28 febbraio, 2010

Gli Occhi di B.


Suono il campanello. Mi dice Entra e Attraversa il Giardino, ti Guido dalla Finestra. Che strano, sono qui, nel giardino del Banano Incantato, lo leggo spesso sul suo blog, riconosco il divano, perfino Nina, anche se non l'ho mai vista. E' una casa bellissima, piena di cose che potrebbero essere mie, che ho uguali anche io, abbiamo qualche vestito uguale, anche, io e lei, e da ieri anche un braccialettino ebraico, che mi ha comprato al ghetto, e che porterà fortuna. B. mi ospita in questa due giorni romana, sono qui per il mio progetto e per lei, anche, non la vedevo da un anno. Ha per me attenzioni squisite da grand hotel, le lenzuola lilline, le riviste e i quotidiani, la chiave di casa posata sulla guida di Roma. Attenzioni per me, che occupo abusiva la stanza di quel suo amore andato via e anche ancora fa fatica a scrollarsi di dosso, non c'è amore, lungo o brevissimo, che si possa cancellare senza fatica e soprattutto senza dolore. Parliamo a lungo, camminiamo in una Roma meravigliosa, ha scelto con cura un ristorante speciale, è una dei 3 al mondo che stanno dietro al mio passo veloce e deciso. Parliamo e parliamo, questo quartiere è casa sua, la salutano tutti, per forza, con quella faccia impertinente da ragazza, quell'accento di Forlì,e quella risata, solo a tratti appena velata da una piccola tristezza, così, come un velo delicato. Mi parla di cose che non so, di papi e di monumenti, lo vedi questo? e lo sai che, ma quante cose sai, B.? E' sabato mattina, abbiamo pile di giornali e un tavolino al sole di Piazza Farnese, abbiamo bighellonato come turiste parlando di scemenze e di cose tremende, siamo entrate in negozi impossibili, fatto colazione con un cappuccino che se la gioca con quello di Baratti & Milano. Non Lo Perdono, e Faccio Fatica, mi dice guardando lontano, poi si riprende, lo sai, Castelsantangelo è stata una prigione, ti porto a un ristorante che non è un ristorante, è un'esperienza. Che veloci passano i giorni perfetti, con quanta straordinaria bellezza si ha a che fare ogni volta ci si incontra con le persone che ti piacciono, con le quali ti piace stare. Lei vive con la gatta Nina nella Casa col Banano, ha mille amici, mille libri e mille progetti, un uomo che la adora che le fa trovare da lontano un mazzo di fiori ogni due settimane, fino a che non tornerà. E che torni presto, a far volare via lontano la malinconia leggera che ho letto negli occhi di B.

25 febbraio, 2010

Se mai.



