31 agosto, 2006

Mezza luna.



E mille cose a metà. Mezza torta nel frigo, con ancora le gocce di cera delle candeline e la panna un po’ squacciata, come si dice, mezza bottiglia di vino, quello un po’ sgasato che si tiene lì per cucinare. Il bicchiere, mezzo vuoto o mezzo pieno? E mezza vita ancora da fare e mezza baguette per favore, che sacrilegio tagliarla a metà, e mezzo vasetto di Nutella, così, tanto per tirarsi un po’ su. Mezze stagioni , e cara la mia signora, lo so bene che non ci sono più, mezzogiorno di fuoco e mezzo cuore, un pezzo a te e un pezzo a me. Mezzosangue come il principe di Harry Potter, mezza gomma Brooklyn, di quelle lunghe che non si comprano quasi più, solo confetti che non mi sono mai piaciuti. Mezzo panino per la dieta, mezza mela grattugiata per il picci di pochi mesi, mezza pastiglia per dormire, mezze maniche perché è già primavera, mezzo flacone di profumo per una sera che è LA sera, quella che deciderà per te, quella che ricorderai per tutta la vita. Ricami a metà e libri, corsi, e anche storie a metà, mezze situazioni che non sai bene dove cominciano e dove finiscono, mezzo riassunto, mezza poesia da studiare a memoria perché tutta è troppo lunga e la studieremo più in là. Personalmente, non sono per i mezzi. Sono del genere tutto o niente, lo si è ben capito, mi sa. Ma questa fettina che mi guarda, e che in foto sembra un puntino di pennarello, in questo ultimo di agosto, mi ha dato un’emozione sottile, una specie di mezzo brivido, perchè quando sarà piena andrò via di qua e vi racconterei tutto per bene se non fosse che, disdetta, si fa tardi devo andare, sarei nei pasticci se no, la mia carrozza si trasforma in una zucca. A mezzanotte, appunto..

30 agosto, 2006

Lo iodio aiuta.


Sono una mamma famosa fra gli amici dei figli, per non assillarli mai e dico mai, con i compiti delle vacanze, che trovo un'assoluta perdita di tempo. Cionondimeno ( e qui il Devoto Oli dà già i suoi bei risultati), essi, gli amici, non sanno, nel loro ingenuo idolatrare la scrivente, che infliggo ai miei figlioli uno sporco ricatto, a chiamarlo col suo nome. Cioè, io non li assillo con i compiti delle vacanze, ma loro, allorquando riporteranno un infimo voto nei suddetti, avranno revocati tutti i permessi di uscita, partite di calcetto, feste di compleanno, commemorazioni e affini, fino al 1 gennaio dell'anno successivo. Svelato l'arcano, gli amici dei miei infanti possono smetterla con le osanne. Il figliolo di terza media, brontolando arranca. Con l'inglese e il francese, con il tema Come Hai Trascorso Le Vacanze, analisi logiche, e come nelle migliori tradizioni, con la matematica. Il mio sposo ed io, per formazione e inclinazione, ci siamo divisi le forniture di assistenza. E indovinate a chi spetta la matematica. Trovandosi però ancora sull'Isola, quale migliore cornice di una spiaggia semideserta per completare gli ultimi problemi, gli ultimi odiosi teoremi, potenze e affini? Dicono che lo iodio sia un toccasana per le alte vie respiratorie, scongiuri i raffreddori e fortifichi i bronchi. Spero di poter presto testimoniare che schiuda anche le sinapsi celebrali, riuscendo finalmente a far entrare in zucca al mio splendido figliolo anche i più ostici numeri periodici. Nebbia totale o quasi, per me. Ma, a mia discolpa, potrei recitarvi qualcosa di Dante che so, il Canto Terzo del Paradiso, quello con Piccarda Donati, che mi piace tanto. A pensarci bene, anche io da ragazzina stavo al mare tutta l'estate. Allora, funziona!!!!!

Dicono di me.


