29 maggio, 2008

Tempo da.

Maggio odoroso. Sì, ma odore di lampi e tuoni, fulmini, saette e tutto quanto fa temporale, temporalissimo, previsto in serata. E intanto piove, piove e ripiove, si guardano con un certo rammarico le vetrine coi costumi da bagno, i teli mare e le ceste spiaggia. Sì, ma si è visto bene che tempo c'è là fuori? Ci si deve apparecchiare per uno chic-matrimonio, tra qualche settimana, ma anche lì, ci vien voglia di intabarrarci in un bell'impermeabile, stile maniaco del parco, e non pensarci più. E invece, si deve. Trovo questo ultimi giorni di maggio pesanti, noiosi, impossibili da gestire, privi di forma, privi di senso, privi di tutto. E sì che ci si prova, a comprare cotonini coloratissimi per fare, con le proprie sante manine, un maglioncino scollacciatissimo per le fresche sere d'estate, o un bikini, perchè no, traforato il giusto, effetto vedo e non vedo, effetto ci sono e non ci sono, effetto sirena, effetto trota, insomma, qualcosa che ci rimandi in qualche modo a giorni di vacanza, a pensieri caldi, solari e colorati. Niente, nientissimo. Ombrelli e noia, felpine e noia, qualche lieve incazzatura ma appena appena, sottile sottile, giusto per tenersi in allenamento e non farsi mancare niente. L'apparecchiatura per il nuziale evento aspetterà, tempo ce n'è. Nel frattempo, via col bikini. Lo indosserò con grazia sotto all'impermeabile, pronta ad ogni evenienza, acquazzone o bagno di mezzanotte. Però, se smettesse di piovere, direi proprio che sarebbe una gran cosa. Il cotone, signora mia, mi si inzuppa. E non sta mica bene.

28 maggio, 2008

Il latte e le rose.


E' il profumo che ha questa casa. Di latte appena scaldato, di un mazzo di rose gialle sul tavolo, e tutte quelle fotografie sul comò, i mei figli da piccoli e mio nipote in triciclo, me vestita da sposa e da carnevale a sei anni, mio fratello con la chitarra e mio padre che ride. E' questa casa al settimo piano, ma si vede un sacco di verde se ti affacci e la città e un pezzo di fiume e le vecchie fabbriche e la collina, anche, dalla finestra. E' come ci si sente quando si è qui, a parlare fitto, a fare colazione con i croissant tiepidi e i biscotti e le tazze spaiate, perchè Lei sa che a me piace questa qui con le viole e me la dà sempre, anche per bere, mi è sempre piaciuto bere dalle tazze,anche l'acqua. Ci siamo trovati così, noi tre, la mia famiglia di prima, si perde un pò la dimensione del proprio essere quando si torna a fare i figli, fosse anche per un paio d'ore. E' una sensazione che non si descrive, se la si prova sempre, che solo il viverla ogni tanto la fa apparire così nitida, coi contorni così definiti. Erano molti anni che. Erano molte volte che. E in mezzo ci sono state parole grosse e litigi e lacrime, tante e solitudini infinite e malinconie sconfinate. Magoni e magoni. Cancellati, ieri. Si è riso tanto, chiacchierato di nulla, in quella cucina tirata a lucido, mia madre che brillava di una felicità soffice e rara a vederle, mio fratello che sorrideva ed era come se dopo poco, avessimo dovuto prendere i libri e andare a scuola. Una mattina con gli affetti del cuore, con la famiglia che, strana e sparsa, si è trovata dopo secoli. Il bene più caldo, l'amore quello grande, quello che ha segnato la tua vita, ti ha educata e formata, ti ha insegnato le cose che sai, si mescola piano come mia madre ha fatto ieri per me, si beve con calma, sulla tovaglia a quadri che conosci a memoria, le foto sul comò, le tende di pizzo e le rose sul tavolo.

26 maggio, 2008

Ode al caffelatte.


