15 gennaio, 2008

E baci.


E baci, sottili, di plastica e pioggia, di sale, di seta, di lana e taffetas. Baci, nascosti, rubati e in regalo, son baci di zucchero, un pò finti un pò veri, ma in fondo, che importa, son baci sinceri. E baci, a quintali, tre come a Parigi, tre le caravelle, tre i Magi dal Cielo, ma guarda, lo vedi? è zucchero a velo. I baci son Fragole, sospiri e risate, serissime e sceme, son come le fate, di sacro e profano, rossetti e magoni, bacini e bacioni a chi passa di qua. Un bacio negato è un peccato mortale, un bacio distratto sa anche far male, ma questi, che dolci!, veloci e fugaci,in fondo, se guardi, son solo dei Baci.

Niente paura.


E' un regalo del mio illustre Sposo. Che mi piacciano i pinguini, ormai, è risaputo al globo terraqueo, e non è tutta 'sta grande novità. Ma questo qui è un pinguino speciale, si nutre di musica e di coccole, balla e si muove se collegato al pc, e se ogni tanto si sente solo gli si deve dare una carezzina, schiacciandogli due volte il naso. Ci mancava il pinguino, mi viene spontaneo, ma l'ho adorato dal primo momento che l'ho visto. Dà una nota esotica alla confusione violacea del mio studio, lui, col suo rigore in bianco e nero, con quell'aspetto buffo e dinoccolato. Certo, è un delirio. Balla e balla sul mio scanner nuovo di zecca, muove la coda e le zampe e anche se non ha la bocca mi dice, Take it Easy, Baby. E niente paura. Niente paura se hai l'umore altalenante, se alterni momenti così diversi, brodo e champagne, cachemire e carta vetrata. Niente paura, è tutto sotto controllo, tutto così assurdamente tranquillo e monitorato e si sta bene, in fondo, dentro questo rigore, dentro questa caldissima semplicità, avvolti in questa coperta di certezze e di affetto, di amore e di tutte le cose che ci stanno in mezzo. Niente paura, siamo tutti qui. E ci sarà sempre per te chi ti ascolterà e che ascolterai, chi avrà il tempo di un caffè al volo e una chiacchiera piccantissima e innocente, come solo sanno essere le chiacchiere del mattino presto, molto prima delle 10. E un'amica che ti chiamerà, apposta per dirti che c'è qualcosa di viola, oggi in vetrina, anzi, di antico, (!) e che in fondo non vuol dire niente ma vuol dire così tanto a chi parla e ascolta anche col cuore. C'è un colore di pioggia, là fuori, un colore che non promette granchè di buono. C'è un pane fragrante in cucina, miliardi di progetti sul tavolo di vetro e lui, che balla e balla sullo scanner. Niente paura, niente paura, ci pensa la vita, mi han detto così. E da oggi, ci pensa anche il pinguino, mi sa.

14 gennaio, 2008

Rane nel cervello.


E' tutt'altro che una bella sensazione. Le rane nel cervello, famose in ogni dove per rendere assolutamente immota, stagnante e senza il minimo sussulto una giornata, meglio se di lunedì, ma non influisce, potrebbe anche essere mercoledì, in fondo. Le rane nel cervello sono quelle che ti fanno rispondere E' Uguale, ad ogni domanda che ti viene posta. TI fanno far le cose con un automatismo che non è il tuo, camminare nel gelo ciondolando, anche se spedita e un pò di fretta, strascinando ( lo so, non è italiano ma la s è un rafforzativo della vicenda) i piedi come se pesassero tonnellate, ed è tutto una fatica, ma una fatica, ma una fatica. Tutto dipende da loro, dalle rane che ti ballano nella testa, che si intrufolano nelle sinapsi cerebrali e saltano e gracidano e stanno lì con la loro faccia da rana, gli occhi falsi, e fanno in modo che da un polo all'altro della tua testolina le notizie e i comandi arrivino distorti o non arrivino affatto. Non si comunica, qui, Houston abbiamo un problema e non è mica di neuroni, son belli svegli e all'erta, ma è proprio questo fango, direi, queste sabbie mobili che ho in testa, questo stagno senza ninfee eleganti ed eteree ma solo acqua sporca e bottiglie di plastica, limaccioso e fangoso, che non mi permette quest'oggi di formulare un pensiero che abbia un senso, avere uno stimolo che sia uno, dare una scossa al mio encefalogramma che più piatto di così. Passa, ossiccerto che passa, verso sera, magari, cioè alle 4 quando è quasi buio e le rane vanno a dormire e la smetteranno. Mi consola pensare che in fondoinfondo,l'unico bel ragionamento che mi salta fuori oggi è il seguente: Meglio avere le rane nel cervello che un cervello da rana. Ma di ciò, signora cara, non sono nemmeno tanto sicura. Del cervello, intendo.

