09 settembre, 2007

L'ho fatto.

E' stato bello. Emozionante, anche, non comprensibile da chi lo fa sempre e magari ci si annoia pure e non ne può più. Per la prima volta nella storia della mia vita, ho fatto la cognata. L'invitata. Quella che arriva col vestitino buono e qualche figliolo, un pensierino per la padrona di casa, un vassoio di paste, quelle legate col cordino dorato, come nella tradizione della città in cui vivo che non è la mia, già, ma la mia, invero, quale sarà mai? Troppi traslochi e transumanze e spostamenti. Adesso, si ha voglia di radici. Da un pò di tempo, in realtà. Si ha voglia di non sentirsi sempre stranieri in terra straniera, di sentirsi dire, Siete Soli, Venite a Pranzo, Domenica? E mica da persone qualsiasi, si badi bene. Ora, càpita che la scrivente abbia sì una famiglia che è simile ad una falange armata, unita e compatta. Ma a volte, sono le origini che mancano, siamo tutti un pò sparpagliati, forse nemmeno tanto legati, o forse legata la sono solo io e gli altri hanno fatto un corso di Slegamento da Figlie e Sorelle e sono stati promossi a pieni voti. Com'è come non è, oggi mi sono recata. In visita pastorale, su invito, da parenti inventati. Da cognate che erano e non sono più. Da sorelle di cognate che cantavano con me in chiesa centinaia di anni fa, che se ci fossimo messe, oggi, avremmo cantato l' Ave Verum di Mozart proprio come Bocelli, la sappiamo a memoria, mica bruscolini. E suo marito, che è stato mio catechista per la Cresima e a dirlo non sembra neanche vero, preparava il soffritto e chiacchierava con me con la limpidezza e l'accento benevolo e carezzevole che solo le persone di queste parti, le mie, hanno con me. Delle cose passate, neanche una parola, ma in fondo io che c'entro, i matrimoni finiscono solo tra due persone, chi mai l'ha detto che si debbano aspirare col battitappeto anche le persone che ruotano intorno agli sposi non più sposi? Certo, deve passare del tempo. Deve esserci un nipotastro che adoro, che ha il mio cognome e gli occhi dolci, unico sulla crosta terrestre che mi chiama zia e io mi sciolgo ogni volta, perchè sua zia la sono davvero e per un pò non l'ho fatta e sto cercando di riprendermi il tempo che ho perso, non per causa mia. Si rimedia, con gli affetti. Coi risotti della domenica, con gli inviti da una famiglia che non è la tua, ma che ti regala marmellata e conserve e ti dice Ti preparo Un Caffè, come, a me? E ci si trova a spettegolare di gente che non pensavi più, di cose e persone, a sentire il campanile, a dire ancora qualche parola in quel dialetto che un pò hai scordato. Ma le ragioni dei sentimenti, della vicinanza e del bene più schietto, vanno al di là delle carte bollate. Cognati o non cognati, amici che sembrano cugini, Amiche del Cuore che passano apposta per farti un saluto, grazie di farmi sentire, nel paese che non è più il mio, ogni volta, a casa mia.

08 settembre, 2007

La gita scolastica.


