18 aprile, 2012

Suonano le sette.

Si sentivano le campane stamattina presto, non so bene da quale campanile, qui siamo un pò circondati, ce ne sono almeno tre e poi le campane si sentono da così lontano, non saprei dire. E' un giorno liquido se guardi fuori, promette tanta di quell'acqua come se non fosse piovuto mai, come se tutti non si aspettasse nient'altro dal cielo. Invece proprio no. Si fa fatica. Fatica a fare qualsiasi cosa che non sia stare lì belli e imbalsamati a guardare fuori, a leggere i giornali, a guardare nel vuoto ripassando a mente le cose da fare, dimenticandosi volutamente quelle che ci piacciono di meno, quelle che metti sempre all'ultimo, come quando stiri, che cacci in fondo e cacci in fondo e poi alla fine la dannata camicia, quella che non si stira nemmeno si ci piangi sopra, quella di lino, alla fine arriva anche lei. La mattina di oggi fa fatica a partire, come me, è ombrosa e malinconica come me, è noiosa e angosciante. Come me.  Che vorrei essere diversa e più forte, che non mi piace quando tornando a casa dal giro dei ragazzi a a scuola mi viene il magone a guardare le nuvole bianche laggiù in fondo dopo le colline più lontane, e non so se sarebbe meglio per me silenzio o confusione, se tapparmi le orecchie con la musica più forte e cantarci pur sopra, o se giocare al gioco del silenzio, e stare attenta a non muovere nemmeno un muscolo, nemmeno a respirare, nemmeno a girare gli occhi, immobile, così. La mattina di oggi è una di quelle mattine che mi fanno paura, e anche schifo, perchè so che questo peso non se ne andrà tanto facilmente e che gli occhi pizzicano, pesanti e svogliati, e sembrano biglie di vetro, le stesse che hanno i ragazzi nel bagno blù, un vaso pieno, che a metterci le mani dentro è bello, quella volta che qualcuno le ha rovesciate un pò meno. La mattina di oggi non mi è simpatica, cercherò di ingraziarmela in qualche modo ma io non sono brava a fingere, lo sanno bene le mie Amiche che mi dicono Cos'hai quando ancora stanno entrando dalla porta e nemmeno mi hanno guardato in faccia, a loro basta vedere come sto seduta, o come cammino, o come dico loro Ciao, chissà come fanno, e forse hanno un segreto che non so, e che mi farò dire un giorno o l'altro e adesso mi sa che metterò la musica a mille e la sfiderò questa mattina che non mi piace, e cercherò e farò e disferò, alle mattine così non è che gliela si debba dare vinta, alle mattine come questa si deve fare un marameo, avendone il coraggio, non si deve dare loro troppo peso, tanto, prima o poi, anche le mattine più stronze del mondo, alla fine, finiscono anche loro.

15 aprile, 2012

Glicine bianco.


