28 febbraio, 2014

La Casa dei Bicchieri Spaiati.


Scaricare la lavastoviglie non è mestiere che amo.
Così come non mi piace stendere, credo che questa ritrosia ad entrambe le situazioni sia dovuto al mio senso dell'ordine, diciamo quasi nullo.
Essendo un lavoro che faccio per forza, mi ritrovo a distrarmi, a pensare ad altro, per rendere tutta l'operazione lievemente più gradevole.
Che pensieri strani mi vengono mentre mentre scarico la lavastoviglie.
Questa casa non ha più un servizio di bicchieri.
Cioè, sì.
Cioè, no, non ne ha uno che può chiamarsi tale, laddove si possano contare 6 bicchieri tutti uguali.
Dopo la dipartita degli ultimi calici disintegrati, non v'è stato modo di acquistare un servizio vero, degno di questo nome, come ogni casa dovrebbe avere.

La Casa dei Bicchieri Spaiati, però, è bella così com'è.
Accoglie e consola, cura e lenisce ogni tipo di tristezza e malinconico disagio.
La Casa dei Bicchieri Spaiati è una casa un pò speciale, a giorni alterni piena di gente o completamente silenziosa. E' bella in ogni momento della giornata, dalla radio sommessa del mattino presto al verso sera, quando si sente una voce che ripete storia.
Qualche volta, un urlo lacerante, spesso cori da stadio, canzonacce da osteria, delicate note di pianoforte, qualche abbaio da guardia poco convinta, qualche parolaccia sbattendo il ginocchio in quello spigolo malefico.Risate, tante, soprattutto quando i figlioli sono tutti e tutti lo saranno domenica questa, dopodomani.

La Casa dei Bicchieri Spaiati sarà nel suo fulgore maximo, con figlioli al completo e fidanzate al seguito, come e più che a Natale. Da vera donna di casa quale non sono, già ipotizzo menù ricchissimi, un dolce speciale, forse un vino bianco prezioso, che il mio Sposo mi verserà con la precisa intenzione di farmi ridereridereridere, che da giorni mi scruta preoccupato. Ero triste, sì.

La Casa dei Bicchieri Spaiati accoglierà questa famiglia chiassosa e lucente, sarà tutto un assegnare letti e a non sapere mai bene chi dorme dove, nonostante ognuno abbia ancora la sua stanza pinta e tratta, sebbene studi o viva lontano dalla casa paterna.

I Bicchieri Spaiati fanno di una casa la mia casa, in un disordine che amo perchè ci trovo me e tutta la mia storia, mi ha curato in silenzio in questi giorni passati quando nulla avevo da dare al mondo se non la mia tristezza, il mio disagio, il mio volere solo stare chiusa qui, a guardare il nulla, al di là delle cose, oltre la siepe.
I Bicchieri Spaiati sono i testimoni delle tante feste, motivate e non, della voglia di festeggiare non solo i compleanni e gli anniversari, ma anche le prime viole, i germogli delle ortensie, i pettirossi che non se ne vogliono andare.

Forse, non c'è modo di sfuggire alla tristezza che ti squassa, alla paura e alla malinconia,  ma ogni scusa è buona per una festa semplice, per far tintinnare due bicchieri e dirsi, va meglio, andrà meglio, è meglio di già.
E che i bicchieri siano spaiati, per forza di cose.


24 febbraio, 2014

Il cuore scomodo.

succede, ogni tanto.
di solito se si è più stanchi, più in ansia, più sospesi del solito.
una ragione vera non c'è.
Il cuore, invece di star morbido e sciallo al suo posto, ecco che decide di far esercizio, di arrotolarsi su se stesso, di girarsi e rigirarsi come a trovare la giusta posizione, da un lato, da un altro, a pancia in sù, a pancia in giù, come quando non si riesce a dormire. Il cuore non dorme, ma vaglielo a spiegare.

