08 novembre, 2007

Le biglie.



Non è bello venire a svegliarti. Apro pianissimo la porta per regalarti ancora un solo secondo di sonno e di magia. I tuoi fratelli sono svegli da un pò, fanno tutto alla moviola, loro, così mi porto avanti e passo prima da loro. Tu no. Tu sei un fringuello già da subito, hai già tutto allineato sulla sedia, magari un bigliettino per ricordarti di una cosa da fare. Già grande. Stamattina hai indugiato un pò, ti sei stiracchiata come certi gattini, e mi hai circondato il collo con le braccia, Stavo Sognando. Così, raccontami. Di quella compagna di scuola vestita di lustrini che ti regalava un cane e lo portava a scuola, questa notte. Che buffi che sono i sogni dei bambini, quelli che passano piano da sotto la porta, quelli che respiri a briciole sul loro cuscino, col calore della notte e i capelli arruffati, tra i pupazzi e i cuscinetti con le scritte. Raccontami i tuoi sogni. Ti racconterò i miei, solo i più belli, però, quelli colorati, quelli in cui vedo le cose più lucide, non quelli dove corro inseguita, magari, o quelli in cui voglio parlare o scrivere o comporre un numero e non ci riesco, capita soltanto a me? Ti racconterò dei sogni che ho io, non quelli della notte, quelli del cuore, quelli che faccio di giorno, con tuo padre, magari, o soltanto miei. Guardali. Sono biglie colorate in una retina di plastica, li ho sempre con me, a volte li accarezzo dalla tasca, per sentire il rumore che fanno e non scordarmi mai che ci sono, che ce li ho, che sono lì e finchè li sentirò tintinnare sarà una specie di magia e sarò felice di averli. Li custodirò, ne avrò di nuovi, per tutti i giorni che verranno. Fai lo stesso anche tu, figlia, tieni in tasca i sogni della vita, sérbali e difendili, con forza, se dovesse servire, tienili lì, accanto a quelli della notte, si faranno compagnia. Sono palline di cristallo, quelle coi colori dentro, sai?, quelle da giocarci sulla spiaggia, da far suonare, da avere. Nascondile, un pochino. Ci sarà qualcuno che vorrà portartele via, o rompertele o scambiarle con le sue. Non farlo mai. Soprattutto con chi chiama le tue preziose sfere di cristallo semplici e stupide biglie di vetro.

07 novembre, 2007

Ma guarda un pò.


La nebbia mi piace, mistero non è. Molti gridano allo scandalo, ma a me piace, mi avvolge, mi rassicura, mi fa mistero e magia, apparizioni e sparizioni. Mi piace perchè ha un buon odore di freddo, di foglie e di umidità. E poi perchè, è scientificamente dimostrato, se esco di casa alla 8 con la collina ben avvolta in un cumulo di bambagia che non si vede, non quando ci cammini dentro almeno, cioè ci cammini e la vedi poco in là e dici, adesso ci cado dentro, ma è come l'orizzonte e non ci arrivi mai...va bene, è confuso, ci tiro una riga. Se esco di casa con la nebbia, in città c'è il sole. Fine del teorema. E col sole tutto sembra più gradevole, più nuovo, in fondo, più bello, perchè no. Si può avere il cappotto sbottonato, allentare la sciarpa knittata (a tal proposito, si resti con le antenne benissimo alzate), farsi sorprendere dal sole, mica subito ripararsi con gli occhiali, ma fare in modo di socchiudere un pò gli occhi, ma guarda un pò tu che bel sole che c'è. Si sta bene, stamattina. Si faranno sole cose ben gradite, ci si sentirà uniche e irripetibili, ci si beerà, di questo piccolo insignificante benessere improvviso, sorridendo molto, non solo da fuori, ma dentro, che è un pò più difficile. E stamattina, che ho i tacchi e so di buono e che ho aspettato che finisse la schitarrata di Albachiara prima di scendere dalla macchina, stamattina c'è qualcosa che non so, che non codifico ma che non mi importa, stamattina respiro qualcosa che mi fa dire, ma guarda un pò tu, senza magoni , chiodi nel cuore e sospiri tirati sù da sotto le scarpe, ma dimmi un pò tu che bello che è.

06 novembre, 2007

Tu chiamale se vuoi.




