17 giugno, 2008
Stasera di più.
13 agosto, 2011
Luna profumata.
26 febbraio, 2016
Di venerdì.
23 dicembre, 2013
I giorni prima di Natale.
06 febbraio, 2019
Sorvolo.
13 marzo, 2006
Lo scriverò.
E dico, libro, non appunti sparsi qua e là, né lettere mai spedite e stropicciate , cacciate in fondo a un cassetto, scritte sulle carte da lettera che prendo negli hotel. Lettere senza busta e senza indirizzo, lettere per nessuno. Lettere per me.
E frasi e descrizioni minuziose e un po’ infiorettate di cose e situazioni e persone, giochi di parole e di misteri. Segreti che volano via, chi ha mai provato a fermare un segreto. Un segreto è come il vento, te lo dico ma non dirlo a nessuno. Il timbro per farlo andare.Il più lontano che si può.
Sì, ecco, lo scrivo.
Ancora non ha titolo, o ne ha mille, ma esteta come sono , ci penserò ore prima di dargliene uno, inventando. Mi canterò una canzone che mi piace, non importa se a volte non ricorderò le parole e farò mmmmm, na na na , per poi ricominciare dallo stesso punto, l’unico che so. La musica aiuterà.
Esercizi di stile.
Non frasi soggetto, predicato e complemento. Cose . Rumori. Il rumore di una risata o un sospiro, a dirsi, non ce la faccio. E’ già tardi e sono in coda al supermercato, questa vita di corsa non mi dà il tempo di respirare e di pensarci un po’ su e dirmi, stasera, pollo o frittata, come su una pista di Formula Uno, un pacco al volo dentro al cestino, e via si và.
Non amo i carrelli dei supermercati, sono brutti e ingombranti, e sporchi perlopiù, pieni di cartacce, avanzi di liste della spesa lasciate da chissà chi, uova, burro, prosciutto, candeggina, e di guanti monouso per comprare la verdura. E di giornali con le offerte speciali. Ho comprato una borsa colorata di tela grezza. E tanto viola.Il problema si pone quando devo comprare l’acqua. Nella sporta non ci sta.
Le risate che ti vengono più belle, più dal cuore, sono quelle con le amiche, per qualcosa detto un po’ sottovoce,e di sbieco. Campanellini, dopo una cattiveria o un gossip innocentissimo e malignissimo, come solo le donne sanno fare. Le donne vere. Quelle che si mettono il burrocacao per uscire a buttare la spazzatura. E poi, all'occorrenza, sneakers e jeans. E se ne fregano. E fanno carte false per una Kelly vintage.
Ma sì.
Un libro in più su uno scaffale.
Avrà una copertina colorata. I libri si comprano per la copertina. Ricordo di aver comprato Chocolat folgorata da quei cioccolatini di mille fogge, un po’ in rilievo. Quasi veri. E per l'odore. Odore di stampa, di primo giorno di scuola, di Nessuno Mi Ha ancora Sfogliato e Allora, Comprami Tu. Di banco di legno, che peccato non ci sono più. Avevano le storie di mille calzoncini sfregati sopra e mille gambe di bimbette, freddissime di inverno, coi calzettoni bianchi traforati o blu pesanti.Non esistevano i collant. O meglio, sì, sono usciti a metà anni 70, quarta elementare, per me.Si chiamavano Serenella e dovetti faticare non poco per farmi comprare il primo paio. I collant, a una bambina? Giammai.
In fondo un libro è sempre un bel regalo.
Ti toglie da un sacco di impicci.
Si regalano romanzi .E libri che abbiamo amato.Che un po’ ci somigliano.Che un po’ abbiamo vissuto, leggendo a dire, ecco, io sono questa qua. U.gua.le! Si regalano libri che vorresti avere scritto tu. Ma in fondo, un pò tutte le vite sono libri mai stampati.. Qualche volta scopiazzati, con un finale prevedibile. A volte, invece, talmente inverosimile da fare paura. E rabbia anche.
Il libro che ognuno scrive ogni mattina, lavandosi i denti o facendo colazione o strisciando la macchina in un parcheggio.
Il mio sarà così.
Un altro libro di colori e suoni e chiacchiere e follie.
Un libro da toccare, da farci le orecchie nelle pagine per tenerci il segno, da tenere sul comodino per sapere cosa rispondere alla domanda di Marzullo, qualora ci fosse l’occasione.
Da tenere sull’asciugamano della spiaggia, da riempire di sabbia e di olio solare, e magari tenerci dentro lo stecco del ghiacciolo, a imperitura memoria, con scritto a pennarello, vicino a Sammontana, Primo Ghiacciolo Della Stagione.
E primo libro. Il mio.
