11 marzo, 2010

Anche volendo.

Sù, sù, che non è che si sta qui a guardar per aria. Alle spalle la giornata simil-letargica di ieri, un giorno vinto alla fine, con tutti qui fiocchi e quel guardar fuori ogni dieci minuti, e anche stanotte, alle 2,22 ero lì che giravo per casa, a vedere se tutti respiravano, se tutti dormivano, se tutti erano lì nei loro letti, animali compresi, e dove dovevano essere se no, lo so, un giro di notte ogni tanto lo faccio, non sono insonne, proprio no, solo, mi sveglio e faccio un giro, così, mi dà sicurezza, mi fa sentire protetta e protettrice, riparata e al sicuro, chi me lo spiega. Oggi, hop! hop! che non è più inverno e non lo sarà più per i prossimi, vediamo, sei mesi, ma chi lo ha detto, poi, ma è bello sperarlo, di vedere finalmente quei fiorini gialli nella curva e un pò dovunque, il ciliegio fiorito o almeno con qualche gemma, accidenti, non ne ha nessuna, povero, ho già controllato, e vedere le viole spuntare tra le foglie secche. Sarà così. E' stato un lungo inverno, è stato freddo e gelo, ma alla fine, il bello e il caldo e il sole esploderanno tutti insieme e ci sarà da strizzare gli occhi per tutta quella luce, improvvisa, e tutti quei colori, abituati come siamo alla gamma dei grigi e dei bianchi e dei niente. Sarà tutto un fiorire e un cambiare e uno sbocciare e un crescere, colorare, profumare, l'azzurro del cielo e chi se lo ricorda, ma arriverà, arriverà, è una promessa, e di questi giorni pesanti e soffocati, di questi vetri sporchi e di queste orme sulla neve, e questi brividi e queste lacrime gelate, di freddo e non, nessuno ci farà più caso, nessuno ci penserà più, nessuno se ne ricorderà più, anche volendo.

10 marzo, 2010

Semovibile Saroyan.

Eccolo, alla fine. Il progetto di domenica, già realizzato il mercoledì, e t'ho detto tutto. Complici questi bei giorni di bruma e caligine e tormenta, che sembra essere finita, mentre scrivo ma non si sa mai. Così come il Malefico Mormor, il Semovibile Saroyan ha un suo perchè. E' sciarpa e scialle, è due cose insieme, due gusti, due baci, come dirlo meglio. E poi, fatto con la Noro, signora cara, è tutta un'altra suonata. Il Semovibile Saroyan si fa veloci veloci, me lo ha detto anche la Silvia e la sua Emma piccinissima, si indossa con grazia, ci si avvoltola alla bell'e meglio per andare a buttare il vetro, ma non oggi, per carità, che fuori è una coltre candida, magari domani o dopo, se la programmi questaggita alla campana del vetro, prima o poi, vorrà mica essere sommersa dai vasetti e dai bicchieri rotti? Elegantissimo, non è viola e non è verde, a tratti turchese a tratti verde bosco, una meraviglia di sfumature che lo rendono unico, e fanno coloratissimo un dieci marzo che nevica a stecca. Ma, pensò Ella, se invece di questa Noro qua, si usasse un bel cotonino leggero, magari con qualche brillo, non è che appena appena il Semovibile Scialle mi si trasforma in pareo? Shhhhhh! non mi bestemmi, signora mia, che la parola pareo, se guarda di fuori, ha il suono della peggio parolaccia. Però. Non c'ha mica tutti i torti.

Neve di Marzo.

E' neve di marzo. Inconsueta, annunciata, certo, ma fa sempre un bell'effetto. Si sbuffa, ogni tanto e si dice, Noooo, di nuovo, eppure, la neve mette allegria, a me almeno. Ne ho bisogno, sono stati giorni da cancellare, il cuore pesante, la mente ferma, la faccia grigia e gli occhi spenti, no, non ero certo un bello spettacolo, nemmeno per me. La neve di oggi mi piace, mi fa stare in pace, barricata lassù nella Casa in Collina, più in disordine del solito, in verità, ma chi se ne importa, magari oggi avrò anche il tempo di renderla più umana, alla fine. Nevica di polvere, a fiocchi leggeri e disordinati, un pò di qua e un pò di là, ma viene giù a nastro, sottile sottile, implacabile, meravigliosa. E' un giorno tutto da scrivere, oggi non si metterà il naso fuori dalla porta, se non per una passeggiata un pò da matti, fare a palle di neve è terapeutico certe volte, me lo prescrivo da me, sono io il luminare di questi stati emotivi che ho qualche volta, so bene quel che è bene (!) e quel che è male. Intanto, un caffelatte silenzioso, a guardar fuori dalla finestra della cucina, quanta ce ne sarà, non sono brava con metri e centimetri, facciamo che ne è venuta un botto e non se ne parli più, e che bello è vedere il Candido Gatto mimetizzato che fa gli agguati ai pettirossi, e questa polverina che vien giù e vien giù, le sveglie staccate, una giornata in regalo, è neve di marzo, paura non fa.

