29 giugno, 2010

Casa.

Ci sono tanti di quei luoghi dove ci i può sentire a casa. Perchè non è mica una costruzione, che ti ci fa sentire. Non è un indirizzo o un posto, o un tetto. E' una serie di cose, di sensazioni, di vicende che ti fanno dire, con un sorriso appena appena, ecco, sì, sono a casa. Questo è da sempre un posto che cura, non importa da cosa. E attraversando il mare sai già cosa ci troverai, ed è un piacere scoprire le cose che ti aspettavi, sei sorpresa di trovare le cose che conosci, sempre le stesse, uniche e tue. Pensieri complicati a formularsi. Così, trovi fiorita la siepe della miseria viola, in un trionfo di fiorellini rosa, mi avete aspettato, state fioriti così poco. E il prato perfetto, le ortensie piantate solo l'anno scorso e gli oleandri, anche. Tutto è così ogni volta, a ogni ritorno, il comitato di accoglienza a cura dell'Amica del 12, crostata tiepida di forno, sguardi come a dire, Che Faccia C'hai, e sorrisi come a dire, Tempo Una Settimana Sarai un Fiore. Così, me la voglio stampare bene in mente questa faccia qui, questi occhi pestati e questo pallore da città, e questo sguardo che non mi piace nemmeno un pò. Solo a guardare lo sventolio indolente della tenda di questa stanza, questo suo gonfiarsi e gonfiarsi, questo andare e tornare da dentro a fuori, questa leggerezza e questa armonia, questo silenzio e questo profumo di secco e di mare, un pò in pace mi sento già. Una settimana. Forse, anche meno. 

28 giugno, 2010

Gomitoli e sabbia.

Più gomitoli che vestiti. Più schemi che creme solari. Qualcosa i inventerò. Inizia da qui il mio personalissimo percorso per dimenticarmi di quest'ultima settimana, piena zeppa di cose sgradevoli, a dirla elegante. Ho cacciato in valigia cose che non so, che magari non metterò nemmeno e che torneranno a casa intonse e stropicciate così come sono ora. La cura ce l'ho messa nella cura. Nel senso che ho preparato con attenzione chirurgica e inusuale un bagaglio di gomitoli e schemi, solo suoi, ad ogni schema un colore diverso, farò un Mormor verde smeraldo, un altro Azzu di un viola pervinca, finirò finalmente quel diavolo di un Forest che ho disfatto troppe volte. Inizio da qui. Il viaggio verso l'Isola non è una cosa semplice, non è che puoi dire, mannò, oggi non me la sento, andrò domani, dopodomani, fra una settimana. Non è che si prenda la macchina o il treno e ci si rechi, c'è bisogno di un minimo di organizzazione, si prenota con largo anticipo, e se non si va, ciao ciao bambina, non è detto che tu riesca a trovare un altro viaggio per andarci. E' il solo motivo per cui vado. No, non è vero, ce ne sono almeno altri cento, nessuno però che riesca a pensare ora, o pochissimi, forse tre. Nel frattempo, i mie bagagli alla rinfusa, i miei cotoni preziosi, sono lì, nel corridoio, a dirmi che qualcosa sta cambiando nello stagno limaccioso, e che miracolosamente l'acqua diventa da verde putrido a blu scuro, e da blu scuro a turchese, e da turchese a trasparente, e che avrò camicie stropicciate e valigia disordinate e senza senso, ma almeno, una strada c'è, un sentiero fra le dune, fra  piante grasse e aglio selvatico, e quei fiorini tondi di cui non so mai il nome e che raccolgo quasi ogni giorno tornando a casa, una strada bianca che porta al meglio, alla pace, al sereno, finalmente, gomitoli e sabbia, speriamo funzioni.

26 giugno, 2010

Niente.