Nessuno ha mai detto che sia un gioco da ragazzi, nessuno ha mai scritto un manuale, un opuscolo da consultare, vedi alla voce, un dizionario qualsiasi, da sfogliare veloce, prima avanti e poi indietro, che modo assurdo ho io di cercare le cose sul dizionario, io non mi converto al DeMauro che c'è online, io sfoglio il Devoto Oli, in due modi differenti prima col basso delle pagine, dove si fanno le pieghine per tenere il segno, che personalmente non sopporto, e poi sfogliando dalla cima e seguendo le parole con l'indice, ta-ta-tab-tab-taba-tabe,e mi ripeto mentalmente l'alfabeto come in prima elementare che l'alfabeto è di quelle cose come le tabelline, che ti capita nella vita di dover ripetere qualche volta, così, quando meno te l'aspetti. Che strana, felice, preziosa mattina è questa qua, che si disquisisce di dizionari e tabelline mentre si aveva in mente tutt'altro, ma la regola di oggi è questa qua, ognuno si faccia passare per la testa le cose che vuole, dalle più semplici alle più complicate e astruse, si metta la musica a palla, quella che vuole, l'iPod per non sentire l'aspirapolvere e far volare i pensieri e il cuore e l'anima e anche il sentimento, qualora, via, via, fuori da questa stanza, volate e volate, tempo non c'è per non fare le lagne, le donne medie, lamentarsi non è cool, far le mammole men che meno, coraggio, è un giovedì come tutti gli altri ma straordinario per la sua quieta bellezza, per i baci del mattino, per tutti i mille progetti che girano e girano per la testa. E se mai venisse voglia di fermarsi e di frignarsi addosso, di dirsi, e adesso? di farsi venire quella faccia da trota che si ha tutte le volte che non si trova una soluzione, le trote hanno strane, stupide facce, non le compro mai, mi sanno di sporco e di pesce finto, soprattutto la trota salmonata, che non è trota e non è salmone e sa soltanto quello che non è, e allora, sfoglio sfoglio il mio dizionario, ma un altro, invece, non quello di carta e nemmeno quello on line, c'ho un dizionario speciale, che è mio e mio soltanto, che nessuno vede, trova e può comprare, è il Dizionario dei Se mai, Se Mai, che belle due parole così vicine, Se mai ti sentissi così, colà, di sù e di giù, Se Mai avessi voglia di andar via o di restare, di giocare o di frignare, Se Mai ti sentissi persa o perduta, Se Mai, trova da sola quel che devi fare, basta seguire con l'indice, lo vedi, e se cerchi il Se Mai di oggi, eccolo qui, Se Mai avessi cantato scendendo le scale, e ti fossi sentita bene, sorridente e frizzante e saltellante fin troppo davanti ai figlioli mezzi addormentati, Se Mai avessi improvvisato in cucina la canzone di Ruggeri, la notte delle faaaaaaaaaaaate, ecco, a questo Se Mai puoi solo trovare un unico significato, sarà un bel giovedì, ogni donna ha un paio d'ali, faccende stamane, il knit del pomeriggio, una banale, quieta, normale tranquillità, da prendere e da mettere via, qualora servisse, come ho detto ieri all'Amica del 12, un giorno speciale da tanto che è normale, dove devo firmare per giorni così, ne compro venti, posso abbonarmi, se mai.
tumblr.la douleur exquise.

24 febbraio, 2010

Balsamo.

Il profumo del bagnoschiuma è rimasto sulle scale, credo che ne usi una quantità invereconda, o forse è la sua pelle di pesca che ne trattiene l'aroma per così tanto. A pensarci bene forse è il balsamo, che grande magia per le ragazzine il balsamo che sa di caramella, anche io ne andavo matta, all'età sua, ti fa i capelli di seta e di ammanta di un'aurea di meraviglia, rendendoti perfetta, o almeno così credi, ed è un bel credere, in fondo, basta un pò di balsamo e sei invincibile. La mattina presto ha un odore di buono, qui dentro, di caffè e di cocco, di zaini stracolmi, e di profumo da maschio. Son giorni che vanno avanti male, un pò spinti, puntellati di qui e di là, si devono prendere decisioni, fare cose, riordinarne altre. Vanno avanti a fatica, si reggono appena in piedi, barcollano come ubriachi nel vicolo e vorrei avere il coraggio di cantare una canzonaccia, una volta tanto, da ubriaca, e di dire vaffanculo a tutto il mondo e con licenza, s'intende, che stamane in realtà non è mica una mattina come le altre ma una mattina mondanissima, la Settimana Della Moda a Milano, mica la Sagra delle Frittelle a Roccaraso. E allora si sceglie un look appropriato e consono, si è accantonato il sandalino di velluto senza calza, anche se si è state così tentate, ma così tentate, si deciderà un abitino semplice e glamour, un trucco leggero e una passata di gloss. Oggi, il vaffanculo al mondo lo dico da Milano, vado a giocare un pò e a fare la scema a parlare di niente, di effimero e di vacuo, di assolutamente inutile e così meravigliosamente attraente, vado a vedere le lucine, a bearmi di un mondo finto e totalmente frivolo e infiocchettato, vado che ne ho bisogno, vado che mi sembra il minimo, vado perchè eccheccavolo, ogni tanto ci vuole, vado e basta, e prima di andare, col trucco, il gloss, la borsa giusta e tutto il resto, esagero col balsamo alla caramella, che ti fa sentire a posto e perfetta, profumata e in ordine, coi capelli di seta e il cuore invincibile.