08 marzo, 2010

La Mia Mimosa.

Ne hanno comprato un mazzolino dagli ambulanti lungo la strada. Lo hanno pagato a mezzi, contrattando sul prezzo, 2 euro al posto di 3, mamma, il Liceale è imprenditore nato, da qualcuno avrà pur preso. Non hanno molti soldi in tasca i miei figli, mai, e perlopiù monetine, resti non restituiti, o pescati nel vaso dell'ingresso, per la merenda a scuola. Sono arrivati col loro mazzolino, L'Idea è Stata Sua, ha detto il Giurisprudente con quella faccia da bello e dannato, Adesso Però Non Ti Mettere a Piangere. Non piango no, e io la mimosa non me la sarei comprata mai, e figuriamoci vostro padre che queste cose proprio non le sopporta, e solo mio nonno, anni fa, arrivava con la mimosa per me e per le sue figlie, ma è passato così tanto tempo che nemmeno mi ricordavo alla fine. Siete arrivati voi due, miei figli maschi, per vostra sorella e per me, un pensiero dolcissimo, due mazzolini di un bene che si tocca, che si accarezza guardandovi, io, fiera di come siete, fiera del vostro modo maturo di essere ragazzi, fiera di questi occhi e di queste braccia che mi stringono, di questo vostro amore per me, di questi baci e di questa barba che pizzica, fiera e felice di questa sorpresa, di questa attenzione tenerissima, un prezioso mazzolino di mimosa, il più bello del mondo, 2 euro invece di 3, dall'ambulante lungo la strada.

07 marzo, 2010

Vado di Saroyan.

Ogni domenica che si rispetti, nella scellerata casa in collina, porta con sè almeno tre cose: spignattamenti, letture, compulsive o meno, e progetti di knitting. Fuori la tormenta. Dentro, La famigliola tutta riunita, sparsa, esplosa nelle varie stanze, il Capitano Stubing bloccato da un feroce mal di schiena che lo ha fatto mestamente rinunciare ad una delle sue gite nel Mar dei Sargassi, programmata a brevissimo. I figlioli pascolano bellamente, salgono sù , sulle sudate carte, disfano valigie, singhiozzano pensando alla Biondina Non Più Biondina partitita in missione nei Carpazi, ripassano brani di Schumann, e via così. La scrivente nicchia e cincischia, l'Amica delle Perle l'ha ripresa stamani al telefono, Scrivi delle Robe Inquietanti, Checcè? Ma niente, che c'è, un bel niente e un bel tutto, lo sanno anche i sassi che ogni tanto dò di matto. Mi salva la mia casina in collina, il mio scrivere e la maglia. Già. Quest'oggi infatti, m'è punta vaghezza, come mi piace questa espressione, di fare un Saroyan. Uno schema non proprio facilissimo ma proprio per questo adattissimo alla bisogna. Non ci si può distrarre, si deve stare concentratissime, a gambe incrociate sul divano, a ripetere in inglese perfetto purl two, slip slip knit, make one left e cose del genere, una specie di mantra che aiuta. Aiuta a non avercela col tempo da Dottor Zivago che c'è fuori, a sorridere ogni tanto, a chiacchierare amabilmente ma solo nelle parti dove non si ha da contare, ad assistere con solerzia e condivisione l'Illustrissimo Uno e Trino, che ha un faccino sofferente e l'espressione mesta, Deh, Guarirò? Gli uomini son così, non ci si può far nulla, se non accudirli e coccolarli nel loro letto di dolore. Se hai bisogno di qualcosa, qui sono. Ma a giri alterni, please, che se sbaglio il Saroyan, disfarlo è un delirio.

06 marzo, 2010

Il sole falso.