11 gennaio, 2008

Scarnebbia.


Che non piove, non nevica e non c'è la nebbia. O forse un pochino sì. Ma è quel tempo atmosferico che nessun colonnello saprebbe definire, di quelli, qualcuno in divisa, qualcuno col cravattone, che gesticolano come prestigiatori alla tv per far vedere le colline, il moto ondoso in aumento, i venti da nord, l'anticiclone delle Azzorre. Pioviggina, più o meno. Sul venditore di rose, abbracciati ai loro secchi e con lo sguardo perso, glieli comprerei tutti ogni mattina, quattro euro per un mazzo di rose un pò passate, ma di un bel colore aranciato rossastro. Pioviggina sui ridicoli cani coi cappottini e i guinzagli in tinta, sulle loro padrone più ridicole di loro, pioviggina sugli uomini assiepati davanti al Comune, che ogni volta ti fanno pensare che ci sia una manifestazione o che ne so, e invece no, stanno lì a chiacchierare e a niente fare, e a guardare la gente che passa e il tempo, anche, non quello atmosferico, stavolta. Pioviggina sulle luminarie ancora appese, sui saldi noiosi, sui negozi sfitti. E pioviggina su una me che conosco bene, quella che c'è quando la pratica è voluminosa, quando la vicenda si complica, quando il gioco si fa duro. La me di queste volte è quella che esce di casa senza spararsi fuori, quella che ci mette tutta la calma del mondo, la pazienza, la comprensione e la benevolenza. La me di queste volte è una donna precisa e inconsueta, una specie di giannizzero, un lanzichenecco laborioso ed operoso, un soldato semplice con mire da generale. Determinata e astuta come una faina. Organizzata quanto un furbo contrabbandiere macedone. Un pò fuori, ma forse è proprio questo che mi salva, ed è proprio su questo, su questo mio essere così assurdamente ridanciana ed incosciente e canterina e fatalista, che piove. Anzi pioviggina. Ma no, scarnebbia.

09 gennaio, 2008

L'ora del tè.


Una bella abitudine. O forse, solo voglia di qualcosa di diverso. Un rito, che so, un momento di pace, senza pensare a niente, apparentemente, soltanto, si guarda fuori dalla finestra, la collina un pò di panna un pò di farina. Si ha una serie di tè da scegliere, aromatici, classici, tradizionali ed esotici, verdi, bianchi e rossi. Proprio non si è resistito a comprare anche quello alla menta, ha un aroma forte, ma che ci fa.E il calore, poi, quello che senti abbracciando la tazza con le mani. Puoi stare lì, a guardare lo zucchero che si scioglie piano, mescolando per dieci minuti, anche, mentre la mente và fuori, si rotola nella neve, si inzàcchera nel prato fradicio di foglie, si alza a guardare in sù, il tempo basso, la nebbia fina. E poi, c'è la musica. Il cucchiaino sulle pareti, e il rumore della tazza sul piattino, sdling!, uno nota leggera ed elegante, complice, in un certo senso. Inebriante. Si può fare di tutto, davanti a una tazza di tè. Si può dire che freddo, e saremmo bugiardi, il freddo passa se bevi un tè, passa la tristezza e la tosse, e l'influenza, nel caso in cui. Si può leggere e chiacchierare, interrompendosi soltanto per un sorso, un sorso e un soffio, che bello è soffiare sul tè bollente, e un altro, ad ascoltare. Si possono fare progetti, litigare in qualche caso, spiegare una regola di inglese e ricamare. Sono giorni di casa, giorni un pò difficili, dove conti fino a diecicentomille, dove a volte ti sembra di farcela e altre volte invece no, ti ritagli via da tutto e inventi e scrivi, e cucini e ti concentri e ti dici, ma sì, ma sì che ce la faccio, chi ha mai detto che era facile. Così, ci si premia di cose, ci si fanno regali che prima non sapevi, e preziosi, davvero, si accudisce un pò di più questa casa in collina, ci si sentirà forti, più forti di prima, zucchero viola, please, e affidi i tuoi pensieri al tintinnare compunto e scivoloso che fa sul piattino la tazza del servizio buono.

08 gennaio, 2008

Il diavolo.

