12 febbraio, 2010

Nè di Venere...

Coraggio, coraggio, nessuna faccia triste, oggi, nessun muso lungo, nessun sbadiglio, nessun strascicamento in cucina grattandosi in testa e strizzando gli occhi, inalberando un cartello immaginario, certo, ma che tutti possono facilmente comprendere Non Ce La Posso Fare. Niente, niente, nientissimo di tutto ciò. Vero è ben che le settimane scivolano via con troppa rapidità, vero è ben che certamente il tempo non aiuta, anzi, le smorfie e i bleah! sono amplificati al solo guardare di fuori, ma insomma, coraggio. L'ombrello lasciamolo a casa che fa tristezza, basterà un cappelluccio self made che ci obnubila la chioma tutta, il piumino che si bagni pure, le scarpe inglesi sono fatte apposta per centrare in pieno le pozzanghere, che vogliamo di più. Si fa un giro discreto, l'Amica Finlandese ci attende per un caffè al volo, la spesa del week end, verdura e verdura che in casa qui tutti han deciso di mettersi a dieta, così, per fare qualcosa, per buttare giù i tre chili di tortillas e paella e junk food peccaminoso e natalizio. Ben perciò, si programma un fine settimana frizzantissimo, e non si farà nulla, anzi, il nulla del nulla, che certamente non si parte e ancor più certamente non si sposa, che in grazia del Signore abbiamo già dato, ed eccome se abbiamo. E poi, pioverà e pioverà, ma checceneimportannoi, week end bagnato, week fortunato, ussignur, m'è presa secca coi proverbi, cosa mai significherà?

11 febbraio, 2010

Per te.

A giocare con le parole come faccio di solito, questa volta non mi riesce mica tanto. O meglio, no, è sbagliato, non mi riusciva ieri, quando sono venuta ad abbracciarti e mi hai aperto la porta e detto Ma Tu Sei Matta. Sì, la sono, un pò, ma ti ho sentito così disperata che alla fine non è stato proprio niente per me. Ho parlato di tutt'altro, infatti, fatto un pò la scema, mi riesce naturale qualche volta, c'è chi dice che scema la sono sul serio, e come dar loro torto, alla fine. Ho girato intorno, sotto e di lato, guardando fisso i tuoi occhi persi e disperati, smarriti in un'ansia che non ci provi nemmeno a nascondere, Sembra Che Non Succeda A Me, mi dici guardando il vuoto e io che ho la mia mano nell'incavo del tuo gomito, seduti al tavolo della tua cucina, mi hai preparato una tisana mentre ancora ero in autostrada e ti ho detto Sono Lì Tra Un Pò. Ti tengo così perchè sei la mia Amica di Sempre, ti conosco da trent'anni e forse di più, ed è una vita a pensarci bene, forse di più. Io posso comprendere e sapere, quel tuo pianto leggero e delicato, sei bella anche così, un pò pallida e scarmigliata, con l'Amore della Tua Vita che ti guarda di là dal tavolo e mi fa sentire così di troppo. Anzi no. Io appartengo a questo posto, e questo è il posto mio, ed è qui che devo stare adesso, vicina a te, a dirti Aspetta a Preoccuparti, e voler fermare quella testa che scuoti e scuoti, a sorridere a tua figlia che è te all'età sua, la stessa che ci ha viste così vicine a festeggiare insieme i compleanni, il mio un pò dopo, il tuo un pò prima. Ti tengo così e vorrei dirti tante cose che non so, darti tante cose che non ho. E frugo e frugo, e non trovo nulla per te, nulla se non un bene soffice su cui puoi stenderti, nulla se non un abbraccio lungo e immobile, nulla se non un messaggio stupido questa mattina, che ti ho pensata tanto e che ti ho lasciato la mia sciarpa ieri perchè così, anche da lontano, sono lì vicina a te.

10 febbraio, 2010

Affittasi.

Nonostante i mille appostamenti dei giorni scorsi, nessuno si è visto volare nelle vicinanze di questo nido, apparso in cinque e tre otto nell'acero del pratino. Non si può dire che sia della famiglia Pettirossi che abita da tempo immemore la zona, e che si nutre dei popcorn, delle briciole e delle Macine sbriciolate la mattina presto. Troppo piccino per le gazze, ho ragione di credere che sia disabitato, i pettirossi passano, svolazzano, spiluccano e se ne vanno, senza degnarlo di uno sguardo, senza nemmeno fermarsi per prendere le misure delle tende, che ne so, o anche solo per vedere quanto è grande. Ufficialmente direi che il nido è sfitto. Sfitto come la mia testa di questa mattina, inconclusa e inconcludente, irrisolta e irrisolvente, ciondolante, cincischiante come i pettirossi, e che gliene frega, a loro, alla fine. L'inverno sarà ancora così lungo, la neve tornerà, i figlioli malaticci, appena appena, svogliatissimi, spassosi la sera e catatonici al mattino. La scrivente, in the frattime, s'arrabatta. Litiga con le fodere dei divani, mette il suo stupido cuore convulso su progetti ciclopici, su scarpe svergognate, sulla Pasqua al mare, pensa e pensa e a pensare troppo le bruciano gli occhi e quel che vorrebbe di più al mondo sarebbe una bicicletta col cestino e una strada in discesa, da scendere velocissima, staccata dai pedali, e raccogliere ciliegie nel sole di maggio, le maniche corte, gli occhiali da sole. I suoi pensieri dorati e virtuali si intrecciano con quelli reali e gelati, s'arrabatta sì, e cuoce un pane per il pranzo, fa le cose di tutti i giorni, lavalava e stirastira, ricompatta i pensieri e si dà una smossa, un caffè forte aiuterà, magari, sorseggiandolo piano, soffiandoci un pò, con lo sguardo fuori la finestra, portinaia insolente, pettegola e curiosa, di questo nido sfitto. E forse le scarpe da viale, pulirò la bici, mi manca il cestino. Già, e le ciliegie?

09 febbraio, 2010

Il diavolo e l'acqua santa.

E' così che sono. Così che sembro. Ma forse a pensarci bene, la sono proprio. Scrivo e scrivo, così come mi viene, come mi va, di quel che mi va. Di niente, perlopiù, di me, quasi sempre, di quel che sento e che vorrei tirare fuori, scrivere sulla lavagna, farci un cartello, non per il gusto che si sappia. Per non impazzire, credo. E' una bella terapia. Me la sono inventata, direi che funziona, la brevetterò e ci farò soldi a palate. Scrivo che non so, scrivo perchè mi piace, è la sola cosa che so fare, la sola cosa che mi piace, quasi come leggere, ma a leggere subisci e qui inventi, inventi cose e situazioni, e pensi poco, in realtà, non sono fatta per pensare tanto, la mia mente non ce la fa, mi nasce vanesia, la ragazza, perciò non conta, non ragiona e le equazioni di primo grado manco sa che cosa sono o forse sì, un vago, vaghissimo ricordo, zuccona, zuccona che non sei altro, te le hanno spiegate in mille, così come il minimo comune multiplo, ma che diamine, perchè deve essere minimo e perchè comune, alla fine. Così, la ragazza mi scrive, mi si impegna, anche, mi ha tirato fuori una creaturina così, e scrive di ogni cosa che le passi per il cervello, sia frivolo o da piangerci ore, scrive di lana, di farine, di bosco e di riviere, di mare e di figlioli, di cose e di cose, si mette lì, e senza un motivo, in cinque secondi voilà, lo fa perchè ci piace, perchè è la sola strada che sa per non sprofondare, scivola e gioca con le parole, le virgole, le maiuscole, tira fuori da un cilindro dei verbi impossibili e si calma, scrivendo, si esalta, scrivendo, si coccola, scrivendo, e forse tra un pò tirerà fuori un coniglio e una bacchetta magica, sono tutto e il contrario di tutto, sono il mare e la spiaggia, la luna a mezzogiorno, sono il gioco e la candela, signori, da questa parte, son diavolo e acqua santa, è così che funziono.

Vanesio Day.

Un regalo improvviso di quelli che non aspetti, non è mica il mio compleanno e non è neppure Natale. Un regalo, così, non deve essere prezioso, scatolino piccolo o monogramma, si comincia così a chiedere Cosa Mi Hai Regalato? Dai Che Indovino. Nulla di questo. Mi faccio un regalo da sola, trovo la carta e me lo avvolgo, nastrino e fiocco, sono bravissima a fare i pacchetti, ho una scorta di nastrini e fiocchetti di precedenti regali e riciclo, riciclo da matti, i pacchi li faccio da me, grazie, mai regalato un libro avvolto nella busta di Feltrinelli, per esempio. Oggi mi faccio un regalo, non so bene cosa ma me lo farò, diciamo che me lo sono meritato e anche se non è vero, che importa, mica nessuno viene a controllare. Un regalo qualunque, foss'anche un bel pensiero, un bel momento di calma, una tenerezza, una frivolitudine improvvisa, voilà. Si ha voglia di leggerezza, di stupidaggini assolute, di effimero, di chiacchiere in un bar del Corso, l'Amica delle Perle è dea incontrastata in questo, si aspetteranno i figlioli che escono da scuola ciondolando un pochino, qualche vetrina nel gelo che c'è, ci sono ancora dei saldi se guardi bene, con pochi euro ti porti a casa un maglioncino, un vestitino, ci si proveranno i rossetti sul dorso della mano, ci si spruzzerà di profumi nuovi che non ti appartengono, così, per vedere di nascosto l'effetto che fa. Si usano questi espedienti per contrastare la giornata che c'è fuori, perchè ieri ci si è fatti un culo quadrato, in grazia di Dio, e oggi invece si rallenta un pochino, non importa come e dove, a domani ci si penserà, e in nome della carica che ricopro, Addetta Cazzate, signori miei, istituisco qui ed ora una bella festività, oggi nove febbraio VanesioDay, la mente sgombra, un bel respiro, cose leggere e di poca importanza, un regalo da niente, purchessia.

