27 febbraio, 2009

Gira.

Gira il mondo gira nello spazio senza fine. E' questa la canzone che me lo ricorda, avevo due anni sì e no, eppure me la ricordo, così come il gelato da Rodolfo e le mattonelle bianche e nere del vicolo, l'aiuola di menta e quell'odore di salmastro, il mare era lì così vicino. Gira il mondo gira, girano le cose, la vita, sorrisi e lacrime, abbracci e abbandoni, baci e addii. E' un giorno triste, per la mia famiglia e per me, per la mia bionda zia che ha perso l'amore della sua vita, quello lottato, quello strappato, combattuto, e vinto, da quasi cinquant'anni accanto a lui. E' più di una vita e più di un amore, e noi da fuori, possiamo solo guardare, provare a immaginare. Non sapremo mai. Di quanto amore, di quanta infinita tenerezza, di quanti giorni e ore e minuti sono fatti tutti questi anni insieme. Viene da chiedersi cosa succede adesso, di quale solitudine, di quali lacrime, di quali singhiozzi disperati, silenziosi , di quali sguardi persi e lontani, quali giorni ci saranno e quali sere e quali minestre e quali risvegli e quando e come. Lui, ad ogni battesimo dei miei figli, ad ogni Comunione, ad ogni festa di quelle importanti, i suoi occhiali dorati, la sua borsa da medico, il suo passo da corsia. Lui, ora c'è e tra un attimo non c'è più e tu cerchi e cerchi e non lo trovi, chiami e non risponde, e nessuno di noi ha avuto il tempo di salutarlo per bene, e allora aspetta, prima di andare via, aspetta che ti canto una canzone ...gira il mondo gira nello spazio senza fine...

26 febbraio, 2009

Da avere.

Il libro, non le rose. Perchè anche se sono un pò sfiorite le ho salvate dal secchio dell'umido e le ho messe a bagno. Le rose, non il libro. Perchè è pienissimo di schemi facili e d'effetto. Il libro, non le rose. A me piacciono, in genere, quelle semplici, arancio, bianche, non tanto le rosse. Le rose, non il libro. E poi, ha delle fotografie semplici, un pò retrò. Il libro, non le rose. Ho tagliato il gambo cortissimo e le ho lasciate così, a galleggiare nell'acqua. Le rose, non il libro. Quindi, un bel giro all'edicola più vicina e sarà vostro. Il libro, non le rose. E se poi al ritorno vi imbattete in Said, l'ambulante che sorride, ve le comprate tutt'e due. Il libro e le rose.

24 febbraio, 2009

Odore di casa.

Io e la Princi, sole per qualche giorno. Una vacanza nella vacanza, potrei dire, dacchè i figlioli maschi al gran completo e lo Sposo Illustrissimo si son regalati questo giretto estemporaneo, così, robe da uomini. Noi qui, ci si sciala eccome. E si fanno cose che, con la famiglia tutta, sono di ben difficile attuazione. Per esempio, si può ciondolare sul corso, amiche e bambini di amiche al seguito, a guardare pigramente le vetrine, salutare, fermarsi a chiacchierare. Oppure, un gelato in cremeria, quella che fa la panna montata più buona del pianeta, quella con le seggiole di velluto e i quadri antichi alle pareti, antichi come le sciure che ivi si trovano a bere il thè e ci passano il pomeriggio, a niente, niente, niente fare. La Princi ed io, in questi giorni, ce la spassiamo. E parliamo, parliamo, parliamo e ceniamo senza nemmeno apparecchiare, così, sul divano, e ci inventiamo là per là il programma del giorno dopo. Parliamo, sì. Di scuola e di niente, di Ma Tu Mamma Come Facevi Quando, e Hai Mai Preso Un Due, Mamma? Poi, di botto, Ma Secondo Te, Ma Che Odore Ha La Nostra Casa. Bambina. Questa casa è un'isola, e le isole, di solito, hanno mille odori, mescolano mille profumi tutti insieme, e quel che ne esce è un mix perfetto di aromi che si trova solo lì. Questa casa sa. Di fiori, quelli che compro all'Esselunga nei vasi davanti alle casse, quelli con la carta di plastica che tolgo subito perchè mi fa tristezza. Sa di caffè, al mattino presto, sa di biscotti bruciati, di ragù la domenica mattina, sa di menta quando siete malati e metto le goccine nell'umidificatore e il Vicks a tonnellate a voi, che non ho mai saputo se funziona o no, quel che so è che fa già sentire un pò guariti e coccolati, come la spremuta, che fa di arancia tutta la cucina. Sa di pane, sa di candele a Natale, di formaggio fuso del toast, sa di maglie sudate dopo una partita a calcetto, sa di ammorbidente quando fuori è freddissimo e si stende di sotto, sa di vaniglia quando giro le bacchette di legno nella boccettina sul camino. Sa di lenzuola pulite, di coperte in naftalina a fine ottobre, sa di fritto qualche volta, e tuo padre brontola e spalanca e ci fa gelare perchè proprio non lo regge, eppure, gli dico, in qualche modo dovrò pur friggere! Sa di coccole, di budino al cioccolato, sa del mio profumo che resta un pò sulle scale quando vado via, sa di schiuma da barba il sabato sera e di bagnoschiuma alla ciliegia. Sa di menta, di borotalco,di salvia e di camino, di incenso e di quaderno nuovo. Questo, bambina, è l'odore della tua casa. E lo porterai con te e lo riconoscerai fra milioni di altri, e ogni volta che lo troverai, ci affonderai la faccia per sentirlo meglio. Questa casa è un'isola, ma un'isola speciale che si può portare con sè ovunque si voglia. Farai lo stesso tu, fra mille anni, e porterai un pò di questo odore in una boccettina, nella casa che sarà la tua. E non lo scorderai mai. E poi, se vieni vicina vicina, ti dico ancora tutte le cose che vuoi sapere, e ti racconto mille altre storie, di quella volta che e di quell'altra che, compreso che di due ne ho presi eccome, in matematica, eccome se ne ho presi, ma guai a te, Bambina di Zucchero, ecco, sa anche di zucchero, me l'ero scordato.

20 febbraio, 2009

La camomilla.

Non che mi faccia impazzire il sapore. Ho anche trovato una foto che non mi piace, questa tazza coi girasoli mai e poi mai la comprerei. Solo, di camomilla avevo bisogno. Perchè in realtà, non mi piace il gusto ma tutto quello che la camomilla rappresenta. A cominciare da quando da piccola, aiutavo mia nonna a raccoglierla, spargela sui teli al sole prima e a sgranarla dopo, per conservarla poi, fiori intatti, nal vaso di vetro con tappo dorato che era stato della marmellata. Mi piace il profumo che ha, che si sente per la casa, mica solo in cucina. E poi mi piace il calore della tazza, quello che senti abbracciandola con la mano, e quel rumore che fa il soffiarci sopra per farla raffreddare, credo che la camomilla insieme al brodo di pollo sia la cosa che si raffreddi più lentamente in assoluto. Stasera avevo voglia di camomilla, forse per quel dolore sciocco che ho, non figurato, un dolore vero, non forte ma insistente, proprio qui, al cuore. Non so bene che cosa sia, di sicuro niente di grave, ovvio, ma per me che sono ansiosa, ansiogena, ansioserrima, sembra una cosa terribile. Perciò, ecco la medicina. Ho scaldato l'acqua nel pentolino, mica nel bollitore, perchè il bollitore serve per il thè e la tisana, una camomilla che si rispetti si fa solo nel pentolino, meglio quello un pò ammaccato, quello che mi è rimasto attraverso i mille traslochi e che per niente al mondo mai butterei via. Così, comincia il rito del mescolare e mescolare e soffiare, e assaggiare dal cucchiaino, e mescolare e mescolare, ma cosa mescolo se è senza zucchero. Mescolo perchè mi sembra che salga meglio il profumo, e dentro ci sento tutto quello che ci voglio sentire, è odore di buono e di cose che conosco, e so che mi farà bene e mi farà stare tranquilla e passare tutto, qual che sento e quello che no, e che è vero il sapore non è che mi faccia impazzire, ma la camomilla del pentolino mi guarirà e non è quella col fiore intero che mia nonna passava nel colino, ma un pò ci assomiglia e un pò me la ricorda, e a ben sentire, quel dolore insistente al cuore forse mi sta già passando. Anzi, è passato, di già.

19 febbraio, 2009

Il caos.


...gomitoli, schemi, forbici, giornali, ferri, cappellini, pon pon, bigliettini, fascette, scontrini, appunti, traduzioni, spille, sacchetti, rocche, centimetri, campioni, fili, scarpine, ferri, copertine, cuoricini, cose...
Se da tutto questo nasce questo...allora, vuol dire che va bene.
A tutte, grazie.

18 febbraio, 2009

Le rose bianche.