Ero scesa per cercare un'altra cosa, uno stampo da plum cake piccolino, che non uso da tanto. Così ho aperto lo stanzino delle cose, quale casa non ne ha uno, dove si stipano le tazze sbeccate che non hai cuore di buttare, qualche quaderno finito, un frullatore antiquato, una specie di sgabuzzino, dove tutto viene stipato dapprima con ordine scientifico e poi cacciato lì alla rinfusa. C'è di tutto, vecchi giochi, una coperta, gli album dei Pokemon e le scatole delle fotografie. E gli album, anche. Così, mi sono fermata, seduta a gambe incrociate, tra una fila di bicchieri di plastica e un cestino da picnic. Sì, forse avrei fatto lo stesso vestito. E lo stesso cappellino coi fiori freschi e i rametti di felce. Trovo. Persone che non vedo da secoli e dei quali nulla so più, persone che non vedo ma delle quali conservo ancora il numero sul telefono e qualche volta ci facciamo gli auguri a Natale. Rivedo. Persone volate via, tante, in verità, che strano vedere le foto di chi non c'è più, un ritratto che sorride, e ti piace pensare che adesso che lo vedi, sorrida anche da Lassù. Ci sono. Le zie coi cappelli e i mezzi guanti, lo zio col papillon, le amiche d'infanzia, i figli, che strano, avere i figli in situazioni come questa. E poi ci siamo noi. Belli, c'è da dire. Emozionati, c'è da scommettere. Uguali, c'è da sperare. Così, in un primo pomeriggio di un autunno cigolante, che non piace e non soddisfa e ci fa sentire scricchiolanti e un pò stanchi di niente, ci si ritrova a pensare, in uno stanzino pieno di carabattole e di disegni stropicciati, quanto amore c'è, quanta bellezza, quanta ineguagliabile perfezione, quanta sottilissima nostalgia, quanto struggente calore, quanta lucidissima felicità ci possa essere a sfogliare, per caso, le fotografie di un matrimonio. Del mio, nella fattispecie.

05 novembre, 2007

Spazzolato.

E no che non ho preso lucciole per lanterne, non che mi sono sbagliata, ho scritto qui invece che su Santa Polenta, certo che no. Solo che questa, bellezza, non è farina del mio sacco. E' un regalo, sissignora, anche se forse si dovrebbe usare l'imperfetto. Un regalo inaspettato, in realtà era stato annunciato giorni fa, tra una chiacchiera e un rovescio, Faccio un Salame di Cioccolato da Primato, e infatti, così è. Assaggiato prima con educazione, un angolino, sai com'è, questi week end di vacanza sono un vero attentato alla dieta, ma chisseneimporta, in fondo. E poi, assaltato e sbranato con voracità dai figlioli tutti, dal Giovane Holden in giù, ivi riuniti per consumare il rito della partita di calcio, la domenica sera, con il loro Patriarca. Tutti in fila, gatto e cane compresi, la Princi e la scrivente che della partita proprio non si curava, ma potevo forse occultarmi in un altro angolo della casa e fare la solitaria? Sarà stata l'ansia della sfida calcistica, sarà che non hanno fatto grande festa alla mia crema di zucca (Ti piace? Beh, Piacere è Un'Altra Cosa) ma il dolcetto della mia Amica dalle Perle Luccicanti ha fatto la parte della star. E poi, il packaging, che grande esempio di semplicità e classe. Colpita e affondata. Ben lo si sa, da mela nasce mela. Chiederci al Maturando per dettagli.

04 novembre, 2007

Merito suo.


La pace, credo. La bellezza, anche. La tranquillità, quella fatta di niente, non che devi andare a cercare di qua e di là, monasteri, ritiri spirituali e cose così. Il niente, insomma. Partita non proprio in forma, senza nemmeno tanta voglia, in realtà. Ma di voglia non se ne ha per niente, sarà la stagione, si dice, per alcunchè. Poi, il sole che sembrava di maggio, l'aria caldina, un vento discreto ed educato, nessun programma, se non giri e giri, una pizza, forse, un film, amici da vedere, ma con calma. Così, ci si porta fuori. Dalle tristezze, dalla malinconia diffusa, dal non voler essere da nessuna parte. Che noiose sono le persone quando sono così, che noiosa sono io quando mi sento così, un pò persa e un pò sospesa, una bolla che và, una mina vagante, un missile terra-aria, un pò brodino un pò nitroglicerina, un pò budino un pò marmo di Carrara. Che noia è starmi vicino, quando non ho il minimo slancio, quando potrei andare a Parigi o a Rozzano con la stessa espressione, quella da antibiotico, quella da Sto Andando dal Dentista, quella che mi fa stare arrotolata come un serpente nel cestino, e non c'è suonatore di piffero che riesce a farmi saltar fuori. Che donna sgradevole divento, quando non ho voglia di cucinare nemmeno un caffelatte, quando il mondo che mi gira intorno e dietro e di fianco potrebbe anche andare a farsi fottere, e che m'importammè. Sarà che c'è il mare. Sarà che luccica e che ho qui il mio Sposo e i miei figlioli più piccoli, ho un bel libro da finire e due maniche da attaccare alla maglia della Princi, che ha imparato ad andare sui pattini. Ho bisogno di tempo e di aria, di vento, anche come quello di ieri a Bergeggi, un vento salato, improvviso e affascinante. Così, piano piano, con piccole cose e piccole carezze, piccoli sciocchi miscugli che sgarbuglino i pensieri più intricati che ho, come il balsamo dopo lo shampoo, così, tutto tornerà come deve. C'è una musica lontana e non sono le sirene, questo mare di seta mi ha fatto un regalo, e laggiù, proprio là dietro, un suonatore di piffero farà uscire dal cestino uno sciocco, noioso serpente.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...