29 giugno, 2015

A Mali Estremi.

La decisione era stata presa nottetempo.
Le lumache del Regio Giardino andavano sterminate.

E sì, era stata una decisione più che sofferta, e sì che ci si era a lungo rigirate nel letto, ancorchè coi cuscini profumatissimi di Lavanda e Camomilla, dacchè l'AmicaDellePerle aveva avuto un pensiero delizioso.
E sì che ci si era a lungo lambiccati il cervello sul come e sul dove.
Ma alla fine, si era deciso.

Da qualche tempo infatti, sul terrazzo di casa, accanto ai vasi rigogliosissimi di basilico sia verde che viola, si notava che qualcosa non andava.
Rigogliosissimo era ancora, ma le foglioline alla base, quelle più tenere e delicate, erano praticamente sparite, rosicchiate da entità sconosciute.

In Giardino, tutti sapevano ma nessuno parlava.
Si sapeva molto bene infatti che la colpa di tale scempio era sua, della Lumaca Lia e di quella buontempona della cugina Gisella, quest'ultima così amante delle mondanità  e del tirar tardi, che organizzava veri e propri party con gli amici suoi, invitandoli anche dai giardini vicini, Stasera, Basilico Party al Giardino dei Bert.

Non c'era quindi un solo minuto da perdere.

Qualche giorno prima, la Scrivente, aveva avuto un moto di stizza presso la casa dell' Amica della Pastiera, nel constatare che quel ciotolone di basilico, fra le piante grasse e le ortensie, non solo era profumatissimo, rigogliosissimo e verdissimo, ma non aveva neppure una fogliolina  rosicchiata.

Mostrandosi indifferente, Ella chiese lumi, e la sua Amica le regalò con fare circospetto due graziose pagodine, di un bel verde smeraldo, Non Hai Che Da Riempirle Della Pozione, le disse, E In Un Baleno Ti Sarei Liberata delle Lumache.

Col cuore stretto, ma decisa nel suo intento, si recò ad acquistare la Pozione.
Non fu un percorso facile, si pentì, si ripentì, poi si pentì di essersi pentita.
Dopotutto le Lumache erano amiche sue, fino ad allora non avevano fatto male a nessuno, se non quella volta dello sterminio dei cavoli nel Regio Orto.
Insomma, erano adorabili bestiole, financo simpatiche, a modo loro.

Ma stavolta, Lia e Gisella l'avevano fatta grossa, banchettando senza ritegno sul Regio Terrazzo.La Scrivente era diventata malvagia e insofferente.
 Le lumache meritavano una punizione esemplare.

Il Basilico ne avrebbe guadagnato in bellezza, 
Le viscide bestiole, con appartamento al seguito,  avrebbero traslocato in altri giardini e i loro Happy Hour si sarebbero svolti in altre ciotole, in altri vasi, insomma lontano.

Ben presto la notizia si sparse per tutto il Giardino, arrivando anche a Lia e Gisella.

Toh Guarda, disse Lia, col suo fare indolente, Per la Festa di Domani Sera Ci hanno Messo Pure l'Ombrellone.

Nessuno al mondo sa quanto stolte siano le lumache.





22 giugno, 2015

Cattiva.



Si riprende piano. 
A passi piccolissimi, uno avanti e tre indietro, poi sette avanti.
 Poi un altro indietro. Il peggiore.

Si fanno cose semplici, cose anche mai fatte, ci si scopre trapiantatrice di erbe aromatiche, di piantine grasse, si riutilizzano vecchi vasi di terracotta, e lattine vuote che non si ha cuore di buttare, dacchè si è ripulito il sottotetto, il garage e pure la cantina e la quantità di cose che è saltata fuori è inimmaginabile, da arredarci altre tre case, per dire.

C’è una sorta di rito a buttare le cose che non servono più, a trovare loro un altro riutilizzo, un altro posto nel mondo, un’altra collocazione. Mentre si tengono stretti ricordi cari, sassi piatti raccolti in quella spiaggia là, e quel pareo coi gechi e quel libro e quel pass. Ci si rende conto di aver vissuto mille vite, di essere stata mille persone in una, rimanendo sempre la stessa, sempre io.

adesso, forse diversa.

