30 novembre, 2010

Vado avanti e indietro.

 
Così diceva il Liceale, anni tre più o meno, quando si annoiava, magari con la febbre, o i puntini del morbillo. Io, al contrario. Vado avanti e indietro quando sono agitata. C'è fermento. C'è casino. Un bellissimo casino. Stasera esce finalmente quel librino cui si lavora da un pò, che ha intasato le nostre mail, versione 001 fino alla versione 007, che mi sembra un bel numero, alla fine. Quel librino che è venuto fuori così, facciamolo, dai, ognuno mette del suo, come al solito, come sempre. C'è fermento. C'è casino. Notizie che rimbalzano sui blog, su Facebook, di qui e di là. Non ci si telefona perchè nemmeno si ha il tempo. Non si conclude un bel nulla di nulla, ho il blackberry in tasca e vado avanti e indietro, mi sono fatta la coda dieci volte almeno, perso gli occhiali, aperto la finestra, guardato giù. disfatta la coda, trovati gli occhiali, fatto cose a spizzichi, tolta il maglione, rimesso il maglione, controllato le mail, svuotato la lavastoviglie, acceso la radio, rifatta la coda, riperso gli occhiali. Il delirio. sono piccole cose, invenzioni di piccolo conto, eventi che ci fanno passare un pò da storneggiate, Tutto Questo Per Un Librino? Sì, che male c'è. Se c' la passione, se c'è la voglia di fare le cose, se c'è l'energia, anche, se c'è questa squadra perfetta che lavora così bene, che nessuno dice mai Non Si Fa Così Ma Cosà. Felice che sono questa mattina, felice e infularmata, confusionaria, agitatissima, contenta  di quei racconti che ho inventato, di quelle storie, che se guardo la bozza non ci cambierei una virgola che è una. C'è fermento, c'è animosità, c'è ansia di quella buona. E quella buona si sa, tiene lontano quella che t'ammazza, quella che ti schiaccia per terra come le foglie putride mischiate alla neve mezza sciolta, al fango e al bagnato. Oggi, volo leggera verso la festa, volteggio, contenta di me e di questo librino, delle Amiche che con me lo hanno scritto, di quelle che  fanno la ola da qui,e anche da là e da là,  degli abitanti di questa casa fintamente distratti ma fierissimi, contenta di loro sì, perchè niente sarebbe se, niente sarei se. 

29 novembre, 2010

Stasera. Anzi, domani.

Che fai stasera?
Perchè?
Così, tanto per chiedere.
Stasera? Vediamo...ah sì.
Ah sì che cosa?
Stasera c'ho da fare.
Cosa?
Perchè vuoi saperlo?
No, volevo capire meglio tutta stà storia del T.R.U.S, sono tutti infularmati, ma nessuno sa nulla.
Bella storia, eh?
Già. Ma che cos'è?
Una cosa che esce domani a mezzanotte.
Ah. E si chiama?
T.R.U.S.
E che roba è?
T.R.U.S è un evento mondiale.
Esagerata.
Beh, facciamo italiano
Esagerata 2 la vendetta.
Allora facciamo che è un evento tra noi e non se ne parli più.
Così va meglio.
C'era un gioco, bisognava indovinare cosa voleva dire T.R.U.S.
E l'hanno indovinato?
No, ancora no.
E quindi?
E quindi che?
Chi ha vinto?
Nessuno.
E che gioco è se non vince nessuno?
Ma non vinceva niente, in effetti. Stasera si scoprirà tutto, ma per averlo bisognerà aspettare la mezzanotte di domani, 30 novembre, che praticamente è già il Primo Dicembre.
Non comprendo.
Sei di coccio, allora.
Forse.
Stasera se ne parlerà, domani si avrà.
Sembra una cosa bella.
Non sembra, la è.
E un altro indizio?
A cosa serve, stasera saprai tutto.
E come farò a saperlo?

Ah, ecco.

26 novembre, 2010

Il talismano.

