08 luglio, 2010

Funziona?

Sembra funzionare. Una sapiente mistura di sonno e mare e acqua e sabbia e rocce e chiacchiere e knitting forsennato ogni volta che mi va, e dovunque mi trovi, sul terrazzo di S. che guarda il porto o a gambe incrociate sulla spiaggia, che curioso vedere una che knitta da queste parti. Mi prendo cura di me e dei miei pensieri, li metto in fila uno per uno, dò loro una rassettata, una spolverata veloce, e quelli che proprio non sopporto li guardo bene, di sotto in sù, me li rigiro tra le mani e, se il caso, li elimino con eleganza, e pure con una smorfia di disgusto, via, tu non mi servi più, di te non so più che farmene, mi hai fatto abbastanza male, diavolo di un pensiero che più che pensiero ti chiamavi angoscia, ma vaffanculo pure tu. Così, con grazia e leggiadria, vivo i miei giorni pressochè solitari nell'Isola del Vento, a fare nulla o quasi, colazioni interminabili, il tempo è un fatto relativo, non so mai che ore sono e non mi importa granchè alla fine. Ho comprato un orologio di plastica viola da un ambulante senegalese, quello che ogni anno mi chiede come sto e come sono cresciuti i miei bambini, fa un pò come il bagnino di Varigotti, qui i bagnini non ci sono, o se ci sono hanno la basettona, l'occhialone  e il muscolo d'ordinanza e tutt'altro guardano che se  son cresciuti i tuoi bambini. La cura per il recupero psicofisico della scrivente sta cominciando a dare i suoi primi frutti, il color sogliola e le occhiaie di una settimana fa non si vedono più o quasi. Così mi ripiglio, ad aspettare la mia famiglia al gran completo, che il chiasso e la fila dei costumi come in colonia mi manca già, che ho pensieri morbidi e gradevoli a formularsi, che mi sento come convalescente o quasi guarita che in fondo è la stessa cosa, che mi guardo e mi sorrido e che questo beato nulla fa così bene alla mia stupida anima, e che so per certo che tra giorni tre questo meraviglioso orologio viola grande quanto un televisore smetterà di funzionare, ma alla fine, dico io, che importanza può avere.

06 luglio, 2010

Neverending Forest.

Appena l'ho tolto dai ferri ho detto. Gulp. Forse ho esagerato. Poi mi ci sono avvolta e detto. No, invece. E' proprio così che lo volevo. Il mio primo Forest Canopy, quello difficilissimo, quello che sembrava non dovermi venire mai, quello in cui mi ci sono incaponita per pomeriggi e sere, quello che ho disfatto quasi con le lacrime agli occhi,  quello che ho scoperto un pomeriggio di fine maggio sulle spalle della Manu e lì c'ho avuto un travaso di bile e ho detto lo voglio anche io, e alla fine, ce l'ho. Finito, lavato, bloccato, tirato, immortalato, giammai stirato, perchè così dice la Vice che si blocca ma non si stira, che il lavoro lo fa il sole e gli spilli, in quella specie di rito woodoo che è il bloccaggio di uno scialle. Insomma, confusamente, dall'Isola delle Rocce e dei Sonni Pesanti,  ecco tutto. E' color bouganville, atto con un cotone lucido e brillante, che si chiama Brilla, appunto, e attraverserà con me questa grottesca estate duemiladieci. Date le sue dimensioni, gli usi sono molteplici. Sarà scialle e pareo, sarà felpa e gonnina, a seconda di come lo vorrò utilizzare. "Tenda del salone!" Chi è stato? 

05 luglio, 2010

Mondana.

In effetti fa ridere, è la cosa più snob del mondo arrivare in un posto del genere quando tutto è finito, quando tutt'intorno è un aggrovigliata matassa di cavi e riflettori, di lustrini smontati, di camion pieni di cose. Sono arrivata così puntuale, per la colazione al bar della piazzetta e poi per le chiacchiere in piscina, ma da quant'è che non chiacchieravamo così tanto. Stare con le mia Amica della Tv è un pò come sfogliare un rotocalco, solo che di solito le cose te le racconta, e oggi invece erano tutte lì, e qualcuna me l'ha pure presentata, di questi personaggioni della televisia, che non vedrò mai più in vita mia, se non appunto, alla Tv che peraltro guardo anche pochissimo.  Descriverò due cose belle di questa giornata, passata per forza di cose nella piscina più finta del mondo quando a un quarto d'ora hai il mare pùi incredibile del mondo, ma ci andava di stare lì, non aveva molto tempo per scorrazzare nelle spiagge con le dune e  le chiacchiere da bordopiscina non si possono fare in riva al mare, non viene bene. Le due cose belle di quest'oggi sono la mia Amica e i Frullati di frutta. Fine. Bella giornata, comunque. Abbiamo fatto risate sceme su persone  serissime o pseudo tali, visto bambine con musi lunghissimi, ci siamo rosolate come polle arrosto e nuotato nuotato nuotato nella piscina gelida con le rocce finte, verificato che avevamo lo stesso smalto, sparlacciato e confabulato. E imparato, uh, se ho imparato!

