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18 ottobre, 2017

La Nebbia Che C'è.



Che ruba il giardino.
Che nasconde il cancello,il pratino, che strema le ortensie, così belle e tonde e adesso avvizzite e mollicce.
La Prima Nebbia vera.
Quella che amo.
Che mi trova ogni anno diversa, ogni anno un pò di più,un pò di meno.

Coi capelli più lunghi, forse rido di meno, ho più pensieri, belli, brutti,così così.
Sogno di più, sogni così belli che al mattino stai lì ancora 5 minuti per ripassarli e tenerli con te tutto il giorno, e la sera dopo chiudi gli occhi forte per ritrovarli. Non succede mai,ma è bello provarci.

Ho una stilografica in più, un anno in più, una borsa rosa in più. Ho meno voglia di cucinare, sempre di più di andare a Parigi, e a Parigi ci andrò presto e quando mi acchiappa cucino per un giorno intero, bugiarda che sono, e non smetto finchè i ripiani del forno sono tutti occupati e anche i fuochi della cucina,e il lavandino ingombro di mestoli, frullini, scodelle, padelle e gusci di uova e carte di farina appiccicosa. E bucce di verdure. 

Ho più libri da leggere. Impilati sul comodino, una montagna di Sellerio che sono anche belli da vedere, libri che mi hanno regalato, consigliato, che voglio rileggere, e quanti sono quelli che so a memoria, non fa niente, li rileggo perchè mi scaldano, mi fanno bene, e cerco il senso delle parole che so già, e rivedo la scena e rileggo la frase che mi piace cento mille volte, e poi la scrivo, lo so, non è normale, no che non lo è.

Ho meno disordine in giro, ho buttato tante cose, svuotato cassetti e cartelline e zuppiere di collane e campioni di profumo e carte d'imbarco e bagnoschiuma degli alberghi, e nastrini di regali e carte spianate con la mano e tolto lo scotch con attenzione e bigliettini, post it, e ingressi ai musei e alle docce dei porti, ho buttato agende e quaderni finiti di appunti e scarabocchi. meno disordine fuori per fare ordine dentro, si dice sempre così.

Ho più voglia di scrivere, meno di correre, ho più voglia di leggere e di cantare quando stiro, o guido, o salgo le scale di casa. Ieri cantavo Sottoilsolesottoilsole facendo la spesa, avranno pensato questa è pazza, forse sì.

La nebbia di stamattina presto già si dirada un pò, c'è un sole bello che illumina le foglie gialline del ciliegio,amo la nebbia perchè non sai mai cosa, non sai mai dove e forse alla fine, è meglio così.

Mi trova ogni anno qui, a guardare il pratino e la collina rubata, ogni anno diversa, un pò di più, un pò di meno, ma io , io, alla fine sono sempre la stessa.









13 giugno, 2016

La Leggenda Delle Improvvise Amarene.




Le amarene mi piacciono.
Sono forse una delle pochissime, ma mi piacciono.
Anche come temperamento, intendo. Maturano per gradi e non tutte insieme, non si danno troppe arie e insomma, hanno meno pretese delle cugine ciliegie. Sono più popolari, non so come dire.

Mi piacciono sì, ma non  ho mai piantato nessun albero.
Qualche anno fa, a  uno dei miei Figlioli, insieme all'Amata dell'epoca, punse vaghezza di piantare un albero di amareno agli Argini, a testimoniare il loro amore eterno. Lo trovai un bel gesto romanticissimo e fuori moda, per questo molto prezioso.
La storia d'amore naufragò burrascosamente sei mesi più tardi, ma l'Amareno del Figliolo e dell'Amata è ancora lì. Chissà, magari qualcuno ci fa pure la marmellata.

Questa mattina presto, mentre passavo in rassegna alcuni interventi da fare sulla siepe del Pratino, quale non fu il mio stupore nel vedere una miriade di bottoncini rosso rubino che mi guardavano, dalla siepe medesima.
Ma come.
nessuno vi ha mai piantato, qui.
Questo è il posto del ribes e delle more, questo è l'angolino dove la siepe di solito fiorisce, proprio qui qualche anno fa c'era il caprifoglio, che è morto al freddo e al gelo dell'inverno 2011.
Che qualcuno o abbia piantato a mia insaputa?
Impossibile.
Il mistero di infittiva vieppiù.
E tale rimarrà.

Il Mistero delle Amarene Improvvise, nate senza motivo al fondo di un Pratino qualsiasi, non dà segni di essere risolto, e va bene così.
Ne ho raccolte una manciatina, sistemate in una ciotolina sbeccata ma bellissima, adagiate con grazia in un letto di foglie verdissime e le ho messe a tavola, la Maturanda ed io, per il pranzo sotto all'acero in terrazzo. Calmeranno gli scleri prima degli esami e poi con quel bel colore rossissimo, fanno allegria.
Benvenute Improvvise Amarene, avrò cura del vostro alberino e dei frutti che vorrete regalarmi.

Non ci si deve mai chiedere il perchè delle cose, perchè il mondo gira uguale come vuole lui, e puoi dannarti e sbattere la testa al muro e girare su te stessa fino a non capire più niente, che tanto, sempre niente ci capirai.
 Il mondo va dove vuole, un pò come quei carrelli dell'Esselunga con le ruote bloccate e hai voglia a spingere e a tirare, la direzione la decide lui. Così, il destino.

E il mio destino ha voluto per me un albero di Amarene.
Improvvise.
Dolcissime.

la felicità è una cosa semplice.