Sono stati quattro giorni di fatica e di bellezza, non so dire se più bellezza o più fatica, a tratti mi sembrava di essere su una stella luminosa, a tratti invece, il mondo, l'universo, il Creato tutto mi erano contro, come a schiacciarmi e niente, niente, niente che andasse per il giusto verso. 
Lontano da casa, poi, tutto sembra gigante e insormontabile.

In tutta questa faccenda, il cuore stava scomodo.

E lì a farsi domande, sul perchè e sul percome, i cuori come il mio tendono sempre a darsi un pò la colpa, anche quando colpa non ce n'è.

Ho un cuore maleducato e villano, dove villano era il mio insulto più temuto da bambina, Villana! mi si diceva, e io a chiedermi a 8 anni o poco più se fosse stato meglio di cretina o scema. Mi sfuggiva il significato e fra me pensavo che villana doveva essere proprio una specie di mostro, perciò me ne stavo zitta e buona, mortificata in un angolo per dieci minuti buoni, per poi tornare alle attività che mi erano valse quell'apostrofarmi, senza fare una piega. La mortificazione, alla fine, era di breve durata.

Ho un cuore villano e malandrino, che non si spiega molte cose, che si danna a capire e capire non sa, che fa fatica, che se ne sta rattrappito in un angolo, scomodo come sulle sedie di legno dei vecchi cinema, come sull'autobus strapieno, come in fila alla posta.

Ho bisogno di un divano morbido, un pò sfondato, di quelli di velluto liso ma  dove ci si sta così bene. Ho bisogno di un posto comodo per il mio cuore un pò stupito, un pò sorpreso e un pò ferito.
Ho bisogno di una coperta leggera e una tazza di bei pensieri lì vicino, una specie di sicurezza, non so dire, qualcosa che mi faccia dire che è tutto a posto, che va tutto bene, che tutto è bene e che andrà sempre tutto bene. Non sarà vero mai, ma ci si prova.

I cuori come il mio passano ad abbracciarti quando sei lontana da casa, non sanno che sei tu e ti parlano di te. E ti fanno sorridere e pensare alla grande fortuna che hai.
I cuori come il mio passano sopra a disavventure e ladri e tornano, tornano sempre.
I cuori come il mio ti portano monili e sassi dall'altra parte del mondo e sanno bene come vanno certe cose.

I cuori villani hanno la presunzione e la certezza che il mondo sia pieno di cuori uguali.
E che basta solo cercare un pò.

troverò un divano sfondato e liso per questo cuore scomodo che capire non sa.



17 febbraio, 2014

Aspetto.

Perfino le orchidee stanno ferme.
Ne ho una quantità sparsa per tutta la casa, alla ricerca di luoghi strategici. Nemmeno Brigida, che tante soddisfazioni mi ha dato in questi due anni, sembra ne voglia sapere di fiorire.
Bocciòli, un sacco. Fiori, nessuno.
Si dice che si debba aver pazienza, che le orchidee son delle tipe strane, non devi dar loro troppa attenzione, nè troppo poca.
Mi adeguerò.

E' un lunedì banale, da sei meno, indeciso, come i bocciòli delle ortensie.

Fuori, il clima senza slancio di una stagione che non sai, che non ami e non ti ama, che non hai decifrato ancora.
Dentro, il disordine compunto di una domenica già passata, delle Olimpiadi alla tv, ci si scopre un pò tutti esperti di curling e  pattinaggio su ghiaccio, per una mezz'ora almeno.
 E poi, progetti, alcuni davvero grandiosi, in primavera.