21 febbraio, 2010

La Leggenda del Calicantus.

A prima vista, è un fiorino totalmente insignificante. Anzi, ieri sera se ne parlava, e io a pensarci dicevo, Calicantus, che bel nome, ma non so nemmeno come è fatto. E' color della vaniglia, giallo pallido, budino al creme caramel, di quelli fatti in casa, però, non come la DanetteDanone. E poi ha i rami secchissimi e pochissimi fiori, ma quei pochissimi spandono un profumo meraviglioso, di pulito, di fresco, di ambra anche un pochino. E allora? Da dove arriva tutta questa scienza, se soltanto ieri sera non sapevo nemmeno come fosse? Ebbene, oggi me lo hanno regalato. La mia Amica del Lago, quella col fidanzato storico, quella coi capelli lunghilunghi, quella con cui ho organizzato la mia primissima incursione nella mia Isola, da ragazza, come si dice, nel millenovecentottanta e qualche cosa. Lei, che in realtà era una mia collega, ma dove, noi in quello studio ci eravamo capitate per purissimo caso, con le scarpe da ginnastica e il cerchietto nei capelli, ma quali colleghe, eravamo piuttosto compagne di collegio, impertinenti e insubordinate alle sciure coi tailleur, noi che facevamo le gare di corsa nel corridoio e fotocopiavamo il mondo per stare lì a chiacchierare, e le altre occhialute e già vecchie a trent'anni non ancora, le calze contenitive e lo sgabellino sotto la scrivania, che ci guardavano acide e ci invidiavano da morire, lo so, adesso lo posso dire. Fu lì che nacque lo stile Segretaria di Notaio, e io e lei ci eravamo fatte un giuramento, Mai Diventeremo Segretarie di Notaio, E infatti. Ma in tutto ciò, il calicantus? Il calicantus ha la sua bella fetta di importanza. E la sua bella metafora. Nel senso che, nonostante tu ti senta arida e senza bussola, secca come i rami di questa pianta e senza niente da dare a nessuno, nonostante ci siano volte in cui è così difficile trovare la strada che porta fuori e sapere bene quale sia il tuo posto, beh, nonostante questo hai ancora del profumo da spandere nell'inverno che non finisce mai, hai ancora un colore tenue che può stare così bene in un vaso di vetro trasparente. Il profumo del calicantus è fatto apposta per quelle come te, ti porterà lontano e se lo seguirai ti indicherà la strada, cammina a naso in sù e fatti accompagnare su e giù per colline immaginarie, per deserti e per ghiacciai e trovalo, trova un posto che sia tuo, trova un posto al tuo cuore ballerino e alla tua testa disobbediente. Lo troverai, bambina, sarà sopra una roccia o dietro a un cespuglio e se lo guardi bene, non è un cespuglio qualunque, ma un albero secco e allampanato, e ghiaccio e neve non lo scuotono, ama l'inverno e la terra dura di gelo, è pieno di rami rigidi e lunghi come dita che vogliano arrivare al cielo e li vedi questi fiori color vaniglia, ma vaniglia di budino, è da lì che arrivava il profumo che ti ha portato fin qui. Adesso hai trovato il tuo posto, ed ora che sei qui, e conosci e sai, hai imparato a conoscere, a riconoscere, che questo è il calicantus.

19 febbraio, 2010

Siamo così, è difficile spiegare.