07 febbraio, 2010

Lenta domenica.

Si fa così, la domenica. Si mette sù qualcosa, in forno e sui ferri, si fanno dei progetti senza grandi pretese, una coperta liscia dove scriverci un nome, color della neve, azzurrino ghiaccio, un bel colore, mi piace, ed è così morbido che si vede da qui. Si lascia che un pò tutti qui dentro facciano quel che gli garba, si scrive e si legge, si legge e si scrive, e non sai se leggi per scrivere o scrivi per leggere, è un bel mistero in una mattina così, che c'è il sole di fuori e non hai voglia del fuori col sole, ma lo guardi da dentro, lo annusi così un pò da distante, come qualcosa cui non hai diritto, non ancora, non ti ci puoi affezionare, tanto, martedì nevicherà di nuovo e allora, cosa sprechi energie a fare. Lo guardi dal vetro, ne avverti il calore, ne indovini il profumo, ma che scema, il sole non sa di niente, e sì, invece, sa di tutti i profumi che gli vuoi dare, quelli che vuoi, non è come il vento, che quello il profumo ce l'ha per forza, il sole no, e se non ce l'ha allora diamogliene uno, il sole di oggi sa...sa...Sa di freddo, ecco, sa di bianco, sa del pollo che c'è nel forno a scaldare un pochino, sa di bagnato, di neve sciolta, di erba fradicia. La lenta domenica oggi si svolge così, nel nulla di una casa in collina dove c'è chi legge e chi scrive e chi si scervella a inseguire pensieri sconclusionati, a pestare sui tasti per non farli andate via, li sparge come il sale sulle strade un pò qui, un pò là, e un pò rimarranno impigliati in una copertina morbida, che il Magic Loop ormai non ha più alcun segreto, e che si guarda il sole da dentro, che a guardarlo da fuori ci vuole una sciarpa e del coraggio e sciarpe, quante ne vuoi, ma di coraggio, bambina, mi sa che non ce n'è.

05 febbraio, 2010

Un pò di niente.

Si è dormito male, agitati, inseguiti, chi lo sa. E' una strana mattina, una polvere di neve che viene giù, a tratti, e a tratti fiocconi come francobolli. E' bello guardare la neve dalla finestra, più della pioggia, forse, perchè della pioggia ami il rumore, della neve il colore, il silenzio, il niente che fa, non te ne accorgi, non è che puoi dire Senti? Nevica, così come non puoi dire, Guarda, Piove, perchè a volte piove anche se non vedi ed è sempre una specie di sorpresa, Toh, Piove! e non me ne ero nemmeno accorta. Così. La mattina si svolgerà in modo ancora tutto da inventare, a progetto, random, a casa, a muzzo, così come viene, alla viva Gesù. Ho solo voglia di cose belle, di tranquillità, di cose semplici, da tutti i giorni, nessuna scossa, nessun niente. Ci si godono questi minuti deliziosi, un pò prima della 9, prima che tutto inizi a rotolare, volteggiare, frullare e suonare. Ci si ferma a leggere i quotidiani, a guardare cose, tante, e stamattina, nella gara delle cose da guardare, vince sette a zero la finestra coi suoi fiocchi, il pino altissimo che si vede da qui, i rami secchi e il loro bianco restyling di ghiaccio. A volte, il niente è lo spettacolo piu' straordinario, il cielo di seppia una cartolina, il rumore della neve una musica soave, che ognuno ascolta come vuole, cui ognuno dà la sua forma e il suo ritmo, ancora cinque minuti e l'incanto svanirà.
Tumblr.la douleur exquise.

04 febbraio, 2010

Come si dice.

Come si dice quando sei così. E che stai benissimo e malissimo, insieme. E che ti senti leggerissima e pesante. Felice e angosciata. Ieri, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino. Una tappa di quel progetto, quel Cuore di Maglia che sembrava niente e che invece adesso. Quel Cuore di Maglia che sì, era un progetto ambizioso, ma ci siam dette, chissà, in fondo è un'idea, e ci sembra anche buona, quel che sarà lo vedremo poi, se sarà. Sarà. E' stato, infatti. E'. E' un posto strano, così colorato, coi palloncini dipinti sulle porte, e le infermiere sorridenti, rumori pochissimi, e bambini, bambini, bambini. Tanti. Con famiglia e senza, col pigiama e senza, e non perchè se lo sono dimenticato, con lo sguardo attento e perso, vigile e lontano, piccolissimi e già grandini, 4 mesi, 8 mesi, che ci fai ancora qui. Ho provato una sensazione che pensavo di aver dimenticato, una sorta di timidezza, di timore, ho mestiere di parlare e presentare e illustrare, lo faccio da sempre, ma quando mi hanno detto, racconti un pò di questo Cuore, ho balbettato come all'esame di economia, come si fa a parlare ad un papà che tiene in mano un fagotto che non gli occupa neppure l'avambraccio per intero, e che ha appena scelto per lui il cappellino ad anguria che gli sta larghissimo. Come si fa a dire, facciamo questo e facciamo quello. e usiamo questa lana qui e siamo tante e l'idea ci è venuta così, e che e che. Come si fa a dire come ti senti. Come si dice quando esci di lì e ti senti in equilibrio, pesante e leggerissima, angosciata e felice, con tanti progetti che fai fatica a metterli in fila, triste, forse, ma gasata, ecco, soddisfatta di te, col magone, certo, ma contenta, non so dire, ecco, io come si dice non lo so.

02 febbraio, 2010

La Zerda.


Nome comune di cosa, femminile, singolare, astratto, forma dialettale del Basso Monferrato per definire un freddo polare, potente, di quello che ti ghiaccia il naso, ti fa lacrimare gli occhi, ti fa andare in giro tutta tesa, le mani sprofondate nelle tasche, essì che c'hai pure i guanti, ma da quei guantini bucherellati entra l'aria, non è proprio che riparino tanto eppure sono così belli nella loro inutilità assoluta, che sporgono dal piumino con le maniche a tre quarti, inutilissimo esso pure, come ha detto ieri la mia Amica delle Lampadine, ma come, un piumino a maniche corte? questo me l'ero proprio perso, mentre aspettavamo le Screanzate Figliole trasformando l'abitacolo della mia automobilina in un salotto, che ci mancava solo il thè e i Krumiri, per forza, e magari un lavoro a maglia e potevamo stare lì a raccontarcela e raccontarcela, finchè non abbiamo visto sfrecciare nella piazza la nostra Amica Castellana, sposa al nostro Amico dei Mattoni e c'abbiamo così telefonato e c'abbiamo detto, Ma Allora, Fai Il Giro della Piazza e Vieni Qui, ma Lei invece, snobbissima, c'ha detto E No Che Non Posso Che Devo Andare Che C'ho La Spesa, e allora va bene, abbiamo fatto una smorfia e c'abbiamo detto Come Vuoi, che tanto noi si sta qui ancora cinque minuti e raccattiamo le Pupe che tanto Pupe non sono poi mica tanto, e che escono da scuola con tutta la calma del mondo e col cappotto slacciato e la pancia scoperta, ma come, non lo sentite che freddo che fa, Ma Non e' Freddo, Mamma, Questa è Zerda.
Già.
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01 febbraio, 2010

Segnata assente.

Ma assente de che. E da dove. Dal mondo, dalle cose, forse assente anche da me. Nulla di grave, nulla di esagerato, solo un ronzio persistente, un giramento, un capogiro, uno? centomila! da non reggersi proprio in piedi, quelle cose che ti fan sentire costantemente in giostra, nella calcinculo, ad esser così precisi. Così, mi son curata. Appurato che non avevo quasi niente, mi son curata da me, e ho deciso di prenderla bassa, almeno questa mattina, che a fare la malata non ci riesco mica tanto, mi scappa la pazienza, devo star stesa? e va bene, ci sto, ma per massimo un'ora, e poi m'organizzo e faccio cose. Il Supradyn è un prezioso alleato in casi come questo, lo hanno detto illustri scienziati. Solo, non sciolto classicamente, esso va spezzettato, sminuzzato, polverizzato con una carta di credito e sniffato dallo specchio, quello piccolo, quadrato con la plastica dietro, che si attacca col cordino. Ma che scema sei, già, che scema sono. Mi riprendo cucinando e cucinando, stasera un menù di tuttissimo rispetto, dacchè in colpa mi sento per aver perso la mattinata a far la malaticcia. Dunque stasera copio una ricetta di mini cake da questo librino comprato a Parì, una torta salata, forse un cous cous per qualcosa di esotico. Il Supradyn mi rende creativa, efficiente, presente a me stessa, organizzata e scattante. Ohi ohi, la mia testa, però. Mi sa che devo aumentare la dose. O cambiare pusher.