Ma no che non veste Prada, nossignore, non adesso, almeno. Che io non ami i primi giorni dell'anno non è del tutto vero, nutro per essi dei sentimenti alternati, di noia e sbadigli o di premonizioni di disastri di immani proporzioni, o di sfavillante, compulsa e convulsa iperattività, fiducia nel futuro e nel prossimo mio, o voglia irrefrenabile, qualche volta, di allestire un falò e di sistemarci, accuratamente s'intende, qualche personaggino non proprio adorabile. Gennaio và così. Stamattina mi sono presa un paio d'ore, la figliolanza allargata, oh yes, signora mia, qui i figli crescono come funghi, come dice? no, no, non scruti i miei vestiti in cerca di rotondità sospette, non sono mica Nicole Kidman, ho vinto un figlio nuovo, cresciutello e già svezzato, fanno cinque, madame, sì grazie, l'unica cosa che non mi deve dire è proprio Auguri e Figli Maschi. Sgrunt! Così, stamattina, regina incontrastata del focolare domestico, profumi e balocchi per meeeeeeeee! A Natale, qualche Anima Diabolica ha pensato bene di regalarmi un orpello che ancora non non aveva trovato posto nella mia collezione di trucchi: un eye liner e, per giunta, viola melanzana. La libidine. Ben si sa, io son maldestra, non sono usa a pasticciarmi gli occhi, se non con il divino, che non lascia traccia o quasi. Così, stamattina, presa da raptus, indecisa se rifare i letti o darmi un'aria glamour, non si sa mai, può arrivare una sventola di postino da un momento all'altro, certo, lo riconoscerei, suona sempre due volte, ma che ci vuoi fare....ho compiuto l'insano gesto. Autodidatta. Ho scoperto in me doti nascoste. E posso con candore affermare che niente, niente, nientissimo al mondo tira più sù il morale di questo coso qui. Modalità d'uso: tenere la mano ben ferma, allungare verso l'esterno la palpebra e tracciare con tenerezza una righina sottile, avendo cura di sgnàccare un pò di più (do you need translation?) quando ci si trova a metà del percorso, e poi di nuovo assottigliare. Più facile a dirsi che a farsi. Occhio da pantera, sguardo languiderrimo, un pò tangenziale, ma appena appena. Così, in questa immensità, in questo delirio di ansie e squinternamenti, ho rifatto i letti che sembravo Carla Bruni. Beh, quasi. Mancava solo Sarkozy. E le piramidi, ovvio.

07 gennaio, 2008

Ti racconto.


Hai gli occhi ancora non aperti del tutto, come lo sono gli occhi che ancora avrebbero dormito un pochino. Ma vuoi raccontare, vuoi dire, questa mattina di gelidissimo gennaio, che non si ha voglia ma che si deve, saltar fuori dal tepore sicuro del tuo letto alla vita di sempre, la scuola, il pianoforte, le tue amiche chiassose con cui balli nei corridoi, le coccole al gatto. Parliparli, le parole escono ancora avvolte da quella magia che ha la notte appena passata, rimbalzano senza rumore, come le palle di gommapiuma, bolle di sapone, fiocchi di neve. Eravamo in una casa ma non era la nostra casa e noi non eravamo noi, i miei fratelli erano più piccoli di così e c'era anche Margherita che era piccolina e tu mi avevi nascosto un cd e io volevo trovarlo, poi la torre di Londra suonava e io avevo fretta perchè dovevo andare a scuola e tu volevi giocare ancora ed era tardi, così poi mi sono svegliata, anzi no, aspetta, c'era anche che pioveva. Mi perdo, bambina, Mi perdo nel tuo racconto, nelle parole che mi hai regalato stamattina, senza neppure alzarti, dal tuo cuscino con la corona da principessa, coi tuoi pupazzi intorno e i tuoi cuscini e la faccia stropicciata e i capelli arruffati, e i tuoi occhi color dell'erba a primavera. Mi perdo nelle tue carezze incerte, nel tuo abbraccio piccolo, Ciao Mami, nella tenerezza che hanno tutti i tuoi risvegli. Mi perdo quando mi dici Ho Fatto Un Sogno, perchè i sogni, tu lo sai, sono le favole che i bambini raccontano ai grandi per farli sentire più sereni.

05 gennaio, 2008

La collezionista di.