Dolcemente complicate, com'è che faceva? Mi piace sempre tanto questa canzone e mi sono sempre stupita che a scriverla sia stato proprio un uomo. Sono giorni e serate nazional popolari. Nel senso che ci esalta con cose semplicissime, la sera ci si rimbambisce un pochino, appena appena, più per chiacchiere che altro, più per ciaccolare che altro, di regine e di biscotti al cioccolato, di canzoni, mi piace questo qui, mi piace quello là, il principe, poi, lo affogherei proprio. Faccio outing anche io, guardo il polpettone sanremese, con leggerezza, facendo la maglia e col pc sule ginocchia, perchè siamo una quantità, abbiamo un gruppo su quel diavolo d'un Facebook e commentiamo e facciamo le oche, come andare a vederlo in latteria, alla fine, alla televisione in bianco e nero appeso alla parete. Non facciamo male a nessuno, in fondo. Siam strane. Così come siamo strane quando ci imbesuiamo davanti a un pacco che aspettavamo da tanto e che non stava nella casellina della posta da tanto che era ciccione, e per forza, c'erano 6 gomitoli di ambrosia, 6 pepite di lana Noro, come che cos'è, è il top dei top, è il piano attico, è la marca leone, che dire di più. Noi si va in visibilio, si accarezza con religiosa dedizione, prima con le mani e poi con la guancia, si annusa, e già si immaginano una quantità di pattern da eseguire. Un pò come quando è arrivata questa. Non importa di avere un progetto già pronto, la lana si compra così, random, può anche essere che stia lì per qualche tempo, deve uscir fuori al momento giusto, e lei, il momento giusto lo sa. Così, in questo piovoso venerdì, che ci si accinge a cucinare un bianco riso per tutta la famiglia, e a programmare un'altra serata semplice e canterina, popolare e pettegolissima, si sono sparsi i verdi gomitoli sul divano e si sono ammirati per bene, Progetti ancora nessuno, ma felice di averli qui, tutti insieme. Tra lane e canzonette, tra chiacchiere e distintivo, tra manie e innocue occupazioni di tagli e cuci, voilà, il week end è servito.

18 febbraio, 2010

Ode alla Pastiglia Valda.

Le ho ritrovate da poco. E' un articolo prettamente invernale, del quale non si può proprio fare a meno, come il Vicks e la Citrosodina. Cura un pò tutti i mali, dalla tosse al raffreddore, al mal di gola, che non è vero niente, ma ti basta succhiarla un pò per sentirti già meglio. Esistono due scuole di pensiero: c'è chi la consuma singolarmente, una per volta, e chi invece, a due a due. Già la scatola di latta è un must, ne puoi fare collezione, se vuoi, e tenerci i bottoni, i marcapunti, gli spilli, se ne possiedi. Aprire la scatoletta, ruotandola leggermente e sollevandola con grazia è già puro piacere, anzi, il piacere inizia già da prima, quando si sente dal fondo della borsa uno sbatacchiare discreto, che ti fa ricordare che sono lì, Vuoi Una Caramellina? La pastiglia Valda si estrae dalla sua sede con eleganza, a due a due, appunto, perchè quella è l'unità di misura, uno vuol dire due, da mettere insieme e far combaciare la base con millimetrica precisione, ci hai fatto caso, sono fatte a pino, dimmi che non lo sapevi. Essa, la pastiglia, si lascia sciogliere con pazienza, si toglie via tutto lo zucchero e si attende l'esplosione della menta che non tarderà ad arrivare. Mia nonna mi diceva Disinfetta, e in realtà la sensazione è proprio quella, l'aroma deciso di clorofilla e erbe balsamiche si sprigiona con deliziosa sfacciataggine e rende il nostro respiro corroborato, salubre, balsamico, appunto. Non importa se hai il raffreddore o non ce l'hai, la Valda si presta a una quantità di giochini che conoscono tutti, tipo quello di succhiarla un pò e poi mettersela al dito come uno smeraldo, come faceva la mia compagna di banco delle elementari, oppure tracannarci un bicchierone d'acqua subito dopo, per provare quella sensazione di vuoto glaciale che si ha dopo un esperimento come questo. Son cose. Ma la vera magia è quando le pastiglie sono finite e sul fondo della scatola rimane tutto quello zuccherino mentoso, e allora, col dito, si compie una circonferenza tutt'intorno e poi, a piccolissimi, impercettibili colpetti, si raccoglie con l'indice, che si succhierà con grande contegno. Certo, ci vuole allenamento. Da farsi al chiuso, però, e senza spettatori, che simili esercizi in pubblico, signora mia, non è mica tanto elegante sa?