Più dentro, la sensazione di essere un pò in bilico, come a camminare su una fune, come appesi a un elicottero che vola e vola, come a guardar giù da una cascata, con la voglia di buttarsi dentro e la paura di caderci. 
Aspetto il sole, quello vero, non questo sciocco lumino che ogni tanto si fa vedere da dietro le nuvole, e illumina solo ma non scalda. Aspetto giorni lucidi con l'erba nuova, le viole, i pantaloni a fiori, le ballerine senza calze, la vespa. Aspetto, non so cosa e non so chi, sono come sospesa su un mare azzurrissimo, arrivo a sfiorarlo ma non mi ci tuffo, è pieno di pescecani là sotto, pieno di meduse magnifiche, trasparenti ed infide, le meduse sanno bene come incantarti, son come le sirene più o meno. Là sotto è pieno di scogli, e pezzi di legno e relitti affascinanti, anfore romane e tesori nascosti, uno scrigno di monete d'oro e tanti destini.

Aspetto, chissà, il tempo che passa, i giorni migliori, la prossima puntata, raccolgo piccole cose come i bollini dell'esselunga, e chissà quale sarà il mio premio, questa volta, raccolgo e metto lì, i momenti che rido e quelli che invece no, i giorni con la pioggia e quelli col sole, le cose belle e quelle meno, le volte che ho sbagliato e quelle che invece sono stata perfetta, già ma quando, che non mi ricordo.

Sul mio tavolo c'è una tazza di thè quasi gelato, una stilografica e tanti pensieri. Li annaffio come annaffio le orchidee, fioriranno prima loro, la prossima volta mi compro dei giacinti, sono quelli che fioriscono sempre, e nella sezione Delusioni non attaccherò nessun bollino.
Staremo a vedere.

11 febbraio, 2014

Il pittore sul ponte.

Non ne avevo mai visto uno.
Cioè sì, ma non qui, su questo ponte, a dipingere questo fiume.
Questo fiume non è amato, non rappresenta, non dice nulla. E quando dice qualcosa , esonda.
Perciò nessuno lo dipinge.
Nessuno tranne l'omino di questa mattina, tela e tavolozza, in piedi,  a dipingere il fiume.

C'è un sole tenero e festaiolo, quest'oggi qui.
Viene voglia di correre, di andare per viole, di fare un giro sull'erba se non fosse per il fango, di sedersi su un muretto e guardarsi intorno, magari chiacchierare con qualcuno.

Il signore del ponte dipingeva il fiume.
L'ho trovato romantico, un pò demodè, da lungo Senna, non saprei.
Sono passata troppo in fretta, dal ponte non è che ci passi spesso a piedi, e non ho visto molto di quello che già era sulla tela.
Ma ho visto tanto azzurro.
Eppure, il fiume oggi ha un colore marrone verdastro, e non è che sia un bel fiume, non ha canoe o barchette colorate, non ha un bel niente.

Il pittore, però, guardava il cielo sullo sfondo. Azzurro, azzurrissimo, di un turchese così bello che quasi non me lo ricordavo, dopo tanta pioggia.

Ho bisogno anche io di un tubetto di azzurro.

Non so dipingere, ma lo userei per colorare le cose che non mi piacciono, tutte le cose marroni e verdastre come il fiume, tutte le cattiverie, tutte le menate, tutte le perdite di tempo, tutto l'astio, tutte le parole dette a vanvera, tutte le questioni di principio, tutto.

Un tubetto di azzurro come il cielo che c'è, tirato a lucido, incerato quasi, il cielo è così anche quando piove, solo che non lo vedi, solo che si nasconde.
E' lo stesso cielo che c'è al di là del fiume limaccioso e triste. Basta guardare più in là.

Vorrei ritrovare quel pittore e chiedergli di insegnarmi a dipingere.
A trasformare i miei pensieri opachi in nuvole bellissime, i miei magoni in prati verdi che lambiscono la riva, le mie delusioni in barchette di carta che plànino sopra l'acqua limpida, andando lontano. E a farci un bel sole.

Ma forse, un tubetto non mi basterebbe, io non so dipingere e di certo, a quest'ora, il pittore sul Tanaro non ci sarà più.
Però, che peccato.