Che non è affatto il cappuccino. E se qui stiamo a scherzare, va bene, ma cortesemente, non mi si vada a confondere il cappuccino col caffelatte. Il cappuccino lo bevi al bar, di solito è ustionante e ne lascio metà nella tazza, ustionante essa pure. Mi lascia i baffi di schiuma che non è carino cancellare con la lingua, non è che fa tanto signoradibuonafamiglia, come dire, e nemmeno pulirsi col tovagliolino, perchè se no, la mano di gloss sapientemente data poco prima se ne va miseramente. Il cappuccino si beve solitamente in piedi, quasi mai seduti beatamente a cianciare di una chiacchiera; in più, e sempre solitamente, esso si consuma dopo aver fatto una capatina dall'Amica delle Provette, che così, su due piedi, ti fa un bell'esamino del sangue, giust'appunto per controllare che tutto sia a posto. E poichè colà ci si reca digiuni, giocoforza piuttardi ci si rifocilla con bioche e cappuccino. Ma non è di lui che parlerò. Il mio cuore batte per il suo, il suo parente povero: il caffelatte. Tanto per cominciare il caffelatte non ha la schiuma. E' così, ridèe ou belle,liscio liscio, senza tanti fronzoli. Lo adoro. Non certo con il caffè normale, ma con una generosa cucchiaiata di orzo solubile, che non è caffè, ma come lo devo chiamare allora, orzollatte? Il mio caffelatte, quello dei miei risvegli e delle mie colazioni a casa è tiepidino. Nè troppo caldo nè troppo freddo, 40 secondi di microonde e la beatitudine trasforma il latte in una bevanda divina nel senso più letterale della parola. Poco importa se con biscotti o senza, con tristi fette biscottate o, durante le vacanze natalizie, inzuppandovi fettine sottilissimi di avanzi di panettone. Il caffelatte è impagabile. Ma quale triste thè, ma quale ancor più triste tazzina solinga e amara: il caffelatte, signora, solleverà le sorti del mondo. Anche perchè, scoperta di questi giorni, esso è ambivalente, a vela e a motore, da bosco e da riviera. Già, perchè se da un lato al mattino presto può essere consumato per dare un inizio decoroso alla giornata, così, nel corso della giornata medesima, esso può contribuire a riconciliarci col mondo, Mi Bevo Un Caffelatte, giusto per calmarsi un pò, per concentrarsi meglio o deconcentrarci del tutto da una questione che ci ottenebra i pensieri. E da due giorni in qua, è stato grazie a questa bevanda celeste che ancora non ho sbattuto la testa contro il muro. Ho detto non ancora. Può darsi pure che lo faccia, un giorno di questi. Direi che sono sulla buona strada.

La manina.

Salta fuori lentamente, con un movimento lentissimo e impercettibile, da sotto il lenzuolo. Che non lo diresti mai che qualcosa possa muoversi, ma non sta dormendo?, tanto il suo respiro e regolare e lei così immobile, in quel delirio di fiorellini e orsetti. La manina esce fuori, lei ha ancora gli occhi così chiusi ma se guardi bene, c'è già una specie di piccolo sorriso addormentato, quei sorrisi un pò imbronciati che hanno i bambini appena svegli, anzi, non svegli del tutto, ancora. Che fatica stamattina, che sonno, a partire dal Capitano, che sonno i ragazzi, che non è un bel momento per nessuno dei due, verifiche a raffica per il Liceale e studio dannato e Dio solo sa cos'altro per il Maturando, che sonno la scrivente, che faccio sempre un pò la parte del giullare e mi sa che qualche mattina qualcuno mi tira dietro qualcosa, che accendo la radio a palla per svegliarli con la musica. Il Beato Ridanciano Giovane Holden sulle Nuvole ritornato alla sua magione da studioso già da ieri. Tutto come da progetto. E la sopresa, stamattina, un buongiorno di baci dato alla Princi addormentatissima, e quella carezza leggera, sbucata fuori da sotto il lenzuolo, a dirmi Sei Tu Mamma senza parole, a sentirsi beata e al sicuro anche se proprio di aprire quegli occhi non ne aveva la minima voglia. Buongiorno, così. Quelle mattine che non sai, se pioverà o non pioverà, se farà frescolino oppure no, se dovevi fare una cosa importante e l' hai dimenticata, c'è una carezza morbida e improvvisa, tenerissima e leggera che ti fa sentire padrona del mondo.

23 maggio, 2008

Cielo d'ostrica.

Il sole ce la mette tutta. Un pò c'è, un pò non c'è, stendo fuori e o stendo dentro o non stendo per niente, che è meglio, che stendere non mi fa impazzire, è un lavoro di precisione, è un gioco di equilibri e di dimensioni, e di finissimi contrasti, metto una cosa qui e bilancio con l'altra di là, l'accappatoio con il lenzuolo, se no lo stendino, il volgarissimo stendino che il mio Amico Architetto disdegna, crolla miseramente col suo rumore di ferraglia, come quando lo butta giù il vento. E allora, meglio stendere in lavanderia che di spazio ce n'è, di fili e fili attaccati al muro in un sapiente intreccio di saliscendi e bacchettine. Ohibò. No che non c'è il sole, ed è un tempo incerto fuori e dentro, nel senso che sono incerta io, non so bene, confusa, stanca? ma no, un pò sconclusionata, senza schiuma come certi cappuccini, e questo cielo grigiolino e violettino, che a vederlo da lontano sembra molle, indeciso anche lui, non con quelle belle nuvolone di panna, bianche o nere a piacer vostro, che almeno si possono guardare. Questo che c'è è solo uno strato informe, un cielo mollusco che mollusca anche me, che non ne ho nessuna voglia al mondo di niente, e che stamattina dovò aspettare l'idraulico, che nemmeno è un idraulico degli spot, palestrato e tatuato. Il mio idraulico è normale fra i normali, bassino, e per nulla avvenente. La mattina si sciorinerà in siffatto modo, si riordinerà una stanza che sembra un set per un serial sulle Crociate, il dopo battaglia, per intenderci, si prenderà un caffè solinghe in cucina verso le 11 e ce la si metterà tutta per non farsi troppo influenzare da questo cielo, di fare il tifo per il sole che alla fine da qualche parte sbucherà pure, che poi suvvia, è pure venerdì, un inzio di fine settimana, di equipaggi che riedono, di arrosti per dieci e di altre amenità. E poi, detto sottovoce, a me le ostriche proprio non piacciono. Figurarsi nel cielo.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...