Quasi ci dimentica che esista, il glicine bianco. Si è troppo abituati a quel suo parente, quello lilla, quello che cresceva e cresceva davanti allo zuccherificio e che poi qualche scellerato ha tirato via, inutilmente. La strada non l'han fatta e lo zuccherificio è ancora lì che cade a pezzi. Il glicine bianco è per me la purezza, più di ogni altra cosa al mondo. Ne ho visto una siepe, nel tardo pomeriggio di oggi, tornando a casa. Tre macchine in fila, a portare a casa scatoloni e gomitoli avanzati, una quantità di corredini da far girare la testa e molto altro. Sono stati due giorni di grande bellezza. Non saprei come altro definirli. Quando metti insieme un'ottantina di donne in un posto sulla collina, dove nemmeno si può uscire perchè piove a scrosci che ti tengono sveglia, quando arrivano da ogni parte d'Italia, quando qualcuna si conosce da una vita e qualcuna invece si vede per la prima volta, assisti a scene che non sapresti raccontare. Ho visto occhi. A squadrarmi e studiarmi, ma come, Mi Avevano Detto Che Eri Così e Lo Sei Davvero. Così come. Occhi a voler capire, occhi felici e umidi, occhi sorpresi, occhi commossi, occhi a brillare di una luce che solo chi c'era può capire. E ho visto mani. Mani a fare e disfare, mani a inventare cose, mani ad insegnare, mani ad eseguire. E ho visto anime. Semplici. Bellissime. E ho visto abbracci, abbracci Che Nemmeno Un Parente, come ha detto Anna. E colori, tanti colori. E sentimenti, diversissimi, come spruzzati nel salone mentre scorrevano le immagini della nostra storia. Ho visto sorrisi così grandi da illuminare la pioggia, sentito risate come in gita scolastica e chiacchiere e racconti e quanta bellezza, quanta armonia, quanta incomparabile generosità, quella del cuore, la più difficile da mettere in pratica. Mi sono sentita così felice e meravigliata e così ripagata e sostenuta da farmi temere che non potesse essere tutto proprio vero. Glicine bianco son le cose del mondo da assaporare piano, che passano in fretta e ti lasciano cose di cui parlerai per mesi, glicine bianco sono le cose rare, le cose belle e profumate che durano poco, abbarbicate a muri scrostati di case abbandonate lungo la strada che scende dalla collina, in una domenica che è piovuto tutto quello che poteva piovere. Glicine bianco sono grappoli di emozioni purissime, l'insieme di tutto quello che ciascuno ha dato a questi due giorni, le cose ciascuno ha dato a me, che è tanto, è molto di più. Per ringraziare come si conviene, avrei strappato cento grappoli da quel pergolato selvatico che ricadeva su un tetto sfondato. Ma il glicine bianco non si fa cogliere da nessuno, rimane lì, intatto e meraviglioso a farsi guardare, a farsi ammirare da lontano, a dire, Son Raro e Prezioso, fiorisco ad aprile e nemmeno la pioggia sfiorisce i miei fiori. A chi come me, stasera, ha nel cuore la purezza, il profumo, la bellezza del glicine bianco.

10 aprile, 2012

Le sere che piove.

Non saprei dire se la pioggia mi piace oppure no, ci sono volte che sì e altre invece che la detesto. Così come detesto gli ombrelli, che perdo, lascio in giro, compro all'ultimo momento per non infradiciarmi e poi lascio lì, nell'armadio dell'ingresso, senza nemmeno ricordarmi di che colore sono.Le sere che piove sono sere un pò speciali, se proprio deve piovere, che almeno lo faccia di sera, che così nessuno va da  nessuna parte e si sta tutti qui, a fare delle cose diverse ma almeno tutti qui. Sono giorni frenetici questi qua, lo è stato oggi, si è lavorato sodo per l'evento dell'anno, esagerata, ma un evento lo è sul serio, siamo così tante che mi manca il respiro se ci penso, e mi fa sentire bene e preoccupata, serena ma agitata, tranquilla ma in ansia, non so come dire. Oggi eravamo tutte lì, a impacchettare, dividere, stampare, preparare, decidere, fare. Gli ultimi dettagli di un evento sono sempre i più belli, è un pò come decorare una torta, nessuno pensa pùi allo sbatti che hai avuto a comprare la farina e le uova, adesso devi solo decidere di che colore fare la glassa. Diciamo che è la parte più divertente. Le sere che piove ti fanno pensare alla strada lucida, ai lampioni che la riflettono e la fanno brillare, che belli i lampioni della salita quando piove forte, non sai se piove acqua o piove luce o tutt'e due. Che bello quando piove di sera, è come se lavasse via tutto quello che è stato durante il giorno, come a dire, Ok, Pulisco Tutto Per Bene e Domani Andrà Meglio, sarà tutto più lucido e perfetto, lavo via le delusioni e le cattiverie, anche i magoni che ti prendono all'improvviso, anche gli scatti di stizza, anche lo sconforto che ti prende quando scopri che per la terza volta hai dimenticato stese le lenzuola, ma noooo, di nuovo. La pioggia lava tutto, domani dicono pioverà ancora, ma i pensieri pesanti sono di domani, e proprio per questo non si pensano ora, si lasciano lì, in un angolo, magari domani, ora di pensarli, saranno un pò meno pesanti e un pò più bellini, domani è domani, mica stasera, magari una bella sorpresa, un coniglio dal cilindro, dici di no? io ci provo, e che mi costa, può succedere di tutto, nelle sere che piove.

05 aprile, 2012

La Leggenda del Lillà In Fondo Al Giardino.