30 gennaio, 2010

La lavagna della cucina.

E' una lavagna di ardesia, di quelle da scuola, ma messa per il lungo, dacchè per il giusto non ci stava. Non sopporto quelle bianche coi pennarelli, che poi hanno solo verde, nero, rosso e blù e non riesci mai a cancellare completamente e anche dopo anni vedi ancora che quel giorno là ti mancavano il burro e le uova e l'avevi scritto lì per non scordarti di comprarli. Sulla lavagna della mia cucina si scrive di tutto. Si fa matematica quando qualche zuccone non capisce, si fanno i disegni coi cuori per la festa della mamma. Si scrive Domani Vado In Gita e Mi Servono 10 euro. Comprare il cibo per il gatto, o cibokatte, come aveva scritto la ragazza ucraina che lavorava da noi, e da allora sempre CiboKatte scriviamo. Si fanno i disegni osceni. Torno Tardi. Svegliatemi alle 9. Ha Chiamato Noemi. Non ho Allenamento. Concerto di Emma Rinviato. E cose così, ma col gesso, non con i pennarelli indelebili. Oggi, nella casa in collina, e sulla lavagna della cucina della casa in collina, è comparso un Lasagna Day. Un numero imprecisato di Scapestrati Giovinastri, Compagni di Merende del Liceale, sarà ospite quest'oggi a pranzo per celebrare tale evento, appunto, il Lasagna Day. Che tradotto vuol dire che oggi ci sono tre teglie di lasagne fatte dalla scrivente e famose in tutta Europa, per sfamare i giovanili sbrani degli Scapestrati di cui sopra. Non so ancora quanti saranno ma mi sono portata avanti e ho apparecchiato per 12. Meglio togliere, che aggiungere, diceva Donna Letizia. Ma mi sa che non toglierò un bel niente, così Donna Letizia starà in pace.

From Ireland.

La meraviglia, quella vera, quella per cui noi tutte qui siamo un pò fissate, noi qui che disquisiamo di Noro e Kauni e lana estone e pattern, noi che ci infervoriamo per un Mormor, noi che facciamo i Kal, gli swap e i k2tog, e i circular neeedles e la Zimmerman, noi che ce la tiriamo anche un pochino, essù, va detto, ce la tiriamo eccome quando ci dicono, fate la maglia, ah sì, anche mia nonna. Imbesuite, sciocche e vuote personucole, ferme al dopoguerra, assolutamente non attente, persone non informate sui fatti, persone non a conoscenza che il mondo è andato avanti mentre loro sono rimaste indietro. Noi qui, che andiamo in sollùcchero per una matassona di lana morbida dentro cui affondarci le mani, annusarla, esaminarne il peso, lo spessore, passarne un filo fra due dita, immaginare sedute stanti esattamente che cosa ne verrà fuori, farne un calcolo su quanta ce ne vorrà e se si fa il campione, e con quale misura, circolari o dritti, vediamo un pò, in riunioni e consigli d'amministrazione che nemmeno la Marcegaglia. Noi qui, tre giorni fa, ci è presa secca di comprare della lana, bella scoperta, ma non già una lana qualsiasi, ma lana irlandese, mica uova sode. Afef ed io, infervoratissime, ci siamo trovate e alè, dal tavolo della mia cucina, abbiamo scelto tinte, ponderato la quantità, un minimo per iniziare, e poi un container, per finire, abbiamo rapidamente calcolato il cambio dollaroeuro, lei, mica io, eccimancherebbeancora! e alla fine chiuso il mio viola pc soddisfatte, impazienti, felici. Ieri la suddetta è già arrivata, un paccone rosso talmente ciccione che non stava nemmeno sul muretto. La lana che arriva direttamente dall'Irlanda, comprata qui ,è di una bellezza rara a trovarsi, una morbidezza che scalda, dei colori meravigliosi uguali sputati a quelli del sito. E se anche ben so che uguali sputati non si dice, so che le fissatone come me, quelle del knit, per intenderci, sanno bene che cosa intendo. Identical spat. Ecco, tradotto in inglese fa più bella figura.

29 gennaio, 2010

Scialla.

Vogliamo dire che mi sono presa un giorno di vacanza? Vogliamo dire che mi sono regalata un giorno da dedicare a me e a me soltanto e unicamente, a me? Vogliamo dire che ieri era ieri e che oggi è oggi? E che non ci sono più mezze stagioni? E che i negri hanno la musica nel sangue? E che assolutamente sì e quant'altro? Eddiciamolo. Già esposi la mia teoria sull'inizio del fine settimana, che prima inizia e meglio è e devo dire di aver trovato una serie di adepti e che mi han detto benebravabis. Ben perciò, ecco che le azioni da svolgere in una mattina come questa, che siamo qui che giochiamo alla merla, e vediamo chi la capisce e chi sa, prendono subito tutto un altro sapore. Ci vuol coraggio a dirsi Oggi Non Farò Un Bel Niente, ma ognuno il proprio niente lo sa quale è, e qualche volta il mio niente è proprio uguale al CasinoDiCose di altri individui, altre donne, altre madri di famiglia. Insomma, ognuno c'ha il suo niente, signora mia, guardi, non me ne parli. La mattina di venerdì, gennaio ventinove, sta prendendo una bella piega pigra, come piace a me, cose da fare in città ma di poco conto e zero sbatti, forse un caffè con la mia Amica delle Perle, che a furia di brillanti mi sa che ci dovrò cambiare nome, ma come, non lo sa che i braccialini tennis tirano i fili delle calze? Mattinata scialla, qualche vetrina, qualche saldo dell'ultima ora, un nulla magnifico senza fatica, tanto che anche la mia sintassi e la mia metrica ne risentono e parlo come parlano gli Scellerati Figli Miei, sto scialla, sto scianti, stamattina mi va così.

28 gennaio, 2010

Il giovedì.

E bonjour, che è meglio. Bonjour di che? e chi lo sa. Si scorre con attenzione la lista delle cose per cui dovrebbe essere davvero un buongiorno, che è un giorno senza senso a pensarci bene, il giovedì è un giorno insulso, più del mercoledì, Sei Sempre in Mezzo Come il Giovedì, me lo diceva mia nonna quando le stavo tra i piedi, lo dico ai miei figli qualche volta, quando ci si accalca davanti alla lavastoviglie, ognuno mette il suo posto tavola a lavare, così è più semplice e io non mi sento la locandiera. Bonjour, allora. A decidere cosa ci piace e cosa no, far finta che si ha il lusso di scegliere, e invece, col cavolo, bonjour, che oggi c'è il Knit Cafè e le tue amiche e mille cose, bonjour, c'è un cielo di latte che non promette un bel niente di buono, bonjour, scròllati di dosso tutto quel che c'è da scrollar via, i pacchetti confezionarti ad arte solo per farti stare male, così, aggratis, le solite cose, le solite storie, che noiosa che sei, sempre a lamentarti, sempre a dire, Sì, Ma Io, Allora? E smettila un pò, sempre a parlare di te, sempre a cercare scorciatoie e sentieri, sempre a dire va bene, sempre a chiedere cose che tanto sai non ti riguardano, sempre a pensare, sempre a provare, sempre in mezzo, come il giovedì.
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27 gennaio, 2010

L'Inutile Aggeggio.


Qualcosa mi dice che, sul globo terracqueo, siamo stati in 5 a comprare tale inutile, assurdo, delizioso oggettino. Me ne sono accorta da subito, quando ho fatto un mini sondaggio sugli abitanti della Casa In Collina. Guardate Cosa Ho Comprato e Indovinate Cos'è. E' uscito di tutto. Tutto, tranne la risposta esatta. E' un "tagliameleaspicchi-con levatorsolo incorporato-e già che c'è anche i semini". Non credo che sia questa la dicitura esatta, e sull'involucro era scritto in tedesco e ahimè, Ursula, la mia Amica Teutonica, non era accanto a me per farmi la simultanea. Insomma, è un bell'oggettino. Esso consta di una parte di plastica, color lavanda, eh già, a forma di mela, dalla quale partono a raggiera una serie di mini lame, affilatissime. procedimento. Si acchiappa la mela, si lava e si asciuga con cura, anche se a me la frutta lavata non piace perchè sa di acqua, e allora la lavo e la lascio lì e la mangio il giorno dopo, ma questa è una mia complicazione personale intrinseca e si legge con chiarezza nel mio libretto di istruzioni accluso. Ma torniamo alla mela. Acchiappata che si è, e posata su un piattino di colore contrastante, si poggia con grazia il tagliaemeleaspicchiconlevatorsoloincorporato e si esercita una pressione decisa sulla mela medesima. Gli ooooooohhhhhhh di meraviglia e stupore non si conteranno, fra gli astanti. La vostra bella mela verde Granny Smith sarà lì, succosa e croccante, bell'e pronta, senza semini e senza torsolo, per essere consumata. Si sa, una mela al giorno eccetera, e io che oculata son, ho anche comprato l'aggeggino per rendere più cool anche il rito banale di mangiare una mela. In casa scuotono la testa, l'Isoscele Sposo ha sibilato Uhm, Utilissimo, i ragazzi hanno fatto una smorfia di sufficienza. Solo la Princi, che è mia alleata in questo covo di maschiacci, mi ha guardato adorante e mi ha detto, Mamma, Ma Non Ce l'Ha Nessuno! E' vero bambina. Ci sarà un motivo.