07 febbraio, 2014

Oggi mi regalo...

una giornata per me.
Ho tante cose da fare, ma mi regalo la lentezza nel farle, la calma, un pò di pace, nessun impegno pressante, nessun appuntamento serio, nulla.

Mi regalo un minimo di tranquillità, il lusso di fare tutto ma farlo come piace a me, senza girare come una trottola imbizzarrita, senza imprecare, senza arrampicarmi su scale, dedicarmi a lavori odiosi, senza dirmi E' Tardi, ma tardi per cosa.

Mi regalo un giorno bello, dove posso guardar fuori e dire Che Schifo di Cielo, ma poi se guardo bene il cielo color sogliola ha un suo fascino in fondo, e allora cancello e mi dico Ma Guarda Che Bel Cielo Che C'è.

Mi regalo dei bei pensieri.
Che forse è la parte più difficile, i pensieri non è che li vedi in vetrina e scegli i più belli, non sono i broccoli dell'Esselunga, che stai lì a scegliere quello più coreografico e poi non sai mai da che parte infilare il broccolo nel sacchetto, dal gambo o dalla testa, è una roba complicata.

I pensieri non si scelgono, ti arrivano alle spalle e nemmeno ti chiudono gli occhi da dietro per farti una sorpresa, Dimmi Che Pensiero Sono, no. I pensieri ti arrivano direttamente nella testa, qualche volta passano prima dal cuore e poi dal cervello, quasi mai il contrario, e si sdraiano per bene, si allungano fino ad arrivarti sullo stomaco, e schiacciano che quasi non respiri. Non sono mai belli, i pensieri che fanno così.

Scelgo però di fare la guardia, di mettermi sulla porta e far passare solo i pensieri leggeri, quelli da accarezzare come si fa coi gatti, quelli da coccolare, da bere piano, da tenere sul ripiano della cucina e da guardare ogni tanto, per essere sicuri che ci siano ancora. Quelli colorati e morbidi, i pensieri che ti fanno bene all'anima, non il passato, non le cose che verranno, ma le cose che hai, qui e ora, perle di una collana infinita, di giorni uno sull'altro, di piccole battaglie, di qualche vittoria, di un pò di delusioni che fanno più forte chi non vuole farsi schiacciare, chi vuole il meglio, chi non si siede a aspettare.

Oggi mi regalo pensieri così, pensieri che si schiantano nel cielo color seppia in un'esplosione di brilli e stelle filanti, e diamanti purissimi e perle lucide, ho una teiera nuova di zecca e due gomitoli morbidi, ho un'amica da far sorridere e un'altra con cui vedermi, più tardi, verso sera, non so.

Resto così, in equilibrio fra le mille cose da fare e una musica che mi balla in testa da ieri, non ho fatto la spesa e inventerò un pranzo regale con quello che ho, il silenzio di questa casa è una medicina preziosa, il letto è ancora disfatto, ho montagne di asciugamani e lenzuola da riporre negli armadi, con calma farò tutto, mi regalo perle di saggezza al mattino presto, cose belle solo per me, anche se fuori il cielo è di seppia, oggi è vietata la malinconia.

Che poi i broccoli. Meglio la vaschetta.

04 febbraio, 2014

Tutta colpa del divano.

già uno non ha tutta questa voglia.
in più, se si autoflagella con lavori assurdi, ecco che il quadro è completo.

Cambiare le fodere dei divani, lavarle, stirarle e rimetterle sù.
Un lavoro da massaie provette.
Quale io non sono.

che non era giornata lo sapevo già, lo si capisce dal mattino che giornata sarà, se già ti svegli appiccicosa di sogni assurdi, di pensieri strani, di angosce immotivate, di ansie che non sai da che parte voltarti, non basta la doccia tiepida a lavare via tutto, ti specchi e ti vedi una faccia che prenderesti a sberle, che faccia c'hai stamattina, e farsi le smorfie non migliora, non migliora un bel niente.

poi, ti punge vaghezza di lavare le fodere del divano. 
Errore. Errore Madornale.