Sciarpe, è già stato, tempo fa. E' presa un pò a tutti, questa febbre da sferruzzo, chi si sente imbranatissima, chi laureata cum laude come la scrivente, in fin dei conti, qualche volta un pochino ce la si deve anche tirare, eccheccavolo. Si produce, alacremente, si sperimentano punti e trecce e forme e ponpon, con quell'aggeggino trovato a Londra, si ricevono ordinazioni dalla PrinciOcchiDiBosco. In realtà, da lei e da lei soltanto. Sono fioccati i NoGrazie alla mia domanda Volete una Cuffia? Farà Freddo nei Prossimi Giorni, e sapete com'è, pure i Giorni della Merla, e il gelo dall'Atlantico. No Grazie. Davvero, magari per andar per mare, senza fiocco, lo faccio in un'ora scarsa. NoGrazie. E tu, per andare al Politecnico, col freddo che fa a Torino, puoi scegliere il colore, lo spessore, ho perfino due gomitoli di cachemere. NoGrazie. Così, sferruzzo e basta solo per noi due. La Princi e me medesima. Fors'anche ce ne scappasse una per il bambolotto. Abitanti di questa casa mi congratulo con voi. Ingrati. Fedifraghi. irrispettosi del lacvoro e della creatività altrui. E ignari delle tendenze, non già. Ormai, è tutto un tricottare, un dirittare e rovesciare, un knittare insomma, e voi, voi, privilegiati che potreste avere anche le mutande, con licenza parlando, fatte a tricot, ripetete come un mantra NoGrazie, NoGrazie. Ok. Le terrò per me. Terrò in caldo la mia frivola testolina, i miei pensieri più segreti, e anche quelli che segreti non lo sono nemmeno un pò, quelli che si fanno guardando per terra, quando si cammina senza una meta vera, quando si deve andare in un posto ma non si sa ancora dove, e si gira e si gira, o si è un pò in anticipo, o talmente in ritardo che correre sarebbe inutile e si guardano le vetrine senza vederle, e mentre si pensa e si pensa, e i pensieri, lo sanno anche i sassi, se non li tieni per bene, sono dei mariuoli veri e scappano fuori, salgono via, come la schiuma dello champagne, esondano dal cervello e volano via, volano e volano, così alti che non li acchiappi nemmeno a piangere greco, e allora, che storia è se i tuoi pensieri vanno via, vuol dire che non eri nemmeno degna di averli formulati, se non sei brava a tenerli, è proprio così difficile da capire? Un berretto sulla testa basterà. Staranno lì. Al caldo, anche, e rivestiti di colori molti glamour. Così, li avrò sempre con me. Anche stasera. Che mi dispiace che le vacanze di Natale siano così finite, che il gatto ha gradito la sabbia dorata del presepe, che domani bisognerà tutto sbaraccare, le luci, le stelline e i campanelli, e che non so bene come sto, non so nemmeno se sono in anticipo o in ritardo, ma tanto, che m'affanno a fare, correre non servirà.

04 gennaio, 2008

L'odore della neve.


Così nevica. Forte, a fiocchi piccolissimi che sembrano spolverati da qualche parte, un tappeto sbattuto, una tovaglia scrollata giù da una finestra in alto in alto, non regolari, non prevedibili, cadono giù come capita, senza un disegno vero, come hanno i fiocconi grossi, che nevica per una mezz'ora e poi smette. Apri la finestra, quella sugli alberi, sui pini appesantiti da tutto questo bianco, da questo gelido calore, ma come fa, è fredda eppure scalda, è il suo mistero, in fondo, la neve è un pò magica, fa tutto soffice, fa tutto bello, nasconde le cose e le trasforma. In meglio, credo. Mi piace camminare nella neve, non quella dove scii, ce n'è così tanta ed è scontata, no, mi piace quella di città, quella a sorpresa, quella che cade sulle cose che conosci a memoria, e te le ridà vestite di nuovo. La neve si respira, anche, se ti concentri capisci che ha un odore, un profumo di freddo e di cielo, in fondo è proprio da lì che viene, di cosa può sapere, se no. Sa di nuvole, sa di altissimo, sa di ghiaccio e di infinito. E respirandola ti spazza via i pensieri della notte, ti riempie l'anima di cosa non lo so ancora, forza, sembrerebbe, e entusiasmo, quello che metti in ogni cosa che fai, una per volta, è la tua filosofia, mai affrettarsi e mai preoccuparsi, non ti riesce mai bene, in realtà, ma cosa c'entra. Ci sono ancora tre giorni di calma assoluta, di figli dormienti, di vecchi film alla tv, di pranzi improvvisati, di coperta e divano. Tre giorni, tre episodi, tre regali impacchettati, tre rose d'inverno, preziose ed intatte, avvolte per bene da una soffice corona di neve.