Di quelle senza pretese. Comprate al volo da un ambulante, che camminava sorridente e abbracciato al suo secchio colorato. Che bello è un viso che sorride in mezzo ai grugni della mattina, signori in grisaglia con l'aria rassegnata, donne con la spesa e le calze coprenti, baby sitter che spingono non convinte preziosi passeggini, fanciulli fuori scuola, chissà perchè, spazzini, nullafacenti, vigili, gente e gente, varia umanità e stessa faccia triste. Così, le ho comprate. Ho sottratto da quel mazzo vivace le rose più discrete, le più belle, ho tirato un pò sul prezzo ma tanto non sono capace a contrattare e poi nemmeno mi va. Ma belle, che sono. Le ho portate a casa trionfante, insieme al pacco della tintoria, alla focaccia per i figlioli, al Giardino dei Finzi-Contini che il Liceale deve leggere in una settimana, e ce l'avevo sì, l'ho letto tre volte, ma vallo a trovare nei meandri di questa casa, forse l'ho prestato e non è più tornato, che brutto quando perdi i libri così, sarebbe meglio dimenticarli in treno o su una panchina e immaginare per loro un viaggio fantastico, molte mani a sfogliarli, invece di saperli per certo ammuffire fermi in una mensola stantia. Le mie rose ora mi guardano, bianche d'avorio dai petali perfetti, profumate, ma pochissimo. Discrete. Le ho sistemate nel vaso bello, quello che se si rompe sbatto la testa contro il muro, quello che non permetto a nessuno di toccare e maneggiare e lavare, solo spolverare con grande, grandissima cura. Lo tocco io e io soltanto, è un regalo del matrimonio, e come, se no, di quegli oggetti che mai e poi mai ti compreresti da sola, ci sono apposta i matrimoni, per questo. Sono semplici rose bianche di un candore che disarma, ho comprato insieme a loro un pò di leggerezza, un'eleganza semplice sul tavolo della cucina, una carezza, impercettibile, se vi si posano gli occhi, e un profumo di bello, di calmo, di buono, che si sente appena, le rose bianche son così, profumate, ma pochissimo.

17 febbraio, 2009

La scorta.

Oh, yesssss,stamattina s'è fatta una giratina. Biella, per cominciare. E un sacco enorme di lana, per finire. Si è attesa l'ora giusta, si è sbrigato qualche faccenda, e con l'Amica delle Perle ci si è avventurate sù per i bricchi, alla ricerca. Comprato molto, ricevuto in dono, anche. Il risvolto gradevole di tutta la questione è che si chiacchiera amabilmente, ci si ferma per la strada a rifocillarsi, si ride come oche giulive perchè nonostante cartelli e navigatore ci si infila non si sa nè perchè, nè percome, in una specie di sentierino strettissimo e senza uscita. Il delirio. La missione si è compiuta con grande professionalità e morigeratezza, compunte e distinte, educate e rispettose. Ora, non resta che fare una tonnellata di gomitoli.E tutto ciò che ne consegue. Si prescrivono gite di tale portata una volta alla settimana, meglio se dopo un periodo immagonato e tristanzuolo. Esse portano una serenità diffusa, una bella pace dell'anima, un bel momento di inimmaginabile tranquillità e svago. Senza avere fretta, preparando teglie da scaldare nel microonde, organizzando con precisione chirurgica figlioli e consorti, senza dare orari, a dire Torno Alle. Si dice Torno Verso Sera. E' così che và il mondo.

15 febbraio, 2009

La mia compagna di banco.


Non l'ho mica riconosciuta subito. Una bella voce squillante, da bimbetta, la sua, quella che ha avuto sempre. Ho fatto un salto sulla sedia, che stavo litigando con un pattern in inglese, ma neanche inglese, in greco antico, mi sa che non ci ho capito una beata e che invece di una scarpetta ci salterà fuori una presina. Mi ha chiamato la mia compagna di banco. Quella che ha fatto con me, prima che andassi via, quattro anni delle superiori, un pò davanti, un pò dietro, spesso alla destra o alla sinistra, i banchi erano da tre, mica da due, e potevi averne anche due di vicine di banco, una cosa furba, un lusso in un certo senso. Ci siamo divertite tanto, abbiamo litigato tanto, abbiamo fatto gite e canti sguaiati e pianti nei cessi, e abbiamo ripassato febbrilmente, ci siamo passate compiti, io la brava di italiano, lei e la Manu le brave di matematica, e bigliettini e scritte sul banco, e assemblee, e scioperi, e giustificazioni e cuori trafitti e cineforum e merende divise e alzate di mano, e discussioni. Mi ha chiamato la mia compagna di banco e mi ha fatto venire un magone che mi piace, e mi sono stupita che non mi abbia chiesto i compiti che ci sono domani. Ha figli lei, ho figli io, è passato un secolo, ma oggi ho sedici anni, ho qualcuno che non mi ha scordato e che non ho scordato mai, e ho un cuore felice che balla e sorride.

14 febbraio, 2009

Gelosissima....



Di quel pacchettino che ho trovato ieri, nella cassetta della posta. Gelosissima di quel cuscinetto meraviglioso che questo donnino qui ha confezionato con le sue mani per la piccolina di casa. Gelosissima lei, la piccolina di casa, del suo cuscinetto personale, che ho anche faticato a toglierlo dalle grinfie, sennò, quel bel nastrino vellutato color viola-di-sentiero, emmarameo che ci rimaneva attaccato. Gelosissima l'altra cagnona, che si è vista arrivare come regalo di Natale, tra capo e collo, questo scricciolo tutto baci e vitalità e dolcezze e frignatine se viene lasciata sola per più di cinque minuti. Gelosissima io del bigliettino in bella grafia, dedicato a lei sola e a lei soltanto. Sob. Ma felice, felicissima, felicerrima che la piccola Tiffy abbia fan in tutta Italia. Quasi quasi faccio un gruppo su Facebook.
E a quel bel donnino di Roma, voglio dire un grazie grosso come una casa, e dirle che la stimo e che so come fa le cose e con che cuore e so che lo sa anche lei e allora va bene.


13 febbraio, 2009

Di meno, anche io.

Origami.

Chi è stato, stanotte, che si è preso la briga di ritagliare e ritagliare laggiù, in fondo, la sagome dalle montagne? Chi è che ha lucidato con lo spruzzino tutto il cielo, senza nemmeno un alone, e con uno straccio adatto che non lascia nemmeno un pelucco? Chi è stato ad appiccicare quella luna trasparente, e queste nuvole innocue, lilline, che meraviglia, soffici a guardarle? Bello. Tempo non c'è per fare le lagne, tempo non c'è per le solite solfe, e dovrei anche esserci abituata, ogni tanto, a dei giorni così, non proprio grigi ma senza colore, che è peggio. Tempo non c'è per le tristerie e i batticuori, ma di quelli che ti fanno stare male, non i batticuori di sorpresa o di emozione, quelli sinistri, che il cuore te lo senti battere anche in testa, e nello stomaco, difficile a spiegarsi. Tempo non c'è, fine della questione. Ci sono cose da fare, le stesse che abbiamo chiuso fuori dalla porta, ieri, ci sono piccole splendide cose da assaporare piano piano, da vivere con tranquillità, e cancellare con la gomma da penna tutte quelle che ti hanno fatto un pò male, che ti hanno resa impossibile, si può essere impossibili, qualche volta, ingestibili, insopportabili, ecco, così. Si cancella per bene, con una forza leggera, tale da far scomparire tutto ma non bucare il foglio, e poi, si soffia, si manda via con la mano quel che resta, quelle bricioline di gomma cancellata, vedi? è andato via tutto. Pronti a riscrivere, a inventare, a stare bene, a guardare le cose, il cielo lucidato, la luna appiccicata, le nuvole lavanda, gli origami laggiù con un sorriso da niente, appena appena, che non si vede ma c'è.

12 febbraio, 2009

Peter Coniglio.


Bastasse il sole. Bastassero le montagne con la neve che si vedono laggiù. Bastasse quella luna bianchissima appiccicata sui palazzi in città, la mattina presto. Non basta niente. Si prosegue così, un passo dopo l'altro, funambola inesperta, trapezista senza rete, scema, per dirla con una parola sola. Infilata in un cunicolo che non porta da nessuna parte, non sbuca in un orto pieno di carote, un coniglio impacciato che non può nascondersi nemmeno dentro l'innaffiatoio come Peter, ma quante volte l'ho raccontata questa storia e a quanti figli, e in quanti viaggi in macchina e in quante sere di antibiotico e sciroppo per la tosse. Ora, vorrei qualcuno che la raccontasse a me. Si galleggia, in una mattina di riorganizzazione pressochè totale, di vicende da sbrigare, e di nessunissima anche lontana ispirazione per portare a termine le cose iniziate. Verrà da sola. Se fossi brava me la disegnerei da me, colorandola con i pastelli e mi scrollerei di dosso questa sensazione che non sopporto e che conosco così bene, cercando il sentiero nell'orto, fra cavoli e patate, e scaverei e scaverei, fino a trovarmi nel giardino del Signor McGregor. La mia giacca rimarrà impigliata nella rete del cancello, avrò perso un bottone e so che prima o poi qualcuno farà di me un pasticcio di coniglio. Ma forse, lo sono già.

11 febbraio, 2009

Paura del vento.

