05 giugno, 2008

L'antivirus.

Se ancora non si è riusciti ad individuare per bene l'origine di codesta malattia, se proprio così la dobbiamo chiamare, risulta alquanto difficile, azzarderei impossibile, oserei improbo, trovarne la cura. Riassunto delle puntate precedenti: il nulla. La mia Amica delle Parole e del Tiro Con l'Arco, tirerebbe fuori uno di quei suoi paroloni che mi piacciono tanto. Che so, ossessivo-compulsiva, per esempio. Cosa che non sono affatto stata in questi giorni, piuttosto, tutto il contrario, encefalogramma più che piatto e visione catastrofica dell'intero globo terracqueo. Cionondimeno, se ne sono resi ben conto in questa casa sulla collina, che qualcosa non funzionava in me. In realtà, il mio Sposo sostiene di essersene accorto già da molto tempo, ma che risulta questo, a parer suo, il motivo per cui mi ha sposata. Ma tutti, qui dentro, si accorgono con tempestiva e intelligente prontezza quando qualche programma, nel mio complicato sistema operativo, si pianta e non ne vuol sapere di girare. Entra perciò in azione l'antivirus. E tutti, proprio tutti, umani, flora e fauna, abitanti nel mio piccolo microcosmo, ci mettono la loro. Baci ispidi, quando sono già a dormire e lui è rimasto sveglio per studiare. O abbracci strettissimi, di quelli senza parole che vogliono dire miliardi e miliardi di cose, esprimere concetti così cosmici che ancora di parole adatte non ne hanno inventate. Piccole cose. Fuori piove e piove, io ancora non so questa mattina come la girerò, se ancora sentirò ronzii e malinconie, se ancora avrò le spalle curve sotto una gerla di pensieri che non focalizzo ma che mi schiacciano e mi rimpiccioliscono, tanto da aver voglia di sparire sul serio. Quello che so per certo è che qui mi curano per bene, mi osservano e mi accudiscono, sanno di me e dei programmi che non girano, di quando sono scollegata dall'universo intero, di quando prenderei la navicella spaziale che nascondo in garage ben coperta da un telo, e me ne volerei via sfondando il tetto della casa in collina. Loro, lo sanno. Ben perciò mi scrutano attenti, sapendo alla perfezione che momenti così, passano, prima o poi, Nel frattempo, fan girare l'antivirus. E questo antivirus di baci e carezze, carinerie e sorrisi, mi sa proprio che funziona.

03 giugno, 2008

Kryptonite.

La presa.

Staccata, per la precisione. Espressione che non sopporto, staccare la spina, che diavolo vuol dire, e poi, se io mi stacco, proprio non vado avanti. Non giro. Non funziono. Non frullo, aspiro, asciugo, scaldo, congelo. E non sono nemmeno uno stupido elettrodomestico. Non faccio niente, in verità. Giorni come questo andrebbero banditi dal mio calendario personale, perchè, hai pure un calendario personale? eccerto, tutti ne abbiamo uno, anche se non lo sappiamo. Questi giorni di black out mi succedono ogni tanto, raramente, da qualche tempo in qua, ma succedono sempre e sono così brutti da vedere e da vivere, e orsù, bambina, che non è proprio il momento di lasciarsi andare, non adesso, non lo vedi che fuori è giugno? Giugno, già. Che vuol dire i ragazzi a casa da scuola e chi gli esami e chi i saggi e chi le feste di fine d'anno e chi i cartelloni alle porte del liceo e chi le pagelle coi lucciconi, chi lo studio forsennato e gli occhi più persi di sempre, chi invece gli esami li fa con gli occhi che brillano di una dolcezza felice. Giugno. Giugno che quest'anno la partenza non sarà subito, giugno che il grano è verdolino e non giallino e ti sorpendera, una sera verso le 7 e all'improvviso esploderà nell'ultima curva verso casa. Giugno inquieto, giugno che sarà troppo lento o troppo veloce, che ci sarà maltempo, dicono, e ancora pioggia, per favore no. Tante cose da fare e organizzare, le solite, e tu, orsù, sciama festosa verso questo giugno appena cominciato e che passerà in un attimo e cerca, cerca una spina, una doppia, una tripla, cerca un riduttore per collegarti alla corrente, che così, insignificante creatura, non è che vai molto lontano. E non hai neppure il posto per le pile.

01 giugno, 2008

Ma che bel castello.


Ma bello, sa? Non proprio vicinissimo, ma si sa, per trovare le cose belle si ha da fare un pochino di strada, fosse anche solo una mezz'oretta. Un castello vero, ristrutturato con rara maestria, ne sarebbero così felici i miei amici Architetti, piacerebbe, come dire. Siamo usciti a pranzo di domenica, non ci capita quasi mai, e ancora mai che ci inviti qualcuno, siamo sempre così tanti, e siamo sempre noi ad invitare, nel genere. E questi amici, che chiacchierano fitto e ci somigliano così tanto, che ci assaggiavamo le cose dal piatto, come si fa con chi proprio hai confidenza, mica con le persone che non sai. Bella domenica. Sarà l'aria del castello, e mi sa che qui ci torniamo, il gelsomino della siepe e le grate alle finestre e poi ha un nome così bello, ed è proprio un bel castello, marcondirondirondello. E pensare che non ho nemmeno bevuto.

La quiete.

Non che ci sia stata una tempesta, prima. O meglio sì, temporale e pioggerellina, ventaccio e venticello, sole rabbioso e sole a picco. Ma la quiete, quella ancora non c'era stata. Tempo stabile fisso sul brutto, ma a noi, che ce ne importa. Si rimane, quieti quieti, a scorrazzar figlioli di qui e di là, ora pure la Princi ci si mette a partecipare a feste dall'altra parte della valle, ma si può dire di no a due occhioni così? Si rimane, a preparare arrosti da primato, speziati e piccanti il giusto, per fare bella figura, signora mia, chè una fidanzata viene in visita pastorale, grande, stavolta, universitaria essa pure medesima e non biondina, stavolta. Con la Biondina Boccolissima, si dice, pare, si vocifera, ma notizie certe non se ne hanno, non dal Maturando, intendo e non faccia confusione, che è del Giovane Beato Holden che si parla, adesso. Insomma, un traffico, da cui non mi salvo. E quindi si rimane, nei pochi spazi di tempo quieto e tranquillo, a provare, con strabiliante successo, quello schema di scarpine che non mi riusciva neanche a piangerci. Ebbene, modestia a parte mi riuscì. Così, sforno e sforno scarpine, cucino, sorrido e sto quieta. Che, con il va e vieni di questi giorni, è un lusso, signora mia. Un lusso quieto, mi aiuti a dire.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...