Lo sai che cos'è il niente? E' il nulla, il forse, il chissà, il chissàcome. Il niente è una follia, ti prende quando non sai, quando non vuoi, e hai forza sì, e hai carattere, sì, ma quanto vorresti non avere nulla e stare lì, a farti passare addosso le cose, i giorni, i guai, le questioni di tutti, perchè i pensieri e le angosce ce li hanno tutti come te, scema, pensavi forse di avere il privilegio di non aver pensieri mai? E' un'estate che non và giù, che  gira e gira nel lavandino come l'acqua dei piatti, e fa rumore, troppo o sta in silenzio, troppo, e non sai come fare a dire è estate, non ne hai voglia nemmeno di lei, nemmeno del vento, nemmeno del mare, che stavolta non mi guarirà come ogni volta, stavolta non sarà come le altre volte, con le valigie da fare sorridendo, con i sandali e i parei a fiori, mi viene il vomito al pensiero eppure vado eppure provo eppure sì, cosa ci farei qui invece, a stare in ginocchio in qualche angolo, a buttare all'aria tutti i programmi e tutte le partenze e i ritorni e il chiasso e l'allegria, e tutti i progetti, non se ne fa nulla di nulla. Stavolta non mi medicherò l'anima con l'acqua salata e le chiacchiere e la sabbia, non mi riempirò gli occhi di quel mare che amo tanto, ho da curare il mio cuore e i miei pensieri, la mia vita e quella di chi con me la vive, la mia vita che non è soltanto mia, giostra o precipizio, in equilibrio, a scivolarci sopra o ad inciamparci, a correre e farsi mettere con le spalle al muro, ti ho fregato, questa volta. Niente, perciò, niente che mi attiri o mi respinga, sposto solo le mie questioni per vedere se da laggiù si vedono meglio o peggio, o non si vedono affatto, qualcuno diceva che i problemi diventano leggeri se visti da un'altra prospettiva, ma io non ne ho voglia e un pò mi dispiace, non ne ho voglia e un pò mi vergogno, così, sto in ginocchio sui sassi che sbucciano, muta e spettinata, il cuore gonfio, la testa confusa e nell'anima, niente.

24 giugno, 2010

La raccolta del ribes.

Durata dell'operazione, cinque minuti scarsi. Di ribes, certo non se ne può fare una scorpacciata. Non è che ce ne siano così tanti, nella siepe in fondo al pratino. E poi, hanno un gusto così aspro, quello che ti fa fare le smorfie, e un pò ti piace, certo, ma qualche acino, non di più, non come le ciliegie. Eppure, hanno un aspetto così prezioso, così regale, così da pietra rara, vine voglia di farsi una corona  Cosa ci farò con voi, grappolini di biglie trasparenti, rubini farlocchi dell'Orto Inesistente. Che arie vi ate, a venir sù in mezzo alle ortiche, siete al di là del cancello e da questa stradina non passa mai nessuno, nessuno che vi rubi, nemmeno i conigli o i leprotti o i ricci,  e tutti gli strani animali che abitano la collina. Aspri e bellissimi, seducenti e quasi inutili, non ne ho abbastanza per farci la marmellata, e poi è troppo uno sbattimento, per così pochi stupidissimi acini rossi. Sembra un piccolo tesoro, però, un segno nel cielo, una lama di luce nel buio di questi giorni, nessuna sindrome e nessuna ansia sciocca, ma pensieri pesanti che forse a guardarli dopo giorni diventeranno più leggeri e scoloriti, ma che adesso invece no, e allora mi concentro, per cinque minuti, nella vendemmia del mio sciocco ribes che non piace a nessuno, non ci farò nulla, lo metterò crudo sulla panna cotta, anche se tutti lo metteranno di lato e nessuno lo mangerà. O magari una corona, rubini farlocchi e foglioline appuntite, regina del nulla e dei pensieri pesanti, regina del prato e dell'erba bagnata, Regina del Ribes.

23 giugno, 2010

Cielo nero.