25 gennaio, 2010

La neve non bagna.

Nevica zucchero o cosa? La chiesa è quella del centro, farò un pò di strada a piedi, è così bello camminare sotto la neve, ho un cappello calcato sulla testa, non mi bagnerò, la neve non bagna, men che meno questa qua. Siamo in anticipo, c'è il Liceale con me, e alcuni dei suoi amici scapestrati, ma dolcissimi, un pò spersi, preoccupati su cosa dire e cosa fare. Suo marito arriva subito, lo vedo in mezzo a tutti, sorride e sorride, abbraccia e abbraccia, bacia e bacia. Sono Contento di Vederti, e si stringe a me, un pò si aggrappa, come. Balbetto qualcosa, io non sento mai che cosa dico in questi casi, può anche darsi che sia stata zitta, non lo so. I figli no, non me la sono sentita. Lei è alta e sottile, bionda come lei, lui un pò più piccino, ancora di più stasera, biondo come lei. In chiesa c'è il mondo, si dice così, ci conosciamo un pò tutti in questa città, anche io che son foresta. Trovo i genitori di qualche asilo e di qualche elementare, abbiamo passato anni ad aspettarli fuori, condiviso gite, settimane bianche, pidocchi, recite, lamentele, mandiamo una pianta alla maestra. Hanno tutti gli occhi lucidi e un pò di neve addosso, questa neve che non bagna e non si scioglie. Che scomode le panche della chiesa, sto in piedi che è meglio, ho in tasca il Rosario che ho comprato a Parigi, lo sgranerò per lei. Non stacco gli occhi da quel banco. Che se ne fanno, dell'incenso e di quei mazzi di fiori, che se fanno dei Coraggio, delle pacche sulle spalle, delle carezze, degli sguardi di pietà, ma di quella vera, ho pietà per te, bambino biondo, perchè mi han detto che ancora non ci credi che la tua mamma sia volata via. Che se ne fa lui, di quel libro delle firme dove non firmo mai perchè mi fa orrore, e lei, bellissima, coi capelli pulitissimi e quel fermaglio vezzoso, la borsa a tracolla e lo sguardo fermo, altero, asciutto. Ha solo 17 anni. Anche lei. Ricordo. So. Ricordo e so. Dura poco, questa preghiera, a fatica si esce uno per volta da una porticina stretta, fuori, nel buio della strada, le macchine che passano e non sanno, il vigile, altri abbracci e altre mani, baci, occhi lucidi, civediamosempreinquesteoccasioniqui e la neve, ancora la neve, quella neve di zucchero che non bagna e non si scioglie. Ciao, Anna.

24 gennaio, 2010

Viscidi...ma saporiti!


Beh, il titolo lo capiranno in pochi, mi sa. E so anche chi. Anzi, sarei pronta a scommettere che la mia Amica delle Provette e anche quella del 12, son già lì che se la ridono, al riguardo. Ecco la produzione del sabato pomeriggio più pigro, freddo, meraviglioso e nebbiosetto del duemiladieci. Il modello è di CreativeYarn, tradotti dalla solerte Beads & Tricks, dalla quale li ho scopiazzati, morbidissimi nel loro cashmerino color pervinca, non sono guanti, nel senso che non è che scaldino così tanto. Strani ma belli, viscidi ma saporiti, appunto. E soprattutto, non rientrano nella categoria Metti e Togli. Li tieni e basta. Ci puoi guidare, telefonare, pagare il parcheggio con le monetine, soffiarti il naso e fare il bancomat senza toglierli. Son cose. Ora, so che perverranno una quantità di richieste, ma chi sa di knitting anche le cose più semplici è certamente in grado di farli da sè. Nemmeno un gomitolo e nemmeno due ore, per questi gioiellini, un pò fetish un pò Piccola Fiammiferaia. Ora, ne farò un paio rosso ciliegia, in tinta con lo smalto. Va bene che non tengano caldo, ma che almeno siano il massimo del cool. E ci farò una treccia. Dai buchini, si sa, entrano certi spifferi.

22 gennaio, 2010

Bell'e sversa.

Con licenza parlando. Il termine sversa puà avere una serie di interpretazioni, può essere usato per descrivere uno stato d'animo o una posizione. Si è sversi quando non si è di buonissimo umore, Oggi Sono Sversa, che poi altro non è che la forma dialettale in inversa, Inversa come Po, ma quello si dice solo nella Bassa Padana, da dove io provengo, e perciò qui, nel Basso Monferrato è usato poco. Ma la frase Sono Sversa Sul Letto barra (brrrr) Divano, merita un'attenta analisi. Non necessariamente un tipo sverso sul divano in senso di stato in luogo deve essere per forza di cose sverso anche di stato d'animo. Anzi, mi sentirei proprio di affermare il contrario, che un individuo sverso sul divano è, nella stragrande maggioranza dei casi, tutt'altro che sverso, ma beato, godereccio, in pace col l'umanità tutta. Ciò detto, tutt'altro che sversa, nel senso che oggi, nonostante il color totano di fuori, il mondo mi sorride, mi accingo ad iniziare questo congelato week end, che prima inzia e meglio è. Purtuttavia sbrigando una serie di faccende telematiche, scrivere cose e tradurne altre, organizzare cose e metterne insieme altre. E tutto ciò, meraviglia delle meraviglie, ben sversa sul divano, abbigliata come si conviene in situazioni come questa, comoda ma non sciatta, quel trasandato chic, quel finto disordinato, quell'attentissimo stile Vengo Così Come Mi Trovo. Pura bellezza. Un pantalone di felpa, un golf con qualche brillo sparso, una sciarpa leggerissima, giusto così, per vezzo. A essere bell'e sversi ci va stile. A portare i figlioli a scuola, invece, si và in pigiama, Adidas e cappottone. Che chic, signora mia, che chic.

21 gennaio, 2010

Le lucciole nel bicchiere.


Non è stagione, certo. Le lucciole arrivano d'estate, e non dappertutto, solo in certi boschi, in certe colline, in certi prati. Da sempre mi affascinano, e come tutti, da bambina ho sempre provato a rincorrerle, a prenderle anche solo per un pò, con il vasetto vuoto della marmellata, tenerle lì e guardarle, qualche minuto, non di più, e poi liberarle, farle volare via, vederle splendere nel buio, lampadine meravigliose, inspiegabili alla me di allora e alla me di adesso, quante volte i miei figli mi hanno chiesto, Ma Come Fanno, Mamma, già, e come fanno che non lo so, a brillare così come le luci di Natale, un pò sì, un pò no, ma senza filo e senza spina, come faranno mai. Non è stagione, certo, ma stamattina mi piace pensare che ognuno di noi, in fondo, ha le sue lucciole da guardare. Si tengono da parte, si guardano nel buio, quando non si ha niente di più efficace per farsi una carezza, per regalarsi un minuscolo momento di gioia semplice, di semplicissima serenità, di calma, apparente e fugace, purchessia. Le mie lucciole bucano la nebbia, non temono il freddo, luccicano e luccicano anche nell'inverno più rigido. Sono i bei pensieri, le parole più dolci, i regali inaspettati, le sorprese e gli abbracci che non credevi che. Il buio non è mai per sempre, succede, certo, che non sai da che parte cominciare, in che cartina guardare per trovare la strada, e guardi, di qui e di là come prima di attraversare e non sai in che direzione andare ed è tutto confusione e malinconia. Bene, è il momento. Gira il coperchio e falle volare, sono un piccolo sciame di esserini un pò magici, loro ti guideranno fuori di qui, conoscono i segreti del bosco e ti illumineranno il sentiero, e poco importa se non ti spieghi come funzionano, loro, le lucciole, vogliono solo riportarti a casa e nemmeno si arrabbiano se per un pò le hai tenute chiuse dentro al bicchiere.

19 gennaio, 2010

...frivolafrivolafrivola...

