05 dicembre, 2010

Nel bosco.

Mia figlia è di là che ride nel telefono. Prima cantava.
Mi è difficile pensare ad altro, stasera.
Ho sperato, in questi giorni, seguivo i tigì, volevo sapere, ho pregato,anche, no che non mi vergogno.
La cercano nel bosco.
Nevica pianissimo, non è vero, nevica forte ma è neve piccina, non sono fiocchi ma briciole, non sembra nemmeno neve se non guardi per terra e dici, ah già, guarda che nevica.
Mia figlia ha mille braccialetti, gli occhi belli, ha il gatto accoccolato sul letto, è già in pigiama.
Mia figlia ha 13 anni.
Come lei, che cercano nel bosco, e nel bosco è buio sempre, figuriamoci di sera.
Mia figlia vuole farsi un altro buco alle orecchie, tagliarsi i capelli così, mette le mie collane, il mio profumo, non le piace la storia, sa le canzoni dei Beatles.
Il dolore non si immagina, se ci provo è un masso che si stacca dalla montagna e che mi schiaccia, un buco nero che mi inghiotte, un burrone dove precipito senza fermarmi, rimbalzando sulle rocce.
Il dolore non si compara, non si divide, penso a quella mamma e mi guardo, guardo mia figlia e non finisco il pensiero, non ho coraggio  e non ho sentimento.
Nel bosco, stasera, fa che faccia meno freddo e che la neve sia tiepida, là dove cadrà.

Come, un negozio?

In verità me lo ero sempre immaginato così, un posto. Un posto per fare cosa. Un posto per la sede del Cuore, per esempio, e mi sembrava di esserci quasi arrivata dopo una serie lunghissima di trattative e incontri e progetti  e perdite  di tempo, che ho scomodato architetti e ingegneri e fabbri e idraulici che mi hanno fatto tutti i disegni  aggratis, ma poi, quelle che si fanno chiamare Autorità Locali di questa cippa, signooooooora!, hanno cambiato idea e allora addio alla sede. Ma non me ne frega, io vado avanti per altre strade, dovessi mettersi un centinaio di anni. Però ho tutto in mente così chiaro, così perfetto, così assolutamente come dovrebbe essere. Le pareti sono bianche, una di loro ha una tappezzeria a  pois, e bianco è il pavimento a lunghi listoni di legno, e i mobili sono tutti un recupero, ci sono credenze bianche e vecchi comò, poltroncine a fiori, cuscini ricamati. Il tavolo è lunghissimo, viene da una vecchia merceria, e ha un ripiano di sotto pieno zeppo di cestini, pieni zeppi di nastrini, di gomitoli, di carta a fiorellini, e vasi di vetro pieni zeppi di bottoni e bottoncini. E sedie e divani un pò lisi,  e vecchi tappeti, e ovunque teiere e tazze da thè, ce ne fosse una uguale all'altra, ma vanno bene uguale, perchè noi qui il thè ce lo facciamo ma ben sul serio, quando vengono tutte quelle di Torino e di Milano, che è sempre una festa, poi. 


Un negozio dove vendere, per un pò, mica per sempre, delle cose carine, fatte da me, dove ci si possa ammazzare di chiacchiere e magari trovi posto un camino, anche dei libri, perchè no.
Ecco.
Quello che ho fatto qui, in questa domenica, è stato proprio questo. Ho arredato questo negozio, ho messo persino il cestino di legno, quello con le ruote, ho portato un thè arancia e cioccolato che ho comprato a Roma alla BiblioTea con Betta. Ci ho messo le ultime cose che ho fatto, qualcun'altra la sto ancora facendo. 
Non so bene perchè l'ho fatto, mi piaceva l'idea che qualcuno passasse a trovarmi, coraggio, ci sono delle sedie laggiù, fuori fa un freddo becco ed è per questo che ho messo l'acqua sul fuoco. Quante tazze?

04 dicembre, 2010

Il sole a dicembre.