Mi sono riscoperta cattiva, in questi giorni, cattiva e arrabbiata. E stanca. A tratti disperata.  Ho placato la rabbia e il dolore pulendo a specchio posti che non ne avevano bisogno, riordinando al millimetro cassetti di cose, buttandone montagne, le carte d’imbarco che ho conservato per anni, le magliette stinte che mi ricordavano cose che non voglio ricordare più, mentre ho stirato con devozione tovagliette un po’ sdrucite, scucite in un angolo, non le ho rammendate perché non sono tanto capace, ricamo con maestria ma non so attaccare un bottone, cucio male e storto, lo so da me.

La cattiveria si manifesta in mille modi, quando butti con forza il vetro nella campana, so che qualcuno ha corso fino in cima a una collina e da lì ha gridato forte, più forte che poteva. Non ne ho il coraggio, ma forse lo farei anche io, se solo riuscissi a stargli dietro a correre.

Faccio cose di una banalità mondiale, dò un significato speciale a queste piantine nuove, a queste lattine tutte in fila sul terrazzo, alcune le terrò, molte le regalerò, ho una fascina di basilico per farci qualcosa, il sole va e viene e nemmeno mi dispiace, è un’estate così  ruvida e crudele che non ne voglio sapere nulla, né di lei né del suo sole, dei suoi gelati, del suo mare. Non ancora, almeno.

Le piantine del terrazzo mi portano un sorriso accennato, non sarò certo io a scoprire il senso della vita, del segreto della morte e del suo significato, di dove vanno le persone quando non ci sono più, ma so che se il piangere ogni tanto un pochino aiuta, so anche molto bene che non risolve un bel niente, e che ti lascia sfatta e sfiancata e con gli occhi pesti, il respiro corto, e una pallottola di carta umida fra le mani.

La cattiveria mi passerà. Non subito.

Così, faccio piantine, studio ricette, disegno golfini colorati per bambini che verranno, mi metterò uno smalto corallo, sabato la festa  ci sarà lo stesso, e la sua foto in cucina, sorridente su Amaranta, fra il libro di Cracco e le tazzine.


12 giugno, 2015

Il Lavandino.



Ci parliamo sempre davanti al lavandino. E’ il posto dove non ci sente nessuno, sono  tutti di là a ridere e a parlare e a raccontare delle cose, che bisogna farne per raccontarne, lo dice sempre Pier. Lo dici sempre anche tu. Che spettegolate, che ridere, che piangere anche, i tuoi libri di ricette, tu che lavi ed io che asciugo ma anche il contrario, DoveTieniQuesto? 

Vicino al lavandino con le piantine aromatiche, la menta, il basilico, il peperoncino no, quello ti è morto subito, e ti è dispiaciuto così tanto. Ma ha resistito più del mio. La tua cucina è sempre stata bellissima, design puro e tocchi di grazia, la tua. Le tovaglie a pois, la cura che metti nella scelta delle cose, ho imparato tanto da te, i tovaglioli così, i piatti viola che metti sempre quando vengo qui. Parliamo sempre tanto, metti su cene per 10 in 5 minuti, con Luisa è sempre stata una tua specialità.

Sono qui ancora, davanti al tuo lavandino.
C’è uno dei mille strofinacci che ti ho ricamato io, mi tieni vicino anche se non sono qui, e che colpo è stato, vederlo, per me.
E quante cose, quanti pensieri, quanti bambini, quanti ragazzi,  le pizze, i viaggi, Eurodisney ma quante volte, ce n’era sempre uno in più, ogni volta. E il mare, Londra, le caldarroste, i picnic di ferragosto, la neve, i capodanni, e il mare, quanto mare, e quella festa di domenica. Domenica prossima.

La tua casa è silenziosa.

C’è un uomo distrutto, un ragazzo che piange, una ragazza che si fa forte.
Manchi tu.
Ognuno si aspetta di vederti entrare dal cancello, i riccioli, la spesa, la busta grigia del negozio, che sorridi, luminosa.

E luminosa sei, ma chissà dove, ora, da quando un camion ha schiacciato te, i tuoi sogni, la fede che ora Eugenio, l’amore della tua vita, tiene al mignolo, ammaccata e preziosa. Ancora più preziosa adesso.