Cielo nero, e Nuvola lo sa. Ma sa che cosa. A guardarlo fa paura, nessuna stella o luce o costellazione, nemmeno la luna, che c'è, ma è velata e non sorride, si è vestita di stracci e non ha luce, non ha riflessi, non ha nulla. Cielo nero, e Nuvola lo sa che il vento soffierà, per lei. Il vento arriverà, lo so, e spazzerà ogni cosa, porterà via questo sentire, che niente sembra calmare, io lo so che passerà, già ma quando e come e fino a quando si avranno sogni di burrasche e giostre e barche affondate, e fino a quando si apriranno li occhi e si guarderà il soffitto invece che gli alberi di fuori, il soffitto se lo guardi ti si schiaccia contro e si fa pesante e fa pesante te contro il materasso, e ti spinge giù, fin sul pavimento e dal pavimento alla cantina e dalla cantina a dentro la collina, che guardi il soffitto che si allontana e allontana, ma hai terra dappertutto e la mastichi  e la sputi ma la terra fa così. Cielo Nero, senza sonno e senza senso, pensieri e pensieri e storie intrecciate e il mondo che sembra rallentare e accelerare in un secondo e distruggersi e ricrearsi, gonfiarsi e sgonfiarsi. E dove, dove troverò la forza mai, di scrostare tutto questo, di togliere la ruggine, la cenere dal camino, il caramello del pentolino bruciacchiato, nessuna luce e nessuna stella e nessun vento riuscirà, nessun vento spazzerà, nessun vento riuscirà mai.

21 giugno, 2010

Cold June.

Che giorno è esattamente. Solstizio, equinozio o cosa diavolo. E' un giugno con la felpa, il golfino, come, non doveva essere Giugno La Falce in Pugno, è una filastrocca che non so più, o forse è una delle massime di mia nonna, me le ricordo tutte e questa no, ce n'era una per ogni mese. Son giorni che girano e girano, confusi, un pò vacanza e un pò lavoro, non so se giro io o se gira tutto intorno e me e io sto ferma e immobile, una giostra, tipo, e tutto mi sembra cambiare, così velocemente che non ho nemmeno il tempo di stringere la cintura del seggiolino e guardare sorridendo chi sta giù, chi non ha il biglietto, chi non gli piace andare in giostra e chi a girare così forte gli vien da vomitare. 

18 giugno, 2010

Salta giù.


Dài, fai un salto. Non è una roba complicata, devi solo chiudere gli occhi, fare un passo e giù, ti butti e via. Salta, nel vuoto, sentirai che il buco allo stomaco che senti ora sarà ancora più grande, si sentirà di più. Niente trucco e niente inganno, non le funi, non le corde, nessuno che ti tenga, via, non fare quella faccia, sarà un attimo, vedrai. Saltando, potrai vedere le nuvole al contrario, i prati sulla testa, la cascata che va all'indietro, non è mica roba da tutti i giorni. Ma chi l'ha detto che mi piacerà. Chi vi ha detto che sono così coraggiosa. Chi vi assicura che sarà così bello. Dove sta scritto poi, che lo devo proprio fare. Io non sono mica per queste cose qua, io sono una stupida creatura di campagna, persino un pò imbranata, non son tagliata per il rischio, i voli, le cose. Io sono un elemento semplice, il mio libretto di istruzioni ha solo una pagina, sembro solo complicata ma non la sono affatto, sembro sono spavalda, ma sotto sotto sono un coniglio, quelli che scappano appena si muove un filo d'erba, quelli che stanno immobili se sentono un rumore da nulla e si fanno pesanti e invisibili e credono di esserlo e invece li vedi lì, accanto al tronco, credono di essersi mimetizzati e invece no, i vedono tutti e se passa il cacciatore sparerà su quel codino bianco a ciuffo e addio coniglio scemo e i conigli scemi non si fanno uscire nella brughiera col cacciatore nei paraggi, i conigli scemi devono stare ben chiusi nella tana, è lì il loro posto, non ce n'è un altro dove possano andare e si credono così furbi e sfrontati, e hanno quella faccia un pò così e quel naso che muovono e muovono come a dire Io La So Lunghissima, e invece no, i conigli non sanno niente, nulla del mondo, nulla della vita e della brughiera, e far loro del male non c'è soddisfazione, men che meno farli saltare nel vuoto.

17 giugno, 2010

Nessuno oltre me.