Voglio un talismano. Voglio un ciondolo, un bracciale, che quello rosso che mi ha regalato la signorina Crubellier , quella volta al ghetto di Roma, si è sfilacciato, ed è rimasto solo l'argento e non è che abbia funzionato granchè, devo chiederle del suo, mi aveva detto di averlo perso e ricomprato, chissà. Voglio un talismano, da tenere in tasca, da portare con me, toccare quando mi serve, da usare quando non trovo il senso, la quota e la ragione, perchè non sento, non conto e anche a ragionare si fa fatica. Voglio un talismano, non so se esiste nemmeno quello che fa per me, non ci capisco niente, io, di queste cose esoteriche non tocco niente. Però sarebbe bello affidarcisi, posso provarci, lo vedi? ho il mio talismano, posso andare dovunque con questo, e mai mi sentirò fuori posto, mai mi sentirò inadatta, mai mi sentirò inconcludente, malinconica, vuota come una canna d'organo, così dicono al mio paese, mai mi vedrò questa espressione da tartaruga, c'hai fatto caso? gli occhi delle tartarughe sono come quelle dei serpenti, fissi, senza espressioni, se non camminasse sembrerebbe già stecchita, ha 'sta faccia da scema, la tartaruga, mai che sorrida, mai che dica, che so,  Ehi! oppure, Come Va? Niente. Oggi ho una faccia da limone, più che tartaruga, verdina, allora che limone è, da limone acerbo, và, ecco. Questo limone acerbo oggi non ha concluso un nulla che sia nulla, ha cucinato in maniera compulsiva, primosecondocontorno per scoprire che nessuno e dico nessuno dei figlioli allieterà il tavolo della cucina, stasera. Va bene, sarà il pranzo di domani, abbelli! Gira così, gira che non gira, gira che non va così bene come dovrebbe andare, gira che a volte scivolo, che a volte non mi attacco al corrimano delle scale, e cado giù, bell'e distesa, gira che non so nemmeno dov'è la maniglia del paracadute e mi sfracello, gira che nuoto per ore e ore e poi mi volto e non vedo più la spiaggia, ma come, era lì. Voglio un talismano per non sentirmi a pezzi, e nel caso, per saper raccoglierli con la scopina e la paletta, quella fatta a Principe e Principessa, che sta nell'angolo della cucina. Voglio un talismano, per non sentirmi girare, per non sentirmi in mezzo al mare e  alla burrasca, voglio l'Ignatia Amara per non avere l'ansia, voglio una cartina che mi dica dov'è che mi son persa, dov'è che arriverò, dov'è che sono andata, dov'è che mi ritroverò, cuore di niente, cuor di meringa sbriciolata, di cristallo sbeccato, cuore di sasso, cuore d'argento annerito, cuore di coccio che nemmeno le sa leggere, le cartine.

Neve per finta.




Cronaca di una neve annunciata. Le regole di VillaVillacolle sono molto chiare. Se nevica, non c'è scuola. In fondo non è un gran peccato, niente materie importantissime o verifiche,  e ieri sera qui, tutti che si esercitavano in danze propiziatorie, scrutando il cielo come a dire, Uhm, ne verrà un metro. Gli accordi erano, nessuno metta la sveglia, solo io. Controllerò la situazione neve e poi mi regolerò, deciderò, se svegliarvi o no, se portarvi a scuola o no, se far finta di niente e rimanere bell'e impiumonati, dacchè in tarda mattinata riede il Magnifico ed ecco qua la famiglia ricomposta, in men che non si dica. Niente da fare. Stamattina non proprio che nevicasse, anzi, briciole gelate, nulla di più. E poi, a intermittenza, briciole e fiocconi, fiocconi e briciole, di traverso, di dritto, di sbieco, ma nulla di rilevante. Non è neve questa qua. La neve giusta, l'articolo che interessa a me, è quella vera. Quella che viene di notte, che ti alzi e trovi il paesaggio ricoperto, ammantato, intatto. Quella che non ti fa uscire di casa, che ti fa lasciare le orme sul marciapiede, che ti ci affondi fino alle ginocchia. Quelle che ci vuole il berretto e il piumino, i guanti da sci,  quella che ci fai a palle, che tiri fuori la lingua per farci nevicare sopra, chi non l'ha mai fatto, quella che ti gela i capelli, che ti abbaglia da tanto bianco che c'è, e di silenzio, e di magico. Non questa roba qua. E' solo un assaggio, lo so, ma spero che presto ne venga un sacco, ma un sacco davvero, perchè così sarà inverno sul serio, e mi piacerà. Intanto scruto il cielo, leggo il meteo, mi accingo e mi appresto, e ben mi accomodo.  E' il fine settimana, dolcezza,  lana e cioccolata, divano e amici, neve, se ci sarà. Quella vera.

