14 aprile, 2008

Cielo di malva.

Che dire, tira un'aria strana stamattina da queste parti. Primo fra tutti, il cielo. Violetto, tendente al nero, quel bel color malva che mi piace tanto, certo, almeno fino a quando non si sentono i tuoni in lontananza e allora pensi che sì, forse è proprio il caso di ritirare i piumoni messi fuori a prendere aria, come fanno le bravissime massaie, quelle che sbattono i tappeti dalle finestre col battipanni, le maniche rimboccate e i bigodini in testa. Ben lungi da questa immagine, riedo testè da una mattinata tranquilla e normale, come lo sono spesso i miei lunedì mattina: spesa per le Regie Truppe di Sua Maestà, dacchè pure l'Universitario stamattina prima di raggiungere in calesse il luogo dove forma la cultura ingegneristica, ha fatto razzia nel patrio frigorifero, manco fossero previsti nel Regno Sabaudo giorni di peste e carestia. Tranquilla e normale un paio di cavoli. Sono stata minacciata. Sì, insomma, non proprio, ma ho passato un cinque minuti non proprio gradevoli. Una donna, sconosciuta, mai vista prima, di quelle facce comuni e comunque, non nel mio database, mi ha sibilato, che sì, io non mi ricordavo di lei ma lei di me sì, e che non si era dimenticata, perchè lei non dimentica niente, soprattutto le cose che riguardano i bambini. Panico. Io non ho nemici, o almeno così credo e sì, qualche volta mi sarà pure capitato, avendo figlioli da anni in scuole di ogni ordine e grado, di avere qualche piccola discussione con altri genitori, che ne so, la recita, la gita, e il tuo ha detto al mio, o quella volta che Emma ha dato un calcio nel sedere a quel Ruben, un bimbetto così pacifico, ma che le aveva sputato addosso e morsicato una manina in prima asilo, e la Ruben-nonna, terrorrizzata, aveva detto che sì, la perdonava, in fondo una bambina con tutti quei fratelli non poteva che comportarsi in quel modo (sic!), mentre io mi sperticavo in scuse e controscuse, e Non Lo Farà Più, Glielo Prometto, ma la PrinciFurbetta, trecce biondine e occhi di bosco, Sì, Va Bene Ma Se Non Mi Sputa Più E' Meglio. Insomma, cose da poco. Ma fatto sta ed è che è tutta la mattina che penso a questa qui, che non credo di aver mai fatto torti a nessuno, o almeno non così gravi e terribili da essere ricordati nei secoli dei secoli, onte da lavare col sangue e disonori da cancellare. Si è dissolta in un secondo, e dopo il primo attimo di smarrimento sono uscita dal negozio e ho cercato di rincorrerla, ma niente, come nelle migliori sceneggiature, la creatura sibillina era sparita, puff!, volatilizzata. Voglio darle l'attenuante di essersi sbagliata, ma in ogni caso, certo non son cose così rosee da vivere, un lunedì mattina di aprile verso la metà, che il cielo di malva, manco a farlo apposta, sta rovesciando sulla città e sulle colline goccioloni grossi come biscotti, che fanno rumore sui vetri e le bolle sul terrazzo e che se sto bene attenta, tra un attimo, al lampo seguirà un tuono e via così. Film dell'orrore? Ussignur, tra minacce e temporale stamattina sto proprio messa bene.

13 aprile, 2008

Prima di tutte.

E' la primissima. La prima di tutte, in assoluto. Certo, la mia Amica delle Perle non è una da farsi cogliere impreparate, perciò ha lavorato indefessa per portarsi avanti. Le coperte di Cuore di Maglia stanno diventando sempre di più, anzi, l'approvvigionamento santamente offerto dalla Filatura di Crosa è già terminato, contro ogni previsione. Complice, il gruppo torinese delle knitters, che ha in Cristiana il suo angelo custode. Sono loro, infatti che hanno accolto questo progetto con grandissimo entusiasmo e collaborazione, e che si sono date da fare, sabato mattina al loro Knit Cafè, a cercare modelli, a discutere di colori più adatti a di tipologie di filato. I bambini nati prematuri e ricoverati presso l'Ospedale Infantile di Alessandria avranno perciò le copertine più calde e glamour di tutto il pianeta. E questo, ne siamo sicure, li farà guarire e crescere molto in fretta e darà una mano anche alle loro mamme a non farsi prendere dallo sconforto. Noi ci proviamo. Di solito, i progetti, grandi o piccoli che siano, danno più calore se fatti con un entusiasmo così. Figuriamoci questo, che è pure di lana!
Un grazie speciale a tutte le donne che ho incontrato sabato mattina al Lingotto, a chi mi ha chiamato e scritto, a chi, sconosciuta, mi ha raccontato un pò della sua vita, Sai, Non Ne Posso Avere di Bambini, Mi piacerebbe Aiutare Chi Ha Bisogno.
A loro, a tutte loro, alle mie amiche che mi supportano in questi progetti in cui mi lancio, alla mia Amica delle Provette, delle Perle e della Pastiera, e anche a Biancaneve, voglio dire che sono speciali, nel frivolo e nel serio, a spasso e a far qualcosa di importante, a chiacchierar di gossip e a fare una cosa che, lo so, sentono molto, molto vicina.
Non capita tutti i giorni di scoprire di avere amiche così. E io, come dico spesso, modestia a parte, la capitai.

