28 maggio, 2009

Summer Knit.

Uno degli ultimi, prima della pausa estiva. Dopo le grandi soddisfazioni dei giorni scorsi, oggi il KnitCafè al BioCafè di Vicolo dell'Erba si tinge di frivolo, di frivolissimo. Certamente si farà ancora una volta il punto della situazia, si raccoglieranno le ultime produzioni di copertine estive e cappellini da passeggio, ma so che sottobanco qualcuna proporrà uno schema di bikini, una borsa da spiaggia, un cappellino per la battigia, persino un pareo traforato del colore delle alghe. Come spiegarlo, le donne del knit sono siffatte, così vanesie, ma così vanesie e vanno in rete alla ricerca dei filati piu' strani e degli schemi piu' cool, che di Susanna proprio non ne vogliono sentir parlare. Noi al Bio si và di Zimmermann. E scusate se è poco.

Quasi estate.

Direi che ci siamo. Quasi. E' quasi estate se fai più fatica a tirar sù i figlioli dal letto, che studiano e studiano, verifiche a raffica, una dietro l'altra, e nezzuna voglia di farle, c'è da aggiungere. Se si và in giro vestiti leggerini, leggerissimi, deliziosi sandalini ultraflat, zeppe da stangona, capri pants, cestine di paglia, occhialone da Croisette, trucco inesistente. Se ci si sofferma davanti alle vetrine di costumi e parei, non molte in verità, ma che fan sognare di crociere e flutti, spiagge immacolate e angurie gelate sotto il solleone, bordi piscina, notti di lune tonde e stelle cadenti. Quasi estate. E i miliardi di cose da fare assumono un altro gusto, un pò con la mente si è già via, ci si concedono piccoli lussi, piccole impercettibili lentezze, cene fresche preparate coi figlioli, chiacchiere in terrazza, piccole cose. Ovvio, i Momenti da Manicomio certo non mancano, come si farebbe se no, e allora si attende la sera tardi, quando hai sparecchiato anche l'ultimissima briciola ed esci fuori nel pratino ad annusare per aria, il gelsomino e le rose, una brezza leggera, una specie di pace estiva, quasi estiva, a onor del vero, che l'ho sempre detto e mi danno della pazza ma ci son sere che da qui, insieme alla menta e all'erba bagnata, si sente anche il profumo del mare.

25 maggio, 2009

La Leggenda dei Pastelli Dimenticati.

Erano tanti. Diversi. Di ogni marca, colore e lunghezza. Qualcuno temperato, altri senza punta, altri ancora mangiucchiati in cima. Alcuni avevano ancora scritto il nome del legittimo proprietario, e da questo si capiva che erano stati i primi pastelli, di un primo astuccio, di un bambino in prima elementare. Vivevano tutti insieme in una scatola di latta viola, di quelle per i documenti, una specie di cassaforte che negli anni aveva contenuto nell'ordine bollette, carte, libretti delle vaccinazioni, contratti, macchinine, vestitini delle bambole, carte dei Pokémon e che adesso era diventata ufficialmente la loro casa. I legittimi proprietari erano dei chiassosi, adorabili bimbetti che bimbetti non erano più e li avevano perciò relegati nella parte più alta della casa, una specie di solaio, dove finivano le cose che non si aveva cuore di buttare. Nessuno li adoperava più. Difficile usare i pastelli all'università, o al liceo. Così, stavano lì, insieme, a farsi buona compagnia. Un giorno, qualcuno volle vederli, parlare con loro, usarne qualcuno, così, giusto perchè non si sentissero inutili. Dopotutto, erano stati comprati con grande solennità, all'inizio di ogni anno scolastico, scelti con cura, regalati a Natale, magari, di quelle scatole complete con dieci rossi e venti blù, di ogni gradazione e tonalità. Aprendo la scatola, si sentiva già profumo di legno, di colla, di temperato, non so, di punte spezzate, di carta assorbente, di cartella, di merendina spiaccicata. Ogni pastello aveva una storia da raccontare, ognuno di un bambino diverso. E quanti disegni, treni, pesci, foglioline e alberi di Natale, e aerei e mari e lune e soli e famiglia, è nata mia sorella, disegna la tua famiglia, e poi hanno fatto il loro padre con le scarpe grosse e me sollevata da terra, come a volare. E poi i cieli, che meraviglia è il cielo disegnato da un bambino e quanti colori, sia il tramonto o le nuvole e il vento perchè sì, i bambini disegnano anche il vento, che i grandi non sanno nemmeno da che parte si inizia. Che grande scoperta i pastelli del solaio. Conservano nei loro ricordi le manine distratte che li hanno usati, temperati, dimenticati e persi. Sono un segno del tempo che passa, dell'asilo che diventa Giurisprudenza, della prima elementare che diventa liceo, dalla festa in terza materna al Conservatorio. Sono passi perduti, fotografie di legno e colore, tutti insieme, che non sai più quale era di chi, ma che non butteresti per niente al mondo e che tieni lì, nella scatola di latta viola. Ascolterò tutte le storie che avrete da raccontare dei miei bambini che bambini non sono più, e che vorrei qualche volta ancora allacciare loro il grembiulino e fare il fiocco nella treccia, e cucire un vestito di carnevale, e aspettarli fuori dalla scuola che arrivino a me con il lavoretto della festa della mamma o di Natale. I Pastelli Dimenticati hanno tenerezza per le mamme nostalgiche e le aspettano, ogni tanto, nei solai di tutte le case del mondo dove c'è stato un bambino, per raccontare e raccontarsi le storie più meravigliose, i disegni e le avventure che li hanno accompagnati e stanno lì, compunti e ordinati, nella scatola di latta, in un'allegra, colorata confusione che profuma di scuola di legno e di tenera, leggera malinconia. Un pochino, soltanto.