25 novembre, 2010

Senza parole.

Il cassetto della biancheria.

Tempi durissimi, lassù, nella Casa In Collina. Alla gestione di tutta la vicenda, nonostante si sia a ranghi più che ridotti, occorrerebbe una squadra di domestiche, un maggiordomo, un autista, un cuoco giapponese, un cuoco del territorio, un'istitutrice, un addetto alla sicurezza, un supervisore, di badanti, no grazie, ancora non ce ne servono, graziaddio. Di tutto ciò, ben se n'è resa conto lei, in visita pastorale ieri pomeriggio alla mia magione, passando non dalla strada ma dal sentiero e chiamandomi dalla siepe dell'alloro, proprio in fondo al pratino, che in effetti conosceva le poltrone di fuori, il Liceale, i cani, e le mancava solo il gatto, ma ho proceduto alle presentazioni. In tutto questo delirio, ieri sera, sul tardi, m'è punta vaghezza di dare una sistemata ad un cassetto, che di solito le faccio, queste cose, così, senza programmarle, mi vengono fuori come non saprei. Ho voluto sistemare il cassetto della biancheria, che a dir cassetto delle mutande sembra di dire una parolaccia, ma invero è quello che ho fatto, quale donna non ne possiede uno, di cassetto, intendo, atto a conservare la biancheria? Ecco, consiglio questo esercizio appena prima di uscire scelleratamente per un giro di shopping che includa LaPerla, Intimissimi, Victoria Secret's ed affini. Il cassetto della biancheria la dice lunga sulla donna  cui appartiene, se oculata o sdilinquita, se diavolo, acqua santa o tutt'e due. Infatti, sfido ogni lettrice a non trovare nel proprio cassetto quanto segue. Mutande di ogni fattura e per ogni occasione. Da matrimonio, da corsa, da gara, da guerra, da vestito trasparente, perizomi, brasiliane, tanga, coulotte, di pizzo, di cotone, di seta, di seta lavata male, di chiffon, di cotonaccio da mercato, avute in regalo e immettibili, da Capodanno (le odio di cuore eppure ne ho ricevute in regalo da un'insospettabile vecchietta e non ho cuore di buttarle), nuovissime col cartellino, della taglia sbagliata, troppo larghe, troppo strette, scomode, spaiate. E poi i reggiseni. Anche qui, da gara e da guerra, come no, con spalline, senza spalline, a spalline incrociate, a senso unico alternato, diritto di precedenza, ah no, confondo con la Princi che sta prendendo il patentino. A balconcino, a terrazza, con ferretto, senza ferretto, da palestra, da corsa, quella vera, di pizzo prezioso, di pizzo scadente, da educanda, da bordello, un pò rovinato ma ancora bellissimo, cui insomma siamo affezionate. Non voleva essere un post fetish, ma mi rendo conto che. Ier sera, mentre attendevo l'ora di ritirare il figliolo all'allenamento, ho impiegato una buona mezz'ora a dare un senso al cassetto della biancheria. Ora, è tutto impeccabilmente in ordine, a posto, in nuance di colore, il nero col nero, il bianco col bianco, un cassetto solo per il viola, per forza. Però è un bell'esercizio di stile. Se al mattino una si sente Maria Goretti sceglierà un colore tenue, candido, meglio,  senza orpello alcuno. Se invece si vuole osare, un bel verde sottobosco, un arancio squillante, un fucsia peccato. Ovvio che nessuno lo vedrà, a meno che, ma apparecchiata per bene anche nel profondo, una si sente segretamente perfetta.  E nulla tema il mio Sposo lontano, si fa per parlare, sù. Ma che carattere!