11 aprile, 2008

I vetri.


Eppure non c'è stato nessun temporale a far sbattere la finestra socchiusa, sbamm!, così da ridurre in frantumi i vetri della finestra, con quel rumore che senti nei film , quando saltano giù dai palazzi. Non c'è stato nessun vento e nessun bicchiere spaccato, scivolato dalle mani, mentre l'asciughi, che poi succede che esplode, quasi e vetri e schegge li raccogli per giorni, ma guarda un pò dove c'è un vetro, nonostante ci abbia passato per bene, scopa e paletta, mica l'aspirapolvere. I vetri appaiono, improvvisi e appuntiti, in una giornata normale all'apparenza e terribile nel profondo. Non cammini, scivoli, non sorridi, fai smorfie, ti sforzi un pochino, anche, ma è tutto inutile, se ne accorgono in mille, lo sai, appena hai qualcosa. Già, e che cosa non si sa. Sono i vetri che trovi all'altezza del cuore più o meno, che graffiano e fanno male, eppure da dove arrivino nessuno lo sa. Sono i vetri, pesanti, difficili, un fardello trasparente, pericoloso e insopportabile. Dormiresti, o faresti cinquecento cose insieme pur di non sentirli. Ma i vetri, beffardi ed inutili, pungono anche quando respiri, quando parli, quando ti guardi e ti dici, no, per piacere, no. E' una malinconia pungente, che non si sa da che arrivi, una tristezza sconfinata e nebulosa, un'inspiegabile apatia. I vetri, si sa, si scopano via, con quel rumore di campanelli, scopa e paletta, o si frantumano coi sassi, coi baci, magari, con forza, per ridurli in polvere e guardarla poi, magica poltiglia dai mille riflessi, perchè almeno così non fanno più male.

09 aprile, 2008

"...e c'è una parte della vita mia

che assomiglia a te

quella che supera la logica

quella che aspetta un'onda anomala."

Fiori e meringhe.

Ti dico un segreto, son fiori e meringhe. Ti faccio un regalo, ti guardo da qui. Son petali lunghi, e steli sottili e nuvole bianche di zucchero e niente. Ti porto lontano, ti aspetto da un'ora, ti faccio un disegno, mi piace così. E fuori che piove, c'è aria d'autunno, ma in fondo che importa, non piove che lì. Si appannano i vetri, si spezzano i cuori, si strappano i fogli, lo vedi? così! Cammino sul filo, sorrido, se posso, un pò mi nascondo, è un gioco, lo sai. Così, in equilibrio, mi faccio un giretto, racconto due storie, chissà che ora è. Lo sanno anche i sassi, è il cuore che parla, così, a raccontarla, che storia sarà. Son cose da donne, perfette e solinghe, son fiori e meringhe, si vede da qui.

Stop.

E basta, che non se ne può proprio più di tutti questi giri in giro, e di qua e di là, e di sù e di giù, per diletto e per lavoro, ebbasta. Da oggi e per un bel pò, niente più transumanze e valige, e preparativi e organizzazione della metà dei figlioli rimasti a casa, e le ospitate della Princi dalla sua amica del cuore, che in effetti era un pò delusa, ieri, davanti a scuola, Come, il Congresso è Già Finito? Yes, baby, e scusa tantissimo se stasera dormi a casa tua. Voglia di fermarsi, per un pò, mica per sempre, solo, desiderio di ritmi normali, come possono essere normali e noiosi e lenti i tempi miei, di questa casa, di questa falange armata, di questo convitto, di questo collegio, di questa comunità collinare, di questo adorabile plotone. Per cominciare, si riprendano con tranquilla, provincialissima e benedetta abitudine i riti consueti. Le amiche, signora cara, quelle che con cui scambi le ricette, i libri, e le chiacchiere e le confessioni, di quei peccatucci da niente, s'intenda. E poi la casa, silenziosa o confusionaria niente ci fa, la casa purchessia. Giorni, morbidissimi e normali, senza dover dire o fare nulla che non si abbia voglia di dire o fare. la quiete, mi pare. Il lusso, mi sembra. La felicità, ne sono certa.

