31 marzo, 2009

La cura.

Perchè non si può continuare. Senza sosta. Perchè dopo un pò ti fanno male anche gli occhi e il petto, e la testa ti rimbomba e dici che basta, che bisogna fare altro, che non serve a nulla. E anche il tuo cervello vuole altri pensieri, che non siano gli stessi degli ultimi giorni. Così, si cerca di scappare un pò, è difficile ma ci si impegna, questa cosa ha scosso così tanto tutte le famiglie di qui, che è meno di un paese, una borgata, un piccolissimo quartiere, un cortile. Si è fatto il giro del villaggio, due volte, a vedere i fiori nuovi degli altri giardini, gli alberi fioriti. Poi, ci si è accoccolate nell'angolo più angolo del divano, quello più ambito, quello dove si può stare accartocciati o coricati o sghimbesci o dritti, senza muoversi di molto. E poi, si è cercato di impegnare la mente in qualcosa, si è messo duecento punti, forse di più, senza neppure contarli, con la lana viola e grigia regalo di Azzuka per il mio compleanno. Diventerà qualcosa, ancora non so cosa. I pensieri scivolano, si incastrano, si sovrappongono, un magone fisso che non se ne va. E mio figlio grande , questo nuovo figlio che incontro ora, dacchè mai l'ho visto così, e che spero di non trovare mai più nella vita, che mi dice cose che non immaginavo, cose da uomo, da saggio, da disperato, cose che mi fanno essere fiera e onorata di averlo fatto così com'è, io, che ringrazio il Cielo e prego Dio e che vorrei rubare un pò della sua angoscia per alleggerirgli il fardello che sta portando, e proteggerlo dal dolore che sente, lui e i suoi amici, sempre insieme, uniti. Intanto, faccio la maglia, trasformo questo gomitolo in qualcosa che non so, rintanata nell'angolo del divano, e penso ai fiori nuovi dei giardini del villaggio e al vento che ha scosso i rami dei ciliegi e ha fatto un tappeto di petali rosa e bianchi, così Alessandro e Andrea avranno una strada colorata dove passare.

30 marzo, 2009

Piangi.

Piangi. Sono qui, di fronte a te, è un'immagine strana, tu seduto alla tua sedia che abbracci me, in piedi e statica, di marmo e di gesso, tu con la faccia affondata nel mio maglione, dentro alla mia pancia, abbandonato, che singhiozzi e piangi e mi stringi e piangi. Lacrime che si mescolano, le tue e le mie. Che cosa sono le tue lacrime figlio, che cosa sono per me se non punte di spillo conficcate nelle mani, schegge di vetro a trapassarmi il cuore, da parte a parte, lame affilate. Che lacrime sono, disperate e impossibili da asciugare, da cancellare, a dirti, dai, passa, non è niente. Non si può. E’ un grande dolore, per te, sterminato, figlio, e lo è per me, ma il mio fa fatica a contenere il tuo, dolore su dolore, lacrime su lacrime. Che dolore è il tuo, il vostro, di questo gruppo che è nato insieme, nelle case sulla collina, tutte in fila, i giardini ordinati, i ciliegi fioriti, i cespugli gialli, i lampioni. Insieme, a parlare fino a tardi sulle panchine, a far gridare i vicini, le moto, il pallone sul piazzale, gli schiamazzi dei vostri anni intatti e meravigliosi. Tu ora piangi, figlio, e io madre sono di gesso e d’argilla, e ti stringo a me a raccoglierti, potessi farti volare in alto e riprenderti come da piccolo, potessi cullarti cantando piano e toglierti via dagli occhi questa disperazione, scavare come nella sabbia, ripulirti il viso e l’anima da questo strazio e da questo struggimento che mi confonde. E’ un dolore più grande, il tuo, alla tua età ancora non si è abituati a farci i conti, è un dolore più impossibile, più grande del mondo, un dolore rabbioso e ingiusto al quale niente e nessuno può dare sollievo. Ma io ci sono, sono qui figlio, stretta a te, tu stretto a me, lacrime su lacrime, dolore su dolore.