Già a toglierle non è uno scherzo da nulla, poi il divano sfoderato dà idea di disordine, sciatteria, i teli che metti fanno tanto casa di nonna Speranza, crepuscolare sì, sono una donna crepuscolare e incazzata stamattina, insopportabile come solo le donne sanno essere certe volte, giro come una trottola e non combino un bel nulla, sono insoddisfatta, irrisolta e invisa e me stessa, ho sognato male, ho dormito male, mi son svegliata male stamattina, storta, di traverso, e adesso ci si mette pure il divano, un tira di qua e tira di là che non sopporto, e me ne rendo conto quando l'ho già disfatto per metà. Il punto di non ritorno.

Che donna bizzarra quella che si aggira per casa mia questa mattina di febbraio che piove umido e acqua e schifo, che qualcuno deve aver rubato il cielo e i fiori e le nuvole, anche, e tutti i colori.

Che donna sciocca va sù e giù per le scale di casa mia, spettinata e scazzata, che vorrebbe essere a diecimila miglia di qua, cosa c'è a diecimila miglia da qua, che viaggio devo fare, a quale gate, ho solo bagaglio a mano faccio in fretta, mi imbarco e via.

Che donna disordinata e insofferente sono stamattina, senza coordinate, senza cartina, senza nulla. Le cose si accumulano, i pensieri anche, è una di quelle tre giornate all'anno in cui non ce la faccio, in cui mi verrebbe da sedermi in giardino e guardare sù, se ancora ci fosse, il giardino, se si vedesse qualcosa guardando in sù.

Mi passa.
Passerà, certo.
Passa la tosse, la tormenta, passa l'odore di fritto dalla cucina, perfino la neve se ne va.
Passerà anche oggi.
E allora, ecco, ci sarà  ancora profumo di fiori, e il pratino verde e l'erba nuova, e allora, sì che sarà bello sedermi in giardino e guardare il cielo, che nel frattempo, qualcuno ha colorato coi pennarelli Carioca, quelli coi colori più belli, che ti regalavano a Natale.
Nel frattempo, il Dannato Divano è lì che mi aspetta, metà fodere da togliere, l'altra metà accatastata sul pavimento,  zero voglia e la frase killer Ma cosa Mi è Venuto In Mente.

Che poi, le cartine, nemmeno le so leggere.





27 gennaio, 2014

Sola in cucina.

le mattine difficili
i giorni lunghissimi
le volte che senti che non ce la puoi fare, non più almeno
mattine che non basta la radio a manetta
non basta e nemmeno ne hai voglia alla fine

che si sono lavati i vetri, dentro e fuori con un freddo becco, in equilibrio sul davanzale, finirò sulle rose se scivolo giù, i vetri e pure le tende e si stanno attaccando le fodere dei divani, così, per non star troppo a pensare

alla fine delle mattine come questa, o forse no, quasi a metà, c'è un momento di silenzio e di pace, come di raccoglimento, come in chiesa.
Il caffè da sola in cucina è una specie di medicina,  guarisce le notti insonni e i pensieri umidi di altri pensieri e di altri fotogrammi, a sovrapporsi.
Di solito, si cerca nella caffettiera grande e si riscalda quello che c'è già, un giro di valzer nel microonde, la tazzina a pallini che arriva dritta da un vecchio albergo sul lago, un regalo.
Ci si siede in un angolo del tavolo, un pò storte sulla sedia, e si guarda fuori in niente che c'è, il cielo promette neve, come sarà bello vederla attraverso i vetri tirati a lucido.

Da sola in cucina, il caffè ha un altro sapore, non è quello chiassoso con le amiche, pieno di chiacchiere e cose belle. Il caffè sola in cucina ha l'aria di una specie di benedizione, è pieno di significati nascosti, come piccole carezze, vedrai andrà tutto bene, vedrai, vedrai, vedrai.

