18 novembre, 2011

Non spostate quel divano.


 Nel delirio assoluto i Regi Architetti che hanno collaborato anni orsono nella realizzazione della Casa in Collina, hanno dato origine a un sofisticatissimo sistema tale per cui sussista un divano che gira tutt'intorno alla stanza ma non proprio a tutta, fino a lì dove c'è poi la scala che va giù ma non la scala grossa, quella dei tre gradini, insomma lì. Noi siamo già mille di nostro, e quando abbiamo ospiti siamo in duemila, perciò il divano andava enorme, per poterci ricoverare anche qualche figliolo se malato, qualche gatto se infreddolito, qualche cane se bisognoso di coccole. Non è roba da poco, nel senso che esso, il divano, è come incastrato in una specie di gradino, che chiaramente non è che si sposti tutti i momenti, per pulirci di sotto, anche perchè non ci passa il folletto e nemmeno lo swiffer, perchè non ha i piedini. (Mai avrei immaginato che la descrizione di un divano fosse così complicata.) Stamattina, in vena di pulizie di quelle grosse, ho pensato di spostare tutto l'armamentario e pulire per bene. Orbene. Il divano della Casa in Collina è certamente il luogo più frequentato di tutta la casa.  Qui si sono svolti una serie di grandi avvenimenti, è qui che si rifugia dopo una giornata pesante, è qui che si legge la domenica, si fa la maglia, si guarda un film. Da qui, le  fidanzate dei miei figli hanno guardato film in pigiama e calzerotti, così, in tranquillità, si sono fatte merende davanti a partite e ci si è stravaccati dopo le cene di Natale, le feste, le cose. Molto frequentato, certo. Ma mai avrei pensato di rinvenire, sotto la medesimo, tutta la mercanzia che ivi ho rinvenuto. Per cominciare, le mie forbicine viola che davo ormai per perse per sempre, e non fare quella faccia lì, Roberta, che non sono le tue. Poi, Una serie di uncinetti, direi una serie completa, compreso quello di bambù con cui ho fatto la coperta che ho donato alla mia Amica Castellana a Natale del 2008 e mai più ritrovato. Un numero imprecisato di penne e matite. Due forcine, una mia, e l'altra di chissà chi. Così pure un cerchietto, due elastici per capelli, una calzina rossa mai vista, polvere, briciole, un cucchiaino, il pupazzino mezzo rosicchiato di Tiffany e una pila da telecomando. Ora. Verrebbe da dire che in questa casa si è scaròsi (do you know, scaròsi?) e non si pulisce affatto e che dell'esercito di collaboratrici famigliari che ha prestato servizio qui, provenienti da ogni angolo del globo terracqueo, mai nessuna si era data pena di pulire lì sotto. Ma quassù si pulisce, signora mia, certo si pulisce lo sporco, giammai sul pulito, ma si pulisce eccome. Resta da capire come abbia fatto tutta questa roba a nascondersi lì sotto, passando dai cuscini e finire lì, dove nessun orpello possa mai e nessun occhio possa mai individuarlo. Pena, l'oblio perenne. Ma è una bella sensazione. Il fatto di avere un bel divano che profuma di pulitissimo, dacchè mentre c'ero ho lavato anche tutte le fodere, che sono un bel numero, giuro. Certo, posso sfruttare questa cavità e usarla come cassaforte, o per nascondere cose che non voglio che nessuno trovi mai più, fino alla prossima pulizia. Adoro i lavori di casa. Quelli senza sbatti però, li sdoro di più.

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