29 marzo, 2009

Senza titolo.

Questo blog rimane zitto e incredulo. Le parole che scriverei qui fanno male ad uscire. E i pensieri che fai fanno male anche se restano lì, se non li trasformi in parole.
Resta poco.
Due ragazzi morti stanotte, gli amici più cari di mio figlio grande, che ha passato la serata con loro e che all'andata era proprio su quell'auto.
La stessa che è finita fuori strada e li ha portati via.
E pensi e pensi, e non ti viene in mente niente e vedi tuo figlio disperato e non sai, non sai mai. Non sai.
Perchè si muore a vent'anni, nessuno lo sa.

28 marzo, 2009

Lo scazzo.

E per una volta, massì. lasciatemelo dire, senza occultarlo con chioccioline e roba del genere, forse, sc@zzo sarebbe stato più elegante, ma non rendeva così bene l'idea. Come a dire, sì, mi girano, eccome, senza un vero motivo, e centomila motivi insieme, i figli, il gatto, questa pioggia novembrina, quelli che attraversano sulle strisce uno per volta, m'è preso secco, mi girano e basta. Lo scazzo è in sè uno stato d'animo che non riesci a definire in altro modo, se non con la parola medesima. Esso ti assale non proprio all'improvviso, magari ti ha dato qualche avvisaglia tempo prima, che so, un paio d'ore, che hai urlato per un niente, ringhiato nel telefono, mandato affan qualcuno, così, che forse non era nemmeno il caso, e poi sei scesa in lavanderia e ti sei detta, fanculo tutti quanti. Che gran signora, che grande dama di compagnia, che gran principessa reale, che altezza serenissima. Ma quale serenissima, sono una iena, giratemi al largo o darò il peggio di me, se ancora non l'ho dato. E poi, non è che è un malessere identificabile, che so, hai mal di testa, ok, sciolgo una pastiglia in un mezzo bicchiere d'acqua, aspetto mezz'oretta e passerà. Col cavolo. Lo scazzo, quello vero, assoluto, inconfondibile, non se ne va nemmeno se piangi cinese, è lì, beffardo, e ti trasforma in una donna assurda, gradevole come la sabbia nel letto. e dai colpa all'influenza che ancora non ti è passata, accidenti a lei, e a questo tempo di m., e a questo week end che non si farà un bel niente, ma il bel niente da schifo, non il bel niente che ti fa stare bene e in pace col mondo. Così, in questo sabato sera che m'impicccherreeeeeeeeeiiiiii, che toh, gurda, c'è una partita alla tv, che piove e piove e all'inferno pure il tempo e il mondo intero, e magari leggo qualcosa, o mi faccio un bagno che mi rilassa, ma troverei qualcosa che non va anche lì, e allora, ok, lasciatemi stare, che scazzata sono e scazzata rimango. Fine.

27 marzo, 2009

Però, che bello.