Contro ogni più rosea e lucida previsione. Si stava così bene, da settimane, mesi oramai, e qualche magone e quelche tristeria ma così, così forte no, non più almeno. Si pensava che sì, forse se ne era davvero fuori, forse si era davvero un pò guariti ma guariti da che cosa poi, si crede forse che nessuno al mondo abbia le stesse cose, gli stessi sintomi, gli stessi assurdi pensieri, le stesse ansie e anche di più? E' un giorno di vento. Che mi piace sul mare e che non reggo in città, almeno, non questo, gelido, sferzante, mi piace il venticello di aprile che porta quassù il profumo del mare, dei fiori, dell'erba nuova. Di questo, ne ho paura. Così mi rintano nel luogo più segreto, e progetto e scrivo e lavoro, e il solo pensiero di uscire di casa mi fa rabbrividire, ma mica di freddo. Di quei brividi invisibili, che si hanno soltanto quando non trovi il senso a certe cose, quando ti senti che stai male ma non così male, quando non gira eppure è tutto a posto, quando hai la testa pesante e gli occhi stanchi e la faccia verdina, ma prendi gli antibiotici da una settimana, quello sarà. Questa è una di quelle volte che si catalogano alla voce Magoni, che a descriverli li sai bene, è poi a scacciarli che fai fatica, che hai inventato una quantità di similitudine per spiegarli agli altri, ma li spiegi agli altri per spiegarli a te, e allora i vetri e i chiodi, e questo senso di inadeguato e di imperfetto, e queste colpe che ci si dà ogni tanto, E' Colpa Mia, non puà esser che così. Questo è uno di quei casi in cui è meglio tacere, che è meglio stare immobili ed aspettare che passi, che è meglio andare avanti con ricercata lentezza per la propria strada,e non cercare ad ogni costo di riempirsi la testa con millecinquecento attività, ma fare il minimo che si può, come si può, al meglio che si può, catalogando il tutto alla voce Magoni, e alla fine dar la colpa al vento, che è meglio così.

10 febbraio, 2009

Il muso.

Non c'è un vero motivo per averlo, e di solito non ce l'ho proprio mai, non ci sono abituata a portare il muso, a fare il broncio, a pestare i piedi e a gridare da isterica, non lo facevo nemmeno da bambina, mai, anzi, solo una volta che volevo lo zucchero filato rosa, che lo vedevo per la prima volta e lo volevo e lo volevo e frignavo e insistevo e mio padre mi ha mollato un lordone (do you know lordone ?) che ancora me lo ricordo, proprio davanti al negozio di casalinghi dove adesso c'è una banca, credo, e da allora, ogniqualcolta mi imbatto in un chioschetto di zucchero filato sia esso rosa, bianco o a quadretti, giuro, mi viene da vomitare. Insomma non ho il muso, ma se fossi una da muso oggi lo metterei, lo metterei eccome. E sarei antipatica e insopportabile e nevrastenica e sibilerei dei monosillabi, sarei acida e ingestibile, una m@rda, insomma. Oggi è una giornata così, che mi girano, non so se si può dire, ma in un mondo così, dove mi sento un pò marziana, un pò selvaggia, un pò paracadutata da una galassia lontana, un pò credulona e molto, molto scema, e non so se sono più triste o più arrabbiata o più delusa o più ingenua, ma che ne so, e alla fine non me ne importa un granchè di quello che sono, o meglio io lo so bene come sono, e questo mi basta,e allora, sapete che c'è, muso o non muso, sto caricando un bel vaffa, come dicono i miei figli, e allora e perciò, accomodatevi pure, pensate quel che volete, io continuerò a non capire, io continuerò a fare boh?!, e a restarci male e a chiedermi il perchè, il percome e l'allorquando. E già che ci sono, mi scrivo col pennarello un bel cartellone e me lo attacco al collo, così, CHE NESSUNO MI PARLI. Per tutto il giorno. Facciamo 3 ore. Facciamo un quarto d'ora e non se ne parli più.

Pietà.

...e che il viaggio ti sia lieve, nostra Regina del Silenzio.

08 febbraio, 2009

Un regalo.

Non potevamo esimerci, certo che no. E dico CI siamo in due, perchè è la primissima volta che scrivo un blog a quattro mani. Io e lei, voglio dire. Perchè lei è la precisione e io la confusione, io il delirio, lei la ragione. Qui troverete proprio tutto. I punti, le copertine, le scarpettine e come farle, la lana che ci vuole, le cose che abbiamo già fatto, quelle che faremo e quelle che stiamo facendo. Ora, Cuore di Maglia ha una casa tutta sua. Un bel regalo, a me, a noi. Soprattutto a loro.

07 febbraio, 2009

La pace.

Si vede subito che non è un giorno come gli altri, il sabato. C'è una luce diversa, una specie di profumo di festa imminente, chi lo sa. Anche chi va a scuola oggi lo fa con un altro piglio, sembrano un pò più svegli, a dire, sì, ci vado, ma oggi è sabato ed è tutta un'altra musica. Ed è bello. Mi piace la lentezza del sabato, magari non si farà niente di che nel fine settimana, nè stasera, nè domani, ma forse la magia è proprio questa. Non avere nessun programma e poter decidere, si và di qui, si và di là o ci si impigrisce con eleganza, si organizza una merenda, una cena non impegnativa, una cosa semplice, vengo così come mi trovo, il tubino e le perle li lascio nell'armadio. Oggi la famiglia sarà tutta al grandissimo completo, ci sarà l'andirivieni di sempre, amici di amici, tanto che un censimento non sarebbe una cattiva idea, per ben sapere chi c'è e chi non c'è. Non piove più, almeno per ora, farò una torta e dei dolcetti, la tovaglia a quadretti non si toglie di sabato, e si scrolla e si riapparecchia a seconda dell'ora, se cena o caffè, se merenda o spuntino. E' sabato da queste parti, le ansie della settimana si accantonano per qualche ora, di pensieri agitati e agitanti non se ne vuole, ci si ricarica per bene, si sta in pace con se stessi, col mondo intero, con l'universo cosmico e assoluto, almeno finchè si può, finchè dura, finchè è possibile.

05 febbraio, 2009

Si knitta al Bio.

Sù, sù. Cancellare gli impegni del pomeriggio, che siam lì fino alle 6 e c'è tutto il tempo del mondo. Si passi solo se si ha voglia di chiacchierare, di salutare e fare ciao ciao con la manina alle persone che non si vede da un pò, a quelle che si sono incontrate dopo molto. Si passi se si è curiose di sapere che cosa diavolo si fa, che cosa hanno in mente queste scellerate del Knit Cafè, che diavolo tirano fuori dalle loro borse colorate, che intrigo di fili e ferri, un losco giro di circolari e segnapunti, e trecce e aumenti, e pattern in inglese e in francese, lo sapeva che si impara una quantità inimmaginabile di termini e di cose? E poi, c'è da crederci, si organizzerà un altro giro da qualche parte in cerca di filati nuovi, morbidissimi e colorati. Orsù dunque. Non importa se fai maglia o non la fai, se non distingui un diritto da un rovescio nemmeno a tennis, ben meglio sarà che colà tu ti reca. perchè, com'è d'uopo, noi colà ti si aspetta.
Knit al Bio Cafè
via dell'Erba 12
Alessandria
dalle 15 alle 18

04 febbraio, 2009

No che non dormo.

Non mi succede quasi mai. Di solito dormo di schianto, così e chissà che succede stasera, che è già quasi notte, ma chi lo decide dove finisce la sera e inizia la notte e come e a che ora. Non dormo, e indovino, scalpiccii e movimenti, scricchiolini e rumore di libri sul tavolo, qualcuno che ha dimenticato di fare lo zaino, lo so. Non dormo perchè c'è un cane che abbaia e abbaia così lontano che non saprei dire, non dormo perchè guardo fuori, c'è ancora un pò di neve sui pini, nessuna luce e nessuna luna. Non dormo e non so, e stringo troppo gli occhi e li riapro, intermittenti, non dormo perchè mi batte il cuore forte e non saprei dire quando ha incominciato, non me ne sono mica accorta, solo, ora cerco di calmarlo e di schiacciarlo forte contro il materasso, così almeno smetterà. Non dormo perchè non so se è presto o se è tardi, e affondo la faccia nel cuscino e prendo il respiro da lontano, e cerco di stirarmi addosso un sonno che non ho, cerco di stare immobile il più possibile e non pensare e non ascoltare e non dire e fare proprio un bel niente, e guardo i numerini rossi della sveglia, le pieghe della tenda, l'angolo del soffitto, e penso, che strano che ancora non abbia sonno ma solo pensieri e pensieri, di quelli che vengono poco ma quando vengono ti schiantano e ti fanno pizzicare gli occhi, un pò chiusi un pò aperti, che non so come è meglio. E' notte, più o meno, ho deciso così, e scrivo e scrivo per capire o per confondermi, per trovarmi o per smarrirmi, per addormentarmi o per svegliarmi del tutto, in una notte qualunque, senza sonno, senza luce e senza luna.

03 febbraio, 2009

Regina del Silenzio.