Il caffè in un angolo del tavolo, nel silenzio e nella pace che pace non è ma solo mancanza di rumore, è un caffè che cura,  soffiate leggere a raffreddarlo, e piccoli sorsi per l'anima, balsamo per stanchezze improvvise di prima mattina, ambrosia, a nutrire e sollevare.

Si guarda fuori, la mattina più lunga volge al termine, il silenzio fra poco sarà musica e rumore, la tazzina a pallini e sciacquata lentamente e asciugata con cura. 
Nel riporla, uno sguardo ancora a un cielo pesante color seppia. E' vero, nevicherà.

23 gennaio, 2014

La Sera della Luna Gigante.

Era gigante sì.
Mai vista una luna del genere. E sì che di lune ne aveva viste tante, in collina, sul mare, nel deserto, perfino dall'altra parte del mondo. Questa qui era una luna speciale, grande quanto un mappamondo, un'enorme frittata, una specie di grande, grandissima palla dorata.

La strada di casa era così illuminata, da dietro i prati grandi e le colline, e i tetti delle case quel giallo bello rassicurante, con una luna così hai come la sensazione che tutto sia bello e perfetto, stirato e in ordine. Sorveglia dal suo cielo i sonni di tutti, le strade, i sentieri, i palazzi e i monumenti, sorveglia il tuo cuore. Sorveglia te.

Non era tardi, non aveva sonno, aveva in sè l'agitazione che ti resta dopo un esame, la sera del matrimonio, quella stanchezza felice che non vuoi assecondare per paura che svanisca tutto, come le bolle di sapone che guardi sì, ma che hai paura che fra un attimo, puff! colori e meraviglia diventan goccioline e niente.

Era stata una giornata fuori dall'ordinario, le luci rosa, i fiori e tanta gente, e abbracci e lucciconi, e lacrime di felicità, càpita così poco nella vita, di piangere ma di gioia.

Quella sera, la luna aveva deciso a modo suo di farle un sorriso, di abbracciarla un pò anche lei, che la guardava sempre, che la raccontava sempre. Facendosi grande nel cielo di quella sera senza nebbia, la luna aveva voluto dirle che sì, era stata brava, e che era giusto che fosse contenta, contenta di sè, per una volta, che riconoscesse il proprio impegno e tutto il lavoro e la fatica, e i giorni e le delusioni, anche. E tutto il bel lavoro che sarebbe venuto.
Quella sera era per lei.
Perciò, la luna si scrisse addosso un messaggio, così che lei potesse leggerlo tornando a casa, solo alzando gli occhi.

Era la Sera della Luna Gigante.
Una sera profumata e senza nebbia.
Fra le mani un mazzo enorme di rose e foglie grandi.

Guardando la luna vide scritto BELLA LI'.
Mai la strada verso casa le sembrò più luminosa.





20 gennaio, 2014

Ho imparato a sognare.

Perchè si impara, sì.
E anche quando non te lo aspetti, quando non sai, quando non capisci nemmeno da che parte tu sia voltata, si dice così, lo dico spesso, NonSoNemmenoDaCheParteSonVoltata, per spiegare che non mi ci trovo, che non capisco, che ho mille cose e in fondo niente.

Ho imparato a sognare.

Ho dei sogni, sì, ma non li tengo nel cassetto, che orrore. I sogni son materia speciale, se li tieni nel cassetto sanno di segatura e di chiuso e di vecchio, come certe credenze, come certi mobili del rigattiere appena li compri, sanno della vita di prima, della casa di prima e adesso sono lì, spaesate insieme ad altre credenze,  fra comò e sedie sbrecciate e salotti buoni scoloriti che vengono da altre vite, e dalle altre vite hanno assorbito profumo di sugo, di lavanda, di disinfettante, chissà, cassetti foderati con la carta coi gigli, fermata con le puntine da disegno. Arrugginite, adesso.