Sono in còllera. Con questo sole falso e rabbioso, che si pavoneggia e fa così il figo e ti fa vedere le montagne da lontano e ha lucidato il cielo, colorato col pennarello azzurro scuro, faccio finta di niente, non durerà, non mi ci voglio affezionare, domani nevica, lo sanno anche i sassi, anche lui non è qui per restare. Sono in còllera, con questo sabato che non decolla, che è un sabato di attesa, il JuniorIng che riederà solo stamattina, il Liceale in gita scolastica che riederà invece questa sera, è un attesa gradevole, ma mi fa sentire un pò sguarnita, Napoleone senza soldati, come dire, anche se in grazia di Dio sono quei venti cm più alta e sono decisamente più belloccia. Ma chi può dirlo alla fine, magari era un figo da cinema e ha solo beccato il pittore sbagliato che l'ha ritratto male. Farnetico, lo so. Questo sole scivoloso mi rende inquieta e insofferente, che hai da guardarmi così? che m'importa se sei lì e potre andare in collina e sfondarmi di camminare e camminare fino alle rose, fino all'alloro, fino in paese, addirittura, passando dal sentiero, ma c'è un tratto sotto gli alberi dove tu non arrivi e ci sarà fango e fanghiglia, e pozzanghere e freddo, non mi ci azzardo, non stamattina, che ho ancora il pigiama a righe che mi sta largo e la maglia di NewYork, chi ne ha voglia di vestirsi e uscire fuori, non chiamarmi, sole, non verrò, non mi becchi stavolta, hai mai provato a prendere i pesci rossi dalla boccia, sembra che e invece no, ti scivolano via, ti guizzano dalle mani, non si saprà mai se son furbi loro o scema io, non si prendono i pesci rossi con le mani, nè dalla boccia nè dalla fontana alla stazione, dove vanno a finire tutti i pesci rossi vinti al tirassegno, e diventano squali rossi perchè mangiano di ogni, patatine, noccioline, merendine dei bambini che arrivano fin lì col nonno a vedere i treni. Resto qui, sole falso ed effimero, domani sarai già via, inutile innamorarsi di te, scivolerai, ti nasconderai e mi fari la lingua, lo vedi? c'ero e non ci sono più, sei più furbo di un pesce rosso, più scemo di me, ancora non so.

05 marzo, 2010

Potevo esimermi?

Ma certo che no. Potevo forse lasciarli nel negozio di Caterina? Certo che no. Potevo forse dire Belli sì, ma Non Fanno Per Me? Ma come. Questi sono i miei. Le mie. La mia. Il mio. Ecco, il mio va meglio. Perchè infatti, quello raffigurato lassù nient'altro è che...un auricolare. Giaggià. Ci si può sentire in tutta scioltezza, correndo nella bruma, nella neve, nella tempesta, la propria musica dal proprio iPod. Oppure, ci può collegare il BlackBerry e ciaccolare con grazia, avendo però le orecchie bene al caldo e non avendo alcuna tema di beccarsi un'altra multa per Guida da Oca Chiacchiericcia Senza Auricolare, è così che si chiama. Il fatto poi che sia knittato in lana morbidissima e foderato di una specie di peluche lo rende unico nel suo effimero e frivolo genere. In casa mia han detto Adìo, come dicono di solito quando compro qualcosa di improponibile, ma la Princi lo guarda già con aria rapace, Che Bello Mamma. Giaggià. Lo userò per pascolare i cani in collina, nelle fredde mattine di marzo, nel ventaccio of the fork che c'era quest'oggi, nella neve che ci sarà domenica. Ci andrò a correre, dovrò ben ricominciare prima o poi, e non avrò paura di buscarmi il mal d'orecchie, ben protette esse saranno. C'è da sperare che faccia ancora un freddo becco per un pò, così lo potrò per ben sfoggiare, anche sul corso, epperchennò. Felice di questo frivolo acquisto, stasera lo mostrerò al mio Amico Artista, e so già che commenterà Dove C'è Gusto Non C'è Perdenza. E io lo adorerò, seduta stante.

04 marzo, 2010

Il cuore con l'elastico.