Si guarda fuori, le gocce, l'erba e quei fiorini bianchi che mi ha regalato Biancaneve, un vaso per tutte, che bel pensiero. Si guarda fuori, il tutto e il niente, prova tu a concentrarti su una goccia sola, su un filo d'erba, è tutto mischiato, lì fuori, la prospettiva cambia se guardi da eretta o da stesa, in ogni caso non ce la fai. Piove sommesso, piove a chiedere scusa, è giugno eppure piove, dovrebbe essere una fiera di sole e di grano e di papaveri e caldo e pic nic e biciclette e prati, persino il fiume, mi piacerebbe andare a un fiume qualunque, mica a farci il bagno, a camminarci dentro, l'acqua è così gelata che non sai, eppure è bello, i sassi grigi, non la spiaggia, mica come al mare. Nessuno ancora in giro per casa, fra poco porte che si aprono e scalpiccii, adesso no, nessuno a guardare me che guardo fuori, che piove vero e piove falso, piove sugli spruzzi dell'irrigazione del pratino, stolta che sei stata a non spegnere per tempo, quello si attiva alle 8,28 ogni mattina, e il prato è già fradicio di suo, piove da un bel pò, non era necessario. Così come non è necessario questo tuo stare di ora, attraverso i vetri le goccioline sono brillanti, brillanti falsi a manciate sulla finestra della cucina, brillanti da mercato, da uovodipasqua. Sembra e non è, finto e vero, vero e falso, viene dal cielo o dal rubinetto, sarà bene o sarà male, scegli una carta, ti porterà fortuna, pioverà o smetterà, è autentico o è un tarocco, fatti un sorriso nello specchio del bagno, ne hai bisogno davvero, nessuno oltre te, te che non sai che il fiume coi sassi no che non è il mare.

16 giugno, 2010

Sciallàte.

Non si parla d'altro, ultimamente. Di sicuro, buona parte della colpa è sua. E' Lei la fedifraga, Lei che inventa schemi di scialli sempre diversi, Lei che li porta con una disinvolture e un'eleganza da passerella, Lei, che li crea. E noi, che forse non aspettavamo altro, che al Camp ci siamo innamorate un pò tutte dell'Azzu e del Forest della Manu, del Mormor e di tutti quei nomi bellissimi che hanno gli schemi degli scialli che si trovano sul web. E poco importa se qualcuno è davvero complicato, noi ci mettiamo del nostro, applicandovi le nostre personalissime modifiche, per renderlo unico, dice Emma, per nascondere un buco che non doveva essere lì, diciamo noi. Così, c'è presa secca, come dico sempre. Anche qui nel Basso Monferrato, lo scialle mi va, eccome se mi va. Lo fa l'Amica delle Provette, finchè può sui ferri dritti: poi, quando proprio non potrà più, si è già iscritta a una lezione privata di ferri circolari, tenuta dalla Scrivente, lassù, nella casa in collina. Prezzi Modici. Lo fa L'Amica delle Perle,sciallatissima, è proprio il caso di dirlo, in un bordopiscina del Chiantishire, che ci vorrebbe una foto, una che knitta in piscina è troppo da immortalare. Lo fa Afef, nei ritagli di tempo, tra una corsa e un Pilates, Lo fa Biancaneve, con un filato giapponese da perderci la stessa, brilloso e rigoroso, sembra nato per lei. E lo fa la MedesimaStessa, due per volta, come già dissi. Lo scialle incontra, avvolge e sostiene, coccola e accarezza. Sia di seta cangiante che di cotone rustico, sia croccante di lino, che morbidissimo in fibra di latte, lo scialle mi va ad essere uno dei must have dell'estate che viene. Dai colori più classici a quelli più improbabili, pareo di giorno e scialle di notte, differenza non v'è. Non si hanno notizie però dello scialle della Vice. Secondo me, trama qualcosa. Mi aspetto però di girare l'angolo in autostrada e di vedere un viadotto tutto knittato, e di un bel color corallo. La Vice, si sa, non ha mezze misure.

15 giugno, 2010

Impara chi sei.