17 febbraio, 2010

Mirtilli e carote.

Mi hanno suggerito di curarmi, di smetterla e che non se ne può più. Così, cerco di curarmi, come posso e come so, in un bel pomeriggio del genere, se si ha a portata di mano una finestra e si è nella parte dell'Italia che è la mia, Basso Piemonte, vediamo se c'è tanto da divertirsi. E che ieri sera, prima di ieri notte, era stato così divertente, una specie di capannello virtuale, siam state lì a ciaccolare come serpi su quel gran polpettone di Sanremo, sì, la più trash delle trasmissioni al mondo, ma con i ferri in mano, che ridere, alla fine, un pò su Facebook un pò su Ravelry, è stato bello, i miei figli mi guardavano e scuotevano il capo, al mio Sposo non gliene importava una beneamata ma è stato educato e rispettoso, persino il Liceale si è detto, Massì, Lo Guardo Anche Io e poi dopo un pò, Ma Che Boiata E'. Cosa c'è di meglio di un progetto nuovo e coloratissimo, approntato ieri sera per la serata canora e messo a punto subito dopo pranzo, nella beata ora che va dalle 14 alle 15, quando in casa ronza solo la lavastoviglie e tutti o quasi i presenti sono in altre questioni assorbiti. Mi è venuta voglia di cappellini ad arancia, a carota e a mirtillo, sempre da dedicare a questo progetto. Ho una quantità di lana morbidissima arancio e viola, la mia copertina è già avviata e le scarpine arriveranno presto. Per le carote non c'è problema, devo solo perfezionarmi sulla forma del mirtillo. Sempre di vitamine si tratta. E se devo proprio curarmi, meglio non c'è che maglia e vitamine.

Scivoli.

E' successo di nuovo, succede ogni tanto, anche se quasi non mi ricordavo nemmeno come e quanto, non mi succedeva da un pò, nemmeno ci pensavo più. Che cos'è. Non lo so. Ma fa male. E' come se tutta l'energia, tutta la forza venisse risucchiata, bevuta via con la cannuccia, un buco in un pallone e tu ti sgonfi e vai giù, giù, ancora più giù del letto, più del pavimento, più della cantina, della terra, del mondo. Vai giù, respiri che non respiri, il cuore ti va in pezzi da quanto batte forte, lo senti, tump! tump!, batte contro lo stomaco, nelle spalle e dentro agli occhi. Scivoli e galleggi, galleggi e scivoli in qualcosa che non sai, che roba è questa, è panico o che cosa, ci si sente così quando stai per svenire, quando sali troppo in alto e hai le vertigini, quando senti l'aria nelle orecchie e una specie di vento dentro, lo senti, il vento, e questo buio, quanto buio che c'è, forse con la luce non succederebbe, ma del buio non hai mai avuto paura, mai, ti sei inventata delle storie bellissime per fartelo amico, il buio. Rastrelli le forze che non trovi, racimoli un coraggio che non hai, dài che adesso passa, non chiami nessuno, non fare la mammola, non è niente e poi li spaventeresti per niente, perchè non è niente, lo vedi, ma è un niente che squassa, uno stato che chi non prova non sa, è solo paura, ma di che cosa poi, è solo ansia, ma ansia di che, è solo che non sai nemmeno che cosa raccontarti, di storie adesso non te ne viene nessuna e questa cosa non ti è amica, no, ti sfida, ti scrolla, ti mette alla prova, forse, chissà, e allora rimani lì, spenta e sgonfia, inanimata eppure scossa, agitata eppure immobile, un pallone bucato, respiri il niente e aspetti, aspetti che passi, non è niente, passerà, ancora un attimo e passerà.
tumblr-la douleur exquise-

16 febbraio, 2010

Sfioritissime rose.