04 luglio, 2010

Intanto, il vento.

Ci voleva il vento. A cullare. A carezzare. A far cantare le cicale. A calmare, in un certo senso, proprio il vento che di solito un pò mi agita, mi piace, certo, ma mi inquieta. Ho detto di solito. Quello che si è alzato questa notte, quello che soffia a raffiche precise, che inventa per me rumori nuovi, che porta fin qui i profumi che prende chissà dove, si è preso cura di me, stavolta. Ha dato alla mia anima squassata un potente intruglio per farmi stare bene. Stolti son quelli che credono che vada sempre tutto così perfetto. A volte si scivola e si cade e si inciampa e si rotola, e si rovina giù da burroni e discese di sassi e di sterpi, e ci si sbucciano i gomiti, le ginocchia, ci si graffiano le gambe, la faccia, e pure il cuore che non è che ci si possa soffiare sopra, disinfettare, un cerotto e via.  Il cuore no. Ma il vento mi ha guarito. Dai lividi, certo, e regalandomi una tranquillità tutta nuova, e bei pensieri, e progetti, e voglia di farli, cancellando l'immobilità, la sensazione di pesantezza, di inadeguatezza, di Stavolta Non Ce La Faccio. Ce l'ho fatta invece. E mi godo questi giorni lenti, mai successi prima, con una formazione inusuale, per me,  un solo figliolo e un suo degno compare. Il resto della famiglia sparsa, non lontana, arriveranno presto e tutti insieme in questa casa che non si lascia mai davvero, e dove si torna sempre con un amore speciale. Si può scegliere, indolenti, se dormire o no, se leggere o no, se guardare lontano o fare a maglia, se passeggiare fino alle rocce in fondo al prato, se mare o no, se scrivere o far nulla. Intanto, il vento.

01 luglio, 2010

Fior di limone.

Quest'anno il limone è una quercia. Verdissimo, profumato, imponente. Pieno zeppo di fiorellini delicati che si mescolano alle foglie lucide. Sarà un raccolto abbondante. Così diceva, nella mattina del primo luglio, lo sguardo perso verso il mare piatto, fa già caldo, osservava, eppure è ancora mattina presto, nessun vento e nessuna nuvola. I pensieri della scrivente sono buttati in un angolo alla rinfusa, come i fogli di cellophane quando ti arrivano i mobili, ne ho fatto un groviglio confuso, li ho arrotolati su loro stessi e cacciati lì, spero di dimenticarmi dove li ho messi, spero di cercarli e cercarli e di non riuscire a trovarli, come mi succede spesso con gli occhiali, le chiavi, gli anelli che tolgo per lavare i piatti. Dovrei curare una stanchezza che non vorrei, io non dico mai Sono Stanca, e forse non lo sono nemmeno ora, in realtà, o forse, non lo dico mai per decenza, perchè così mi hanno insegnato, perchè stancarsi non mi appartiene, stancarsi è la resa, il lasciarsi sopraffare dalle cose, dagli eventi, dalle burle semigravi della vita di ciascuno. Mi lascio così, a guardare gli spruzzi che bagnano il giardino, passando dagli spruzzi al mare piatto, al prato, alle rocce, ancora agli spruzzi e via così, fino a quando mi faranno male gli occhi dal tanto passare da una cosa all'altra, ma così, sembra che la mente non pensi a nulla, che l'impianto sia fermo, che ci si sia anestetizzati un pochino, si è in un posto così bello che sarebbe un delitto vero stare male anche qui. Ci vuole tempo, signora mia, lo lasci dire a me che di queste cose ci capisco, faccia di questi giorni dei  giorni belli e tremendi da ricordare con un sorriso di compiacenza fra un pò, come a dire, è passato, guardi i fiori del limone, ci tuffi la faccia dentro per berne il profumo di pulito e di bianco, sono anche un pò viola se li guarda bene. Ne metterò qualcuno in una ciotola di vetro, con l'acqua trasparente e qualche petalo colorato. Farò un piccolo giardino zen dove posare lo sguardo, stanco di tanto blu, tra quello del cielo e quello del mare, dal colore di niente degli spruzzi di acqua sul prato. I fiori del limone saranno un rimedio, la ricerca della pace,  un'invenzione per i pensieri pesanti, che, guarda un pò, sono gli unici che trovi all'istante,  appena mi giro, non appena mi metta a cercarli , appena mi chieda dove li ho messi.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...