Direi che ci vuole, anzi ci vorrà. Come ho ripetuto fino alla nausea, non è stato un inizio d'anno così luminoso e meraviglioso, direi ombroso e noioso e direi anche merdoso, chi viene, l'Accademia della Crusca a farmi sciacquar la bocca col sapone? Devo avere anche letto da qualche parte che ieri , credo il secondo lunedì di ogni gennaio, è il giorno in cui per forza di cose l'umanità tutta si sente depressa, triste, angosciata e malinconica. Una mera questione di bioritmi, le feste passate, il clima, la primavera lontana, malanni e cose così. Insomma, un giorno da cancellare dal calendario, potendo. Ma c'è altro di molto più semplice, che si può fare, voilà, con uno schiocco di dita. In realtà, un 'Anima Pia m'è venuta in soccorso e mi ha testè proposto, Deh, Che sei Tristanzuola, perchemmai Non Ti Rechi Meco a Saccheggiar Leggiadra Qualche Negozio Della Mia Città Natia? E che, me lo faccio ripetere due volte? Stufa, stufa, arcistufa di magoni, lacrimucce e affini, ne ho fin qui di pensieri pesanti e bui, di tachicardie e di zero sonno. Domani, eccheccavolo, mi regalo una giornata di libertà non ci sono per nessuno, porto i figlioli a scuola e via, non mi troverete mai, o almeno non prima di sera, m’incontro con la mia Amica della Moda, che lei di queste cose ne capisce, spengo tutto, anche il cervello, laddove necessita, e mi beo di questo giorno di frivolitudine maxima, di beato niente, di superfluo, effimero e assolutamente irresistibile. Prometto di essere più che morigerata. Un gonnino smilzo, un abitino bon ton, un tailleurino bcbg, un maglioncino a collo alto. Il Sommo Sposo, ignaro di tutto, sarà messo al corrente solo a fatto compiuto, anche se temo per la mia incolumità. “ E tutta questa roba, da dove arriva?” La sventurata non rispose.

millecentoundici cioè 1111 post. M'è presa secca la mania dei numeri?
.tumblr.la douleur exquise.

18 gennaio, 2010

La visita di Tiberio.

A dire il vero, già stamattina l'ho incrociato, all'alba o quasi, nel viaggio verso la scuola, quando la macchina è ancora così ghiacciata che fai fatica persino a parlare e i ragazzi sono lì, imbaccuccati, addormentati e immobili, che non sai se è il caso di parlare , per non svegliarli. Lui, TIberio, ha attraversato baldanzoso la discesa di casa, quella che da VillaVillacolle porta a quel che si chiama Anello, il quale Anello poi porta allo Stradone e lo Stradone in Città. o ovunque si voglia. Quasi ovunque. Lui, Tiberio, mi ha zigzagato davanti come fa di solito, confuso anche lui su quale direzione prendere, se quella del Prato o quella del Bosco. Poi, è sparito. Se non poi, riapparire al fondo del pratino, quello che si vede dalla finestra della cucina, e mettere il muso dentro il cancello, per assicurarsi che nessuna belva, cane o gatto che fosse, si trovasse nelle vicinanze. E' un coniglietto socievole, ma a certe bestie non dà confidenza. E' entrato in giardino, ha camminato un pò sull'erba molliccia, stremata da tanto gelo, poi ha proseguito sui resti della neve, ce n'è ancora un pò, ghiacciata, che non si scioglie tanto facilmente. Camminava a piccoli balzi, portando a spasso quel suo codino tondo, bianco e morbido, anche a guardarlo da qui. Vorrei imparare anche io. A camminare sulla neve gelata senza sentire freddo, e non sprofondare mai, fosse neve o fango o tutt'e due. Vorrei sapere come ci si destreggia quando il terreno è sconnesso e nemico, se devi andare veloce per non affondare, o se devi muoverti con studiata lentezza, senza perdere di vista il cancello per scappare, arricciando il muso per sentire meglio che aria tira, guardarsi intorno a scatti precisi ed eleganti e far finta che la neve sia panna, morbida e dolce, far finta che il pratino non sia ghiacciato ma comodo e ospitale, far finta che tutto intorno sia luminoso e sorridente, e che tutto gira esattamente come vuoi tu. Sono uscita per prendere accordi, Tiberio, Insegnami Come Fai, ma niente da fare, il rumore della finestra lo ha intimorito. Bel coniglio che sei, le orecchie ti fan così, come cantano i miei figli, scappi via subito e non ti lasci avvicinare da nessuno, nemmeno da me, che ti metto le carote vicino al ciliegio. So per esperienza che i conigli non hanno un buon carattere. Men che meno Tiberio. E a camminare scalza sulla neve, nessuno mi insegnerà mai.

La luna è una ciglia.

Che strano viaggio, nebbia sì e nebbia no, l’autostrada e le sue luci incerte, e poi brillanti, e poi di nuovo nascoste e poi ancora lucide. Nebbia e sereno, diavolo e acquasanta, cotone e inchiostro. E quella luna lì, una ciglia nel cielo, una virgola, un apostrofo, mezzo bordo di un bicchiere, un anellino spezzato, così, di malavoglia. Che luna sarai mai se nemmeno ti si può guardare, ci sei o fai finta, ci sei o ci fai, che stupida sei se nemmeno sei tutta intera, e ti nascondi nella nebbia, e anche quando la nebbia non c’è più si fa fatica a trovarti, ma come, era lì un secondo fa, ma è così sottile, così incerta, così fine e appena nata. Che strani i viaggi così, passi dal niente alle cose, dal nebuloso al chiaro, dall’indefinito al sicuro, dal mistero alla certezza. E non sai quale condizione ti piace di più, cosa ti affascina e cosa ti fa paura, dove ti piace di più stare, cosa vorresti non finisse mai, se una bolla di nebbia e di niente o se il buio lucido e brillante, il sereno perfetto di una sera d’inverno, dove puoi vedere le stelle dal finestrino e quella stupida luna così sottile e assurda che nemmeno sembra una luna.


15 gennaio, 2010

Sciocco scialle.

In realtà si chiama Garden Stripes, ed è tutt'altro che sciocco, anzi, lo schema è proprio bello, invece. Ma se di cazzate si ferisce di cazzate si perisce, lo so che non sta bene parlare così ma una volta ogni tanto male non fa. Sciocco scialle che fa il paio con Ridicolo Cappello, ovvio, da non portare insieme mai, in effetti proprio ieri le mie Amiche disquisivano, perchemmai fai tutti questi scialli? tutti che cosa che questo è il terzo, anzi, forse loro contano le volte che ho disfatto il Malefico Mormor, e allora beh, sì, il totale fa ottomila. Sciocco perchè fa parte di quei progetti che si mettono sù tanto per fare, per misurarsi, a dire, vediamo se ce la faccio a farcela, e poi, miracolo, ce la fai, e vai avanti, avanti, avanti e non hai cuore di disfarlo, ma non è che sia proprio una meraviglia. Cioè sì, è discreto, ma ha un effetto un pò volgarotto, paesanotto, come dire, come paesanotta è la lana che ci ho usato, che non ha etichetta e non so nemmeno da che parte arrivi, ma che è anche un pò acrilica, secondo me e qui le Vestali del Ferro Circolare hanno avuto una smorfia di disgusto, Acrilico? Che Volgarità. In effetti, ho da me stessa medesima compreso che gli scialli vanno fatti con lane blasonatissime, meglio se giapponesi o inglesi, che hanno tutte quelle sfumature da farti uscire di senno, che non sono in gomitoli ma in trecciotte morbidissime. Questa lana è italianissima, è da mercato, per intenderci, ed è una di quelle cose che ho comprato solo perchè è viola. Qualcosa ci uscirà. E stamattina, che è la Giornata Mondiale della Cazzata, vale tutto e va bene anche questo, perchè no. E comunque, spiace per le mie Amiche, ma ci ho messo un secondo netto a imparare questo schema, e che per me il ssk non ha più alcun segreto. Ma, a ben pensarci, loro che mi fan tanto le spieghe, e perchè qui e perchè là, non è che per purissimo caso saranno invidiose di cotanta destrezza, mestiere e bravura? Mi sa ben.

Silenzio e cucchiaini.

Le mattine come questa sono senza inizio e senza fine. E' tutto un gran silenzio, un grande ordine tutto intorno, epperforza, ci si è stremati ieri a sistemare, riordinare, impilare, riporre. Non c'è niente da fare, viene da dire, ma si sa benissimo che non è vero, che le cose sono mille più mille più mille, ma ci si balocca un pò, si prende tempo, ci si dà tempo. Le mattine come questa sono preziose, hanno lo straordinario vantaggio di mettere in fila i pensieri, di fare piccolissimi progetti, di affrontare con calma e raziocinio tutto una serie di piccole grane, questioni da poco, guai di nessun conto o quasi. Ci si ferma un pò. Pericolosissimo. Quando ci si incaponisce su questa o quella sciocchezza, quando si insiste su una macchia che è già andata via, quando si riordinano i cucchiaini nel cassetto delle posate, cha fanno così un bel rumore, io lo so, è solo per prendere tempo. Solo per darsi tempo. Perchè c'è uno scatolone là fuori, di pensieri pesanti e di questioni, di cose cui non si ha voglia e si fanno cose inutili per non affrontarle. Potrei far sù gomitoli tutta la mattina, colorare coi pastelli, sgranare piselli se fosse stagione, o pulire fagiolini, con l'Amica giusta al telefono, mentre. O attaccare decalcomanie alle finestre, ma questo mi costringerebbe a guardare fuori e di guardare fuori non ne ho voglia. Resto così. Ho uno stupido scialle sul divano accanto al camino spento, le tazze e le briciole, a far cose serie ci vuol ragione, genio e sentimento e stamattina non ce n'è. Così, lascio il mio scatolone là fuori, e mi concentro, chissà chi ha fatto questa macchia sul divano, è finito il latte, dovrei tagliarmi i capelli, ma guarda un pò che disordine questi cucchiaini.