Che strano, complicato aggeggio è la mente. I pensieri, le cose, si arrabattano nel cervello, giocano, si rotolano e si nascondono, fino a venir fuori quando proprio pensavi di non trovarli lì, quando credevi di non averli più o di non averli affatto, o a a dire, ma guarda un pò che cosa vado a pensare. Si parla di lei. Stamattina di più, a decidere,a condannare, a organizzare l'ennesimo viaggio verso il dove. Forse l'ultimo. Non ho pensieri in merito. O meglio sì, ho l'opinione fredda e calcolatrice di chi guarda da lontano, di chi non è coinvolto, se fossi io farei così, se succedesse a chi amo non so. Forse sarei così vigliacca o stolta o stupida o assassina o peccatrice ma non lo siamo tutti in fondo, e allora una giustifica collettiva, è quello che ci vuole, per nasconderci dietro alle opinioni, per dire, fra il tempo e i saldi, cosa faresti se. Lei sorride. Dalle foto che hanno i giornali e i tiggì, lei sorride, di un sorriso impossibile, bianchissimo e felice, che non ha più da molto. Chissà che vede e che sente, chissà che storie racconta e se ha ascoltato quelle che hanno raccontato a lei, chissà se sa. Chissà se sa che al di qua di dove è lei si cerca un posto per farla volare via, più in alto del dove di ora, nel persempre, se il persempre c'è. Non so che farei io, nè giudico nè pontifico nè sentenzio. Solo mi chiedo se. Se davvero lei preferirebbe quel silenzio di ora al silenzio di dopo, se la luce di dopo alla luce di ora. Luce sarà, nel paradiso che ognuno di noi si è disegnato apposta, a suo uso, per sè. Sorridi, Eluana, col tuo nome da fotoromanzo che nessuna madre darà mai alla sua piccola per non ricordare il tuo poco destino. Sorridi, e vola, e guarda giù, chi sceglie per te, chi stacca per te, chi decide per te, regina del sorriso immobile, regina delle storie non ascoltate, regina di luce nella Luce, regina del silenzio.

Ferma.

La vera grande ingiustizia è che quasi mai le cose che devi fare coincidono con le cose che ti piace fare. Resto, così filosofeggiando, solo a rimandare la quantità di incombenze che mi toccano quest'oggi, che ho letto il qualsivoglia quotidiano, nelle millecinquecento sfaccettatura che ha la stessa notizia se letta in 3 testate diverse. Rimando perchè non ne ho voglia. Rimando perchè ho sonno. Rimando perchè non so da che parte cominciare. E potrei stilare una lista di almeno venticinque cose che mi piacerebbero di più, che mi esalterebbero di più, ivi compresa, forse, l'estrazione del dente del giudizio, qualora l'avessi, il giudizio intendo. Ho una casa sottosopra, com'è sottosopra quando i figlioli escono a razzo in ritardissimo, dacchè han pregato in ostrogoto che stanotte mettesse giù quei due metri e mezzo di neve per non andare a scuola e aprire un occhio dal cuscino e realizzare che non si và e allora rigirarsi e crogiolarsi e meglio accomodarsi e avvoltolarsi ancora di più nel piumone che ha il calore di tutta una notte e godere di quella beatitudine perfetta che si prova quando si pensava di alzarsi e invece no. Ecco. Io lì sto. Vestita ma scarmigliata, palliduccia e bruttina, per niente pronta, per niente attenta. E dovrò decidermi che è meglio che mi smuova, che finalmente metta in fila le cose da fare e che hop!, inizi questa giornata e salga finamente sul treno velocissimo che mi porterà ad attraversarla, le cose affastellate sul tavolo, briciole e mail, telefonate e avanzi di cena, statuti e lavatrici. Il treno parte tra un secondo, anzi è già qua e io qui sto, bell'e impalata, che ancora mi chiedo da che parte cominciare.

01 febbraio, 2009

La Sciarpollana.


Personaggi ed interpreti in ordine di apparizione. Una bella domenica sonnacchiosa, oziosissima, non si era detto così? domani non voglio fare un bel niente di niente, ma come si fa. Si prenda un gomitolone di lana, di quelli nuoverrimi comprati sabato scorso. Dei ferri che sono armi improprie, un 15 che si fa più in fretta. Ci si rintani, non viste, in punta di piedi, in piccionaia, lassù lassù, tra il disordine regnante delle cose solo mie e mie soltanto, dove nessuno trova nulla, Hai Un Evidenziatore? Sì, Nello Studiolo, ma nessuno lo trova in questa spumiglia, in questa rivoluzione, in questo, mi lasci dire, casino. Si piazzi una bella musica di sottofondo, appena appena. Di sotto, sotto sotto, un'armata Brancaleone di giovinastri segue compunto la giornata calcistica, amici di amici, fratelli e cugini di amici, figli, com'è ovvio, per forza di cose. La Princi è barricata Essa pure nella sua linda cameretta. Dò così inizio alla mia opera. Si và veloce, la lilla sciarpa cresce e cresce, ogni tanto me la provo, ancora un giro, ancora due, e in poco più di un'ora, voilà, l'opera è compiuta. Servirà, domani, si dice che nevichi quassù. Ben fiera sarò del mio piccolo capolavoro, tutto tempestato di pietre preziose. La Princi se la misura, Che Bella Mami. L'ho chiamata Sciarpollana. "Non è sciarpa, non è collana, sa soltanto quello non è." Noi, di domenica, si fa così.

31 gennaio, 2009

Mai di sabato.

E' un giorno che mi piace. Faccia quel che vuole là fuori, facciano quel che vogliono un pò tutti, là fuori, se c'è qualcuno che ha voglia di dare di matto, prego, che ben s'accomodi, ma che m'importa ammè. Oggi è un giorno da consacrare al nulla, da immolarsi all'ozio assoluto, di lasciarsi andare con elegante rassegnazione alla pigrizia, la più schietta, la più spontanea. Mai di sabato la spesa, dacchè si è fatta ier sera, ottimizzando il tempo e preparandosi una lista di bulgara precisione. Mai di sabato i giri in centro, la posta, le cose. E' un giorno dove un pò ci si può marciare, robe urgenti non ve n'è, e ascoltare un leggero malessere, forse un'influenza fatta dall'impiedi, come si dice, a zonzo per Roma, che stoica che sono, acciaccata ma presente, presentissima, non sono mica una lagna, io, e poi, era già tutto organizzato, che faccio, quella che rovina sempre tutto? Così, la malatina la faccio oggi, un piede dolorante, lo stomaco in subbuglio, la testa che ronza, ci può allungare di stecca sul divano, qualche amica verrà in pellegrinaggio, come, non stai bene? Ma sì che sto bene, solo, è così bello farsi un pò coccolare, una volta ogni tanto, mica sempre, una spremuta senza zucchero, la sciarpa della Princi, quella che sembra fatta coi petardi, da finire, che fa ancora così freddo. E non scordare, alla voce Vitto & Alloggio, una teglia di lasagne, già che ci siamo, che c'è un'ospite a cena e anche a dormire, cosicchè, forse il nientefare non proprio per bene si può praticare. C'è ancora domani, però. Che non è più sabato, certo, ma visto che nessuno verrà a controllare, per far niente o quasi ancora tempo c'è.

30 gennaio, 2009

Triste.




Era un anno strano, di fidanzati, di università, di amiche, di A112, di palestra, di birreria, di BonBonFabrika, di progetti, di sogni, di sbagli, anche, di quelli belli che si fanno a 21 anni, quando fai le peggio e poi ti ricordi solo le cose belle. E questa canzone mi piaceva, l'ho cantata tante volte, la so a memoria,mi è sempre piaciuta, e ancora mi piace.
Suonala ancora,Francesco...

Voilà.

Et voilà. Pesta il giusto, ammaccata il giusto, influenzata il giusto, dolorante il giusto. Come inizio di week end non c'è male, grazie e lei? La sfacchinata si è compiuta, ma che meraviglia di città è sempre quella. Ora, qui, si riprende tutto con calma, shhhhh, parlatemi sottovce e vedete di non contraddirmi nemmeno per sogno. Inizia un fine settimana di cucina compulsiva e maniacale, mi sa che avremo ospiti, fuori farà un freddo che immagino, lo si vede dai vetri. Pensieri accatastati e confusi, disordinati e sparsi, mescolati, frullati insieme. Dai, che è già tardi, che bello che è stato, si sono avuti tredici anni, si è urlato e riso come sceme, cantato, fatto buuuuuuuu!!! e adesso, signora mia, si torna nei ranghi, le perle, gli occhiali da seria, un certo contegno,un certain regard. E pure una specie di influenza, lo stomaco con un criceto sulla ruota, la testa che ronza, sternuti e coccoloni. Confusa? più di sempre, mi sa. Colpa dell'Oki.

27 gennaio, 2009

Noi, si va.