Che spendo e spando. Che mi piacciono le cose belle (è vero, che devo fare, farmi piacere le orrendità?), che adoro girare per negozi, che conosco tutti i luoghi di scialo del globo terracqueo. Ciò non dista molto dalla realtà. Nel senso, sì, confesso, è vero. Ma i serpenti a sonagli che lo asseriscono con una certa qual saccenza appena velata, si sarebbero stupiti, ma che dico, sbalorditi, ma che dico, ci sarebbero rimasti secchi nel vedere il mio acquisto di ieri. Vento a 78 nodi, mica quisquilie, cara la mia signora, e giro nel porto a salutare l'ennesima famiglia di amici che s'imbarcava verso il continente. E io medesima nella fattispecie, in loco situata, non distante dalla Costa Smeralda, noto luogo di sdilinquimento del popolo adepto a carte di credito e affini, avrei potuto spendere una somma discreta in, in ordine alfabetico, borse, camiciole, maglioncini, stivali, zaini (sorry, non avevo articoli con la z). E invece, no. Io, che ho una passione per i libri, che compro solo Elle e Marie Claire e qualche rivista di arredamento, io, famosa per dilapidare ingenti somme in beni voluttuari, ebbene, io ho comprato, udite udite, Sorrisi e Canzoni Tv. E soltanto perchè, per la modica cifra di € 14,90 (quattordici e novanta), ho avuto anche una copia del dizionario della Lingua Italiana Devoto Oli. Lo desideravo, forse più di una Prada in canvas o di una Kelly turchese. Tutto ciò và testè a dimostrare che la calunnia è un venticello e che le dicerie, ogni tanto, non ci azzeccano. E che io, ahimè, ho bisogno di uno bravo. Ma questo, devo averlo già detto.

Ode alla formaggella.

Acquistata tiepida, di ritorno da una gita di sei chilometri sulle alture di Santa Teresa, e quindi meritatissima. La formaggella è, in sè e per sè, un dolce semplice. Ricotta, zucchero, uvetta e scorza d'arancia. Bella scoperta. ma è lo scrigno di pasta frolla, che frolla non è, a farne una vera delizia. Ho spiato dal bancone fin dentro il laboratorio la pasticcera, un donnone con gli avambracci possenti e un sorriso limpido, ma non sono riuscita a carpirne nessun segreto di preparazione. Solo, la generosa spolverata di zucchero, appena sfornata, che fa pensare al luogo dove il suddetto zucchero si posizionerà, se sul fianco o sul sedere, ma nulla ci fa. A sciocca insalatina e triste pollo penseremo al rientro. La formaggella è adatta a una colazione tranquilla, una merenda improvvisata, un fine cena, un bicchierino di mirto. La fortezza croccante della pasta intorno svelerà ben presto il morbido interno. Calorie? Tremila, credo. Ma l'aspetto più esaltante di questo sublime dolcetto, è la complicità. Essa infatti, comprendendo bene il peccato che rappresenta, si lascia consumare senza lasciare traccia. La formaggella non sbriciola. Il che, è già qualcosa.

29 agosto, 2006

Disarmante.