23 maggio, 2009

C' è stato...


Questo...
...e questo...
...e questo...
...e questo. E molto, molto altro. Ospedale Sacco, Milano, esterno giorno.
Qui e qui altri dettagli della giornata. Che è stata bella bellissima. Grazie a tutti. Col Cuore, ovvio.

21 maggio, 2009

Run, baby, run.


E' scoppiata questa mania. O meglio, magari è scoppiata da molto e non me ne sono accorta. O è una di quelle follie collettive, che durano non molto ma abbastanza. Da questa parti, è scoppiato il running time. Si corre. Anzi, si corre agli Argini, che è tutta un'altra cosa. Ingredienti per tale scellerata operazione: si scelga con cura l'ora più calda in assoluto, tanto per cominciare. Così, viene meglio. Poi ci s'apparecchi per bene: niente trucco, per forza di cose, cotone centopercento per magliette e affini, scarpetta adatte, candida, ovvio, ma con qualche vezzoso inserto in tinta pastello. Ci si scelga una compagna o un compagno di viaggio, meglio se super allenato. Si sbrighino con solerzia le faccende del mattino e poi, sul mezzogiorno, ci si inerpichi agli Argini del Tanaro, puntualizzo per i non residenti, che lì è il posto giusto. Il Central Park di noialtri, insomma. Colà si troverà ogni genere di avventori, di ogni orientamento politico, di ogni genere, di ogni età, tutti accomunati dalla stessa passione (passione?) per la corsa. In realtà, agli Alessandrini Argini si va per accelerare il processo di rassodamento della chiappa, per la tornitura della gamba atletica, per la sparizione immediata dei due tre chili post panettone che ancora non si sono smaltiti, insieme alla colomba pasquale, dacchè la battigia è sempre più vicina e di arrivare mollicce proprio non ci va. Così, ci si impegna. Io mi sono organizzata. Con abilissima sincronia faccio le mie faccende e colà mi trovo con Afef, a scorrazzare chiacchierando sù e giù per la campagna, passando in tutta scioltezza dal selciato allo sterrato senza fare una piega. In realtà non è che sia convinta, ma Afef ha così insistito e io, che le sono così amica, mi immolo con dedizione e poi, se si deve, si fa. Colà ci si incontra, allora, fan della forma fisica, della scarpetta tecnicissima, dell'iPod con la musica giusta, del contapassi. Mi riconoscerete. Non già perchè ho scritto I Love New York sul sedere. Ma perchè son quella coricata. E coricàti, si sa, la scritta non si vede.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...