Ma sì che ci siamo. Lunedì inizia la buriana. La sarabanda. Il delirio. Il Gran Ballo della Scuola. Da qualche anno, ho istituito a casa mia una serie di piccoli riti, stupidaggini perlopiù, ma che rendono un pò più dolce il rientro, la sveglia presto, per cominciare, e i ritmi scanditi, per finire, i giorni programmati, gli impegni, insomma. Finiti i giorni senza orologio, a chiedersi se è martedì o domenica, il rientro è caratterizzato dalla cerimonia della Scorta Scuola. Si sceglie con cura un supermercato, meglio se in un centro commerciale, e, ben forniti di pecunia, i figlioli son tanti, signora bella, e con quel che costa la roba al giorno d'oggi, non mi dica nulla, guardi, e ci si reca. Ieri era il giorno designato per tale operazione. La PrinciBigBubble al settimo cielo, anche perchè quest'anno abbiamo avuto una new entry. Mi sono caricata infatti uno stuolo di figli, i miei, e anche la Biondina, che mai, mai, mai avrebbe lasciato solo il suo Amato nell'ardua impresa di scegliere un temperino. Detto fatto, ci recammo. In realtà la situazione ci è un pò sfuggita di mano. Non soltanto perchè durante il viaggio si è deciso che sì, in fondo di quaderni nuovi ne avevano ancora dell'anno scorso e che con pastelli e pennarelli ci potremmo lastricare la Fifth Avenue, e che forse, però, magari, un giretto da Zara per un maglioncino con scollo a V, che vanno tanto di moda tra i liceali, un vestitino, mamma, che quelli che ho mi sono corti, com'è, come non è, mi sono lasciata convincere. Ora, chi ha figli adolescenti o giù di lì, sa con precisione che razza di estenuante, sfinente, raccapricciante compito sia fare spese di abbigliamento con loro, i figlioli. In tali situazioni, anche il più disinteressato alla vicenda assume atteggiamenti da Maria Callas in camerino: o prova decine di jeans (tutti uguali) o non ne prova nessuno e bofonchia. Ho stilato un piano d'azione. Ci dividiamo, ognuno cerca per sè con un occhio al budget e poi ci troviamo alla cassa. E' stato divertente. Ci sono passaggi, nella vita di una donna, in cui fare la mamma passa da soffiare nasi, a sentire sul polso se il latte scotta, a guardare Bambi per la centesima volta, a costruire coi Lego, a pettinare le bambole. E poi, via via, il tempo ti scivola, e quando scopri che, accidenti, ti hanno superato di almeno due centimetri e non sai più esattamente che cosa succede, se sono loro che crescono e tu che stai ferma. E adesso, qualche volta, sono loro a far giocare te perchè insieme ti capita di ridere fino alle lacrime e a far confusione da Zara, come all'Upim di Firenze nel '79, e allora non ti importa se sulla prossima torta avrai due 4, e che non sono voti, ma ti senti bene e felice e un pò ragazza, e fai finta di scandalizzarti un pochino se il Liceale e la Biondina si baciano ogni 5 secondi, e te li guardi, grandi e bellissimi, e la PrinciDolce che li consiglia, Il Marrone Non è Il Tuo Colore, ma dove lo ha imparato? Tornati a pomeriggio inoltrato, stanchi, felici e senza il becco di un quattrino. Ma in segreto, in camicia da notte, appena prima di lavarmi i denti e andare a dormire, mi sono data un bel 7, e questo è un voto, signora cara. E il mio sorriso nello specchio, ma guarda un pò, era uguale uguale a quello del '79. Un regalo dei miei figli.

06 settembre, 2007

Casa.


A casa, alla fine. Una casa strana, diventata in quese ultime due settimane il ritrovo di gran parte degli amici dei miei figli, luogo di bivacco e di tornei infiniti di Playstation, di film di Blockbuster, di pastasciutte, di confessioni sul divano e spero solo quelle. L'ho trovata impeccabile, al mio rientro. I fornelli splendenti, non la traccia di una briciola, i letti rifatti, le lenzuola tesissime. Non mi convince. Scoprirò più tardi, infatti, che il ritardo della mia nave è stato provvidenziale e che un piccolo esercito di giovinastri, armato di Glassex e aspirapolvere, ha rimediato ai misfatti compiuti. E' il risultato quello che conta, no? Complimenti ai figlioli, miei e non. C'è un sottile piacere a ritornare alle cose di sempre, alle più semplici e più piccole, in fondo. Passato il primo smarrimento tra valigie e zaini, pochi, in realtà, viaggiavamo solo io e la PrinciFolletto, si ha il tempo, beato, di assaporare in pace ogni singolo angolo di questa casa colorata, sterminata, disseminata, piena di angoli e anfratti dove ognuno possa fare in pace quel che più gli aggrada, il broccolo davanti alla TV, l'intellettuale con un libro in mano, la sciccosa ricamatrice, il moderno internauta, la cuoca provetta, la nullafacente, la sbadigliante, annoiata donna di campagna, condizioni, queste ultime, che vorrei provare, ogni tanto, ma che, ahimè, sono di difficile messa in atto. C'è un momento, che và da quando posi le valigie a quando decidi di iniziare a disfarle, che il tuo cuore si riprende, o meglio, riprende possesso delle cose che ama, le sue, quelle che sa. Un giro rapido, a constatare che sì, il prato è bello e verdissimo, con l'acquazzone di due giorni fa, e le ortensie hanno perso il loro colore sfacciato dei pastelli, e sono verdine, opache, affascinanti, nel loro abito quasi autunnale. Mi piacciono anche così. E ritrovi i piatti a cuoricini e quel bicchiere sbeccato che non hai coraggio di buttare e decidi, su due piedi, di usarlo di sopra, per le matite. Sfiori appena la posta accumulata, non ora, per piacere. Sei a casa, si sente dall'odore. Vale per tutti, mi sa. La mia sa di cera per i mobili, di miele, credo, di vaniglia per via delle candele spesso accese. E di caldo. E qui, in questa casa in collina, in mezzo a tante ma unica, inizio da subito la mia vita di sempre, che non è il mare e la sabbia, ma figli e libri e zaini e spese e cene e verdure pulite mentre un figlio racconta, e le note sulla lavagna e i fiori freschi e grida dalle scale e pace sul divano, le fusa del gatto e due manine che mi fanno una treccia. "Home is where your heart is". Siamo a casa. Anche il cuore lo sa, anche se crede, impertinente, che lui possa stare in due posti diversi.