Ebben, si và. Abbiamo avuto i biglietti un pò a sorpresa, noi ci si fa una gita fin laggiù, sarà divertente, non sono mai stata ad uno spettacolo del genere. E' curioso. Una cosa strana. La Princi è felice, io l'accompagno volentieri e tutto sommato, considerando che, alla sua tenera età ha già visto la Cappella Sistina, il Louvre e il Castello di Schoembrunn, e che fischia Mozart mentre si lava i capelli, beh, di certo, male non le può fare. Abbiamo anche un fucsia cartello, con una viola scritta, EMMA C'E'. E ci sono anche io.

26 gennaio, 2009

La fata Turchina.

Ma che razza di giornata sarà mai, che razza di week end confuso e teso, bello, certo, si era tutti insieme, ma come un pò ammaccato, come la mela nel cesto, velato, da pensieri striscianti, nervosismi impercettibili, che ci si è adoperati tanto per nasconderli, ma che c'erano, eccome se c'erano, e che sono anche sfociati in urla, a tratti, prendendosela con questa o quella cosa banalissima. E' una vecchia tecnica, a volte funziona: si passa una mano di vernice sulle preoccupazioni, sui problemi così grandi, ma così grandi che non trovano spazio su uno stupido blog, e si fa di tutto per colorarli un pochino e galleggiare, per renderli più leggeri e un pò dimenticarsene, fare finta che non esistano, solo per un pò. Li accantoni, fai la scema, fai cose e cose, ma poi eccoti lì, in pigiama, seduta al bordo del letto, a guardare il dovunque, come schiacciata, a non sapere come e dove. E no che non è tutto un giardino di rose, gigli e pettirossi, no che non è la casa fatata degli elfi e degli gnomi, e no che non è tutto zucchero e miele e melassa e dolcetti. Saranno giorni pesanti e preoccupati, e avrò un peso sul cuore come da un pò non sentivo, e avrò da volteggiare e saltellare, squittire e canticchiare, perchè solo così galleggio, solo così non mi lascio andare, perchè "mi sono insegnata" a così fare per trovare la strada, io, fata Turchina di gomitoli e rose.

25 gennaio, 2009

Il bottino.

...che da sè si commenta. Sul fondo, in bella mostra, si possono notare le rocche per Cuore di Maglia, purissima e morbidissima lana dai tenui colori pastello. Ce n'è a sufficienza per una decina di coperte e, con le rocche troppe smilze, scarpine a volontà. In primissimo piano una lana violarosa che è di mia proprietà e che utilizzerò per ultimare la PrinciCoperta. E poi, lanone giganti, a treccioline e a coriandoli, ancora senza un progetto preciso, ma così belle da guardare e da pastrugnare ( do you know pastrugnare?). Domenica di ozio assoluto quassù, di svogliatezza e niente fare, di qualche progetto, un accenno di mal di gola, ma piuccheperfetta dovrò essere verso sera, invitata che son alla Magione in Campagna per una specie di cenamerendacena. Dovrò studiare la mise: pigiama palazzo, capo coperto e mezzo guanto. La mia Amica delle Provette, si sa, è una tipa aristocratica. Vorrò mica fare la figura della cioccolataia?

Di ogni.

Beh, sì. Forse ci siamo un pò fatte prendere la mano. Ma in fondo, che male c'è? Noi qui, un sabato a caso, ci si accorda con carbonara precisione, allora, ci si trova là, a quell'ora precisa, tu prepara un itinerario, tu porta la cassa (!), tu vieni e basta. Si lasciano a casa figliolini febbricitanti, un 37 e 2, mica 41 con convulsione, si preparano polpette per un reggimento, si organizza la restante parte di famiglia fin nel più piccolo dettaglio. E si parte. Un pò gita scolastica un pò viaggio d'affari. L'approvvigionamento della lana per Cuore di Maglia si fa così, in un sabato brumoso di nevettina invisibile, nuvoloni, lavori in corso, rotonde che prima non c'erano e adesso invece sì, che anche Narciso, Navigatore Preciso, và in confusione. Quel che viene dopo è pura delizia. Mica per niente si chiama Wool & Biscuits, per la dolcezza che vi si trova e non solo, lo ben s'intenda, per i biscotti. Il nostro itinerario comprendeva un numero imprecisato di filature, quelle che conosciamo bene, il biscottificio che, prontivia, si trova lì nelle vicinanze e poi, spingersi fino a Carate Brianza, in quel Paese dei Balocchi che si chiama UnFiloDi. E se fino a quel momento siam state morigerate e attente, calcolando con maniaca attenzione prezzi e rese, conversioni e yards, lì, va detto, abbiamo proprio perso la testa. Acquistati gomitoli di microfibra, sete e broccati, lane uruguayane e giapponesi, disquisito con saccenza di circolari e segnapunti, di angore, merinos, e cotoni naturali. Una festa. la squisitezza di Luisa e della sua ancella, che ci hanno proprio aspettato, dacchè arrivavamo da così lontano, e accudito e accompagnato, e consolato, anche, dopo che la vicina di casa ha preso la scrivente a latrati e ululati, per un parcheggio di un millimetro troppo in là. Giornata memorabile. Anche perchè, non paghe, abbiamo ben pensato di fare una puntatina da ZaraHome, una ciotolina, una tovaglina etnica, qualche appendino sberluccicante, perchè mai farselo mancare? Alla fine, proprio non abbiamo resistito, immortalando il nostro bottino appena prima di riedere verso casa. Ora, non resta che mettersi al lavoro, e di finirlo in fretta, tutto 'sto bendiddio. Per ben presto organizzare un altro Wool & Biscuits, c'è da dirlo?

23 gennaio, 2009

Popcorn e pettirossi.

Giusto per non farsi mancare un bel nulla, lassù, nella casa in collina, si è anche pensato, ma perchè no, già che ci siamo, sfamiamo anche la colonia dei pettirossi che abita da mesi ormai il ciliegio del giardino e forse anche il pioppo laggiù. Si sa, il pettirosso, Federico fu il primo della stirpe, è un grazioso uccellino dal petto amaranto, che cinguetta con grazia, che non si fa più impensierire dai gatti di casa, sebbene il suo modo di porsi sia sempre guardingo e molto prudente. Si sa che il pettirosso zampetta con leggiadria sul terrazzo, muove il buffo capino e a volte sembra propio che guardi dentro, attraverso i vetri, e chieda, Beh? Stamattina Ancora Nulla? Si sa anche che il pettirosso è voracissimo, mangia con forte appettito, c'ha lo sbrano, per dirla tutta, ad ogni ora del giorno. Per mantenere il suo mantello di quel bel color rubino, un bordeaux Gucci, via, ho trovato nel negozio di animali una specie di becchime apposito, rosso, appunto, che cade giusto giusto a fagiuolo, cibo specifico per questi esserini glamour. Ma quale non fu la mia sorpresa, giorni addietro, nel constatare che, nella nostra fornitissima dispensa, per umani, animali e alieni, qualora, il suddetto mangime era terminato. Cosicchè, ingegnata che mi fui, un barlume si accese: con il rapido e preciso aiuto dell' Illustre Sposo, ho messo a punto una reticella colma colma di popcorn, recuperati da un sacchetto semiaperto, abbandonato nei meandri di uno scaffale, dietro ai succhi di frutta e alla cioccolata in tazza, aperto da chissà chi e da chissà quanto, un pò, a giudicare dalla consistenza, gommosa e schifosetta, dei suddetti. Ben perciò, mi sono detta, per gli umani schizzinosi il popcorn mi va croccante, non già molliccio. Che male c'è a regalarlo agli uccellini? Loro, hanno gradito. Non so se il loro personal trainer sarà tanto d'accordo: in effetti ho visto qualcuno di loro leggermente appesantito, ma non andiamo tanto per il sottile: una bella volata nel sole, quando arriverà, e tutto verrà smaltito. Per ora, che divòrino i popcorn e vivano ben pasciuti, felici e cicciardi. Villa Villacolle, Allevamento Pettirossi Giganti. Beh, potrei farne un bisnes. :-)

22 gennaio, 2009

Io ringrazio.