Aprì gli occhi. Inizia così uno dei mie libri preferiti in assoluto, che avrò letto una trentina di volte, in italiano e in francese, che posso dirne dei pezzi a memoria, anche, che ho fatto leggere a un sacco di amiche, che ho regalato tanto, setacciando i mercatini dei libri usati, anche quelli del lungo Senna, e che poi ultimamente ho trovato su Ebay, edizione 1965. Ho aperto gli occhi stamattina e mi sono innamorata di questo sole immobile, insperato, che riluccica la neve dei campi, la brina sui rami, persino l'aria. E' tornato il pettirosso a VillaVIllacolle, stamattina si discuteva se fosse Federico II, III o quindicesimo, certo è che quando arriva è quasi festa, quasi vacanza, certamente quasi Natale, anche se mancano un sacco di giorni e a tratti se ne ha voglia e a tratti no, a tratti si dice, Bleah, Natale, e subito dopo si pensa a come fare a rendere natalizio il davanzale, gli addobbi si fanno nel week end dell'Immacolata, ci siamo quasi, no? Aprì gli occhi. Mi sono stropicciata fin troppo nei giorni indietro, oggi avrei solo da stirarmi e stare bene, appiattirmi per bene, lucidarmi un pò, farmi brillare, sberluccicare da questa neve preziosa, sì, ce n'e ancora perchè è ghiaccia, e fa rumore se ci cammini sopra, ci affondi poco, puoi scegliere se farne di nuove o se ripercorrere le orme sul sentiero, quelle  di ieri e di ieri l'altro, puoi indovinare ancora quelle della lepre, era una lepre, giuro, non era un coniglio, perchè correva zigzagando e aveva le orecchie molto più lunghe. Aprì gli occhi. Oggi nessun programma scritto sulla lavagna della cucina, coi gessi colorati dell'IKEA, ho voglia di leggere e di leggere, e ancora di leggere, scelgo un posto accanto al camino e mi ci fiondo, mi sotterro di pagine e capitoli, libri a manciate, me ne metto accanto due o tre e ne leggo un pezzo di uno e un pezzo di un altro, intermittente, come le lucine di Natale che dovrei mettere alle finestre. Ma se apro gli occhi, fuori c'è un sole invitante e sfacciato, che mi dice, vieni, vieni a correre con me, vieni a sentire che aria pungente e profumata di pulito, vieni a respirare il freddo e scuotiti di dosso tutti gli stropicciamenti e i magoni e le menate, anche, ma quali libri, ma quale camino, fuori è un mix perfetto di gelo immobile e di energia, di brillamenti e di bellezza, per i libri tempo ce n'è, sarà buio presto, do retta a questo sole e a quest'aria libera, anche se qualcosa mi dice che del sole a dicembre sarebbe meglio non fidarsi. Ma chi se ne frega.

Hai inventato delle parole, lo sai, sì?
sì, lo so, ma ci stavano bene.
massì, hai ragione, a rileggere, ci stanno bene.
ecco, appunto.

03 dicembre, 2010

Stropicciata.