03 settembre, 2007

E tanti saluti.

Così, me ne vado. Tanti saluti, torno all'altra casa, quella col ciliegio, i gatti, il cane e il pettirosso. Domani si parla di una gran maestralata, chissà che mare ci sarà. Ma io, vado e tanti saluti. A tutti quelli che sono passati di qua, agli amici persi e ritrovati, ritrovati e persi, a quelli smarriti e a quelli che non si sono mai mossi da dove sono. Tanti saluti alle Crocs, alle donne rifatte, alle trentenni tristi e insoddisfatte, a quelli del Billionnaire, a quelli del Conosco un Agriturismo, tanti saluti ai tender, ai merdosi di Porto Rafael, ai marinai, alle filippine, saluti al contadino che vende la verdura all'incrocio, al ragazzo che Signora, Formaggio Le Occorre? Tanti saluti alle ceste di paglia, agli ambulanti della spiaggia, a quella che faceva le treccine, alla pilotina che vende i gelati all'Isola Piana, saluti ai gabbiani, ai delfini e alle balene, Saluti alla statua di Costanzo Ciano, posto che adoro, mi affascina, mi calma e mi dà pace, saluti ai parei, ai flaconi di Nivea, ai balsami al cocco, agli occhiali da sole. Tanti saluti al vento, alle onde più alte, al mirto e alle candele, agli aperitivi improvvisati, alle paste per 16, alle notti di luna, all'arcobaleno, che non si vede ma c'è. Tanti saluti ai pensieri più belli, alle lacrime, anche, alle storie passate, alle cose raccontate e a quelle ascoltate. Saluti ai sogni, belli e no, al rumore del vento sulle foglie, alle stelle cadenti e ai desideri, non se ne avvererà nessuno, lo so già, ma è stato bello farli. Saluti ai surf, alla sabbia e alle palette, ai salvagenti, alle gare di tuffi e alle notti alla fonda. Saluti all'estate che và via, strana e crudele, velocissima e trasparente. Domani sera, tante cose lasceranno quest'isola, insieme a me. Un pò di tutto questo lo porterò via. Ma qui lascio ogni volta un pezzo di cuore, un pò del mio tempo, i miei figli che crescono, le altezze segnate chissà perchè, sul muro accanto al frigo. Lascio un pò dei miei giorni, ogni volta un pochino, e andar via da qui è sempre così strano. Perciò, prima che diventi triste sul serio, baci abbracci e auguri per tutto, strangolerò il prossimo che me lo dice. Restiamo sul classico. E quindi e perciò, TANTI SALUTI.

01 settembre, 2007

Bricolage.

Con le passate giornate di tempo non proprio da spiaggia, con transumanze da curare, biglietti da fare, lavatrici da suddividere al motto di DiChiSonoLeMutandeAzzurre? assettare la casa già un pochino per l'autunno, abbiamo un matrimonio a fine ottobre, sull'Isola, possiamo mica mancare, in queste giornate, per l'appunto, m'è punta vaghezza di copiare dal famoso libriccino francese di cui sotto, un porta bijoux. Non già quei bei cofanetti delle caramelle Sperlari, quelli che non si incartavano mai, e nemmeno quelli con la ballerina e il carillon, o meglio, quelli tutti tempestati di conchiglie e foderati di vellutino, non mi vergogno a dirlo, mi piacevano da matti. Un quadro, mia bella signora, una cosa che sì, riunisca tutti i miei gioielli farlocchissimi, giusto per non trovarli dovunque per casa, si sa, nasco disordinata cromosomicamente, ma per vederli tutti lì, appesi in bellissima mostra nella casa delle vacanze che mi troverò tra qualche giorno a lasciare. Ingredienti per il porta bijoux: si trovi un bel falegname, palestrato q.b., che ti regali un pezzo di compensato, materiale di scarto, che cosa se ne fa di un assicella di queste dimensioni? Si aggiungano dei gancettini e due chiodi. E poi, manciate di collane e braccialettini, valore minimo, direi, nessuna preziosità, anche se ben si riconsce, al gancetto Precieux, l'anello che mi ha regalato la Fux. Si copi lo schema nei colori che più ci aggradano e che più si intonano al vostro umore del momento. Durata dell'operazione: una mattina di pioggia battente, con la nebbia che nemmeno si vede Maddalena, e la PrinciMedusa da assistere negli ultimi compiti delle vacanze. Ora, non resta che chiamare il Bel Falegname, e mostrargli l'opera compiuta. Aspetterò che il Capitano salpi.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...