Da dove cominciare non lo so, ma so che non dimenticherò nessuno, anche se i grazie da dire sono tanti, ed è una parola che ho imparato presto e insegnato, anche, che di grazie se non se ne dicono mai abbastanza, e che è una parola così bella e così facile e veloce, grazie, detto bene, con la mia z un pò romagnola, grazie, così, un pò slittata, come la r tonda che ho ma che non me ne sono mai accorta finchè non sono arrivati i miei figli a parlare come me, e la mia Amica delle Parole, moglie a quell'Artista, che me lo ha fatto notare, che strana z e che strana r, ma pensa un pò. Grazie. A tutte le cose che ho letto sulla mia posta e anche qui e che ho sentito, al telefono o dal vivo, grazie, davvero. Grazie. Alle mie Amiche, che mi hanno seguito e assecondato e che sì, è vero, gliel'ho detto tante volte, ma come glielo, se sono tante si dice ho detto loro ma non importa, non correggo e andrà bene anche così, con qualche errore, cosa importa, che gliel'ho detto tante volte che senza di loro, le storiche, questa cosa qui non sarebbe incominciata, o meglio, forse sì, ma come avrei fatto ad andare avanti e fare le cose, e come avrei fatto a farmi conoscere, in tutta Italia, da Bologna a Cuneo, da Torino a Firenze, a Roma, e come avrebbero fatto ad arrivare le coperte da Boston e dall'Olanda e da Philadelphia, quelle che Clarissa in Fuga ci porterà a febbraio, come avrei fatto, come farei se no? Grazie. Alle dottoresse degli Ospedali, alle infermiere, alle caposala, a quel papà che ieri accarezzava il suo bambino con le mani infilate nell'incubatrice, grazie, grazie di permetterci, di permettermi di fare qualcosa di buono, di buonissimo, di più grande di me, che non credevo diventasse così grande e così bello, proprio io, che so fare così poco e che sono sempre stata oca e vanesia e ribelle e un pò fuori e un pò scema, grazie, grazie di pensare che anche dalle oche e dalle sceme viene fuori una rosa profumata e un giglio candido, grazie delle cose belle che dite, grazie di amare le cose che faccio, sopratutto questa, grazie del tempo che passate sulle Fragole, grazie di cercare lana ed Ospedali e contatti, e grazie, di essere così come siete, di starmi vicino, di stare con me, e grazie, e grazie, ma adesso, che mi vengono i lucciconi e che sono una mammola, ben meglio sarà che mi soffi il naso e che vada ad apparecchiare e a imbastire un pranzo, dacchè riedono tra poco i miei bambini, che minimo sono un metro e quaranta e che massimo un metro e settantasette, e che sono belli come i gigli e le rose, e che poi oggi, anche voi, oggi c'è il primo Knit del duemilanove e vi aspetto, colà vi si aspetta, come dico sempre io, al BioCafè di Vicolo dell'Erba dalle 3 in avanti, e che è vero che è il primo del duemilanove ma che mai, mai, Knit Cafè sarà più bello e più atteso di questo e allora, grazie, grazie davvero e grazie di tutto, col cuore, davvero.

21 gennaio, 2009

E dire che.


E dire che non era previsto. O meglio, sì, Cristiana ed io avevamo questo appuntamento da un pò, lo aspettavamo, e non sappiamo mai bene se siamo noi a trovare loro o loro a trovare noi, loro a mettersi sul nostro cammino. E dire che erano giorni che programmavo, il ghiaccio, la nebbia, speriamo che non nevichi, devo vedere la mia Amica del Mare, ma non del mare di adesso, di quello di prima, non la vedo da secoli, che bello sarà ritrovarla. E dire che sì, avevo voglia di un giorno così, di questa trasferta nella città che è stata la mia per tanto tempo e dove mi piace sempre tornare, un giro di shopping, mia mamma, le amiche mai perse. Clinica Universitaria del ospedale Sant'Anna di Torino, ho uno strano magone, è proprio qui che sono nati i miei due maschi, e questa scala me la ricordo bene, e quella scritta, e la vetrata invece, no che non c'era. E dire che questo Cuore di Maglia era nato così in sordina, sì, va bene, mi piacciono i bambini e mi piace fare a maglia, che male c'è a mettere insieme le due cose? E dire che ci hanno accolto così bene, e abbiamo lasciato anche qualche copertina già pronta e le scarpine da ballerina e quelle a topo, che alle dottoresse sono piaciute così tanto. E dire che credevo di essere coraggiosa, quando ci hanno detto, Volete Visitare la Terapia Intensiva? ho detto SìCertoComeNo. Poi. Mi sono infilata in quello scafandro verdino, chi mi scalfirà così protetta. Li ho visti. Sono entrata in un mondo di silenzio. Di bisbigli. Di penombra. Di sorrisi. Di occhi chiusi. Di tenerezza. Di respiri impercettibili. Di tubicini. Di culle termiche. Di lucine verdi. Di battiti amplificati. Di bambini. Di speranza. Di lotta. Di vita. Li guardavo. Manine minuscole, piedini da indovinare, boccucce disegnate da una bambina distratta, testoline nascoste, corpicini cortissimi, infagottati, accoccolati in un guscio morbido che li scalda, che li fa ricordare quello che hanno perso troppo presto, così ha detto l'infermiera. Li guardo. Cammino come in punta di piedi, una marziana in un mondo fantastico, di folletti, di bambini dormienti senza sonno, abbracciati da un amore che non si può dire, tanto è grande e sconfinato, amati anche da me, che non sono nessuno, che li vedo ora per la prima volta e già li amo di un amore tenero e improvviso, tutti. Li guardo. E so che farò, che faremo per loro una quantità di cuffiette e scarpine e copertine, che li faranno sentire così caldi e così amati, e daranno loro la forza di lottare, ancora e ancora, per crescere sani e forti, e grandi e andare a scuola, a giocare a pallone e guardare i cartoni alla Tv. E dire che non era previsto. E dire che non lo sapevo. E dire che credevo di essere così forte. E dire che adesso so per certo che questo Cuore di Maglia, no che non è nato per caso. Proprio no.

19 gennaio, 2009

Dentro l'ostrica.

Ci si trova dentro all'ostrica all'improvviso. Appena lasciati gli ultimi palazzi della città e imboccato il ponte. Dove siamo, mi chiedo. La strada che si compie ogni giorno quattrovolte almeno, e sù e giù, ad un tratto sparisce e si viene ighiottiti da una specie di enorme, inimmaginabile ostrica gigante. Il fiume è scomparso, eppure era lì anche stamattina, com'era quella storia delle anatre, che andavano al fiume a nuotare e poi una notte il fiume è gelato e loro sono volate via, portando il fiume con sè, e adesso quel fiume è da qualche parte in Arkansas. Insomma, non c'è. Al suo posto, una strana caligine grigiastra, non bella soffice come la nebbia, di un colore di seppia, indefinito, biancogrigio, grigiobianco, chi lo sa. Color ostrica, ecco, mi sembra calzante. Ci si infila in quel tunnel di sfumature, non si vede un bel nulla, e la strada la fai perchè la sai a memoria. Dentro l'ostrica si cammina, non si guardano neppure le vetrine, anche i rumori arrivano come da lontano, e in macchina è pure peggio, ci si sente atronauti, marziani improvvisati, extraterrestri di un mondo conosciuto. Non bella a vedersi, non bella a viversi,dentro l'ostrica si sta come rattrappiti, prigionieri, relegati: il grigio che c'è qui è pesante e difficile, e devi andare in fretta a casa, rintanarti al caldo delle cose tue, chiudere la neve sporca e la nebbia e le pozzanghere fuori dalla porta a doppia mandata e farti un thè al mandarino per scaldarti un pò, e non darla vinta allo sporco e all'opaco, al nero e alla fuliggine, e mai sia che intacchi il lucido perfetto di un cuore semplice che sogna.

18 gennaio, 2009

Sunday dishcloths.

L'avevo detto, mi è presa secca. Sono così colorati, così nuovi, così belli, così strani, così veloci da fare, così assolutamente innovativi, così particolari, così morbidi, così, così, così, che è una vera delizia farli. Anche perchè, della tonnellata che avevo fatto le scorse settimane non me ne è rimasto nemmeno uno. E regàlane uno a questo, e andiamo a cena e ne porto uno a Palazzo, e che bello, ne voglio uno anche io, e io allora? e anche io, insomma, questi due sono miei, anzi, stasera li uso pure, così nessuno avrà il coraggio di chiedermeli in dono. Prossimamente, il disegno di stella e di farfalla e di mela, quest'ultimo già con successo sperimentato dalla mia Amica delle Perle. E, ancor più prossimamente, la faccia di Obama. Finalmente, dopo tanto knittare, anche io possiedo i miei due bravi dishcloth. Ma ben so che ho amiche così sfacciate, ma così sfacciate, che avranno anche il coraggio di chiedermi questi due, sebbene usati, sebbene bagnati, sebbene consunti. Fedifraghe. Fotografe. Sciagurate. Non vi conoscessi.

Pigra domenica.

Già l'immagine la dice lunga. Nessun rumore, da tempo ormai, lassù nella casa in collina. Che si è fatto tardi, la notte scorsa, che non si ha voglia di uscire al freddo e al gelo, anche se nessuno è ancora uscito di qua, si guarda fuori e si pensa "farà un freddo..." ma nessuno che vuole saperlo conn precisione. Silente è tutto qui intorno, i figlioli dormono, i più grandi rientrati alla casa paterna che era giorno fatto o giù di lì, gli altri svegli, che svegli è una parola grossa, leggono, si rinfilano sotto le coperte, che grande lusso è svegliarsi e poi tornare a dormire, che grande, grandissima ricchezza poter dire Dormo Fin Quando Mi Pare, sto in pigiama fino a domani, che m'importerà mai. La scrivente ancora non ha la poesia necessaria di pensare al pranzo domenicale, dacchè il desco è ancora ingombro di tazze e biscotti e di quella torta straordinaria che ha fatto ieri la felicità del suo Sposo Amatissimo. Si dipana così, una domenica d'inverno, coperte a mucchio sui divani, che cosa fai, colazione o pranzo, oggi mi guardo un bel film, si sente da sopra un friccicolio di doccia, significa allora che qualcuno si è svegliato.

14 gennaio, 2009

Fatti a cuore?