13 gennaio, 2010

Acqua e menta.

Ci sono dei pomeriggi così. Hai fame, hai sete, hai qualunque cosa. Fuori piove stupido, l'ho imparata oggi, si cerca in ogni modo di essere, comunque, ben disposti verso il mondo, le questioni, le cose. Sempre più difficile. Qualcuno ti consiglia un bel giro di saldi, così, ma l'hai già fatto stamattina con l'Amica delle Lampadine, quella che senza Victoria's Secrets non esce nemmeno a buttare l'umido, non so se mi spiego. O una bella tisana, ma non sono mica malata, e poi non ho tempo nè voglia di aspettare l'acqua che bolla e poi le mie tisane sono orrende, mi lascio attirare quando le vedo al supermercato e da lì sembrano tutte buonissime, con quei nomi così romantici, Tarassaco, Ribes Nero,Passiflora, Melissa*, no, quella no, che in grazia di Dio ne abbiamo già anche troppe di Melisse, nella casa in collina. Ciò detto, abbandonato nel lato del frigorifero, quello delle bottiglie, quello che hai dovuto ripulire l'altro giorno da una colata di ketchup chiuso male, il frigo degli orrori, visto così, appunto lì , occhieggiava una bottiglia di sciroppo di menta, quella che usano i miei scellerati figlioli maggiorenni per quell'intruglio buonissimo, alcoolicissimo, che va giù che è un piacere e che ti fa ridereridereridere, e dire scemenze una dietro l'altra e camminare malferma, e insomma, quello lì. Ancora non sono diventata alcoolizzata, e nemmeno potrei, vista la mia scarsissima reggenza (!) all'alcool. Ciò detto, presto fatto. Tazzona Starbucks di Parigi, acqua gelatissima, sciroppo di menta, appena appena, e diamoci questa botta di vita, questo sorso d'estate, altro che tisana tristerrima, l'acqua e menta mi salverà dalla malinconia, dalla stupidità della pioggia, dalla mestizia di non essere andata all'AperoKnit in collina a Torino e da mille e mille altre cose. Certo, però, un gocciolino di rhum, che mal può fare? Mojito, si chiama, ecco come. Ma si aspetti l'estate, ubriacarsi in inverno pieno non sta bene.
*nome proprio di ingegnera, femminile, singolare, fidanzata al JunioIng., adorata da noi tutti nella casa in collina, cani, gatti e pettirosso compresi.

12 gennaio, 2010

Male non sto.

Nel senso più preciso del termine. E' strabiliante come il solo posporre la negazione faccia prendere alla frase già tutta un'altra piega. Sì, perche NonStoMale, non è proprio uguale a MaleNonSto. la sfumatura è lievissima, si avverte appena, è così, in equilibrio, come quelle cose che sai di sapere, ma che non riesci a spiegare, cioèadire, mi è chiaro il concetto ma non so esprimerlo. Ecco. Male non sto, in effetti, perchè oggi ho fatto tutto con una lentezza accesa, cercando di non inziare mille cose insieme, una per volta, con calma, mi sono un pò coccolata, ammansita, addomesticata, io selvatica che non sono altro, qualche volta. Male non sto, ed è uno stato che non mi dispiace, che non vuol dire necessariamente che mi piace, ma il fatto che non mi dispiaccia me lo fa piacere, mi rende tranquilla, con le cose che conosco a memoria, la mia casa in ordinissimo, una volta tanto, il caldo, le finestre, le cose. Mi mantengo in superfice, rimango nel piccolo microcosmo che mi fa sentire protetta e al sicuro, non mi avventuro in sentieri complicati e scoscesi, cerco, semplicemente, di non pensarci troppo sù, di non farmi le menate, si dice così, di essere un pò più leggera e svolazzare, senza andare sulla luna, canticchiare senza urlare, scivolare senza cadere. E' così trasparente il mio universo, così liquido e perfetto che è così bello da guardare, così rassicurante e avvolgente. Si galleggia, in questa bolla di cristallo, e tutto è fermo e un pò magico, un privilegio. Certo, a scuoterlo un pò succede il delirio, non ti ci ritrovi, tutto è confuso e si confonde, e i fiocchi girano e girano e si muovono scomposti come le anime del Paradiso, ma tu, aspetta un secondo, è così che funziona, scuoti pure se vuoi, per il solo gusto di vedere poi i fiocchi posarsi sul fondo e il tuo mondo tornato, in un attimo, limpido com'era.
Tumbrl.LaDouleurExquise

11 gennaio, 2010

Corre.

Ancora non ho capito che cosa sia. Il mio cuore, intendo. Se un organo, un muscolo, come si studia a scuola, come si impara a disegnare fin da piccoli, due curve perfette, sui biglietti, sugli zaini e poi sul vapore dello specchio, dopo la doccia. Io non so se non sia piuttosto uno strano animale, un essere che vive una vita propria, un cavallo, forse, che corre e galoppa e si imbizzarrisce, certe volte, la notte, più spesso. Non si riesce ad ammansirlo in nessun modo, nè leggendo nè guardando fuori dalla finestra, nè respirare profondo, guardando il soffitto, dicendo sì, adesso passa. Batte fortissimo, corre veloce verso dove non lo so, senza rumore, senza fare polvere, senza niente. Così forte che se fermi il respiro un istante e stai lì ad ascoltarlo, ti sembra di sentirne il rumore, che ti balla in testa e in tutta la stanza, sveglierò qualcuno, così. Un cuore così ha bisogno di cure, non di pillole e intrugli, ma di cose belle e bei pensieri, ed è vero che già si è iniziato, ad andare più lenti, come dicono le tue Amiche, a ingranare la prima, a fare tutto con più calma, e a non farsi prendere dalle cose. Vero è ben. Ci vuol mestiere ed esercizio, non è che viene tutto subito, così, ci si è fatti delle promesse, a se stessi, che sono le più difficili da mantenere, che scoperta. Nel frattempo, lui corre velocissimo, salta i cespugli del sentiero, schiva le dune, batte così forte che ti viene voglia di tirarlo fuori e metterlo in un cassetto, o accarezzarlo e dirgli, Calmati, ma lui niente, e tu cerchi di camminargli vicino e di stare al passo e stargli dietro, ma camminare vicino a uno che corre, dimmi un pò come si fa.

10 gennaio, 2010

Il Ridicolo Cappello.

Tutt'altro che ridicolo, in realtà, buffo sì, è un cappelluccio che mi ha stregato, trovato a zonzo per il web, dove ho trovato Natalie Larson e con lei il suo pattern. Esso, il cappelluccio, ha un nome altisonante, Star Crossed Slouchy Beret e l'ho fatto in uno dei miei momenti di scazzo, si può dire? tra spremute e medicine e termometri e scrutamenti vari al figliolo malaticcio, situazione che mi dà ansia, ma forse mi sono già scordata quando, più piccoli, erano malati tutti e tutti insieme, tutti la varicella, tutti la bronchite, evvai, appassionatamente, settimane barricata in casa sorprendendomi poi a parlare con le piante o annusare il Panacef per tirarmi sù. Ora che i virgulti sono in età semi adulta, con le piante non ci parlo più, e l'ansia, che quella c'è sempre, me la faccio passare concentrandomi su uno schema non proprio facilissimo, qui si parla di magic loop, signora cara, cable needle, increasing e decreasing, insomma, una roba per fate del knitting, mica da Nonne Papere, mi aiuti a dire. Così, nel tranquillo , ansiogeno delirio del fine settimana ecco nato il mio Star Crossed, di un fantastico merino grigio perla, sul quale la Princi Faina ha già posato i suoi occhioni di smeraldo. E che problema c'è, ne faccio un altro. Beh, considerando che tuo fratello ha meno febbre ma mal di testa, è palliderrimo, inappetente e insofferente, ok, fra un'ora è pronto. Di che colore, bambina?






09 gennaio, 2010

Ode all'Arancia di Ribera.