03 gennaio, 2008

Frivolezze nella tormenta.

Da avere. E subito, anche. Un must per il 2008. Assolutamente irrinunciabile. Prima però, bisogna ben capirne il funzionamento e l'utilità. Grande spolvero ed enfasi ha dato Shu Uemura a questo aggeggino, anche nel film, o meglio nel gigantesco spot pubblicitario, che è stato Il Diavolo Veste Prada. Ho idee confuse a riguardo, sarà che sono in vacanzissima, sarà che siamo piacevolmente blindati a Villa Villacolle da una tempesta di neve che turbina e vola e imbianca e ci fa guardar fuori rabbirividendo e uscire sul terrazzo solo per sfamare Federico, sarà che si è tutti ancora in pigiama, qualcuno dormiente e che la scrivente nessuna voglia ha di cose serie. Tornando a lui, sfidate la tormenta e recatevi alla profumeria più vicina, se Milano in Via Brera, se Londra in Covent Garden, signora cara e scusate se è poco, da questo omino giapponese che ha appunto reinventato questo orpello: Il piegaciglia. Sissignora. Ora, il piegaciglia era assolutamente indispensabile negli anni diciamo 60, i tempi del Piper, insomma. Poi, è finito nel cestino, in fondo al cassetto, e nessuno se l'è più filato. Inutile dirlo, con rispetto parlando, io lo posseggo. Ma, ahimè, mi vedo costretta a confessare, qualcuno mi spieghi con precisione...a cosa serve? Io ho provato, davanti allo specchio, confrontando il prima e il dopo, ma le ciglia sono assolutamente identiche, sia senza che con. Con ciò non voglio asserire con noncuranza che la natura mi ha dotato di ciglia già di per se stesse curvate alla perfezione ma sono forse impedita e non faccio un uso proprio dell'aggeggio in questione. Si sa, son problemi da togliere il sonno. E in un giorno così, con la neve sulle lucine di Natale appese alle finestre, col camino che scoppietta e una certa buona dose di compiti di vacanze da imporre alla figliolanza, una minuscola sciocchezza ci voleva proprio. Senza contare che magari nel pomeriggio mi verrà proposta una passeggiata in collina, con piumino e berrettone di lana, per improvvisare una battaglia di palle di neve. Ci andrò eccome. Ma prima, avrò cura di piegarmi per benissimo le ciglia. Devo forse farmi insegnare da un giapponese come si ottiene uno sguardo da gattona?

02 gennaio, 2008

Rema.




Lo sapevo, lo sentivo, non so bene come. Ci sono cose che fai in automatico, come se un omino invisibile ti ci tirasse per la maglia, fai così. Così ti trovo, le parole non escono liquide come fai di solito, sono come di gesso, come impantanate e fanno fatica ad uscire. E quando escono, non sono da sole, ma insieme ed un pianto che sa di resa, di stanchezza infinita, di noncelafacciopiù, di risorse esaurite, di nessuna voglia di cercarne. Fermati, adesso, e trova il coraggio di vedere, di scoprire, di far sapere che adesso, quella che ha bisogno sei tu. Che anche le pile di Wonder Woman si esauriscono e vanno cambiate, che l'entusiasmo e la forza di crescere un figlio e accudire un marito e tutto il resto non si trovano propriamente nei banchi del mercato. Fermati, hai il raro dono dell'intelligenza, della forza, dell'ironia, giochi con le parole come con i Lego, come quando da bambine le rovesciavamo nel cortile. Ora, medica quel tuo cuore malandato e quella tua anima che troppe volte non hai avuto tempo di ascoltare. Ora, pensa un pò a te e a quello che sei, a quello che vuoi davvero, senza pensare che se ti fermi tu si ferma tutto il delicato ingranaggio che tiene sù una famiglia complicata come la tua. La magia delle donne è proprio quella di non smettere mai di remare, voga verso la nave, Spugna, voga verso la nave, il segreto delle donne è il sapersi inventare, a seconda delle volte, degli umori, delle situazioni, una specie di ricetta, un vestito nuovo, un nuovo trucco per sembrare più lucenti, un nuovo sorriso, una faccia nuova, un sospiro e via, il naso incipriato, i capelli spazzolati, una soffiata di naso. trova questo segreto, ti presto il mio, se vuoi, cercalo, adesso, da adesso. Da subito. E fa che niente e nessuno, Manu, ti facciano venir la voglia di smettere di remare.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...