Ci si sforza a dare un nome alle cose, catalogarle e definirle, sono questo, sono quello, questo mettilo lì, l'altro spostalo di là, incasellato per bene, definito, si sa cos'è. E' il business, bambina, sono i casi della vita, il destino, le cose, i sentieri che il Cielo ha tracciato per te, l'esistenza stessa. Che importa se il mio cuore và in pezzi e si frantuma e si sfascia, e nemmeno lo sento battere più, non come quelle volte che impazzisce, adesso è lì, sembra sonnecchi in un angolo come fa il gatto, ma non dorme mica, è che non respira e non si muove, sta lì e basta. Sono passata da un posto dove ce l'ho lasciato, il mio cuore, un pezzo di me, un pò della mia storia, ognuno di noi se ne porta appresso una, di storia, e se la inventa ogni giorno. Ho lasciato il mio cuore in questo posto e adesso sono qui e mi sento estranea e a casa, e ho un magone così forte che non riesco a fermarmi e non mi fermo infatti, è come se all'improvviso tutto si fermasse, e non ricordo nulla e ricordo tutto, ogni quadro, ogni angolo, ogni singola mattonella scheggiata, e di scheggiato ora ho solo il mio cuore che non ne vuol sapere di venire via con me e vorrei un cuore con l'elastico per riportarmelo via, me lo legherei per bene al polso, come si fa coi palloncini e coi bambini, e io che bambina non sono, ho sola voglia di uscire di qua e alla svelta, che m'importa della storia che ho scritto qui e di tutto quello che qui dentro è successo, delle puntate della mia vita che ho registrato qui, è un film che nessuno vedrà mai, ma adesso fatemi andare, fatemi andare via che mi è scaduto il tempo, ho finito l'aria dentro al serbatoio, vado via e non so nemmeno se mai ci tornerò, un cuore con l'elastico ma l'elastico si è rotto e il mio cuore, forse non tutto almeno un pezzo, è rimasto qui, nascosto sotto una mattonella scheggiata.

03 marzo, 2010

Un giorno così.

Si guarda dall'alto. O almeno si cerca. E' talmente deprimente, così assurdamente brutto e triste guardarlo bene, che si cerca di essere in qualche modo distaccati, elevarsi, nel senso figurato del termine, anche. Ci si appollaia su pensieri discreti, si cerca di non perdere il filo, il lume della ragione, il sentiero, la pazienza, quante cose possono perdersi in una volta sola, e in un momento, mi ha sempre affascinato la differenza fra perduti e persi, intatti eppure distrutti, perfetti eppure mancanti, che bello giocare con le parole, dare loro un senso diverso da quello che hanno in realtà, liberarle, aprire il cancello e dire, Bene, Da Oggi Tu Significhi Questo, non sarà per sempre, solo per un pò. E' difficile da capire, non me lo spiego nemmeno io, è un concetto che so bene e che ho chiaro, ma lo capisco io sola e lo tengo per me. E' un lento pomeriggio, come tanti, da tanto in qua, è un pomeriggio che non và via, ti si appiccica come la colla, l'odore della candeggina, i peli del gatto, è un pomeriggio che non suona, non ha colore e non ha sapore, non ride non balla, non fa nulla, è un pomeriggio fatto a matita, di plastica, farlocco, di latta, di cartone molle lasciato alla pioggia e sfasciato, di un fazzoletto di carta disintegrato in lavatrice. Lo si guarda da qui, si cerca il sentimento nelle cose più semplici, si è fatta una torta di mele, solo per avere il profumo in casa, è così buono il profumo della torta di mele, ce l'avevo anche spray, una volta, ma non era la stessa cosa. Guardo dall'alto questa roba che scende dal cielo, il giardino stanco, e stanca forse mi sento anche io, e non lo dico mai, non sopporto quando chiedo ComeStai? SemprediCorsa, mi dicono a volte, ma che risposta sarà mai, essere di corsa non è stare, come stai tu, che cosa senti, che cosa vedi in un pomeriggio del genere, se pensi anche tu che a farti un caffelatte e mescolandolo piano ci si possa forse sentire un pò meglio, se magari tra un pò avrai anche il tempo di fermarti e fare in modo che il di fuori non combaci col di dentro, e che la tua anima resti a colori, intatta e ciarliera, e la tua risata suoni e i tuoi pensieri escano fuori selvatici e veloci, non rattrappiti e legati, e stropicciati come tenuti troppo in tasca e sgualciti e rovinati per sempre, fai attenzione ai brutti pensieri, bottiglie rotte e carta vetrata, quelli belli invece vanno incartati per bene, lucidàti ogni tanto, tenuti nella vetrinetta in salotto, e non importa se il salotto nemmeno ce l'hai e figurarsi la vetrinetta, tu consérvali e non lasciarti abbindolare, ripàrali e proteggili, sorreggili e correggili, qualora il caso, può succedere di tutto in un giorno come questo, appiccicato di foglie bagnate, lento e immobile, che non ha suoni e colori, che non ride e che non balla.
tumblr.la douleur exquise.