07 aprile, 2008

La furesta.



E no che non è un errore di battitura. Furesta, intesa come forestiera, straniera, di passaggio. In stretto dialetto lombardo, con quella cadenza, che hanno solo qui. Vado poco al camposanto, o meglio, vado quando sono ispirata, preferibilmente sola. Ho voluto portare dei fiori nuovi, più colorati e più belli. Ci venivo da bambina, distratta, per passatempo, quasi, ad accompagnare mia nonna in visita. Si faceva spesso, allora, e lei si fermava a chiacchierare nei vialetti, l'innaffiatoio in mano, i fiori dall'altra, con le amiche che incontrava lì. Qualche giorno fa ci sono andata, sola come sempre. A sorprendermi di come i passi sulla ghiaia facciano sempre troppo rumore in un posto così intatto, come sotto una bolla. Di un un rumore sfacciato, che rimbomba troppo, che ti vine voglia di andar più leggera, non so, nei corridoi con gli archi e le volte, e sulle scale. Arrivavo, camminando quasi in punta di piedi, e due donne che chiacchieravano, ora come allora, si sono accorte di me. Chi è? Chiede una all'altra. Nessuno, risponde, Una Furesta. Io. Io sono una furesta. Io, che conosco questo paese palmo a palmo, che manco da molto ma che ci torno sempre così volentieri e lo amo, sì, lo amo come si ama il posto da dove vieni, dove tutti sanno chi sei e chi erano tuo padre e tua madre e i tuoi nonni, pure, perchè sembra così strano ma anche io ho una storia e un percorso e un passato, e ce l'ho qui. Vengo da qui, dove ho passato i miei anni più lucidi e disperati, dove ho conosciuto le cose più belle e le più tragiche, dove ho riso da morire e pianto come si piange poche volte nella vita, dove ho cantato, ballato, e giocato a bandiera scalza sulla piazza, dove mi sono innamorata tremila volte o giù di lì, come ci si innamora a quindici anni, io, ribelle e un pò fuori dagli schemi, io, che ho cantato nel coro della chiesa, che ho girato questo posto in motorino, in vespa, in bicicletta e a piedi, io che ho preso due schiaffi da mio padre una sera di maggio, proprio lì, accanto alla fontana, io che torno in questo posto come si torna a casa, io, per queste donne del camposanto, sono e resto, la furesta.

06 aprile, 2008

Fregata dalla regata.

Vento non tantissimo, mare quasi piatto per un pò. Undicesimi. Su undici. Un equipaggio di tutto rispetto, gli altri agguerriti, noi tranquillissimi, a sgranocchiare taralli e a prendere tutto il sole possibile, e poi, Pronti a Virare? Ah, sì, già che siamo in regata. I prodieri, la Princi ed io. Non proprio da Coppa America. il Capitano rilassato e divertito, tutto contento per quella sua velona sottile e frusciante di un bel turchese. Sette metri di velo color del cielo, chiedeva la fata Smemorina per il vestito di Cenerentola, e lì, diciamo che un bel vestitino drappeggiato per la Princi e per me ci verrebbe di sicuro. E ne avanzavamo ancora. Ma di gennaker si parla, signora cara, mica di tailleurini Chanel. Ultimi con grande onore, che di tattica di regata e di altre corbellerie il Capitano le sapeva sì, ma con due femmine a bordo, più attente al look che alla direzione del vento, ma si poteva fare davvero i Paul Cayard del Monferrato?

03 aprile, 2008

E via!