Di fotografarla intera non ci è venuto in mente. Eravamo troppo emozionate da questa sorpresa. Nessuno aveva pensato al compleanno di Cuore di Maglia, solo Lei, Biancaneve. La torta fatta a cuore, pannaefragola, ci ha mandate tutte in visibilio, e in confusione e fatto venire i lucciconi, anche. E' stato un bel pomeriggio. Ora, ci si appresta ad entrare in questo brodoso week end, pioverà da oggi e per mille e mille giorni, a quanto dicono. Noi ci si curerà un pò della casa, di noi stessi medesimi intrinsechi, dato che la tosse ancora non è passata, si darà bello sfoggio di quanto imparato ieri, è l'entrelac, bellezza, e che te lo dico a fare. Si avrà la famigliola radunata, un compleanno brasiliano da festeggiare questa sera, un altro domenica, e semplici, semplicissime cose, uno sguardo fiero al pratino, alle piante odorose nuove di zecca che il mio Sposo ha piantato apposta per me nei vasi grandi, alle roselline, alle viole del pensiero che è fine stagione ma che hanno dei colori così belli che mettono allegria, così eleganti dietro la staccionata di cui vado così fiera. E qualche leccornia da cucinare, un libro da rileggere, è così bello leggere i libri due volte, è come incontrare un amico che non vedevi da tempo, mette sicurezza, conosci, sai già. Sarà un week end di niente, non è inverno e non è primavera, si dovrà stendere in casa, peccato, i vetri erano puliti, e sul divano servirà una copertina e che bello sarebbe stato una passeggiata a raccogliere viole e rami di pesco. Ma se i disagi questi sono, che piova pure se ne ha tanta voglia, e che ce ne importa a noi.

26 marzo, 2009

Il CdA di CdM.

Non è la festa di nessuno, nessuna celebrazione ufficiale, solo un'idea, una cosa che volevamo fare da un pò, così, tanto per fare. Un Consiglio di Amministrazione in pienissima regola, si viene da ogni dove dell'ormai scomparso triangolo industriale MI-TO-GE, ecco, da Genova non verrà nessuno, ma insomma, non andiamo tanto per il sottile, arriveranno persino dagli USA, e scusate se è poco. Potrei dire che è una merenda, un briefing, un meeting, un brainstorming, un after hour, un optalidon, che ne so. Ciò detto, noi qui oggi ci si trova, a Villa Villacolle, con un giardino ordinatissimo e perfetto, che ci sarà una zerda ( do you know zerda ?) e allora staremo in casa. a guardarlo dai vetri tirati a lucido per l'occasione. Cosa faremo? Beh, tante cose. In primissimus il punto della situazia di Cuore di Maglia, cosa abbiamo fatto e per chi e come e dove e quando e sopra e sotto. Poi, Paola DaMilano ci illuminerà sul ferro circolare, che si dice essere roba da niente ma che toglie il sonno a parecchie di noi. In più, Cristiana riesumerà sua cugina Elizabeth e la accomoderà bell'e imbalsamata sul divano di casa mia. E poi Biancaneve, Afef, Amiche di Provette e Perle, la Free Lance, la Maga del Décou, e guest star from Philly, Clarissa! Noi si fa così. Con abilissime mosse, salti mortali con triplo avvitamento, incastri e puzzle, ci siamo regalate un pomeriggio di stare insieme, il mio Sposo incaricato del recupero figlioli, gli altri Sposi più o meno lo stesso, la cena più o meno già pronta, tutti ai posti di combattimento. Noi galline, a Villa Villacolle, oggi si fa così.

25 marzo, 2009

A che gusto?


Mica così facile da reperire, sa? Non è che l'ho comprato al mercato del lunedì, o nel negozio della sciura Pinuccia, sa? Questi gomitolini qui, non li trova da nessuna parte, nemmeno a cercarli col lanternino. Da Philadelphia arrivano, sissignora. Come che cosa ci faccio? Ma i dischcloths e i washcloths e i marameocloths e tutto quello che mi viene in mente. Ma non sono mica tutti miei! Sono anche delle mie amiche della maglia che insieme a me li hanno ordinati alla mia Clarissa In Fuga. Ben perciò, domani avverrà la distribuzione. Perchè domani? Aspetti e vedrà, accidenti, ma quanto è curiosa da uno a mille?

24 marzo, 2009

Cosa faresti se.