02 marzo, 2010

Colori.

Sì, ne ho voglia. Di colori a manciate, ne ho la nausea di nero e di grigio e di calze e di maglioni e maglioncini. Ho voglia di colori acidi e diversi e pastello, anche, sarà questo sole romantico, questa luce che c'è, si dice che domani pioverà di nuovo e per settimane, ma oggi chissene, alla fine. Ho girato il divano dall'altra parte, per vedere meglio di fuori, non so se ad est o ad ovest, l'ho girato di là e basta, ogni di là ha un di qua, che si chiami est o ovest, o sopra o sotto, è solo una convenzione. Filosofia spicciola. Spesa fatta, il Povero Orfano Frigo era vuoterrimo, deserto, assolutamente lunare, tristissimo. Ora, sorride beato anche lui, ben rifocillato, rimpinguato a dovere dalla Vivandiera che sento di essere, qualche volta, la spesa è roba da donne, si chiudano le orecchie le femministe all'ascolto, sembra che comprare un etto di prosciutto e sei uova causi danni cerebrali irreversibili agli abitanti di sesso maschile della Casa in Collina. Che sono la stragrande maggioranza, se si escludono i due cani, femmine, e il gatto, transgender. La Princi ed io ben lo sappiamo, e incassiamo con eleganza. La voglia di colore si specchia anche nella spesa, ho comprato mele Fuji rosse e verdi, acquistato ogni forma di biscotto solo per avere due tazze panciute bianche e verdi e azzurre, per farci colazione, per metterci le penne, le viole quando ci saranno, il rametto dell'alloro vicino alla radio della cucina. Il sole quieto che c'è fuori, il verde timido dei prati mi dice che non è qua per restare e che non durerà. Che m'importa alla fine, è bello guardare la luce che 'è ora, qui e adesso, e quel che sarà domani, che sia, se ne ha voglia, io qui sto, a tutto c'è rimedio, financo al bug della Playstation 3, colori, sì, laverò tutte insieme le coperte della sera, quelle per guardare la televisione, e le stenderò in terrazza, modello Ponticelli, per il solo gusto di aggiungere colore a colore, certo il sole non le asciugherà, è ancora troppo pigro, mi sa, ma sarà bello vederle lì fuori, e alla luce di questo mi sa che il bug della Play3 non ha risparmiato nemmeno me. Mi sa proprio, mi sa.
tumblr.la douleur exquise

01 marzo, 2010

A casa.

E alla fine sono a casa, due giorni di piccola vacanza, di una Roma calda e primaverile e lenta e caotica, rumorosa e silente come solo Roma sa essere, e così bella, sempre. Torno a casa, che tanto c'è da fare, altro che stare in giro a fare la scema, ma quale scema, ho incontrato persone così speciali, donne così belle, che siamo state a parlare delle ore, a prenderci sottobraccio e a ridere come fossimo cognate ad una festa, hanno attraversato per me il traffico e la città, mi hanno accompagnato nei deliri delle strade, fatto piantine su fogli giallini a righe, per paura che mi perdessi, chiamato poi, per sincerarsi che non fossi finita chissaddove. Torno a casa, dopo la Rai e dopo il sole, torno qui, se la sono cavata così bene ma hanno una specie di muso verso di me, sei tornata? ah, bene, ma nessuno di loro ha voglia che me ne vada ancora, eppure forse succederà, non subito certo, ma succederà, per poco, certo, ma succederà. Non sono convinti, non la sono nemmeno io, e mentre mi giro nella testa la lista delle cose da fare e realizzo che nessuna di queste mi piace almeno un pochino, che avrei da scrivere e da leggere e da organizzare quel Camp di cui si parla da un pò, e forse, da organizzare per bene e daccapo c'è soltanto il mio frigorifero, la mensola del bagno, il cassetto dei rossetti e tutta la mia vita, penso a come mi sento, opaca dopo aver brillato, ferma dopo aver corso, impantanata dopo aver volato.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...