglio essere foglia che balla e sta ferma e poi balla di nuovo ma da un'altra parte.
Voglio essere pino, che guardo dall'alto l'universo, e faccio finta che niente mi smuova.

Ma poi, ecco che arriva il vento e allora non vale.

Farò di questo 29 un giorno in cui tutto, proprio tutto dovrà essere assolutamente speciale e perfetto.
Darò una festa.
Invitati d'eccezione il pino e le foglie.

Lui, il vento, arriva anche senza invito.



26 febbraio, 2016

Di venerdì.

Di venerdì è tutto più bello.
Più liscio, non so come dire, meno complicato, più grazioso, meno ostile, meno di tutto, più di tutto.
Anche se non ci sono grandi programmi, di venerdì sembra tutto più morbido.

Sono giorni che galleggiano, giorni che sembrano a tratti disegnati col compasso, altri scarabocchiati di malagrazia, con la penna che non scrive, o a matita, con la punta non temperata. Mi piacciono le matite, anche solo da guardare, quelle con la gommina in cima, ne ho di tutti i colori, scrivono tutte grigio, ovvio, che scoperta, ma mi piace averle diverse, tutte insieme in un bicchiere e ogni tanto temperarle, guardarle, scriverci delle cose. E magari cancellarle, ma non con la gommina in cima, con una gomma vera. La gommina in cima non si usa MAI.

Credo sia una patologia.

E' un bel venerdì di un nebbione che non si vede nemmeno a parlare, volevo correre agli Argini ma di mattina presto non c'è nessuno e anche io che non ho paura di niente e adoro la nebbia, correrci dentro da sola non mi sembra una buona idea, di mattina presto, che non c'è nessuno e non è che ci sono orchi e malintenzionati ma insomma, non va bene.

E' un bel venerdì che stasera sushi con un'amica e figlioli al seguito, alzi la mano chi non ama il sushi, beh, non fa niente, il sushi o lo si ama o lo si odia, e io lo amo, ci ho perfino chiamato un gatto Sushi e pure Sashimi ma questo non fa testo, e  credo che anche questa sia una forma di patologia, dare nomi improbabili a cani, gatti,  pettirossi e pipistrelli.

E' un venerdì confuso, dove si avrebbe voglia di ridere come scemi per non farsi venire nessun tipo di magone al mondo, nessun tipo di pensiero al mondo, di venerdì le cose sono più leggere e luminose, si ha voglia di felicità, leggerezza, cose belle e cose sceme, cose da raccontare, cose inusuali e squilibrate,  fare i gradini di casa 3 per volta, ballare in cucina, cantare forte svuotando la lavatrice, parlare da sola, sorridere tanto. Anche da sola, sì.

E allora, mi regalo un fine settimana come piace a me, i pensieri gettati lontano come con la fionda, stanca di essere a pezzi, li raccolgo e li incollo di nuovo tutti insieme, per la centomiliardesima volta.

Quello che vedo mi piace.
Non si vedono incrinature, nemmeno i segni della colla, mettersi insieme è un lavoro di cesello e abilità, si impara sempre qualcosa ogni volta, peccato che la volta dopo già non te ne ricordi più, non perchè non stai attenta o studi male, no, è proprio perchè è  così che va il mondo, la vita, le cose.

E ora, mi preparo un thè profumatissimo nella mia cucina un pò in disordine, metto in fila le cose di questo venerdì opaco fuori e dolcissimo dentro, provo ad essere leggera e felice, provo a cantare, provo a ballare, provo a correre più veloce che posso, mi rimetto insieme, mi incollo per bene, non è difficile, mi riesce sempre benissimo, di venerdì.




23 febbraio, 2016

La Strada del Bosco.

Mi piacciono i boschi.
Anche quelli che fanno un pò paura.
Così come la fabbriche dismesse e le case abbandonate.
Mi piacciono i boschi fitti e che sembrano senza uscita.
Soprattutto quelli.
Quelli che a un certo punto sei proprio da sola, lì in mezzo.

Ho un bosco dietro casa.
Inizia proprio a metà di un sentiero scosceso, dove se non guardi dove vai ti inzàccheri di fango d'inverno e inciampi  in estate.
Il mio bosco ha alberi altissimi, da lì non si vede il cielo, e certo, se no, che bosco sarebbe.
A metà sentiero, c'è un punto dove potresti essere ovunque, non ti vede nessuno e tu non vedi altro che alberi e rami e mucchi di foglie e muschio. E tronchi.