Non è poi tanto difficile Ci vuole cura e attenzione, e del tempo, anche, non è che si esaurisce tutto in una sola lezione, ne devi fare di corsi, bambina, e studiare e studiare, per impararlo bene. Ti bocceranno pure, qualche volta, se non avrai dei dubbi, e nessuno mai ti rispiegherà la lezione, Dimmi Dove Non Hai Capito. non funziona così, mi duole comunicarlo. Impara e impara, a nascondere, dire e non dire, fare e non fare, non coinvolgersi, mai affrettarsi, mai preoccuparsi, le cose piovono dal cielo così come i fiocchi di neve, piccole astuzie, l'impermeabile per le mezze stagioni, sempre una biro e sempre un quaderno, la cucina scura che non si veda lo sporco, la gonna a pieghe, che orrore, impara, trucco leggero, scarpe basse, mai mezzo tacco, mai, mai rossetti perlati, smalti sbeccati, calze smagliate Mai orli scuciti, mai dire Tra Virgolette, mai fare il gesto con le dita, peggio mi sento. Mai parlare con gli sconosciuti, ma chi l'ha detto, poi, è così bello qualche volta. Impara chi sei, e imparalo bene, non ci vogliono vent'anni e forse nemmeno trenta, e chi dice di saperlo bene, chi è tutto un Io, Io, Io, chi ce l'ha sempre più bello e più lucido e l'ha già fatto mille volte prima di te, qualunque cosa sia, chi sa tutto di tutto, beh, impara a non credergli, impara anche questo, imparalo, è meglio.

14 giugno, 2010

La fine.

Intesa come scuola. Finita non ho capito bene quando, dacchè è da giovedì scorso che assisto a festeggiamenti e sdilinquimenti, a figliole rientrate zuppe e con uova spiaccicate sulle chiome, bene,  l'uovo si sa  rendei capelli  lucidi e setosi, meglio di qualunque balsamo, ad avvertimenti del tipo, Vado a Scuola in Costume, sai com'è, poi Noi Si Va in Piscina. Belli sono belli, niente da dire. Invidio un pò questa loro leggerezza, questo soffice essere così come sono, così puri e trasparenti, così semplici nel loro essere maledettamente complicati e di difficile gestione, qualche volta, allegri da contaminare ogni cosa, e ombrosi e cupi da rendere impossibile ogni tentativo di comprendere, di farsi spiegare, anche solo di aprire la porta della loro stanza. La fine della scuola, lassù nella casa in collina, coincide ogni anno con il profumo del caprifoglio che si mischia a quello delle rose, con la sospensione pressochè totale di regole, orari e norme da rispettare, fatto salve quelle della buona creanza, dell'educazione e della decenza. Figli che vanno e vengono, amici e amiche in visita pastorale, a pranzo, cena, mezza pensione, pensione completa, bed & breakfast. E lo stesso fanno i miei in altre case, in altri letti, in altre famiglie. Si tenta di tenere un piccolo registro, anche soltanto mnemonico, ma capita che qualcosa sfugga. E' già successo che il mio Sposo, vedendo scendere dalle scale un giovane sconosciuto ospite del Liceale, lo abbia apostrofato con la famosa frase E Tu Chi Sei? e che il malcapitato abbia esposto balbettando paternità, trisavoli e antenati e forse abbia anche aggiunto Vengo in Pace, il mio Sposo si sa, ha fama da orco presso i compagni di merende del mio zoppicante Figlio quasi diciassettenne. Oppure, che mi prenda un colpo a vedere un letto intonso la mattina, ah già, dormiva da Tizio, me l'ero scordato. Questo è. Nel frattempo qui si espletano piccole cerimonie, la consegna della pagella al Conservatorio, pizze, feste e concerti, ricchi premi e cotillon. Io osservo quieta. E proteggo questi loro giorni di benessere assoluto, di pensieri morbidi e di feste, di zaini abbandonati e di indolente beatitudine. E osservo compiaciuta la  tavola della colazione che ho preparato per loro, una crostata a metà, cereali e nutella, le rose nel bicchiere. E le tazze. Quante? Già. Quante?

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...