Non me lo dovevano fare. Pure fatti a cuore. Adoro questa forma, e proprio oggi, gironzolando peril sito di Susan B. Anderson, li ho trovati. Questi dishcloths, che tolgono il sonno a parecchie delle mie Amiche, sono a mio parere,meravigliosi. Perciò, a parte la seratona che m'attende questa sera, ossì, esco, signora mia, e non faccia la sua faccia da vongola curiosa, esco con la mia bambina e raggiungiamo in calesse nientemeno che Milano, essì, Mi-la-no! ben dicevo, a parte questa sera, che sarò impegnata in altre vicende, da domani sera mi ci dedico con grande enfasi. Devo altresì aggiungere che le mie ricerche del cotone più adatto si sono così concluse: se proprio non si può o non si vuole acquistare dal sito, il famigerato Peaches & Creme Kitchen Cotton lo si può agevolente sostituire con un altro tipo di cotone italianissimo, della Filatura di Crosa, per esempio, a nome Porto Cervo, spesso il giusto e di ottima resa, lavorato, lo ben si badi, con il ferro n.5. Più stretto è il lavoro, maggiore sarà la magnificenza di tale orpello. E adesso, mi scusi tanto sa, ma devo prepararmi per la serata, nessun aperitivo ai Navigli, nessuna cena da Nobu, nessunissimo after hour. Io mi becco il Musical. Per la PrincidelleNuvole, ma cosa non si fa.

13 gennaio, 2009

Ode al Mikado.

Me lo hanno fatto scoprire i miei figli. O meglio, riscoprire. Ci sono da tempo immemore, è vero, cambiano la scatola ogni tanto ma il concetto rimane sempre lo stesso: piccolo peccato, grande soddisfazione, così dice il saggio. Loro ne fanno un uso scellerato, io ne compro a tonnellate, com'è ovvio che sia. E' per loro la merenda del mattino, a scuola, non tanto per questioni di calorie e di golosità, piuttosto perchè, con la loro scatola snella, riescono anche ad essere lanciati dalla finestra, nelle gelide mattine di gennaio, qualora si fossero dimenticati di prenderla, eppure gliel'avevo messa lì sul tavolo, e baci e baci, sono usciti belli e imbambolati e l'hanno lasciata qui, e dire che hanno il tema alle prime due ore, che farà il Liceale, riuscirà ad inanellare la sequenza soggetto-predicato-complemento, o si addormenterà di stecco sul foglio? I Mikado hanno la leadership per ciò che concerne il settore Peccati Veniali. Se ne possono assaggiare due, quattro o sei, sempre in numero pari, chè mai sia che si gusta un Mikado solingo e attonito, che allora sì che si sconfina nel settore Peccato Mortale e direi che, coi tempi che corrono, proprio non è il caso. Si addenta con delicatezza, sorreggendone la fine con l'indice, piccoli morsi di purissimo fondente, che appena appena si sente il sottofondo il crickk crikk del bastoncino di biscotto, esile ed elegante nella sua indispensabile funzione di rimandare alla memoria il primitivo gusto di pane e cioccolata. Con un quindicesimo delle calorie, però. Grandissimi protagonisti del caffè in cucina al pomeriggio, due soltanto, da usare come cucchiaino per al massimo due giri, appena appena, per dare il tempo di sciogliersi un'impercettibile quantità di cioccolato. Qualcuno narra di aver veduto baffi di cioccolata fusa ai bordi della tazza: SACRILEGIO! Essi si leveranno con disinvoltura, con abile e furtiva mossa, da lingua di formichiere, per intenderci, che una signora non sta mica bene, lì, a ripulire con la lingua il bordo della tazza, anche se tutto ciò si compie nella tranquillità della sua umile magione. I Mikado, dalla scatola, ammiccano e comprendono. Soddisfano l'improvvisa voglia di cioccolata senza far danni, che già se ne sono compiuti più d'uno nelle ultime festività, ottemperano al desiderio di trasgressione innocentissima, con il benestare di Chiappe & Affini. Così dice il saggio.

12 gennaio, 2009

La neve colorata.

E' un disegno lieve. Di quelli che i bambini fanno quando un pò si annoiano, eppure era un compito delle vacanze, disegna il Natale, la neve, l'inverno. Non è mica tanto facile. Io avrei fatto un albero verde, un pino gigante, senza disegnarlo prima, solo col pastello, così. E sotto, tanti pacchetti coi nastri d'oro, un orsacchiotto seduto di sghimbescio, col fiocco al collo, forse un monopattino. Lei, no. Lei ha disegnato la neve. Lei ha fatto una stella grande al centro. Una stella di ghiaccio, sembra, e bianca e un pò azzurrina, perfetta nella sua imprecisione, mai vista una stella con 8 punte, esiste solo per Lei. E poi fiocchi, tanti, fiocchi e stelline vere, di quelle che fai senza mai togliere la matita dal foglio, gliel'ho insegnato io, era piccolissima, un pomeriggio di pioggia, mentre i suoi fratelli alle elementari facevano i compiti e così anche Lei. Com'è il tuo mondo, bambina di zucchero, dove si mescolano senza ordine Piccole Donne e Msn, l'astuccio all'uncinetto e la ricerca su Wikipedia, mica con l'enciclopedia a volumi grossi, da prendere con la sedia sullo scaffale più alto del salone, da sfogliare con religiosa attenziosa, che guai a rovinarla. Come sono i tuoi pensieri, che ieri sera piangevi un pochino sul divano, Non So Perchè Mamma, e io lì a cercare le parole giuste, succede, bambina, che da bambina diventi grande, ogni giorno un pezzettino, ogni giorno un pò di più. Io non so che cose vedono i tuoi occhi di bosco e di lago, ma so le cose che ti racconto, le canzoni che ti insegno e le poesie, so quello che vorrei per te e che è così inutile, perchè sarai tu che sceglierai, ogni volta. Io non so che cosa senti in questi giorni di cammino verso un mondo più grande e complicato, ma forse, si capisce dai disegni e da quello che ci scrivi accanto, vicino alla firma : Nel mio mondo cade neve colorata. Adesso, io so, bambina.

10 gennaio, 2009

Ma cos'è questo Feisbuc.


Opinioni contrastanti a riguardo. Proprio ieri a disquisirne, lassù, nella Casa in Canavese, dagli amiciamici, quelli dei secoli, dove anche la sabbietta del gatto sarebbe di design, qualora possedessero un gatto, dove si chiacchiera fino a tardi e non si vorrebbe mai venire via, dove si parla di immane sciocchezze e delle cose più intime, così, mescolati con noncuranza. In realtà ieri, la figliolanza mia al completo, che è già un bel contare, la figliolanza loro al completo, laddove per figliolanza si intenda pure la Promessa al Principe della Tuta, si aveva più l'aria di un pub, o di una mensa scolastica, o di un collegio, una colonia, una roba così. Il Giurisprudente senza la sua Biondina LisciaLiscia, che i boccoli ahimè, se li piastra che è un piacere, il Liceale con ancora il dubbio che Donna Prassede sia una rockstar, la Princi felice e beata com'è nel suo stile di fanciulla d'oro e d'argento. Un bel quadretto. Pure di Fb si parlò. Troppo grandi per entrarvici? Ci si entra per il solo scopo del rimorchio ad oltranza? Alla ricerca di vecchi fidanzati, amanti perduti, figliole sedotte e abbandonate? Mannò, signori miei, mannò,e quanta malizia! Noi, che abbiamo intorno ai 40, ci si entra perchè si è curiosi, ci divertiamo con poco, sa? Cerchiamo i vecchi compagni di scuola, gli amici del mare mai dimenticati, ci siamo per non perdere di vista gli amici di adesso, perchè è un pò come scendere al bar e vedere chi c'è, e dire che fai, ci vediamo, stai bene, una pizza sabato, ti va? Beh, certo, ci si potrebbe chiamare al telefono, ma si và avanti, signora mia, il mondo và avanti, è solo lei che resta indietro, che ancora chiama la Telecom Stipel, che ancora suona i citofoni e chiede "C'è Maria?", che ancora và alla posta col bollettino e i contanti e già si agita sul numerino da prendere per la fila, che per lei taggare vuol dire mescolare piano la polenta! Essù, si iscriva anche lei! Noi, intanto, ci siamo. E ci divertiamo, aspetta che cerco questo, e quell'altro, vediamo se c'è. Non vuol dire nulla, non ha nessun significato, senza sforzarsi a cercarne uno nascosto che non c'è, roba da ragazzini, ma chi se ne importa, in fondo, che male c'è. However, in questo sabato mattina tutto chiacchiere e distintivo, appena aggiunta a Fb la Vicina del 12, mi appresto con solerzia a metter sù un pane e pensare un pò alla giornata che mi attende. Però, a pensarci bene, quel mio fidanzato parigino mica l'ho trovato. I'm only jokin', Ing.!

08 gennaio, 2009

Il vespaio.