23 novembre, 2010

Ode alla Pianta dei Cachi.

Chissà. Forse mi porto dietro questo amore da molti anni, tanti che nemmeno so contarli con precisione, di sicuro più di quaranta. Ero piccolissima, ho ricordi confusi e nitidissimi, cioè, mi ricordo poche cose ma quelle che ricordo sono perfette, il colore delle rose, le piante grasse nel vaso di pietra, il sentierino verso il praticino, mia madre parla così, è tutto un -ino, un -etto, così, mi fa ridere, è una cosa cui non avevo mai pensato prima di ora, ho una mamma che parla coi diminutivi di ogni cosa, di molte cose, anche a me, anche adesso che mamma la sono anche io e di un numero sterminato di figlioli. E mi fa ridere. Comunque. Le piante dei cachi erano nel giardino della Casa Vecchia, si chiama così la casa sul bivio, in famiglia mia, la casa dove c'era anche la Manu, la casa vecchia è quella che hai prima di quella che abiti ora, solo che chi come me di case ne ha cambiate un discreto numero, alla fine ha solo case vecchie e quindi si deve dare un nome a ciascuna di esse. Ma torniamo alle piante di cachi che In questi giorni, adoro. Sono vere opere d'arte nella nebbia fitta, appena prima che il paesaggio venga inquinato con le luminarie di Natale, che sono anche belle a vedersi, ma ancora no, per il momento mi piace guardare questi gioielli, queste meraviglia di piante secchissime e senza foglie, ma tutte bell'e inghirlandate di frutti lucidi, arancioni da matti, piante a pois, arancione Hermés, un'esplosione di colore nel grigio che c'è. Il pois è, insieme al beige, la vera tendenza dell'autunno inverno, e queste macchie di arancione fanno la loro elegante figura, spoglie ma apparecchiate, come dire, sì, esco in tuta ma c'ha i brilli, sono in sneakers ma ho uno smalto da delirio, vengo così come mi trovo ma ho l'eyeliner perfetto. Così, in questa caducità di pensieri frivoli e stolti, totalmente senza senso, in questa meravigliosa contraddizione che fa delle piante dei cachi il mio oggetto di culto delle ultime ore, continuerò ad adorare quella che vedo ogni giorno appena prima della curva verso casa, attendo Afef per un caffè, c'era il sole poco fa sul pratino. Ecco, -ino. Ora, so da chi ho preso.

22 novembre, 2010

Han rubato la collina.