23 luglio, 2010
Noiosa che sei.
07 ottobre, 2006
Il nastrino bianco.
Ottobre, il 7.
Sto in piedi. Rigida. Proprio, di sedermi non mi riesce. Ho la sensazione indefinibile che mi fa sentire le gambe a tratti mollissime e solo un attimo dopo di piombo. Pesanti. Ho mio fratello accanto, ogni tanto, mi sfiora il braccio con la mano, non so se per farmi coraggio, per prenderne, o per sincerarsi che io sia ancora lì. Mia madre è seduta , ferma, anche lei. Non mi guarda. Forse per non trovare altre lacrime, per non doversi occupare anche del mio, di dolore. Ne ha già abbastanza del suo. Ho una gonna blù a pieghe che non metterò mai più. E quando la vedrò nell’armadio la toccherò appena per mesi, fino a buttarla via, di nascosto, un pomeriggio di sole. Ho diciassette anni da cinque giorni, una treccia lunghissima fermata da un nastrino bianco e un dolore che mi squassa, senza lacrime, così grande che sembra che mi avvolga e un po’ mi soffochi. Da non credere, quasi. Le mie compagne di scuola sono tutte qui. Loro sì, mi guardano da lontano, senza sapere bene che cosa fare e dire, proprio a me, la più irrequieta della classe, adesso lì,immobile e assente e zitta, di un silenzio arido di cartone. Mia nonna sembra ancora più piccola e più bianca, di cera. Ogni tanto, soffoca un grido muto in un fazzoletto e muove piano le labbra in una preghiera senza fine. Bisbigli e abbracci, e gente anche mai vista, nasi soffiati, strette di mano e odore di candele, di vestiti sfregati, di fiori, di umidità, scalpiccio di scarpe in corridoio, dove qualcuno, chissà perché, ha coperto lo specchio con un telo. Aspettiamo. Che arrivi il momento. Ho qualcosa di simile alla paura, spero che gli uomini che ho visto in cortile non arrivino mai o che arrivino in fretta e che tutto questo finisca, adesso, domani, mai più. Mi sento persa, galleggio in qualcosa che non conosco, è allora questo il dolore vero, quello che sta ancora aldilà di quando piangi, perché ce n’è talmente tanto che nemmeno a piangere, ce la fai? Dormirò in questa stanza stasera, e per molte sere, per respirare le cose di te che lasci qui, adesso, che hai gli occhi chiusi e la camicia celeste e le mani bianchissime con il rosario. Svegliati, adesso, sorridimi ancora e ancora accarezzami e anche sgridami, dammi una sberla, ma non andare via. Dove andrai, che farai e che faremo, ci lasci qui, a vagare in una vita che non sarà più la stessa per nessuno di noi, ti aspettavo per il mio compleanno, mi avevi detto in ospedale che saresti tornato e che avremmo fatto una festa bellissima. Dove andrai, se nessun sentiero è tracciato in cielo per te, magari ti perdi, se nessuno ti indica la strada, dove andrai se nessuno sa da che parte cominciare a cercarti, dove andrai, se nessuno ti potrà trovare, mai. Nemmeno io. Arrivano gli uomini del cortile, e vogliono farmi andare via. Mia madre, ora, non la vedo più, c’è confusione e un pianto forte, adesso, ma non è il mio. E prima che tutto inizi, prima che chiudano i tuoi occhi chiusi, prima che tu vada via per sempre, da questa stanza, da questo mondo, da me, senza che nessuno mi veda, tolgo il mio nastro dalla treccia e te lo metto lì, accanto alle mani immobili, accanto al rosario. A cosa ti servirà, papà, il mio nastrino, per il tuo viaggio nella Luce?
19 maggio, 2016
Sogno sempre il mare.
Metti insieme cose e situazioni della vita reale, un compagno di scuola che non vedi da secoli, gente famosa, che magari ti sposi pure, è successo qualche sera fa, che ridere.
01 dicembre, 2009
Luna di farina.
13 dicembre, 2006
Al mio segnale...