E' il gioco che si fa da sempre. Cosa faresti se. E se che cosa, poi. Se avessi mille milioni di euro, se dovessi lasciare la casa in cinque minuti, se ti lasciassi, se andassi via che non è la stessa cosa. Se. La risposta è che non lo so. Forse cercherei di trovare una strada, così come vorrei che la trovassi tu, se fosse il contrario, ma il contrario di cosa. E allora, se portassi via di qui le cose che mi sono più care no, non ce la farei a trasportare un bel nulla perchè mi porterei via di tutto, compreso te, e allora il gioco non viene, così non vale, si rifà. Se avessi mille milioni di miliardi di euro non lo so, forse mi comprerei una bicicletta di quelle olandesi uguale a quella che mi hanno rubato anni fa. E poi ci penso. E se tutto questo finisse, che farei. Farei che non farei, che mi inventerei delle cose per non sparire anche io, che mi cucirei addosso uno stato d'animo incolore, perchè incolore e insapore e informe e stupido sarebbe tutto quello che rimane qui, e che mi darei forza e vigore ma non saprei da che parte cominciare, e poi mi nasconderei e forse diventerei una brutta persona, acida e cattiva, e vuota e stupida anche io. Farei che non so, che proverei a cercare la formula per respirare ancora e camminare ancora e mangiare ancora e parlare ancora e dormire e svegliarmi, ma serebbe tutto così piatto e opaco e buio che non so nemmeno se lo farei. Che sciocchi pensieri, che sciocche chiacchiere la mattina a colazione, ma davvero non v'è niente di meglio stamattina? Ma sì che c'è, fuori c'è un sole che brilla e noi siamo qui, uguali e diversi da mille anni, che sai le cose che penso prima ancora che mi renda conto che le ho pensate davvero, e io che so di te come sei appena vedo come volti la testa, o ti siedi o ti alzi o sorridi o cammini. Questo gioco non mi piace, non mi è piaciuto mai, ma se avessi dovuto scegliere di farti trovare una lettera d'amore stamattina, sotto la tazza del caffelatte, ebbene, è questa qui. E a Cosa Faresti Se non giochiamoci più, che è meglio.

23 marzo, 2009

Viola.

E' stata lei a dirmelo. Arrivavo trafelata, con mille pacchi in mano, la posta fra i denti, a frugare nella borsa a cercare le chiavi, in ritardo per la cena, tossente (si dice?) e ansimante, dacchè questa specie di influenzacci noiosa ha reso noiosa e debolissima anche me, accidenti mica ho cent'anni eppure, che fatica a fare le scale, a fare le cose, a fare tutto. Ancora non trapasserò, ma insomma, benissimo proprio non sto. Comunque, è stata lei. Io non ci avevo fatto caso, ancora, e devo dire neppure mi è passato per l'anticamera, fa così freddo, ancora, si è cappottàti e sciarpàti, ancora, e per forza, ne abbiamo fatte una tonnellata di sciarpe, quest'inverno, che nemmeno ci ricordiamo bene quante ne abbiamo, qualcuna, forse, la ritroviamo per sbaglio, ah già, avevo fatto anche questa. E' stata lei. Avesse avuto voce, mi avrebbe chiamato, avesse avuto manine mi avrebbe tirato per i vestiti, come nelle favole, a dirmi, Ehi, Sono Qui, MI Vedi O Non Mi Vedi? Alla fine, l'ho vista. le ho viste, perchè erano tante, tantissime, seminascoste dalle foglie secche, ma pettorute e orgogliosissime, qualcuna più chiara, qualcuna più scura, di quel colore che amo incondizionatamente da tutta la vita. La tentazione di coglierle e annusarle e tuffarmici-si-vi, è davvero tanta ma loro stanno bene dove stanno. E poi, a pensarci bene non ho un nemmeno un vasetto adatto per contenerle, hanno un gambo così fragile e tenero. Mia nonna mi ha insegnato a legarle con il filo da cucito, a tenere il gambo lungo e metterci intorno un pò di margheritine, che sono più robuste e fanno il mazzolino più completo. Farò così. Ho giusto un bicchierino da liquore, spaiato e solingo, che arriva da nonsoquale credenza, e le metterò lì. E le ringrazierò. Di avermi detto che, nonostante la tosse e il frescolino, questa volta la primavera è arrivata davvero. Violette preziose.