No che le arance non sono tutte uguali. Ci sono arance aspre, arance comuni, arance insignificanti, arance scarse, arance sgràuse, ma questo è un termine che mi hanno insegnato le mie Amiche Indigene, quelle Native Alexandria, per intenderci, quelle della riserva, le Sioux del Basso Monferrato. Ma fra tutta l'infiniterrima varietà delle arance troviamo Lei, la Principessa dell'Agrume, Sua Altezza Serenissima L'Arancia di Ribera. Essa ha le fattezze tipiche dell'arancia, forse è un pochino più tonda, più perfetta, più che perfetta, ma al primissimo assaggio si capisce subito che Lei la sa lunghissima. E' succosa, dolcissima, un vago sentore di vaniglia e gelsomino, e zagara, per forza di cose, e porta con se il sole meraviglioso che l'ha fatta maturare e diventare così bella e così buona com'è. Stamattina, nella tormenta, la scrivente si è trovata a comprare dall'Omino al Bivio una certa considerevole quantità di tale frutto prezioso, dacchè, in grazia d'Iddio non ci facciamo proprio mancare niente e già che ci siamo, perchè non far venire un bel quaranta di febbre al mio figliolo Liceale, sì, quello lungo lungo e magro magro, che già da oggi mi sembra ancora un pò più lungo e un pò più magro. Il suo unico alimento nelle ultime 24 ore è stata un'arancia a spicchi e mezzo bicchiere di spremuta, più due bastoncini Findus tristissimi che ha mangiato di malavoglia, ma quali orripilanti pietanze può cucinare una madre per indurre un figlio a ingoiare un qualcheccosa? Non mi si facciano le spieghe sui bastoncini Findus, lo so da me. However, si parlava di arance. L' Omino del Bivio si fa sù e giù per il Patrio Stivale ogni settimana e porta i dorati frutti direttamente dal paese suo, Ribera, appunto, provincia di Agrigento. E io adoro quest'uomo semplice che mi saluta con un inchino rispettoso appena accennato, che non mi fa portare la cassetta nemmeno sotto tortura, e che mi alletta ogni volta con vasetti meravigliosi di conserve, acciughe sott'olio e altre meraviglie del Creato, che scende da quel camioncino sgangherato. Lui sa che io baro. A chi mi chiede che genere di delicato profumo ho indossato quest'oggi, io butto lì , per tutta risposta, olii preziosi e conturbanti, cremine di nuovissima generazione, sì, perchè l'aroma di queste arance paradisiache ti rimane addosso per ore. Ben triste sarebbe rispondere che ho sbucciato arance e fatto spremute al mio Figliolone Malatissimo, e l'Omino del Bivio lo sa. Ma uomo d'onore è.

Milleccento.


...non so se mi spiego.
I post, ecco cosa.

08 gennaio, 2010

In caso di neve.

Non è tutta la neve che ci si aspettava. I figlioli scolari, gli ultimi due, si sono cimentati in una danza propiziatoria già dal pomeriggio di ieri, scrutando il cielo ogni dieci minuti, ma come, ne deve venire un metro e non nevica ancora. Il Nostro Illustrissimo Signor Sindaco, quello della Città, già da ieri aveva deciso di chiudere le scuole, in caso di neve. Avevo una tuta da sci, una volta, con la scritta In Caso DI Neve Colmar, avrò avuto sì e no 13 anni, i capelli lunghi fino al sedere, gli occhiali rotondi di tartaruga. Vabbè. Nevischia, o non si sa bene che cosa faccia, un altro giorno di vacanza vinto nella casa in collina. Ieri, primo KnitCafè del 2010, per me un pò in sordina, in reltà, ero distratta, non presente, un pò svanita come mi capita ogni tanto, non tranquilla, non concentrata, risciacquata e centrifugata, noiosa, bruttina, inconcludente e scema. RImedierò. Alla bisogna, si deve avere la forza di focalizzare il problema, così parlò il mio Venerato Sposo, e cercare in tutti i modi di porvi rimedio. Farò così. Mi dedicherò con grande enfasi a me stessa medesima, cercherò di darmi un bello scrollone, questo stato di stupida ansia e stupida sfiducia e stupidissima paura non è certo il modo più fulgido per iniziare questo anno rotondo, MMX, appunto, che detto così sembra più un vaccino o una marca di biciclette. Perciò, mi sono prescritta da sola una ricetta, ho un ricettario speciale che si compila solo in viola e con la stilografica, numerato a caso, proprio perchè è mio e coi numeri, si sa. La prescrizione consiste nel fare quest'oggi più o meno quello che mi va, in grazia di DIo e nei limiti della decenza, pur occupandomi anima e corpo della mia famigliola blindata da due insulsi fiocchi di neve. Che grande sorpresa i giorni di vacanza che non ti aspettavi, ti danno la brillante occasione per tirarti sù, che a cominciare proprio non eri ancora pronta e ci hai provato, ma mioddio che fatica. La neve aiuterà. Puoi sotterrarci non vista i pensieri che ti sfiancano e ti fanno avere gli occhi all'ingiù, e non stare bene da nessuna parte che non sia il letto e con la testa sotto il piumone, o a punirti in lavanderia a stirare fino alle convulsioni, o appollaiata sulla sedia della cucina a guardare fuori, ma non fuori le cose, fuori il niente, lontano, vicino, non ha importanza, guardi fuori e basta e stai così male ma così male che nemmeno ti accorgi del tempo che passa e stai lì, abbracciata alle tue gambe incrociate e potrebbero passare anche mille anni e tu sempre lì staresti. Ma oggi, niente di tutto ciò. Oggi ci si riprende, oggi ottogennaio si ottempera alla prescrizione FareQuelloCheTiFaStareBene. In caso di neve, si fa così.
Tumblr. theJoanne.

06 gennaio, 2010

Baciami ancora.

Ogni cosa è illuminata.

Così, illumina. Il sole che buca le nuvole, che fa brillare la neve ammucchiata sui prati e resa ghiaccia nella notte, diamanti purissimi sul bianco che c'è. Illumina i sentieri, le stradine i campi lisci, le orme lasciate, le aiuole, le foglie bagnate, quel che resta delle rose intirizzite, del cavolo viola piantato nel vaso. Illumina le case laggiù, la città che non si vede, d'inverno mai o quasi, con la nebbia e si ha come l'impressione di non averla più, se non per la guglia del duomo, se stringi gli occhi forse la vedi, eccola là. Illumina e regala un cielo azzurro che è una lavagna, ci puoi scrivere quello che vuoi in una giornata come questa. E' molto freddo ma forse un giro nel verde e nel bianco non potrà che farti bene, il freddo conserva e scuote, rende chiari anche i pensieri più torbidi, stira, gelandole, le situazioni più stropicciate, iberna i vuoti e le mancanze, trasforma le lacrime in piccolissime gemme preziose che non scendono più. Arrossa la faccia e fa tirar sù col naso, e c'è da coprirsi bene, le mani in tasca, una sciarpa calda da affondarcisi, lasciar fuori solo gli occhi per vedere dove vai. Già, ma dove. La strada della collina la conosci a memoria, ma ci si può perdere anche nel sentiero dietro casa, se non si ha la mente sgombra e il passo sicuro. Ma oggi, nel sole e nel limpido, questa luce nuova illuminerà. Il viottolo e le zolle, quel buco prima del campo dove più di una volta hai rischiato di finirci dentro, i filari spogli e l'alloro maestoso. illuminerà anche te, anima inquieta, Regina Dell'Ansia e della Neve, che studi la vita segreta dei pettirossi del pratino, che ti chiudi dentro un castello di zucchero e d'acciaio e non ti lasci illuminare da questo raggio di sole ghiacciato, da questo respiro che si vede dal freddo che fa, da questa neve che riflette, conforta, illumina e brilla.

05 gennaio, 2010

A dormire c'è tempo.

Non che sia diventata nottambula. O forse sì, in effetti ho fatto piuttosto tardi, in queste vacanze, e non per feste, baldorie o affini. Ho letto molto, scritto molto prima di dormire, di solito lo faccio al mattino presto, e adesso, invece, ho cambiato. Domani, purtroppo e per fortuna, ultimo, ulitimissimo giorno di queste vacanze natalizie, passate un pò così, come a togliere il vapore dallo specchio dopo la doccia. Si riapriranno le danze, si riprenderanno orari e incombenze, la scuola, le cose. Un pò mi dispiace, alla fine, ci si abitua in fretta a fare un pò quel che si vuole, con moderazione, certo, ma con quella scioltezza che è tipica di questi giorni. Si riprende. Non che sia un male, ma avrei aspettato ancora qualche giorno, non sono poi di umore d'oro e d'argento e di pietre preziose, non ho voglia del mondo e della gente, del traffico e del rumore. Starei qui. A leggere i miei libri, rileggerne altri, scrivere e scrivere che è una delle pochissime cose che mi fa stare bene davvero, scrivere banalità, perchè, mi dicono, tante ne scrivo, con una straordinaria abilità a metterne tante in fila e tutte insieme. Ringrazio ed ossequio. Starei qui. Ad abbracciarmi da sola, a guardare fuori dalla finestra, ad ascoltare questo vuoto e questo fermento, questa confusione e questo nulla, questo silenzio e questa musica di fiati e percussioni, ognuno per conto suo, senza spartito e senza melodia. Inizierò questo anno rotondo con un entusiasmo pacato, con la corrente staccata, andrò a pile, per un pò, si funziona lo stesso, ma sai che non è per sempre, e che dopo un pò le pile finiscono. Non ho tutta questa energia, la troverò da qualche parte, la cercherò, non posso certo permettermi l'extralusso di stare spenta, il mio meccanismo fa funzionare altri meccanismi e non posso incepparmi, per niente al mondo, no. Nè vorrei. Perciò, scrivo e scrivo, mi analizzo e mi curo, mi prescrivo rimedi e pozioni magiche, mi faccio da sola incantesimi e sortilegi. Succede la sera, perciò faccio tardi, che ancora per domani la sveglia non suonerà, e che posso stare qui, adesso a quasi mezzanotte, a pestare sui tasti e a dire sciocchezze e banalità, a leggere e leggere e a pensare e pensare che a dormire c'è tempo e poi domani, chissà. Tumblr.la douleur exquise.

04 gennaio, 2010

Così bianco.