Che strada avrai, in che mondo sarai, e perché mai, e dove andrai, e dove sei ora, e come facciamo noi, cosa faremo qui, che nemmeno è ancora vero, che parliamo di te al presente, che sei qui, qui vicino a me, nella tua cucina e io che lavo i tuoi piatti e tocco le cose tue,  trovo tutto questa volta, senza chiederti, perché chiederti non posso, non posso più,  e abbraccio Lorenzo come fosse mio, e tu i fiori alla rotonda, tu che nessuno ti può vedere e io che ti porto le ortensie del tuo giardino, dimmi come fai ad averle così viola, le ho colte stamattina e ci ho legato il banner della corsa di Parigi, dovevi esserci anche tu.

Così, ci lasci qui, tutti, con il cuore muto che cade per terra
Raccoglili tu, Silvia, amica della mia vita di sempre, raccogli i cuori di tutti e portali via, portali con te, ovunque andrai, ovunque sei. 

Mancherà il mio.

Che si è perso nell’acqua dei piatti e scivola giù, fra la schiuma e l’impossibile, giù da questo lavandino.



09 giugno, 2015

Corri.



Corri
così tanto da perdere il respiro
e il sentimento
da stravolgerti
da sentirti velocissima e leggera
e tenere, tenere la strada, tenere il ritmo, senza ridere con le tue amiche, che loro tra un pò ti mollano e volano, a farne 10 in meno di un'ora.
tu no
corri, corri forte, parti bene e dopo un pò  fai finta di non sentire che non hai più gambe, non hai più niente, non senti nemmeno se fa caldo o no,se hai sete o no, se vuoi fermarti o no,  ti guardi intorno e ti dici, SonoProprioIo, SonoProprioQuestaQui, qui e adesso.

così, corri e basta

forse, non sei più nemmeno tu a comandarti, ma la strada, l'asfalto, il cielo e tutte queste squinternate con la maglia color albicocca con la Tour Eiffel disegnata sopra, sono loro a spingerti, e quelli lungo la strada che gridano, e guardi in sù, i palazzi, i gerani, le bolle di sapone che ti sparano contro.

e non pensi più
non ragioni più
non sai nemmeno più chi sei, anzi sì

Sono una che vola
sono una che ha lasciato da qualche parte un fardello più grande di lei e corre, corre e basta, corre senza pensare a niente, una che corre e non sa dove, ma sa già che dove arriverà sarà un posto bellissimo.

Che bei giorni sono quelli che passi lontano anche da te
lontano dalle cose
lontano dai pensieri e dalle menate.

torneranno tutte, una dopo l'altra e forse anche di più, 
per ora, le ho lasciate da qualche parte che non ricordo, forse le ho nascoste in una siepe o non lo so.

per adesso, non ci penso e volo,
non respiro e volo
corro e volo







04 giugno, 2015

Se riesci.

Non è mica detto.
Provaci, e vedrai.
è il solo modo che hai per vedere se ci riesci veramente

Nessuno ha detto che sarebbe stato semplice.
Nè che lo sarà
Devi solo provarci. Provarci e riprovarci.
E ogni volta, scoprire che sì, alla fine ci riesci.
Ci riesci sempre.
ma non è che ne hai sempre voglia.
di riuscirci, intendo.

Passi attraverso foreste e giardini fioriti, tra fiumi limacciosi e ruscelli trasparenti di sassi lucidi
passi dall'inferno alla luna, e dalla luna di nuovo all'inferno, dal mercato del pesce alla boutique di Tiffany sui ChampsElysées. Dai chiodi alla seta, dal pane vecchio alle ostriche. Che nemmeno mi piacciono.

Passi, apparentemente indenne attraverso giorni che sembrano immobili e invece corrono più di te, che lavi i vetri anche col sole, non lo sai che non si fa, che ti fermi a guardare la luna alle 4 del mattino, che c'era ancora, e allora erano le 4 di notte, la luna c'è di notte, non di mattino.
Passi notti che dormi pochissimo, che leggi, che guardi fuori, passi giorni che non sai nemmeno come hanno fatto a passare, se eri proprio tu quella lì, lo vedi, ci sei riuscita,  chi l'avrebbe mai detto.