Era stato un rigido inverno. Uno dei più freddi degli ultimi cinquant'anni, o almeno, così dicevano tutti. Nulla veniva risparmiato dalla morsa del gelo, come si era preso a chiamarla sui giornali e alla tv. Nessun giardino l'avrebbe avuta vinta, ma per vederne i risultati devastanti si sarebbe dovuto attendere la primavera. E infatti, sciolta la neve, passato il freddo, ecco tutti a contare le prime vittime. La siepe, il fiero alloro, il gelsomino erano soltanto un insieme di rametti secchi e tristi. A nulla serviva l'intervento amorevole di un giardiniere professionista, uno che sa esattamente dove tagliare, quando e se. Il verdetto era sempre lo stesso, dopo un accurato esame, spesso in ginocchio accanto alle piante a scrutarne le radici, a guardarne da vicino le foglie secche, si rialzava scuotendo la testa. Nemmeno questo aveva superato le temperature spietate dell'inverno. Vi era in fondo al pratino un alberello di lillà. Era stato un regalo, di quelli che ti colgono impreparata e che ti lasciano sorpresa e felice, Che Bello, Per Me? perchè in fondo è un privilegio essere felici di un regalo inaspettato, è un lusso semplice, una bella cosa. Il Lillà Aveva trovato posto in fondo al pratino, vicino alla siepe della salvia, in un angolo ben studiato, così da vederlo anche da casa, una volta esploso nella sua incomparabile nuvola viola. Ogni anno fioriva e fioriva. Ma stavolta non si avevano molte speranze, riguardo la sua salvezza, e si temeva il peggio anche per lui. Lo si era visto curvo sotto un cumulo di neve, intirizzito, gelato e fermo, i sui rami scarni verso il cielo. Poi, accadde. In un giro di ricognizione, ecco dai rami secchissimi spuntare minuscole gemme, foglioline appena accennate. E qualche giorno più tardi, già i primi grappoli, ancora chiusi, ma che già promettevano quel bel colore pulito, quei fiorini quadrati e perfetti, e quel profumo di buono. Rami che di lì a poco avrebbero formato quella nuvola colorata tanto attesa, da guardare da casa, rami da cogliere e da mettere sul tavolo, la domenica, nel vaso riciclato della marmellata, nei vecchi bicchieri spaiati.
Il lillà aveva vinto sul gelo e sulla neve.

Sono nata lillà, non gelsomino.

02 aprile, 2012

Vento da dove.





Dicono ci sia stato un ventaccio, ieri, da queste parti. Non posso saperlo, io non ero da queste parti ieri, perciò      non lo so.  Quello che so è che c'è stato sul serio, a giudicare dal delirio che ha lasciato sul pratino già in disordine di suo, non avendo ancora subìto alcun intervento di rassetto primaverile. Il vento di ieri ha staccato la casetta degli uccellini, e con essa il marchingegno da me amorevolmente brevettato per sfamarli, il loro bar, diciamo. Ha capovolto lo stendino e tutto quello che c'era sopra, anche se lo stendino di casa mia è sistemato in posizione strategica, che lo nasconde agli occhi del mio Sposo che non ne sopporta la vista. Non ci si chieda il motivo, Egli è fatto così. E' stato un vento della malora, di quelli improvvisi che spazzano via le cose che magari sono lì da un sacco di tempo. Succede, qualche volta Che arrivi una folata dopo l'altra, raffiche a mille all'ora e ti portino via delle cose, non soltanto le magliette stese, non soltanto il cibo degli uccellini. Ci si fa l'abitudine. Si commenta con un'alzata di spalle, dopo aver incassato il colpo, di dice Pazienza, non già con rassegnazione, ma con lo sguardo già al di là, lontano, già oltre. A guardarlo bene il giardino stamattina non è molto diverso dalle altre mattine, anzi, è proprio identico. Il ciliegio è sempre lì, la siepe anche, e anche le sedie strane, colorate, quelle col buco che il gatto ci scivola dentro, sono lì. Soffia pure, vento malvagio, vento arido che scuoti le vite di tutti, non sei quello profumato di schiuma e di mirto, sei un vento insipido che arriva chissà da dove e nemmeno ci tengo a saperlo. Soffia e porta via tutte le cose, spostale, capovolgile, fanne quel che vuoi. Non ruberai il ciliegio, al massimo gli farai cadere i petali, invidioso come sei di tanta bellezza  delicata.  Non  ruberai  la siepe, il lillà che sta fiorendo, anzi, scuotendolo ne farai uscire tutto il profumo e sarà peggio per te. Soffia, saccheggia, sfianca me e il mio giardino, non m'importa se dovrò lavare un'altra volta le lenzuola cadute sul prato. Ma guai a te se tocchi il resto. 

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...