Io lo sapevo già, l'avevo letto nei giornali di questa notte, domani nevicherà, l'avevo detto a tutti, in casa, ma sei sicura, maccerto, l'ho letto. Stamattina presto poi, ho aperto un occhio, uno soltanto, e ho guardato fuori con una smorfia, io non dormo al buio, non chiudo nulla, le persiane di fuori non le tocco mai, mi piace addormentarmi guardando fuori e svegliarmi con la luce, e quanti pensieri ho fatto guardando i rami degli alberi, le nuvole, il cielo, il fumo dei camini, le scie degli aerei. Così, nevica. Non c'è un umore stellare, stamattina, nella casa in collina, è una sorta di transizione, si è a cavallo tra le feste e le cose di sempre, si attraversa un fiumiciattolo e si è con una gamba di qui e l'altra di là, un pò sospesi, da un lato si vorrebbe che tutto questo luccichio e questi panettoni e questi tantiauguri restassero ancora un pò, dall'altro non si vede l'ora di disfarsene, riporre l'albero zen e le sue palline trasparenti, togliere le luci alle finestre, basta, non se ne può più. Indecisi sul da farsi. Come me, del resto. Indecisa se A) spalmarmi sul divano con due o tre libri da leggere random, così come viene, fino a confondere personaggi e situazioni, coperta fin sugli occhi con quella copertina a ghirigori comprata a Barcellona, che l'ho vista e sono rimasta folgorata mentre la guida mi perdeva dietro di sè proprio davanti alla casa di Picasso, va bene l'arte, ma questa copertina vittoriana sul mio divano ci sta un amore, non crede anche lei? B) Scendere di sotto, armarmi di santa, santissima pazienza, travare da qualche parte l'ispirazione che non ho, cercarla per bene, sotto il letto, dentro la lavatrice, persino dentro al baule con le tovaglie piccole e, orrore, stirare. Che stirare in sè e per sè non è tutta questa grande fatica. Ma è dividere, riordinare, mettere insieme calze e calzine e mutande e maglioncini, tutti i miei figli maschi hanno un maglione blu con scollo a V, che adoro, personalmente, ma mai, mai, mai che indovini la taglia e l'armadio giusto dove riporla e ho anche provato a fare dei segni, ma non funziona, è proprio il gesto in sè che mi dà il delirio, che mi disturba, che proprio non mi riesce di mandare giù. Ho anche provato a scrivere sulla lavagna di cucina, col gesso rosso delle comunicazioni urgenti, Oggi alle 15, Tutti in Lavanderia, ma so già che l'assemblea andrà deserta e mi troverò solinga e mesta, a compiere da sola lo svilente rito, a cantarmela e suonarmela, come si dice. Fuori è tutto di un candore disamante, nevica e nevica a fiocconi grossi come francobolli, di usare l'auto non se ne parla, abbiamo provviste per una settimana, mi ritroveranno così, stremata dopo una giornata di stiraggio e riordino, avvoltolata alla bell'e meglio in una coperta viola a disegnini, tutt'intorno libri, gomitoli e un biglietto con scritto Odiava Stirare. Che storia straziante. Nel frattempo, nevica.

03 gennaio, 2010

Simple Mormor.

Lo so. Questa qui storcerà quel nasino a bignè. Quest'altra, invece, scuoterà la testa e dirà, Così è E Così Dobbiamo Tenercela, nel senso di me medesima. Biancaneve si sentirà sollevata, dal fatto che anche a lei, preciserrima, i buchi del Mormor venivano storti. L'Amica delle Perle ancora non ci si è cimentata, lei va di Zimmerman, altrochè. Quella delle Provette gli ha dato giù di neckwarmer, come che cosa sono, gli scaldacolli, e ne ha regalati a tonnellate per Natale, e anche io, invero. Afef Perduta nel Deserto dei Tartari ancora non ne ha fatto nessuno, ma so per certo che ha infilato nello zaino un paio di circolari e qualche gomitolo, e knitterà anche in jeep, tra le dune e i tuareg. Il nuovo anno porta nella casa in collina una nuova parola. Semplicità. E poichè il mio Mormor Mitragliato ha fatto la gioia di mia madre cui brillavano gli occhi per la felicità, Ma Mamma E' Sbagliato, non importa, mi ha detto, mi piace tantissimo, cosicchè gliel'ho regalato. O solo prestato, magari, per poi sostituirlo con uno uguale uguale ma coi buchi dritti. O almeno, questa era l'intenzione. Poi, l'illuminazione. Se una cosa non ti viene, perchè ti ci devi dannare? Perchè voler trasformare ad ogni costo una noce in un brillante LeoCut? Perchè voler accanirsi a contare, ricontare, sbagliare, disfare, risbagliare e ridisfare? Io, il mio Mormor, alla fine, lo faccio senza i buchi. Ho questa bella lanina sottile e impalpabile, verrà una nuvola variopinta dai colori polverosi, non c'è nemmeno un pò di viola ed è anche questa una specie di rivoluzione. Molto bene, si fregò le mani soddisfatta per aver avuto un altro dei suoi lampi di genio. Però, obnubilerà il manufatto ultimato alla sua inventrice legittima, poichè Ella è un tipo mooooolto vendicativo. La perdòno soltanto per il nome che porta. Quanto al brillante LeoCut, beh, parliamone. Il mio Sposo si chiedeva, anfatti, il perchè della dispensa piena zeppa di noci. Vagli a spiegare.

02 gennaio, 2010

Ancora sveglia.

E' la prima notte dell'anno. Quella per intero, non quella passata. E' gennaio, si sente. Le lenzuola nuove nel letto, la camicia di notte carina, si vede che ci sono ancora briciole di festa e di vacanza e di niente fare, lassù, nella casa in collina. Si fa tardi, ci si sbronza di film e di libri e di knit e di niente, di chiacchiere, non si è avuto voglia di trenini e trombette e di confusione, si è diventati un pò orsi, ma come, proprio io, proprio io sì, sembra strano anche a me. E' notte e si è ancora tutti svegli, di dormire ancora non se ne ha voglia, si raccolgono i pensieri più belli, si ascolta una bella musica e si balla un pochino da seduti, scrivendo e sorridendo, che bel momento questo qui, a vedermi vista mi piaccio perfino, appollaiata sulla sedia a notte fonda a raccontarmi delle cose e a fermarle qui. E' tutto un pò più lento, ci si può permettere il lusso di non dormire, stanotte, c'è una luna così bella là fuori, e anche un bel cielo, la nebbia è sparita e potrebbe essere ancora Capodanno come ieri, chemmimportaammè, se voglio, la festa per me è stasera. Solo mia. Le mie più piccole cose sono in questa stanza che è mia soltanto, dove nessuno trova nulla, dove vi è raccolta una quantità di cose che non so. Anzi, che so, so solo io. Così, mi sorprendo a cantare sottovoce, è una notte che mi piace così com'è, è la prima dell'anno, me la voglio ricordare bene, fermarla, un pochino, perchè è raro che stia sveglia così e che se non ci fosse il gelo là fuori, uscirei nel pratino a saltare e a ballare a fare giravolte sulle foglie e a guardare la luna e a dire Ciao Bel Duemiladieci, Felice di Trovarti Qui. La mia festa di Capodanno, all'una passata del giorno dopo, in camica da notte e calzettoni rosa, è questa. Trenini e trombette, marameo.
Tumblr.la douleur exquise.

01 gennaio, 2010

Una carezza.

Mezzanotte spaccata.

A quelli al cinema, a quelli a casa, in montagna, ai Caraibi, in collina. Ai soli, ai disperati, agli innamorati, ai barboni della stazione, ai cani randagi, agli stupidi e ai furbi, ai medici, ai ragazzi alle feste, a quelli coi botti, a quelli con cappellino e trombetta, ai tristi, ai lasciati, ai dimenticati, a quelli dei sonniferi, a quelli malati. Per tutti i baci che voleranno, per quelli che resteranno lì, per i pensieri che si incontreranno a metà strada, pensavo a te, pensavi a me, per gli abbracci che ci saranno, veri o finti, e chi lo sa, per le aragoste, le lenticchie, le pastealforno, il patè. Per gli auguribuonanno che si sprecheranno, ma cosa vuol dire davvero nessuno al mondo lo sa. Per i bicchieri rotti, lo champagne millesimato, i fuochi d'artificio, le stelle filanti, i tacchi 12, le calze velate, il trucco che cola e sono solo le 10, i brilli, i lustrini, le mutande rosse. A chi non gliene importa, a chi domani è uguale, a chi crede che invece cambierà tutto, a chi sorride e sorride, a chi sceglie, a chi sospira, a chi immagina e sogna, a chi cucina e a chi assaggia, a chi scommette e a chi è certo, a chi si annoia e a chi impreca. Sia per tutti una sera speciale, uno notte normale, un fuoco d'artificio colorato che finisce in un secondo, un lampo nel cielo, un battito d'ali. Sia per tutti un sussurro, un bacio mai dato, una promessa, una lettera ripiegata in quattro e conservata, un biglietto del treno, una foto sgualcita, un ricordo che scalda, una mano da stringere, un abbraccio che dondola, una coperta di lana. Sia una stella nel cielo, una luna rotonda, un augurio di cuore, dal mio cuore che balla, per un mondo che gira se di amore ce n'è.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...