Non che una debba stare lì, a spiegare con tanti particolari perchè mai questa sia una giornata speciale. In realtà nessuno lo sa ancora, si deve prima uscire fuori, annusare l'aria con il naso all'insù, provare a distinguere. Il profumo, per esempio. Che è quello dei primi fiorellini del ciliegio o del tappeto di violette che si stende là, sotto ai pini? O ancora, saranno forse i bocciolini delle rose inglesi, mannò, è impossibile, sono ancora così piccini che quasi non si vedono, eppure hanno foglioline verdissime e già robuste, dopo il trattamento che amorevolmente ha risevato loro il mio Sposo, corteccia di pino, sissignori e una specie di intruglio contro i pidocchi. Il profumo c'è. E quindi? E' profumo di cose. Di cose di ogni giorno, di figlioli spediti a scuola, arruffati, belli come il sole quando il sole è appena spuntato là dietro, arruffati, come il gomitolo caduto nelle grinfie di un gattino dispettoso. Di baci scomposti e spiaccicati e di sfuggita, che hanno così sonno che non capiscono mica ancora tanto bene, sa? E' profumo di torta per la colazione, di semini e briciole messi sul ramo per la famiglia Pettirossi, di pensieri tranquilli, si và la mare, quello vicino, per questo week end. E poi, accidenti, oggi è profumo di progetti, di Knit Cafè, alle 3 al solito posto, che quest'oggi siamo tutte così gasate per questo evento, per questa cosa inventata che ci piace già, prima ancora che cominci. Profumo di cose belle, semplici eppure così lucide, quotidiane, normalissime, ma che basta così poco a rendere così speciali, la mimosa del mio vicino esplosa di un giallo soffice, un'aria frizzante e avvolgente e quel profumo, misterioso e affascinante, che ancora non si è capito bene da che parte arrivi, che cosa è di preciso, se fiori, mare o tutt'e due, ma che è bello sentire che c'è.

02 aprile, 2008

Ode alla camicia bianca.

Bella scoperta. Certo, non la scopro io questa mattina, ma la vera essenza di un simile capo di abbigliamento non la si esalta in inverno e neppure in estate piena. E' in queste stagioni di transizione, non troppo calde e non troppo gelide, che la camicia candida dà il meglio di sè. Non sacrificata sotto un maglioncino accollato, ma portata con disinvoltura senza niente, magari un golfino morbido coi bottoncini ma da tenere così, impertinente e sbottonato. Molto bon ton. La camicia bianca illumina e risolve. Profumatissima di appretto, impeccabile in una stiratura piuccheperfetta, vi fornirà un'immagine di voi medesime così lucida, dallo specchio, da farvi sentire magnifiche, nonostante l'umore grigiolino, la tosse o la nessunavoglia. Versatile, trasformista, può essere all'occorenza maliarda e innocente, vacanziera e professionale. Chicchissima con una gonnina nera al ginocchio e tacchi importanti o pronte per un traghetto o una passeggiata sul pontile, con sandali ultraflat e pantaloni Vichy. La candida camicia è un jolly da giocare, un terno secco sulla ruota di Napoli, una tombola. Unico accorgimento. I bottoni. Essi vanno abbottonati con cura nella parte centrale, lasciati sbottonati l'ultimo e i primi...vediamo, tre, quattro? A seconda di quanto maliarde si vuole essere, un balconcino che occhieggia con elegante innocenza farà con grande dignità la sua bella figura, sia esso rosso bordello, nero misterioso o lilla ammiccante. Perchè camicia candida sì, ma perdiana, le educande, signora mia carissima, hanno fatto il loro tempo.

01 aprile, 2008

Slow Fish.


Non sono così brava a fare scherzi, nè sorprese, mi faccio subito scoprire, mi viene da ridere, per un pò reggo e poi crollo, miserabilmente crollo, insomma, non mi riesce. Perciò nessuno scherzo per me, forse ne sarò vittima, chi lo sa. Nel frattempo, mi trastullo bellamente con le questioni quotidiane, i figli, per cominciare, tutti, di ogni ordine e grado, che il mio Sposo è in Riviera e non riederà che questa sera. In verità sono un pò scollegata, avrei bisogno di un reset, non so. Questa vicenda dell'ora legale fa sì che mi senta sempre un pò galleggiante, penso che sia un'ora e invece è un'altra, ed è sempre troppo presto o troppo tardi e alla fine non mi riesce di combinare un granchè, a pensarci bene. E poi mi dico che sono stordita, un pò appannata, come dire, eppure non ho mai sofferto di jet lag o robe del genere nemmeno dopo viaggi dall'altra parte del globo terracqueo. Sarà la primavera. Sarà che è così bello lasciarsi un pò cullare, ove si possa, lo faccio ora o lo faccio dopo? ma sì, che anche dopo va bene. Alla fine, le cose da fare, le questioni da gestire, le vicende da dipanare sono in realtà piuttosto numerose, ma che fa, le si mette tutte in fila e una per volta, alè, si troverà il modo di redimerle, aggiustarle e catalogarle come fatte. Buon aprile, mese della lentezza e della calma, del tranquillo svolgersi delle cose, della beata semplicità, dei primi assaggi di vacanze e week end al mare e pic nic sui prati, con la frittata e le uova sode e il termos con il caffè, e se si è un pò risciacquati, squinternati e sciaborditi, e un pò improvvisati e leggeri, un palloncino che vola, un pò così, trasognati, prendendo quello che viene, in fondo, ma dimmi un pò che male fa.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...