Chissà chi l'ha rubata, e quando, se stanotte o stamattina presto, ancora più presto di così. Si è nascosta, forse, aveva freddo e si è comprata un vestito, un mantello, uno scialle opaco, senza colore, un cappotto pesante, una coperta. E' sparita la collina, come quella volta il cielo, forse sono sparita anche io, ma cosa dici, uno non è che può sparire così, snap! da un momento all'altro, e allora come si dice quando si fa fatica, fatica a trovarsi, fatica a pensare, fatica anche solo a spingere il tasto del microonde per scaldare il latte, fatica a ripassare le cose che devi fare oggi, sono mille o nessuna, dai, non fare quella faccia, succede a tutti, di iniziare la settimana così, che ti faresti passare sopra da un cingolato pur di non fare, pur di non, pur e basta. Sei donna confusa, irrisolta, un giorno sulla Trump Tower, un giorno in cantina, ma non quelle dorate della Trump Tower, le cantine buie e fredde e piene di topi e di naftalina e di vasi rotti e di giocattoli vecchi e giornali e il carbone, chi lo compra più il carbone, quello vero, quello ovale e nero, non quello della calza della Befana, mi fa schifo anche questo, solo a guardarlo, come lo zucchero filato. Sei donna un pò scema, e lasciatelo dire, che predichi bene e non metti in pratica per te, che sai esattamente tutto, per filo e per segno come si dovrebbe fare per non sentirsi così, per non stare così, per non avere questo peso e questo sentire, sai ultra bene come si fa e invece non lo fai, scema che sei, vigliacca che sei, si può essere vigliacchi anche con se stessi, che è fose più grave, forse peggio, forse, ma chissà, che stamattina niente gira bene, in me, dico, che è una mattina come tante altre e invece di nuovo c'è che non ci riesco, che a me la Trump Tower nemmeno mi è piaciuta, troppo dorata, che forse nemmeno ce l'ha la cantina, e troppo alta, a me gira la testa se guardo troppo in alto e forse la collina ha comprato una coperta troppo grande, così grande che ha coperto anche me.

19 novembre, 2010

Knit & The City.

Sì, in effetti ci mancavano solo i marker fatti a pizza. Ma quanto ci è piaciuto, ieri sera. Il knit cafè del giovedì, le chiacchiere, le battutacce da osteria, da vicolo, e poi i discorsi seri, bell'e compìte, siamo o non siamo madri i famiglia, spose esemplari,  compagne amorevoli e tenerissime? Beh. A vederci ieri proprio non si sarebbe detto, abbiamo riso fino alle lacrime, girato per una città lucida e deserta e bellissima, càpita così di rado di guardare la città così, e dire che è bella, con la nebbiolina, la pioggia, un figliolo semi congelato da ritirare all'allenamento, confessioni, rivelazioni, vi dico una cosa di me che non sa nessuno, sì, ma che oche sono quelle tre che ci hanno paccato, è così che si dice, è così che dicono i figli che ci girano per casa, e sono tanti, accidenti. Siamo state così bene, l'Amica delle Perle al massimo della forma, a bacchettare il cameriere, Guardi che Vaniglia si Scrive con la G, ma che ci dobbiamo fare, così ce l'han data e così ce la teniamo, la Milanesa, poi, che si fa chilometri per stare con noi, che siamo una cura per tutto, per i musi, i giramenti, le sversitudini, financo per il mal di testa, Vengo a Pranzo da Te, mi dice, tanto, già gliel'ho detto, alla Casa in Collina sempre ci sarà per te una ciotola di zuppa calda, un pagliericcio e dell'acqua fresca per dissetare il tuo cavallo, e siamo squinternate, lo so benissimo, ed una volta ogni tanto squinternare non è così sbagliato, anzi, fa bene all'anima, e chi squinterna in compagnia eccetera, ma che bello, però, le mie amiche del knit, della vita, le più care che ho, e ieri per scherzo ho chiesto Ma Cosa Avrei fatto Se non Vi Avessi Incontrate, già è vero, che cosa, no, non lo so.

18 novembre, 2010

It's Knittin' Time.