21 aprile, 2016

Il Glicine della Caserma.






Lo amo sì.
Non è un mistero.

Lo amo perchè è complicato, bellissimo, del mio colore preferito.
Lo amo perchè ha un buon profumo.
Lo amo perchè appare all'improvviso, un giorno non c'è e il giorno dopo è lì.
Ne ho stilato perfino una mappa, precisissima, così da non perderlo mai.

Il glicine è la meraviglia.
Questo qui,si chiama Il Glicine della Caserma, ed è il più bello di tutti, da quando una mano demente ha sradicato quello enorme della Zuccherificio.
L'ultimo che ho avuto  ed era mio, si chiamava Nonostante. Qualche volta, lo sogno.

Che strano fiore sei, glicine, grappoli di tenacia e tenerezza, resisti a tutto, cresci ovunque ti si ami, entri ed esci dalle finestre delle caserme abbandonate, nessuno si cura di te, eppure, sei di una bellezza che toglie il respiro.

Che stano fiore sei, glicine, che non si si può cogliere, nè mettere nel vaso, ti si deve guardare e basta, da lontano, sentirne il profumo, di quelli così belli che devi sentire per forza chiudendo gli occhi, ci hai fatto caso?, i profumi che ti piacciono ti fanno chiudere gli occhi e sussurrare CheBuooono, appena appena, perchè nessuno deve sentire.

Che complicato sei, Glicine della Caserma, col tuo tronco sottile e le tue foglie verdissime, non si capisce dove nasci, chi ti ha mandato, chi ti ha piantato e in quale giardino, da fuori non si vede dove cominci, e quanto mi piacerebbe scavalcare il muro della caserma, sono esploratore urbano, lo faccio spesso,  ed entrare e vedere per bene, capire per bene, stare un pò con te, sapere fin dove puoi arrivare, fin dove puoi far fiorire quei tuoi fiori così belli. 

Ma lo so che resterai lì.
Non scavalcherò nessun muro, perchè è troppo alto e troppo in vista, i glicini son fiori complicati, si fanno gli affari loro e non si concedono, se non per pochissimi giorni all'anno. 
Ti guarderò da lontano, rischierò di andare a sbattere ogni volta che passo di lì, resterò un minuto in più sull'incrocio per guardarti meglio, per riempirmi gli occhi come faccio sempre, le volte che ho cose belle da guardare e non sono poi così tante.
Mi piaci da morire, glicine selvatico che nessuno cura, non so mica se c'è qualcuno che ti ami più di me.

Tu resta fiorito un bel pò, questo ti chiedo.
Vederti mi basterà.







01 giugno, 2011

Ma come.


Ma come. Non doveva essere giugno, la falce in pugno? Non si doveva scegliere dall'armadio l'outfit più consono, sì perchè adesso, con questa invasione di fescion blogger che dà alla testa, non ci si chiede più CosaTiMetti, ma Quale.Outfit.Indossi, cerchiamo di impararle le cose, eccheccavolo. Comunque, l'outfit doveva essere in bilico tra una camiciola scollacciata e un vestitino a balze di pizzo e rose, che detto così fa torta di matrimonio ma che è l'ultimo delizioso e scellerato arrivo nel mio armadio. E invece, quello che mi viene meglio mettere, o a farmi restare addosso guardando di fuori, è il pigiama. Qui piove e piove,ripiove e strapiove. La biancheria è stata miseramente dimenticata fuori, ed ora è lì, mesta, che mi guarda dall'Abiurato Stendino, senti, bella, io sono ancora in pigiama, mica posso rischiare la polmonite per venirti a ritirare, tanto, bagnata sei e bagnata rimani, vorrà dire che un altro giretto in lavatrice nessuno te lo leverà, ma adesso resti lì, bambina, non ho alcuna intenzione. E' il primo giugno e, nella fattispecie,  si sarebbe dovuto  studiare il caso di un picnic a casa della mia Amica delle Provette, forse un aperitivo, forse una merenda, di quelle da fare così, come dice lei, CheSiMangiaLaQualunque, dal dolce al salato senza soluzione di continuità, dove ognuno porta qualcosa e si chiacchiera e si sta zitti e si guarda lontano, beati. Un bellissimo niente, invece.
 Si cerca di dare un senso a tutto quanto, i figlioli ci son tutti, almeno a pernottare, che con feste e inaugurazioni e aperitivi e cose del genere, si sa in quanti si dorme ma i coperti, signora mia, son sempre un mistero della fede. Nel frattempo, io mi aggiro per casa in sollucchero, canticchiando. I lavori alla Sede di Cuore di Maglia procedono a velocità supersonica e tra pochissimi giorni dovrò solo decidere con aria pensosa che fiori mettere nei vasi, se tulipani bianchi o roselline selvatiche, per dire. E.sa.ge.ra.ta. In più, stanotte a mezzanotte è uscito il Summer Lace, che già nel mondo intero se lo stan strappando di mano, ultima creazione del trinomio Brenna/Fassio/Giudice, che non ce ne bastavano due, ne abbiamo aggiunta una terza, così, per non farci mancare nulla.
E sempre nel frattempo, deciderò cosa fare di me nelle prossime ore. Accantonate velleità marine/montane/lacustri/fluviali, mi sa che mi dedicherò con grande impegno all'ozio beato, ho almeno mille cose belle che potrei fare senza spostarmi di un solo centimetro, ho un libro, dei progetti, e persino un'idea cui lavoro da qualche giorno...
Piove che metà basta, ma a me, alla fine, ma che me ne può importare mai.


Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...