05 novembre, 2009

Tiberio, il coniglio.

Non è mistero, le mie colazioni sono spesso affollate. A parte gli umani che condividono con me la casa in collina, e che sono, diciamo, una discreta quantità, ho una serie di animale e animaletti di varia foggia e dimensione, specie di appartenenza e genere, scelti, come cani e gatti, e imposti dalla natura circostante, e ivi si leggano ragni, cimici, e coccinelle, dacchè in collina siamo e non a Manhattan. Serpenti a sonagli e tarantole ancora no, per fortuna. In realtà, la natura impone anche una serie di deliziosi esserini, pettirossi, uccellini variopinti, gazze ladre e loro, i coniglietti. Ne avevmo adottato uno, tale Tiberio, anni fa, da quando una sera ne stavo per fare un pasticcio di coniglio sotto le ruote della macchina e giuro, non avevo cuore di scendere a vedere cosa fosse successo, e lui se ne stava lì, illuminato dai fari a due millimetri, o forse cinque, non so, e i bambini piangevano dal sedile dietro, Ecco, E' Morto, Mamma, ma non che non è morto, e mi sono sentita una delinquente anche solo per aver rischiato di. Comunque, tutta queta manfrina per dire che Tiberio era vivo e vispo, e da allora, ogni coniglietto che incontro sulla strada di casa è sempre Tiberio, anche se sono passati una decina d'anni, e quello che incontro sarà il bisnipote del bisnipote di Tiberio, ma ha sempre la sua codina bianca a ciuffo e allora come fa a non essere lui. Stamattina, caso raro, ne è entrato uno in giardino. Ha passeggiato un pò sulle foglie del pratino, e guardava dai vetri, non so se me e il mio Sposo a colazione, o se mi è sembrato soltanto, ma insomma, era lì. Lì per lì ho smesso un attimo di respirare, mi veniva da dire Siamo Al Completo, ma avevo un musetto così buffo e quell'espressione da saputello che hanno tutti i coniglietti che mi è venuta voglia di aprirgli la porta. Ma si sa, i coniglietti, sono dei fifoni, ma dei fifoni, e appena mi sono avvicinata se ne è andato a gambe zampe levate, spaventatissimo, forse da me, scarmigliata o dal mio tintinnare di campanelli e ferraglia, la stessa che mi fa stare un buon venti minuti al metal detector degli aeroporti. Tiberio, o chi per esso, si è dissolto nella nebbia a piccoli balzi furtivi, ma spero che mi faccia di nuovo visita, un giorno o l'altro. Per allora, sarò preparata: un velo di gloss e niente braccialetti. AI coniglietti, si sa, il rumore dà noia. E anche agli sceriffi del metal detector. Mi sa che dovrò rivedere la chincaglieria che indosso.

03 novembre, 2009

La luna a cena.

Si era già vista da subito, che quella non sarebbe stata una luna qualunque. Quando si hanno di queste sorprese, quando uno, una cosa non se l'aspetta proprio, è ancora più bello, come è più bello e luminoso il sorriso di chi sorride poco, magguarda, non ci avevo mai pensato. La luna di stasera è una luna speciale, ed è bella, così bella che a guardarla ti ci perdi. E' stata lì per tutto il tempo della cena, noi che la cucina dà di là e non di qua, che di là è più bello e guardi fuori anche a colazione, e la giornata inizia meglio se mentre sbadigli guardi fuori, non importa se il pratino vicino o la collina lontana, l'importante è avere del verde da guardare, e non ti stanchi, non ti stanchi mai anche se il paesaggio è sempre il solito, ma che cambia con le stagioni, così. La luna di stasera guardava il passato di verdura nei nostri piatti a fiori e frutti, la tovaglia bordeaux, i bicchieri diversi perchè così mi piace. E ascoltava, ascoltava. Le cose qualunque che si dicono in una casa qualunque in cima alla collina. Stasera, nessun urlo ha scosso la tavola, càpita sempre più di rado, in realtà, ma anche qui, quando càpita, càpita che merita, ed è lo stesso discorso del sorriso, se ci pensi bene. La luna ha sorriso, per le solite cose dei ragazzi, le battute e le scemenze che mi fanno ridere fino alle lacrime, qualche volta, a dire Che Figli Scemi ma a non volerli mai diversi da quello che sono. La luna era lì, sempre lì, e la vedevo anche da seduta, e alla fine ho dovuto abbassarmi a sfiorare il piatto, Cosa Fai, Guardo la Luna e lei guardava me. Aveva cose da dirmi, cose da luna, pensieri dorati, luminosi come lei. Lei racconta fantastiche storie di stelle comete, di missili e navicelle, di astronauti e satelliti. E storie torbide e desideri, preghiere e sospiri, segreti e magie. E sa che l'adoro e che la guardo sempre, ovunque io sia, e sa che sono contenta stasera, perchè è stato così bello averla accanto per cena. La inviterò, un giorno o l'altro. Ma mi toccherà cambiare menù: il triste e avulso passato di verdura non piace a nessuno, figuriamoci alla luna.

02 novembre, 2009

Ne cambi più tu...

...di Obama! Questo mi disse un attimo fa la mia Amica del Muretto, quella del 12, quella che sa i venti, quella che ci scambiamo il pane e il basilico, quella che abbiamo 8 figli in due, quella che chiacchieriamo delle ore, quella che mi ha insegnato una canzone in sardo, quella che mi scrive con la stilografica verde.

Vero è ben, ho cambiato numero di cellulare e fede abbiate, perciò, chi aveva il mio vecchio presto avrà quello nuovo. Sono solo alla C. Abbiate pietà.
Perchè, Barack, l' affascinantisssssimo Barack, quanti numeri cambierà? Dovrò chiedercelo, a quella del 12
.

E' così che piove.

Piove così e basta. E' un giorno strano di un pò festa e un pò no, Commemorazione dei Defunti, come è scritto sul calendario, il giorno dei morti, si dice così. La Princi a casa da scuola, il Liceale invece no, il Giurisprudente e la Biondina da qualche parte per casa, il JuniorIng già tornato al Politecnico. Si comincia così una settimana che sarà più corta del solito, lo vedi, lunedì è già quasi passato, a colazione si è guardato fuori e si è detto Che Meraviglia per darsi un tono, un bel mix di pioggia e nebbia sul pratino e sui fiori dell'ibisco che non ne vogliono sapere di smettere di sbocciare. Millemilioni di cose da fare, come sempre, e più di sempre, non se ne ha granchè voglia, se ne avrebbe invece di un libro e di una tazza di latte, o di quel thè prezioso che arriva da chissà dove, da bere, certo, soprattutto da annusare, come le rose, come la Coccoina, come i profumi che ti spruzzi in profumeria, questo che buono, questo sa di mela, ma che t'importa, hai sempre il tuo appiccicato addosso, persino sul telefono ne rimane un pò, non avrai esagerato? Piove e piove e basta, nulla c'è da dire, c'è disordine su questo tavolo, e quando lo noto io vuol proprio dire che non è in disordine, di più, ma in questo groviglio di gomitolipennefogliappuntipostitevidenziatoricd
burrocacao pastelli monetine una stringa
matitepile bigliettidellametro libri uncucchiaino l'iPod

ci trovo tutto il mio universo, e ho zero voglia di mettere a posto e allora e perciò senti le gocce sul vetro che rumore che fanno, come che cosa, non senti che piove.

Senza titolo.

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.


Alda Merini

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...