A volte, quando faccio tardi e il sole va giù, e io sono ancora lì, lontana da casa, ha qualcosa di spettrale e un pò sinistro, ma solo in inverno.
D'estate invece, è una festa di colori e di profumi di verde, di acqua fresca, e senti le cicale,i grilli e qualsiasi tipo di animale tu voglia immaginare.
e immagini.
Perchè è dal bosco che vengono le storie più belle.
E' da qui che inizia la fantasia delle storie, è dalla paura del buio, dalla sensazione di essere soli, vulnerabili e in pericolo. Quando invece, sai benissimo di no.

Il Mio Bosco è un bosco speciale, sostituisce il mare certe volte, ascolta, racconta, raramente risponde.
e le volte che lo fa sono risposte vellutate e misteriose,  fa frusciare le foglie, fa cadere un ramo, fa attraversare velocissimo un leprotto, una volta, anche una biscia. 
Sta a te raccoglierne il significato.
Perchè il bosco non è che ti parla.
Ma tu, tu conosci la sua lingua e il suo sentire. per questo sai.

Oggi mi spingerò fino al Mio Bosco, non c'è il sole e non c'è niente e nessuno, voglio perdermi e sentirmi persa, voglio raccontargli delle cose, sentiamo quello che ha da dirmi, gli parlo sottovoce, col Bosco non serve urlare nè bisticciarci, è tempo sprecato.

Gli racconterò delle cose che ho perso e di quelle che ho trovato, di quello che credevo, di quello che pensavo, gli dirò del mio coraggio, di certe piccole felicità e di grandi dolori, della mia paura fottuta di tante cose, paura che ho imparato a tenere a bada, ma non sempre mi riesce, e ogni volta sono esercizi di spavalderia e di MaCosaVoiCheSia che mi lasciano stravolta e spossata, che nemmeno dormire dieci ore filate mi salva mai. E infatti.

La realtà è che mi esercito da sempre ad essere forte e quando credo di esserci riuscita, ecco che ho paura.
Mi metterò alla prova nel Bosco, lui sì che mi darà una mano.
Certo, non so come.
E dovrò stare attentissima e concentrata, per saper cogliere il segno giusto, per capire bene che cosa hai da dirmi, Bosco Incantato dietro casa, luogo magico dove non si vede l'inizio nè la fine, soprattutto la fine, per le volte che mi ci sono addentrata e sono tornata indietro di corsa, ancora una volta fregata dalla paura.
Chissà cosa mi dirà.
Privilegiata per sapere interpretare il linguaggio del Bosco, per il quale non servono libri e dizionari ma solo cuore e sensazioni, alla fine puoi dare alle sue risposte il significato che vuoi.

perchè conosci la sua lingua e il suo sentire.
per questo sai.








15 febbraio, 2016

I pezzi della mia storia.



Ognuno ha la sua.
Ognuno la scrive con chi vuole, come vuole, a matita, a pennarello, anche con la stilografica.
Anche io ho la mia.

Ogni storia è fatta di tante storie, di qualcuno che ha condiviso con te tratti di sentiero più o meno lunghi, più o meno ripidi, più o meno complicati.
per qualche stranissimo gioco del destino, perchè il destino esiste, qualche volta le strade si dividono per un pò, con qualcuno, mentre con altri continui anni e anni a camminarci vicino,  ed è parte della tua storia, non come la tua famiglia, che quella ce l'hai sempre, ma sono gli amici, quelli che hai da sempre, quelli che sono cresciuti con te e si ricordano com'eri, e ti scelgono sempre e ancora, perchè quella che eri andava bene allora e quella che sei va bene ora. E lo stesso fai tu con loro.

Ho cambiato 4 città nella mia vita, e ad ogni città era una vita diversa, case diverse, situazioni diverse, qualche volta, un figlio in più.

Non qui.
Io qui, ci sono nata.
I pezzi più importanti della mia storia sono qui.
Io qui sono La Laura, con l'articolo.

Stamattina in chiesa, quante facce che mi sorridevano con gli occhi lucidi.
Stamattina in chiesa, quanto dolore, quanta rassegnazione impercettibile, quanta disperazione soffocata.
Eravamo lì per lei, quasi tutti, come quella volta che preparavamo la festa di capodanno e litigavamo come matti sulle cose da comprare.
Tutti, come sul muretto, dove ci ho passato le ore più belle e più tremende della mia vita.

Eravamo lì per lei, lei che i nostri compleanni sono vicini e facevamo la festa insieme, a casa sua, e abbiamo distrutto una siepe una volta, e impiastricciato di torta un divano.
E poi, i matrimoni, i bambini, e poi i ragazzi, e le cene, e le cose.