Hanno fatto tutto per bene. Disarmato il surf, lavato le vele, preparato valigie e borsoni. Un pò alla rinfusa, certo, visto la durata dell'operazione potrei scommettere che non hanno piegato neppure una maglietta. Hanno portato con loro i biglietti delle discoteche, bottiglie vuote per ricordare che cosa, il bonsai che il grande ha innaffiato con amorevole cura per tutta la vacanza, braccialetti di semi e la Gazzetta dello Sport che titolava CAMPIONI. Hanno fatto gli spavaldi fino all'ultimo, felici di partire, sembrava, di arrivare in città e di avere la casa tutta per loro, per un pò. Un gruppetto di amici, gli ultimi rimasti, li hanno accompagnati al porto, scortando la loro auto fino all'imbarco, facendo il verso, che scemi, ai bodyguard della Costa. E lì. Abbracci, promesse, appuntamenti. E qualche lacrima. Tante, anzi. Di due bionde, rese biondissime da questo sole, si riconosce quando arrivi da 2 mesi sull'Isola, porti il suo sole sui capelli, non lo sapevi? Due cuori spezzati sul molo, regalini e bigliettini, che strano, che bello, ancora biglietti nell'era degli sms. E lacrime del mio figliolo liceale, quello che non vedeva l'ora di tornare a casa, quello che è partito per ultimo. Lacrime disarmanti che stupiscono, e commuovono a loro volta, perchè è strano vedere un uomo che piange, perchè è un uomo oramai, e non me lo voglio dire ma è così, e avevo gli occhiali ben piantati sulla faccia perchè non vedesse che sotto, piangevo anche io, a ricordare che a sedici anni, anche io stavo male a lasciare gli amici, il mare, l'estate. Mio figlio è me. I cambiamenti lo straziano, ben si sa. Partiti, arrivati, ok. Ai loro allenamenti di calcio, studiare?che coooosa?, al patentino della moto, agli esami dell'università, alle loro cose. Qui, la vacanza continua, a ranghi serrati così come era cominciata. E c'è il vento e fa freddo, ma tutti ci ostiniamo a dire che non vogliamo sentire parlare di partenza, che abbiamo ancora qualche giorno e che l'estate non è anora finita. Per piacere, no.

27 agosto, 2006

L'onda.


Forte e prepotente, di schiuma e di sale, di mare mosso e di maestrale, facciamo 30 nodi. L’onda che ti squassa, che si schianta con forza sugli scogli di Capo Testa, che ti sembra un documentario di National Geographic e invece ce l’hai proprio lì, davanti agli occhi, bella e dispettosa, che non dà il tempo allo scoglio di asciugare. A un’onda così, maestosa eppure così semplice, elegante eppure così selvaggia, nulla si può chiedere. O forse sì. Che lavi. Via da me quella paura assurda che ho qualche volta e che porti via le ansie, le notti che dormi male o non dormi affatto, che guardi fuori e aspetti che il tempo passi, che la luce arrivi, il sole anche. Che sciolga, nella sua schiuma bianchissima tutte le lacrime e i magoni, tutti i nodi in gola, tutti i buchi nello stomaco e più giù, in fondo all’anima, vicino al cuore. Porta via con te, onda che spazzi gli scogli, le volte che mi nasconderei per non farmi trovare da nessuno, le volte che mi sembra di non parlare la mia lingua, le volte che resto un pò incredula, stupita dalla gente, dal mondo, anche da me, qualche volta. Porta con te i giorni sprecati, le parole grosse, le offese fatte senza volerlo, i consigli che non ho dato, le mani che non ho stretto, gli abbracci che non ho ascoltato, le preghiere che ho scordato. Lava via tutto e fammi bella, intatta e trasparente, come sei tu. E lascia un po’ di te su questo sasso liscio, perché possa ricordarmi che sei passata e che tornerai. Tornerò a guardarti ogni volta, con questo mare e questo vento. Ti riconoscerò, sarai la più bella e la più bianca, quella che fa fare un ooohhhh di meraviglia, la più villana, anche, quella che non dà il tempo allo scoglio di asciugare.

La protesta.