Emmenomale. La faccia color medusa, il cielo color medusa, l'anima forse color medusa, il cuore pure. Fin qui la settimana non ha dato grandi soddisfazioni, non è che si possa dire Wow Che Meraviglia, le cose girano come devono girare, vanno come devono andare, è tutto così bellamente normale da sembrare speciale, Come Stai? e come sto, che domanda è, che domande sono, Sto Bene, certo, nel senso che non ho polmonite, colera, malaria nemmeno il raffreddore. Mi bruciano gli occhi, sì, ma questo non è star male. Si distingue, allora, dalle cose come stanno a come vorresti che fossero, da quelle che potresti cambiare e da quelle che invece no, da quelle che ti piacciono così come sono e guai se cambiano e da quelle che butteresti via.  Che pensieri contorti, che parole affastellate, ammucchiate in un angolo come la polvere con la scopa, che sembra di più, a passarci il Folletto nemmeno la vedi, ma con la scopa ti rendi conto, invece, di quanta ce n'è. Mattine incolori, insapori e inodori, come l'acqua del rubinetto, immobili come l'acqua dello stagno, che a buttarci un sasso fai succedere un bel casino, noiosi come la pioggia quando la pioggia è noiosa, noiosa come me stamattina, inconcludente, indaffarata di nulla, ci sono giorni che rovescio il mondo e giorni invece che a soffiarmi il naso mi fa fatica, che a guardarmi in faccia mi fa fatica, che a guardare fuori e poi dentro, e poi dentro e poi fuori mi fa fatica. Bah, si disse, qualcosa capiterà o la faremo capitare, sono sempre così brava a togliermi dagli impicci, non mi farò certo spaventare da una mattina color medusa, tante ancora ce ne saranno e allora e perciò, una doccia bella fresca e andersen - pedalare, noiosa, noiosa, noiosa, meno male che oggi c'è il knit e tutte ti diranno Ma Smettila! e allora a pensarci bene, che sia pure color medusa, farò fatica ma al resto ci penserò o non ci penserò affatto, il che forse è anche meglio, quantunque col pensiero.
Prove tecniche di ermetismo, concetti nebulosi, cazzate, insomma.

17 novembre, 2010

Ode ai Biscotti Sbriciolati.

Che si tratti di una biscottiera di design, di una scatola di latta dei krumiri, riciclata per l'occasione, o direttamente dal pacchetto, in cielo, in terra e in ogni luogo, in ciascuna comunità di biscotti, ce n'è qualcuno sbriciolato. E' una regola, non v'è nulla da eccepire. Solo che ci sono certe mattine che la cosa non ti sposta minimamente, che nemmeno te ne accorgi. Altre, invece, che se già sei sulla strada per essere sversa, voilà, la vista dei biscotti sbriciolati ti provoca una crisi di nervi. Beh, non esageriamo, diciamo un lieve disappunto. Dei biscotti sbriciolati invero uno non sa proprio che cosa farsene. E' ancora troppo presto per sfamare Federico il Pettirosso, e allora sì, si uscirebbe sul terrazzo e si porrebbe con tenerezza una manciatina di briciole, ho scoperto che Federico non gradisce le gocciole delle Gocciole, certamente qualcosa si perde, ma chissà. forse i pettirossi non amano il cioccolato fondente? Le briciole di questa mattina sono rimaste lì, sul fondo della biscottiera fatta a biscotto anch'essa, inutilizzabili. Si sarebbe potuto svuotarle tutte nella tazza del latte ma avrebbero finito per formare una poltiglia che sarebbe finita poi giù dal buco del lavandino. Ho cercato i meno disintegrati, quelli che davano ancora una decorosa immagine di sè, ma non ce n'era nessuno della dimensione più grande di un francobollo. Così, ho lasciato stare.

Vero. Ogni biscottiera ha i suoi biscotti sbriciolati. Che sono come i pensieri che non hai voglia di avere.
E ne compri di nuovi, quadrati e rotondi, interi e perfetti, e ce li rimetti dentro, a coprire lo sfacelo delle briciole, non frughi tanto, apri e peschi senza tante storie, sai benissimo che ci sono, i pensieri sbriciolati mica se ne vanno tanto in fretta se non sei tu a svuotarli, se non sei tu a scuoterli con forza dentro al sacchetto dell'umido o anche in giardino, non sulla neve, non ancora. e allora a tener chiusa la scatola di latta sarebbe meglio, i pensieri sono lì, tu prendi quelli tondi, quelli interi, quelli buoni che ha portato ieri l'Amica delle Provette, e lascia quelli distrutti, quelli inutili, quelli senza sapore in fondo a tutti. E spera che il pettirosso arrivi presto.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...