Che non è proprio stare male male. Conosco bene, quando si sta male male, detto due volte, che una sola non basta. Ecco, no, non sto male. Stropicciata, sì, appallottolata, hai sbagliato e strappi il foglio e ne fai una palla e lo butti lontano. Ho i vetri sporchi, a guardar fuori si vede benissimo, ma non è stagione di lavare i vetri, se ce n'è una, chi viene a vedere se son sporchi da fuori, se piove e nevica è tempo sprecato, lavoro sprecato. Ieri ho camminato così tanto che mi faceva male la testa, ho fatto un calcolo sulla cartina, sembrano 8 km o giù di lì, magari sono molti di meno ma ci ho messo più di un'ora ad arrivare da lei da casa di mia madre, nel viali, sul corso senza nemmeno guardare le vetrine, non ci sono vetrine in quella parte di città, sono case e palazzi e scuole occupate, Picchetto al Santorre, me la ricordo bene questa scritta, ci passavo davanti con l'autobus e c'è stata un sacco di anni, prima che la cancellasse una mano i vernice. Ho camminato e camminato, lo faccio sempre quando voglio trovare qualcosa che non so, quando mi sento un pò persa, quando tutto gira al contrario di come deve, di come sa, da sotto in sù, da sinistra a destra, a rovescio, quando si inceppa come la cerniera del vestito nero, o del Moncler, mi ci rimane sempre in mezzo la sciarpa. Io odio le cerniere, mi dà noia il loro incastro, tutti i dentini in fila, insignificanti se presi uno ad uno,  la loro precisione millimetrica, che basta un niente e non sale o non scende, possiedo solo pantaloni con la cerniera di fianco, così non le vedo, faccio uno sforzo per le felpe che ce l'hanno davanti, odio di cuore quelle doppie, che si aprono anche da sotto. Non so cucire le cerniere, non le so attaccarle negli astucci che faccio alla Princi, le dò a Noemi che cuce così bene, io nemmeno mi ci metto. Il mio odio per le cerniere, anche a vederle, dovrà essere esaminato da uno bravo, ma scatterebbe il ricovero immediato se raccontassi che cammino nel gelo fino a quando il gelo non lo sento nemmeno più, che le cerniere mi danno angoscia e mi fanno diventare cattiva,  e che ci sono giorni come questo che mi sento appallottolata come un foglio sbagliato, strappato e accartocciato, lanciato verso il cestino e caduto di fuori, perchè chi l'ha buttato non aveva nemmeno tanta mira.

01 dicembre, 2010

Soffice.

Che bella sera, ieri sera. Sono stata a una festa. Cioè, non proprio una festa vera, con le tartine e la musica e i bicchieri. DI chiacchiere sì, che ce ne sono state, saltellando da Facebook al sito, con la radio accesa sulla RAI, perchè se lancio deve essere che lo sia davvero e sul serio, con mazzi e contromazzi, mi aiuti a dire. Stamattina mi sento proprio come dopo una festa, dove hai bevuto un pò di più e la testa un pò ti ronza, e pensi ancora a ieri sera, agli stati d'animo, ma quante storie, non esageriamo, no che non esagero, è stato proprio così, anche se la festa era virtuale, anche se eravamo tutte in pigiama, fino alla 1, anche se qualcuna a un certo punto diceva, Scusate, io Proprio Non Ce La Faccio e Vado a Dormire, anche se eravamo insieme, sì, ma ognuna a casa propria, sul proprio divano, Mirella si è portata il pc nel letto e si sforzava di tenere gli occhi aperti, per aspettare la creatura, Cristiana ed io giù di sms, Emma sparita dal radar ma ritrovata poi, a pochi minuti alla mezzanotte. Le mie Amiche di qui, dormienti, mi sa, ma presentissime oggi, son sicura, a commentare, dire, chiedere. Piccole cose. Piccolissime cose semplici, siamo donne fatte, madri di famiglia e che famiglie, complicate, numerose, impegnative. Ci prendiamo dei piccoli momenti, piccolissimi svaghi un pò da ridere, le vite di ognuno son così voluminose e ruvide, qualche volta, le lisciamo un pò, le stiriamo un pò, a divertirsi in fondo basta pochissimo. E' soffice di fuori, la neve sul pratino, sui rami secchi, quando fa spessore sui rami vuol dire che ce n'è un bel pò, che artista la neve, che trasforma un ramo secco in un miracolo di architettura, in bellezza candida, in bianchissima virtù. E' soffice qui dentro, oggi niente scuola, questa è la regola, nevica e nevica così tanto che è un gran regalo farsi ipnotizzare alla finestra, scommettere quanta ce n'è e quanta ne verrà, programmare una passeggiata nel bianco di fuori, ma più tardi, quando farà meno freddo, quando anche i bambini dei vicini usciranno col bob e giù a rotta di collo dalla discesa, forse ci si spingerà fino allo stradone, al negozio del Tutto, a comprare le arance, che non serve niente in casa, ma facciamo finta. Soffice, il primo dicembre, star male sarebbe un sacrilegio, si cambiano idee e prospettive, tutto acquista una nuova forma, cambiano i filtri e le convinzioni, se c'è la neve, un colore nuovo, luminoso e che brilla, color della neve e come la neve, soffice.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...