Sospettoso, lo è di natura. Un pò selvatico, ma dolcissimo, intelligente, fashion addicted e assolutamente zen. Sue le ciotole a forma di Ying e Yang, una per il latte, l'altra per il patè. Và in giro per il villaggio con un collarino turchese, fatto a mano dalla scrivente, per ben distinguersi dai gatti indigeni. In queste vacanze si è divertito un sacco. Superata la piccola crisi di identità di metà giugno, quando abbiamo ahimè scoperto che quella che credevamo una deliziosa, candida gattina, era in realtà un candido maschietto, direi che il suo soggiorno in Costa si possa definire soddisfacente. Ha rincorso cinghiali nel cuore della notte, coraggioso e buffissimo, la coda grossa, messo di traverso per fare più paura. Un cartone animato. Ha catturato lucertole, gechi e libellule, giocato con farfalle e falene, rospetti e piccoli lombrichi. Ha divorato patè di salmone per gatti, ma di una certa marca, si intenda bene, e snobbato con altezzosa noncuranza i croccantini del discount. Ha ripulito per bene vaschette di gelato e barattolini di yogurt alla ciliegia. Si può definire un Gatto Felice. Ma stamattina, visti i figlioli grandi che armeggiavano per riporre le vele dei surf per l'inverno, ha sentito aria di dismissione e ha pensato Qui Marca Male. E ha messo in atto la sua personalissima, felina protesta. Non me ne voglio andare dall'Isola, non ancora almeno. Barricandosi nella dispensa, acquattato nello scatolone del latte, acccanto ai succhi di frutta, con quella sua aria spaurita e minacciosa, Philadelphia, il nostro Phil, ci ha comunicato a modo suo che è stata una bella vacanza e che, per il momento, non aveva intenzione alcuna di interromperla. Diavolo d'un gatto.Ma per piacere, non chiamatelo Sottiletta.

E scusate se è poco.


Frescolino, niente spiaggia ieri, solo il ciondolare di qua e di là, la casa strapiena di ragazzi vocianti e casinari, gatti avulsi, amici cari, gente che passava di qui solo per salutare, ci imbarchiamo stasera, la cena pronta, che è tutto il pomeriggio che spignatto e che sono contenta del risultato. Ho apparecchiato con cura, i piatti di Ikea e i bicchieri di design. C’è un aria tranquilla di fine vacanza, il vento è calato, si vedono già laggiù le lucine di Maddalena. Un arrosto alla salsa di soia, che ho dovuto comprare un tegame consono allo sbrano che vige in questa casa, invitati amici, figli, amici dei figli. Ma prima, questo riso, menta, piselli, feta, pollo allo zafferano e lime. Una robina semplice ma di grandissimo effetto, soprattutto per quell’impertinente grappolino di ribes che ci ho posato sopra con grazia sottile. Certo, ho faticato a recuperare il lime. Le Maghe della Pignatta lo ben sanno che è un orrore mai visto sostituire il lime con il più semplice limone. Confesso in ginocchio che per un attimo ci ho pensato. Con quella sequoia di limone che mi ritrovo non mi sembrava il caso, ecco. Così, timidamente, dal fruttivendolo di fronte al porto, ribattezzato, chissà perché, Bulgari, ho fatto la mia bella figura annunciando impettita Mi Servono 2 Lime e sono tornata a casa, trionfante con il mio pacchettino, 2 simil limoncini verdini e rotondi. Che ho spremuto di nascosto, per non farmi vedere dal Mio Limone. Che si sa, ha un caratteraccio.

26 agosto, 2006

L'energia.


Quella che viene dopo un momento, come dire, impegnativo? Quella che ti fa alzare con la voglia, che ne so, di lavare i vetri o di farti una maglia, o cambiare occhiali, magari, o di andare in giro, senza meta, solo per dire si va. E cosa importa se ci sono dei nuvoloni grossi così, e che stanotte ha piovuto così tanto ma così tanto e il maestrale così forte che ti sei detta, ok, adesso il vento porterà via la casa. E pensare che, pur essendoci tutt’intorno una specie di aria di dismissione, molti sono già partiti, finalmente e la sera, un golfino male non ci sta, arriverà l’autunno e non mi spiace, in fondo ho voglia di maglioni, stivali e sciarpe e della mia vita di sempre. Con le persone che ho qui, i miei figli, ovvio, e Lui, l'uomo della vita, nonostante le litigate scellerate, quelle Marca Leone, quelle da far tremare i vetri, gli stessi che volevi lavare ennedierre, che ti fanno venir voglia in un secondo di mandare tutto all’aria come un castello di carte, ma è solo un attimo, e allora ti fai una passeggiata al buio fra ulivi, cinghiali e fichi d’india, che sei uscita sbattendo la porta e che molte volte lui comprende quel tuo altezzoso stato di insopportabilità e allora tu, per questa volta fai lo stesso con lui, perchè sai che è lui e lui soltanto, e non glielo dici da un po’. Ma sai che sa.