Tema: le rose. Non sono in realtà il mio fiore preferito, l'ur-fiore, per intenderci. A me piacciono gli anemoni, i tulipani e le margherite. Le dalie, anche, con quei loro petali assurdi a punta e nessun profumo. Ma sono fiori fuori moda, nessun giardino ha più le dalie, nemmeno il mio, anche se ci ho provato, ma poi i bulbi sono diventati un gioco saporito per un allora cucciolo di labrador quel che ora è diventata la Signora del Divano. Pur non impazzendoci, le compro. Sempre. I mie pusher di rose sono essenzialmente due, Said e l'Esselunga. Ultimamente mi sa che Said si è lasciato spaventare dal freddo e dalla neve e ne ho perso le tracce. Resta l'Esselunga, ed è una meraviglia osservare che grazia dona al mio carrello stracolmo di ognibendiddio, un mazzo di rose colorate, poggiato lì, con studiata noncuranza. Stamattina le guardavo fisse, a colazione, giusto per non sbattere la testa contro il muro a guardare di fuori, che davvero se uno è un tantino triste gli viene da buttarsi dal balcone, che è tutta la gamma dei grigi, dal perla al topo, persino la mia faccia, che ho visto di sfuggita riflessa sul forno, più perla che topo, almeno quello. Guardavo le rose cercando di convincermi che sarà una bella giornata luminosa, che le cose da fare sono tante e alcune anche piacevoli, gradevolissime nella loro totale inutilità, o frivolezza o cosa diavolo. Oggi non si ha nemmeno il sentimento di inventarsi qualcosa, la gita dei gomitoli è stata rimandata causa maltempo, i fanciulli in età scolare sono a casa per il carnevale e quest'ultima parola basta già a mettermi una tristezza infinita. Restano le rose. Sfioritissime ma ancora bellissime, di un fucsia acceso che abbaglia e che stride col grigio che c'è, sistemate in uno strano vaso dalla forma assurda, le rose sono lì, sul tavolo di cucina, e pilotano i tuoi pensieri dove vogliono loro, cercando di colorarli un pò, sforzandosi di profumarli anche, impresa difficilissima, dato che nemmeno loro in fondo lo sono. Così, inizia una mattina qualunque, che di voglia nessuna e di sentimento nemmeno, che avresti voglia di andare a correre e di scrollarti un pò, e che la vera meraviglia di quest'oggi sarà stirare, forse, parola che rientra anch'essa nell'elenco di quelle che ti fanno tristezza, cercherò di tenermi vicino una rosa colorata, magari funziona, e comunque, be quiet, io il balcone nemmeno ce l'ho.

14 febbraio, 2010

Dimanche, la neige.

Le colazioni della domenica, lassù, nella casa in collina, si fanno un pò quando capita. A multipli di due, sovente, dacchè solo lo Sposo Illustrissimo si sveglia all' alba, e appronta con grazia ingegneristica il desco, lento, tranquillo, senza nessuna fretta. E senza fretta la giornata sarà, se guardi fuori ti vien da dire Ma Dove Vuoi Andare, con questi fiocconi, certo, non si fermerà, ma è tanto bello starla a guardare da qui, facendo colazione in comode rate, ad inventare un nuovo modello di scarpina per la consegna che è ormai prossima, e a capire bene come farlo quel minuscolo fiocco, che coi fiocchi di fuori e i fiocchi di dentro, proprio non ci si capisce. I figlioli dormienti, un'amica della Princi, ospite al pernottamento, ha confermato la sua presenza anche al pranzo domenicale, qualche libro da leggere, un bel niente da fare. Che nevichi pure, ne metta giù tre metri e non se ne parli più, che noi qui, nella casa in collina, c'abbiamo da fare. Coi fiocchi, anche noi.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...