I sogni son fatti di lucido e di bello, di fresco e di profumato.
Perciò, li tengo accartocciati da qualche parte, come le banconote in fondo alle borse di certe amiche mie, che mai metteranno giudizio, lo so, e hai voglia a venderne, di lampadine.
I miei sogni li tengo in frigo, fra il barattolo della marmellata di arance che arriva da Trento e l'insalata già lavata. 
Li tengo lì, non si consumano, non vanno a male, sono lì.

Ho sogni normali. Sono passata quasi indenne fra cerchi di fuoco e foreste amazzoniche senza nemmeno un'accetta o un fucile, fra sentieri scoscesi di sassi e vetri rotti, fra strade infinite senza cartelli, senza indicazioni, senza niente.
Ho attraversato il deserto, ho valicato montagne di dolore e di malinconie, di giorni pesanti e sguardi persi, mi sono smarrita qualche volta, ma ho sempre ritrovato la strada, la mia strada.
Ho qualche cerotto, qualche piccolo livido che nemmeno si vede, qualche graffio leggero, nessuna cicatrice visibile, se non si vedono te ne dimentichi alla fine,  mi han chiesto giorni fa quale fosse un mio pregio. Ci ho pensato un pò, non è mica facile. Ecco, sorrido, ho risposto, sorrido molto. Adesso, forse direi : Ho Dei Sogni.

I miei sogni sono perle preziose, li tengo sotto al cuscino insieme al pigiama piegato sempre a rovescio, li tengo nel cestino dei gomitoli, nella scatola dei biscotti, nel bicchieri degli spazzolini, così li trovo ogni mattina.

Amo i miei sogni come si amano le cose fragili e preziose, anche se fragili non lo sono poi tanto, li ho da tanto tempo e sono ancora tutti lì, in fila, ordinati qualche volta, scompaginati certe altre, e quando li cerco li ritrovo tutti, belli e trasparenti come appena sognati.

Non mi servirà nè accetta nè fucile, nè cartelli nè indicazioni, se avrò i miei sogni con me.


10 gennaio, 2014

SlowMotion.

Con calma.
già si è iniziata una settimana che in un flash era già venerdì e questo ci piace tanto.
Poi si prendono le cose una per volta, con calma, con molta, molta calma, procrastinando qualche volta, Uhm, Questo Lo Posso Fare Anche Domani, o Dopodomani.
Giusto per non dannarsi troppo l'anima.
Mi piace gennaio.

Mi piace perchè fa freddo.
Perchè c'è  ancora in giro in qualche angolo della casa un nastrino dorato, un babbinonatale, il dispenser del sapone con le renne. E' come a dire, la festa è finita sì, però che bella che è stata.
Mi piace perchè è pieno di promesse. Di belle promesse.
Farà questo, farà quell'altro, da quest'anno si cambia, andrò, leggerò, farò, farò, farò.
Non importa se poi fra una settimana ci si è dimenticati di tutto. I buoni propositi valgono anche solo a farli, a pensarli, non importa se poi si disattendono, si dimenticano, si lasciano lì.
Gennaio ti seduce coi saldi, la neve, il thè fumante del pomeriggio, i gomitoli per nuovi progetti e le albe mozzafiato.
Gernnaio è la parte calma dell'anno, quella lenta, il letargo di tutti i pensieri, quella che ci metti un pò a capire le cose, quella che hai voglia di cose nuove ma che stai bene anche con quelle che hai già, fossero scarpe, persone, idee o sensazioni.
Gennaio parte piano. Dopo tanto clamore e feste e lustrini e montagne di stoviglie e carte da regalo, insalaterusse e cornamuse, lui celebra, se non il silenzio, la chiacchiera sommessa, il sussurro per non svegliare chi dorme ancora o dorme già, il buio presto del pomeriggio, le candele, una coperta in cui avvolgere la propria vita e tenerla al caldo, preservarla da screzi e correnti, strattoni e scivolate. 
Un anno è lungo e va iniziato con metodo, lentamente, senza spingere, senza fretta, senza correre e correre ma per andare dove  poi.