23 agosto, 2006

Lo stazzo.

Andava scritto con la C. Ma con questa storia della verifica parole, forse, i signori di Blogger mi avrebbero un pò tirato le orecchie. Dicesi stazzo la tipica costruzione rurale, bassa e allungata, delle zone del gallurese. Dicesi quell'altra cosa, invece, un momento di totale confusione, meglio se familiare, molto nervosismo, un incidente in fondo di poco conto, ma che ha causato alla famiglia tutta una bella nottata di spavento e/o insonnia. Tutto è bene quel che finisce bene, non si dice così? Ma ne avrei fatto a meno. Rimedi che mi vengano in mente, così, al momento, quasi nessuno, siano essi omeopatici o Fiori di Bach. E se provassi il Biancospino? L'aspetto più sconvolgente dell'ansia non è tanto quel suo bloccarti ogni genere di entusiasmo e voglia di cose, ma quel suo renderti insopportabile, e non soltanto agli astanti, si badi bene, ma anche a sè medesimi. Concetto forse da rivedere nella sintassi, ma piuttosto chiaro nel contenuto, direi. Che fare? Ah, saperlo. Forse basterebbe, che so, un giretto in barca a vela e una spiaggia deserta che in questi giorni vale tutto l'oro del mondo. Ma l'ansia è una losca faccenda, non si manda via così, in quattro e quattr'otto. Meglio archiviare le ultime 48 ore nello scaffale dei Giorni Persi, augurandosi che non lascino troppo il segno, tirare un bel respiro, di quelli che ti salgono da chissà dove e dirsi che sì, è passato, non facciamola tanto lunga, abbiamo del sonno arretrato, dormiamoci sù che è meglio. E infatti, mi sa che, nonostante sia l'ora nota planetariamente come l'Ora della Galline, e che andare a letto alle 10, in Costa, è poco meno che un sacrilegio, mi sa che andrò a dormire. Rossella O'Hara direbbe Domani è Un Altro Giorno. Ma io, che sono più educata e non ho Clark Gable alle costole, dico solo buonanotte a tutti e me ne vado. E senza Biancospino. Qualcuno ha una Valeriana?

20 agosto, 2006

Perle fra i pinoli.

Non che le ami, questo no. Le trovo un pò inutili, distratte, sempre indaffarate, le scopro sempre in luoghi non consoni, come dire, sbagliano sempre il dove e il come. Ma non le elimino. Diciamo che pur non andandone pazza, ci convivo. Stamattina, grande sorpresa nel patio di casa. Loro, le formiche, avevano lavorato alacremente per tutta la notte, saccheggiando senza troppi complimenti il mucchietto di pinoli che mia figlia e i suoi amici avevano raccolto nel noioso pomeriggio di ieri. E li andavano stipando, con quel loro modo compulsivo di andare sù e giù e di ubbidire a non so chi, nella loro tana allestita giust'appunto nel posto più fresco del patio, proprio lì, a due passi dalla lampada marocchina. Ma, ad un più attento esame, quale non fu il mio stupore nel notare che, svista o buon gusto, avevano anche raccolto, insieme ai pinoli, una perlina, scivolata chissà quando e chissà a chi. Troppi misteri e troppe incertezze in questo nuovo caso da dipanare, in giornate dove non succede nulla o quasi, e già l'osservare un formicaio è di per sè una grande avventura. Ma una cosa è certamente da fare. Avvisare Rue Cambon, al civico 21. Le formiche vestono Chanel. Distratte? Non direi proprio.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...