19 marzo, 2009

Riemergo.


A fatica. Con sforzo sovrumano. E anche perchè mi sono un pò stufata di essere malata, non ci sono tanto abituata. Sono di quelle che non ha mai niente o che fa finta di, che non misuro la febbre perchè tanto è uguale, che dico massì che tra un pò passa. Non sono una piagnona, ecco. Solo, nei giorni scorsi, ho dovuto farlo, non già la piagnona, quanto fermarmi un secondo, abbélla, dove credi di andare con la febbre a 38? Ma non è stata colpa mia. O meglio sì che lo è stata. Ho visto un pò di sole e mi son detta, alè che è ora, via i neri, i grigi, i beigeolini, via le scarpe da pioggia, via calze e calzettini, coraggio, i sandali da questa parte, le magliettine colorate da quest'altra, voi, con l'impermeabilino leggero, andate di qua, e voi là, con i golfinetti di cotone e le peep toe mettetevi lì, accanto alle camiciole d'organza e alle canottierine. Così è stato. E non l'avessi mai fatto. Sarà che ho esagerato, sarà che ho quarantaefischia anni, sarà che son stata imprudente, negligente, spavalda e pure un pò scema a vestirmi di primavera al primissimissimo raggio di sole, fatto sta ed è che mi sono ammalata. Non è un bel vedere. Ho una faccina slavata, gli occhi pesti, obliqui e lacrimosi, una voce da film hard, tossisco, sternutisco e sono bell'e imbambolata. Una delizia, un fiore di campo, un giglio candido. Solo, la mia affettuosa famigliola di tutto ciò tiene ben poco conto. Il mio Sposo sperso nel Mar dei Sargassi, che si diverte a fare lo spot del Tonno Insuperabile, i miei figlioli, adorabili, che mi guardano e dicono Ma Stai Male? giust'appunto perchè non li ho abituati ad avere una mamma che di quando in quando, proprio Eva Kant non è. Si aggiunga l'ancella malata essa pure, insomma direi proprio un bellissimo momento. Sopravviverò, eccome. E corro ai ripari. Positiva all'antidoping, avvolta in una nuvola di Viks Vaporub, vivo di spremutine e rimedi miracolosi, tradizionali, ayurvedici, omeopatici e della medicina cinese, qualche fiore di Bach e un pizzico di feng shui, và, che male non fa. Consegno il mio corpo alla scienza, me ne frego della polvere accumulata in ogni dove e aspetto tempi migliori. E magari, un maglioncino caldo e una bella sciarpa. Il mio sex appeal resterà intatto. A meno che, nel momento, non mi venga da soffiare il naso. Naaaaaaa! Coraggio, voi con la pastiglie Valda, scat-tare!!

17 marzo, 2009

Le amiche.

Ne ho qualcuna. più d'una. Non le conoscenti, di quelle ne ho un migliaio. Di amiche vere, quelle del cuore, quelle che ti chiamano e ti dicono, Ma Dove Sei, che vengono a cena con la torta nella stagnola, quelle che ti dicono Questa Gonna Non Ti sta Bene e hanno ragione, quelle che hanno sempre tempo e voglia di ascoltarti, quelle che ti rispondono anche se mescolano il sugo, quelle che ti aiutano, quelle che ti accompagnano, quelle che ti seguono, ti danno torto se ce l'hai, ti vogliono bene sul serio, e non per finta, quelle che ci sono sempre. Ne ho qualcuna, ho detto. E che siano Afef o Biancaneve, delle Perle o delle Provette, le amiche quelle vere ti chiamano anche per dirti Guarda alla Tv, che c'è un Ballerino Quasi Nudo, così Ti Passa Il Raffreddore. Ne ho qualcuna, ho detto. Le scelgo con cura, è ovvio.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...