Non voglio più continuare a riuscirci.
Voglio sedermi e dire basta, che qualcuno faccia le cose al mio posto mio, come quando non è il mio turno a sparecchiare, Chi Cucina Non Sparecchia è la regola di questa casa e vale sempre, da sempre, con chiunque. Così, chi soffre non ha da piangere, chi sta male mercoledì  non è che debba stare male anche giovedì, è la regola, chi si sente perso la mattina è vietato che vi ci senta anche al pomeriggio.
E' impossibile, è un ritmo troppo teso, non ce la fa nessuno.

E invece, ci riesci tu.

Hai la medaglia d'oro, argento e bronzo, tutte insieme, vinci tutto in queste cose, sei sdraiata sul podio, e occupi tutti i gradini, hai vinto tutto, nessuno come te.
Occorrerebbe che ti dessi un tono, che dicessi, no oggi no, che imparassi a dare alle cose la forma giusta che hanno, non quella della tua mente stolta, del tuo cervello liso, della tua anima strappata, rattoppata mille volte. 
E male, lo sanno tutti che non sai cucire.

Provaci.
provaci ancora
Prova ancora a sollevarti, a guardare nella direzione giusta, da dove arriva il vento giusto che ti fa andare di bolina stretta, che ti fa volare, farfalla stropicciata, intrappolata nel retino o fra due mani chiuse, senza polverina sulle ali, non è mica quella che fa volare.

ma tu provaci
vediamo se ci riesci






01 giugno, 2015

I Dolori che Sai.

Sono improvvisi, troppo rapidi da gestire.
Troppo veloci per capirli bene.

Arrivano in giorni che sono un pò di festa, di vacanza di sicuro, arrivano all'inizio di quella che dovrebbe essere una bella estate.
Ognuno, si comporta con essi come può, come sa.
Come gli hanno insegnato.
Come a sua volta, insegna.

Sono in questa casa che mi ha visto bambina ribelle, la più piccola dei cugini, quella un pò fuori, sempre.
Quante cose belle in questa casa con le rose, gli alberi da frutto, i gerani ordinati e fioritissimi.
Anche adesso, che lei non c'è più. Da ieri.

Sono venuta in questa casa per abbracciare forte le persone che ha lasciato qui andando via, nemmeno convinte, nemmeno ben consapevoli. Smarrite. L'Ha Fatta Grossa, Stavolta.

Ci sono dolori che non vanno via.
Restano lì, non li senti per un pò e tornano a galla con altri dolori, mancanze che si sommano ad altre mancanze, quante, nella mia famiglia di prima, ed è il giro normale delle cose della vita, certo, ma se succede troppo presto, con le mancanze e coi dolori ci hai a che fare da subito, ne diventi esperta.
E non va tanto bene.

Questa casa ha pezzi della mia vita, sparsi, nelle fotografie, nelle persone che sorridono dalle cornici, dal mobile della sala, dove si pranzava la domenica, ogni tanto, o quando venivano in visita gli zii da Genova,  l'insalata russa, la 600 celeste, i miei quaderni di prima elementare da portare in visione, come a dire, E' Scellerata, Ma è Ordinata e Scrive Bene.

La casa dei miei zii era enorme, in quel corridoio lunghissimo abbiamo fatto gare di scivolata, ci siamo avvolti nel tappeto, abbiamo rotto un vaso prezioso, mio cugino ha pensato anche alla vetrata, esibendo poi con orgoglio una ferita sul braccio, ricucita in ospedale. Un evento, per l'epoca.

Non è cambiato tanto.
Oggi c'è un pò più di silenzio, odore di fiori e di non sapere tanto che cosa fare.
Ma da fare non c'è niente.
Ci sono dolori nuovi che ne riportano altri, così vicini che ti sembra di toccarli, e da fare non c'è niente, se non abbracciare senza dire nulla, scuotere la testa e dire Coraggio.

E sorridere un pò, cercare di parlare d'altro, e ricordare, ricordare ancora, e trovarci le persone che non ci sono più, da troppo tempo, in questa casa dove riconosci i disegni della tappezzeria, persone che sono ancora qui, adesso, e che se chiudi gli occhi li senti ridere in cortile, se chiudi gli occhi senti i loro abbracci, troppo pochi,  e li vedi sorridere sì, ma solo dalle cornici belle, in sala da pranzo, quella della domenica.



Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...