Ossì, stavolta l'ho proprio combinata grossa, mi sa. E' bastato un nonnulla per stuzzicare con grazia invisibile le curiosità più nascoste, il brusio più sommesso, ma cosa saranno mai, ma che belli, ma come, ma dove, ma con che cosa. Orbene, a qualcuna di voi ho risposto in privato, a qualcun'altra direttamente nei commenti (ebbene sì, col 2009 qualche commento ai commenti lo farò anche io, promesso). Insomma, questi dishcloths hanno spopolato. In realtà hanno catturato anche me, sono così belli nella loro semplicità e così nuovinuovissmi da proporre e da regalare e da mettere in bella mostra sul ripiano della cucina, o del bagno, appenderli o lasciarli in giro con noncuranza, ben sapendo di fare breccia nei cuori di chi, si sa, ben sensibile è a queste cose. Bene. Ciò detto, è davvero tutto quello che so a riguardo. Domani, scenderò a valle col calesse e raccoglierò informazioni sul cotone più adatto ad usarsi. Dopodichè, renderò edotto il mondo intero su quanto ho scoperto e farò un dettagliatissimo rapporto qui, sulle Fragole. E vista la mia misericordia e la mia assoluta benevolenza al popolo del web, segnalo con grande giubilo un sito dove si potrà imparare a confezionare un dishcloths di base, semplicissimo, in poco meno di un'ora. Trovate soltanto del cotone piuttosto spesso, del colore che più vi piace, o che più piace alla vostra amica: da lasciare di stucco, nel regalarglielo. Troppo avanti.. La Maga dei Dishcloths qui si trova a disposizione per ogni eventualità, felice di aver trovato una cosa che piace davvero a tantissime, felice di questo inizio d'anno e di questo brusio. Mai vespaio fu più gradito.

06 gennaio, 2009

Millenovecentosettantasette



Miracoli di Facebook.

Chissà.

Se fuori ancora nevica. Alzi la mano chi vorrebbe che queste feste ancora continuassero, no, mi pare che basti, di questi obblighi di giorni, di finti sereni, di tavolate e di inviti e di cose e piatti e briciole e lustrini e brillantini e trucco pesante e glitter e compro anche questo che tanto è Natale. Fine. Chissà con quale voglia nelle case quest'oggi si sono staccate ad una ad una le palle dall'albero e i festoni alle finestre e le calze al camino e buttato finalmente il centrotavola avvizzito e le candele sparse un pò dovunque e i biglietti di auguri, i cuscini ricamati a merrychristmas e renne. Si ritira tutto, si avvolge con garbo, prenderanno il loro posto dove vivono per i restanti 11 mesi dell'anno, l'armadio in fondo al garage, si riprenderanno il prossimo ottodicembre, e fino ad allora nessuno saprà della loro esistenza e nessuno parlerà più di loro. Chissà. Con quale marcia si inizia questo nuovo anno che c'è, domani la scuola e le cose, la vita che ho riprende forma nei giorni di sempre, il suo ritmo acceso, il suo fascino, la sua elettricità. Chissà. Con quale anima inizierò, con quali sorrisi, con quali propositi, di correre qualche volta, di leggere, di riordinare lo studiolo, di risolvere questioni e fronteggiarne altre che soluzioni non ne hanno, pensa un pò. E chissà, se tutto sarà così, se resterà tutto così intatto e lucido com'è ora che non cambierei neppure una virgola, o forse sì, qualcosa appena appena, ma chissà e chissà, e dove devo firmare perchè questo anno sia come quello che è appena passato e chissà se si capisce per bene quello che ho da dire, e come e quanto, domani è un giorno nuovo di un anno nuovo , un'agenda nuova e una vita uguale, tanti giorni in fila da inventare come vuoi, chissà però, intanto sposta piano la tenda e fammi un pò vedere, chissà se ancora nevica.

04 gennaio, 2009

Wash? Dish?

Sono entrata nel tunnel. O meglio, mi sono concessa il lusso di entrarci, in questi ultimi giorni di quiete. Ho scoperto i dishcloths. E anche i washcloths. Volgarmente chiamate spugne, delle quali fanno guisa, siano esse per i piatti o per se stessi medesimi, sotto la doccia, per insaponarvisi per bene alla bisogna. Sono quadrati di cotone fatti a mano, coi disegnini più disparati, cuori, babbinatali, fiocchidineve, cuoricini, stelleestrisce, tazzine fumanti, e quel che la fantasia, anche la più scellerata, suggerisce. Sono fatte di un cotone speciale, e perciò specialmente per me acquistato in quel di Philadelphia dalla mia amica Clarissa In Fuga, che mi ha così innocentemente traviato e ha schiuso per me un mondo che credevo non potesse altresì esistere. Si fanno in un'oretta scarsa, se ne possono ragalare in quantità industriale, in nuance di colore o in coscienza di argomento, che so, con la scritta 2009, con l'iniziale della destinataria e anche de destinatario, perchè no. Sono morbidissimi, è il cotone Peaches & Cream la vera discriminante, in gran voga negli States, hanno conquistato il mio povero cuore in questi albori del nuovo anno. Domani, spedizione per trovare un cotone che si confà. E poi, via coi dishcloths, washcloths o come diavolo si vogliono chiamare. Come dice? Lei usa ancora la spugna Vileda del super? Continuiamo così. Facciamoci del male.

Holiday blanket.

Massì, facciamo pure la fotografia un pò sfocatina, un pò decadente, un pò malinconica, che va bene così. Questo è quanto prodotto nelle vacanze di Natale. O meglio, un regalo su richiesta, del mio figliolo Liceale, che desiderava una coperta personale, dove avvolgervisi durante le interminabili sedute di ripasso de I Promessi Sposi ( sono una ventina di capitoli, non propriamente una passeggiata). Così, l'ho acontentato. E tra una citazione e l'altra, ho messo in piedi questo progetto. Una serie di colori improbabili, che non stanno bene nè insieme nè da soli, ma in fondo non ha mica tutta quell'importanza. Si comincia, un punto dietro l'altro, in tutta scioltezza, chiacchierando anche, guardando film ( ne ho visti 5 durante le vacanze), spiegando la figura dell'Innominato, ridendo di gusto o custodendo un magone, pensando e ripensando. Finivo un filo, ne aggiungevo un altro, così, senza soluzione di continuità, senza uno studio preciso ( e si vede anche), senza chiedermi, sta bene o sta male? e fermandomi solo a gomitoli improbabili terminati. Il risultato è questo qua. Bruttina come colpo d'occhio, sembra in effetti la coperta di Nonna Papera, ma è caldissima e morbidissima, il Liceale è soddisfatto e io mi sono tolta di torno tutti quei fili che non sapevo come impiegare altrimenti. E quando fra mille anni la ritroverò nel cassetto, ricorderò alla perfezione come e dove, e quando e con chi. Tiffany appena arrivata, un Natale fin troppo tranquillo, il freddo e il gelo. E, com'è ovvio, la sventurata rispose. Ma questo, e chi se lo dimentica?

02 gennaio, 2009

Gennaio lieve.

Pigri giorni di vacanza nella casa sulla collina. Che tanto casa non sembra, in queste ultime ore, con transumanze varie verso monti e mari per Capodanno, ma c'è da sperare che nel pomeriggio, verso merenda, si ritorni ad una quieta, affollata, calda normalità. Trasformata in un bed & breakfast, laddove il breakfast aveva luogo intorno le 3 più o meno, riprenderà testè i ritmi normali, da molle vacanza, da caldo divano, da film a raffica, avvoltolati in una coperta nuova di zecca, di quelle fatte con gli avanzi che diventano vere e proprie opere d'arte, uniche nel loro genere e cosa importa se i colori non sono proprio una meraviglia. Ho pensieri confusi, sparsi come il mangime dei pettirossi, congelati, come a dire, un pò fermi. progetti ancora nessuno, o forse tanti, anzi, certo che sì, ma un attimo ancora, che non è tempo di metter cose sul tavolo, si lasciano lì, ancora per un pò. Si apre un cassetto e lo si richiude in fretta, ok, tempo ci sarà. Ancora qualche giorno di nulla sicuro, di orari dilatati, faccio questo? mannò, posso leggere un pò, se voglio, posso stare a chiacchierare o fare la maglia con una bella musica, c'è ancora nell'aria quella semi incoscienza dei giorni di festa, qualcuno ha fame?, che dopo giorni di capponi e torroni, di datteri e mazzancolle, si ha solo voglia di un brodo leggero e un mandarino, quand'anche. Si inizia con grazia, con consapevole lentezza, con pigrissima, celebrata indolenza. L'albero zen è ancora lì, intonso e fiero, i regali scartati, la scatola capovolta per contenere il pandoro a metà, nastrini e carte bel ripiegate, i rami candidi alle finestre. E' ancora festa. Finchè dura.

01 gennaio, 2009

Duemilanove.

Possa la strada alzarsi per venirti incontro,
possa il vento soffiare sempre alle tue spalle,
possa il sole splendere caldo sul tuo viso,
e la pioggia cadere soffice sul tuo giardino,
E fino a che non ci incontreremo di nuovo
possa Dio tenerti nel palmo della sua mano.

Benedizione irlandese.

...il più bel messaggio che ho ricevuto ieri sera.
Grazie Elisa.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...