Qui mi preparano la tisana la sera, e mi danno una coperta in più per paura che io abbia freddo.
Qui mi dicono Se Vieni a Cena Non Dirlo Nemmeno, Basta che Suoni.

Lo diceva sempre anche lei.
Lei non c'è più.
Un altro pezzo della mia storia che va via, un altro dolore grandissimo, un altro pezzo di cuore che cade per terra, non so nemmeno come si fa a raccogliere, il cuore non è una tazzina, che se va in frantumi la raccogli. No, il cuore è fatto di luce e di piccolissime stelle, il cuore è fatto di minuscole schegge luminose che girano impazzite come su loro stesse, non le puoi fermare, non le puoi toccare.

Che cuore luminoso sei, amica che sei volata via senza nemmeno lasciarmi il tempo di  venire a dirti ancora una volta quanto era profondo il bene che ci volevamo, anche da lontano.
Non avevi mai scordato di quella volta che mi dicesti Devo Parlarti, Vieni Domani, No, Vengo Adesso, e avevo lasciato tutto, e avevo preso l'autostrada ed ero venuta da te, perchè la tua voce non era la stessa e avevo capito che c'era qualcosa di grave e che domani non andava bene.

Il tuo cuore luminoso vola ora nel cielo, e so che arriverà in un posto bellissimo, luminoso come te.
Il mio resta qui, per terra, l'ho trovato nel vialetto del camposanto, stamattina, fra la ghiaia e il muschio verdissimo.
A momenti lo schiacciavo, e forse nemmeno me ne sarei accorta, era già ammaccato di suo.
Ho provato a prenderlo, ma i cuori lo sai, non li puoi toccare, non li puoi fermare.
Tutti i cuori, tranne il tuo.
Che è qui, seduto a cavalcioni sul muretto, vicinissimo al mio.










11 febbraio, 2016

Il Prima e il Dopo.

                                   ph.HelenaWantsMore


Ci si ferma a pensare.
Si pensa spesso.
Ci si ritrova come stordite a fissare un punto nel cosmo e a pensare.
Come assenti.
magari al semaforo.
magari in fila da qualche parte
o prima di dormire.

E allora, ecco.
Prima di quello, prima di quella volta, dopo i bambini, dopo quel viaggio, prima di avere questa casa, prima di quella vacanza, prima di quel dolore, e subito dopo.
E dopo Natale, e prima di me, non era così prima, non fu più lo stesso dopo.
Cose così.

Regina dell'  E 'Possibile, Vestale del Chissà, Magari, Forse.

Ci si arrampica in ragionamenti complicati e nemmeno tanto piacevoli, collocarsi in spazi temporali, avere la presunzione di sapere, di capire sempre tutto, di avere la soluzione a tutto, lo sciroppo per la tosse, la polverina per le formiche, la candeggina per levare quella macchia.

Inutile
tutto assolutamente e completamente inutile
Non so come e non so perchè, anzi so perfettamente come e so perfettamente perchè.
ma non voglio più prima e non voglio più dopo.
Anche se ci si deve fare i conti, non li voglio più.

Voglio i Qui.
E gli Ora.
Voglio gli Adesso.
Voglio gli In questo momento
Nemmeno domani, adesso, ora, in questo istante.
E il Prima e il Dopo, non esistono più.

E' un bell'esercizio, forse ci si arriva col tempo, ma ci si allena con piacere e alla fine si conquista una serenità non comune, un'incoscienza sottile e meravigliosa, un pò vigliacca, forse, di quella vigliaccheria che ti salva la vita, in qualche modo, una sorta di incantesimo dal quale chissà se ci si sveglierà mai, e non è nemmeno importante quello, alla fine.
un egoismo morbido e lucente, che m'importa del mondo, che m'importa del resto, di ieri, di dopodomani, di fra un mese, financo di fra mezz'ora.


Qui, e adesso.
Senza soluzione, con un'alchimia perfetta fra desideri e ragionamenti, fra passione ed energia, giri di valzer che la testa fa col cuore, biglie colorate in un vaso trasparente, pastelli a cera per colorare tutto, ma non domani, non ieri, adesso e qui.

Ho una tovaglia pasticciata coi pastelli a cera, coi quali nemmeno la candeggina ha potuto nulla, la tosse non ce l'ho nonostante il gelo e le formiche, alla fine, che fastidio daranno mai.







Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...