Amo gennaio e i suoi giorni gelati e caldissimi, tempo ci sarà per deliri e affini.

Io resto qui, per il momento, al caldo di pensieri belli da pensare, con piccole vittorie e una maglia da finire, con progetti ambiziosissimi che si covano da soli, rimboccherò loro le coperte e fantasticherò, è così bello parlare al futuro.

03 gennaio, 2014

Oro.

Diciamo che non ne ho avuto il tempo.
I regali da scartare, le briciole del panettone, c'è sempre qualcuno che scarta l'uvetta e i canditi.
E poi abbracci e baci e divani pieni zeppi di persone, quelle tue, quelle che hai dentro, appiccicate addosso.
E poi bigliettini e candele e neve, quanta neve, soffice, intatta e bellissima e menootto e menosette, l'annocheverrà, e gli amici di sempre, quelli veri, quelli belli, quelli che ci cucini insieme e gli rifai il letto, mentre ci sei, e ci ridi così tanto che ti vengono le lacrime ogni volta. 

Non ho avuto tempo.
Di pensare a quello che si pensa di solito, i primi giorni di gennaio, che cosa farò, che cosa faremo, che cosa vorrei, chissà.
Non ne ho avuto il tempo, lo trovo ora.

Non ho grandi desideri, in effetti, e forse è la prima volta.
Duemilaquattordici cosa voglio da te.
un bel niente, mi vien da dire.
Niente che non siano le cose che ho qui, le persone che amo, niente che non siano le mie passioni, le mie idee i cinquecento progetti che ho.
Voglio il tempo.
per fare le cose che mi piace fare, per scrivere, leggere, imparare tutte le cose che mi piace imparare e sono così tante.
Voglio la forza.
per altri dodici mesi di cose, che non sono sempre di pizzi e trine, anzi, non lo sono quasi mai, ma che ho imparato a gestire al meglio, a farmi un pò scivolare addosso le cose, con una filosofia fatta in casa, tirata a mano come la sfoglia, al mattarello. Le cose della vita pizzi e trine lo sono raramente, ma ci vuole un attimo a trasformarle. Ecco.
Voglio la ragione.
Non averla, ma usarla. Qualche volta, non sempre.
Voglio la leggerezza e la melodia, voglio pomeriggi pieni di cose normali, voglio la radio bassa la mattina presto in cucina, le finestre spalancate sul pratino sfatto dall'inverno, voglio un cestino di profumi di casa, le mele, la cannella, la legna bruciata,  la lavanda dentro al gufo, il thè che sa di bosco.

E voglio il cuore, il sentimento, i pensieri che penso prima di dormire, le poesie di Fosca sul comodino, voglio chiacchiere leggere, voglio vicino le persone che scelgo, che piacciono a me, che sono come me, vicine, simili, non proprio uguali ma quasi.. E' il segreto della felicità.
 voglio un anno pieno di cose semplici e bianche, non ho bisogno d'altro, non voglio altro, solo questo.

Preziose per me son le cose che voglio.
Voglio il bianco della neve, bianco come il tavolo grande, bianco come il litro di latte che scaldo al mattino quando siamo tutti, bianco come l'anima quando l'anima è bianca, bianco come il cielo certe mattine di gelo, bianco come la nebbia che mi ostino ad amare, bianco come un foglio vuoto, da riempire, un disegno, una faccia o mille parole, per inventare una storia, ne invento una adesso, subito, così, La Storia del Bianco Diventato Oro.
Voilà.
Buon anno.
Bianco, oro, o tutt'e due.








Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...