...scatenate l'inferno. E via, con la danza dei regali e del traffico e del parcheggio che non esiste e della voglia che in fondo, tutto passi prima ancora di cominciare, se non fosse per i bambini, già, i bambini, anche quelli più cresciuti, che ai piccoli c'è già qualcuno non autorizzato che dice che Babbo Natale non esiste. Scatenate l'orda incontrollata di renne e zampognari, e suonatori di strada e mendicanti e furti e signorine in tailleur a far pacchetti d'artista e vetrine precise, con la neve e i fiocchi e nessun simbolo, per carità. Scatenate i vostri ricordi più segreti. Quando i doni li portava un Gesù Bambino biondo e scalzo, con la vestina candida e i ricciolini. Quando l'albero di Natale dell'8 dicembre era vero e profumava di pigne e di umido, e aveva la punta rossa e le palline di vetro, che si si disintegravano se cadevano. Quando la Vigilia si andava a messa a mezzanotte, il freddo polare e tu, bimbetta, stranita di vedere la piazza e la chiesa e tutta la gente ad un'ora così insolita, per te. Quando si invitavano gli zii da Genova, i cugini e tutti a tavola a fare festa, l'arrosto e l'insalata russa, e quel panettone conservato come una reliquia fino a quel giorno. Ora è tutto consumato più di fretta. Volendo, però, si può continuare a rispettare le tradizioni. Con qualche piccola differenza, ahimè. Il calendario dell'Avvento si compra da Muji, e dentro ci si mettono le frasi delle canzoni che ci piacciono di più. E il panettone, beh, si fa fatica a non comprarlo, dato che si avvista nei negozi già dalla fine di ottobre. Sforziamoci di fare le cose più semplici che si può, di non spendere cifre ingenti in assurdità, di guardare e non toccare, per non essere anche noi catturati dall'ingorgo, dall'inferno che si scatena ogni anno, nostro malgrado. Riproporre un Natale come i nostri, quelli che vivevamo da piccoli, potrebbe essere una soluzione. Farò così. Tutto il più semplice possibile, normale, sentito, se si può. E se proprio vorrò scatenare l'inferno, stasera, Il Gladiatore è alla Tv. Non male come programmazione, la sera di Santa Lucia. Ma io, chevvelodicoaffare, stasera, sarò al corso di cucina. E l'inferno, cara la mia signora, lo scatenerò laggiù.
02 marzo, 2011
Bellasera.
18 ottobre, 2006
Un regalo per lei.
Mi somiglia. Anche se ha gli occhi verdi di suo padre. Ma è me. Forse più precisa, più ordinata, più razionale. Ma vanesia e femminile. Nonostante l'improba convivenza. Scarpacce da calcio e ciabattine coi pinguini. T-shirt dalle scritte improponibili e pigiamini con Biancaneve. Cori da stadio e canzoncine tenere. Lei, resiste. Agli attacchi ai suoi pupazzi, alle volte che la sfiniscono di battute che forse non comprende, ride per educazione, di una risata d'oro e d'argento. E i disegni. A tonnellate. E i bigliettini sparsi, per me, lasciati nei miei cassetti, sul comodino, in bagno. Braccialetti coi campanelli, e fiori e stelle e cuoricini. Adoro di lei quel suo non scomporsi mai, di soffrire, ogni tanto, ma fare finta di no. E' di zucchero. Sa ascoltare, mi racconta i suoi sogni, mi chiede della mia scuola e com'ero io e che cosa facevo. E più di tutto, più spesso, mi chiede di quanto ami suo padre, di quanto sia contenta di averli, i suoi fratelli e lei. Li giustifica, quando escono sbattendo la porta, Avrà Preso un Brutto Voto, Mamma. Li adora, assolutamente, li vede grandi e bellissimi, e non rivela a nessuna fanciulla il loro numero di cellulare. E canticchia per la scala e salta la corda in salone e avvolge il gatto nella coperta. Dolcissima e spietata, poesiole tenerissime e sequele di parolacce, ove richieste. Vezzosa, le scarpe dorate, le maglie di Zara, i bagni lunghissimi, di vaniglia e borotalco. Dorme in un letto pieno di cuscini, glieli regalo ogni tanto, una piccola collezione. E ogni tanto, ricamo per lei. E' il cuore più vicino al mio, ci specchiamo insieme al mattino, e mi specchio in lei, ricordo i miei 9 anni, la bicicletta e il cortile, e vorrei per lei una vita di rosa e di meringa, soffice e luminosa, com'è lei. Questo che ho finito stasera è il mio ultimo regalo, la bustina per la tovaglietta della mensa. E avrei potuto scrivergli una frase di un suo cuscino, A Mother's Love Knows No End. Ma questo, anche in inglese, lo sa già.
03 novembre, 2009
La luna a cena.
31 dicembre, 2007
E così.
13 dicembre, 2011
Non è che mi son persa.
17 febbraio, 2008
Cerca.
19 marzo, 2011
Aspetto la luna.
11 marzo, 2011
La latteria.
07 agosto, 2010
Ode al Cetriolino Solitario.
Odore di dicembre.
Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...
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C'era un libro, una volta, così intitolato. Mi pare fosse di Luca Goldoni, indagherò. Colgo l'occasione per spiegare. In realtà da s...
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La Casa in Collina, con tutti i suoi abitanti, era da sempre teatro di storie e leggende, di piccole e grandi tradizioni, qualcuna impara...