29 maggio, 2008

Tempo da.

Maggio odoroso. Sì, ma odore di lampi e tuoni, fulmini, saette e tutto quanto fa temporale, temporalissimo, previsto in serata. E intanto piove, piove e ripiove, si guardano con un certo rammarico le vetrine coi costumi da bagno, i teli mare e le ceste spiaggia. Sì, ma si è visto bene che tempo c'è là fuori? Ci si deve apparecchiare per uno chic-matrimonio, tra qualche settimana, ma anche lì, ci vien voglia di intabarrarci in un bell'impermeabile, stile maniaco del parco, e non pensarci più. E invece, si deve. Trovo questo ultimi giorni di maggio pesanti, noiosi, impossibili da gestire, privi di forma, privi di senso, privi di tutto. E sì che ci si prova, a comprare cotonini coloratissimi per fare, con le proprie sante manine, un maglioncino scollacciatissimo per le fresche sere d'estate, o un bikini, perchè no, traforato il giusto, effetto vedo e non vedo, effetto ci sono e non ci sono, effetto sirena, effetto trota, insomma, qualcosa che ci rimandi in qualche modo a giorni di vacanza, a pensieri caldi, solari e colorati. Niente, nientissimo. Ombrelli e noia, felpine e noia, qualche lieve incazzatura ma appena appena, sottile sottile, giusto per tenersi in allenamento e non farsi mancare niente. L'apparecchiatura per il nuziale evento aspetterà, tempo ce n'è. Nel frattempo, via col bikini. Lo indosserò con grazia sotto all'impermeabile, pronta ad ogni evenienza, acquazzone o bagno di mezzanotte. Però, se smettesse di piovere, direi proprio che sarebbe una gran cosa. Il cotone, signora mia, mi si inzuppa. E non sta mica bene.

28 maggio, 2008

Il latte e le rose.


E' il profumo che ha questa casa. Di latte appena scaldato, di un mazzo di rose gialle sul tavolo, e tutte quelle fotografie sul comò, i mei figli da piccoli e mio nipote in triciclo, me vestita da sposa e da carnevale a sei anni, mio fratello con la chitarra e mio padre che ride. E' questa casa al settimo piano, ma si vede un sacco di verde se ti affacci e la città e un pezzo di fiume e le vecchie fabbriche e la collina, anche, dalla finestra. E' come ci si sente quando si è qui, a parlare fitto, a fare colazione con i croissant tiepidi e i biscotti e le tazze spaiate, perchè Lei sa che a me piace questa qui con le viole e me la dà sempre, anche per bere, mi è sempre piaciuto bere dalle tazze,anche l'acqua. Ci siamo trovati così, noi tre, la mia famiglia di prima, si perde un pò la dimensione del proprio essere quando si torna a fare i figli, fosse anche per un paio d'ore. E' una sensazione che non si descrive, se la si prova sempre, che solo il viverla ogni tanto la fa apparire così nitida, coi contorni così definiti. Erano molti anni che. Erano molte volte che. E in mezzo ci sono state parole grosse e litigi e lacrime, tante e solitudini infinite e malinconie sconfinate. Magoni e magoni. Cancellati, ieri. Si è riso tanto, chiacchierato di nulla, in quella cucina tirata a lucido, mia madre che brillava di una felicità soffice e rara a vederle, mio fratello che sorrideva ed era come se dopo poco, avessimo dovuto prendere i libri e andare a scuola. Una mattina con gli affetti del cuore, con la famiglia che, strana e sparsa, si è trovata dopo secoli. Il bene più caldo, l'amore quello grande, quello che ha segnato la tua vita, ti ha educata e formata, ti ha insegnato le cose che sai, si mescola piano come mia madre ha fatto ieri per me, si beve con calma, sulla tovaglia a quadri che conosci a memoria, le foto sul comò, le tende di pizzo e le rose sul tavolo.

26 maggio, 2008

Ode al caffelatte.


Che non è affatto il cappuccino. E se qui stiamo a scherzare, va bene, ma cortesemente, non mi si vada a confondere il cappuccino col caffelatte. Il cappuccino lo bevi al bar, di solito è ustionante e ne lascio metà nella tazza, ustionante essa pure. Mi lascia i baffi di schiuma che non è carino cancellare con la lingua, non è che fa tanto signoradibuonafamiglia, come dire, e nemmeno pulirsi col tovagliolino, perchè se no, la mano di gloss sapientemente data poco prima se ne va miseramente. Il cappuccino si beve solitamente in piedi, quasi mai seduti beatamente a cianciare di una chiacchiera; in più, e sempre solitamente, esso si consuma dopo aver fatto una capatina dall'Amica delle Provette, che così, su due piedi, ti fa un bell'esamino del sangue, giust'appunto per controllare che tutto sia a posto. E poichè colà ci si reca digiuni, giocoforza piuttardi ci si rifocilla con bioche e cappuccino. Ma non è di lui che parlerò. Il mio cuore batte per il suo, il suo parente povero: il caffelatte. Tanto per cominciare il caffelatte non ha la schiuma. E' così, ridèe ou belle,liscio liscio, senza tanti fronzoli. Lo adoro. Non certo con il caffè normale, ma con una generosa cucchiaiata di orzo solubile, che non è caffè, ma come lo devo chiamare allora, orzollatte? Il mio caffelatte, quello dei miei risvegli e delle mie colazioni a casa è tiepidino. Nè troppo caldo nè troppo freddo, 40 secondi di microonde e la beatitudine trasforma il latte in una bevanda divina nel senso più letterale della parola. Poco importa se con biscotti o senza, con tristi fette biscottate o, durante le vacanze natalizie, inzuppandovi fettine sottilissimi di avanzi di panettone. Il caffelatte è impagabile. Ma quale triste thè, ma quale ancor più triste tazzina solinga e amara: il caffelatte, signora, solleverà le sorti del mondo. Anche perchè, scoperta di questi giorni, esso è ambivalente, a vela e a motore, da bosco e da riviera. Già, perchè se da un lato al mattino presto può essere consumato per dare un inizio decoroso alla giornata, così, nel corso della giornata medesima, esso può contribuire a riconciliarci col mondo, Mi Bevo Un Caffelatte, giusto per calmarsi un pò, per concentrarsi meglio o deconcentrarci del tutto da una questione che ci ottenebra i pensieri. E da due giorni in qua, è stato grazie a questa bevanda celeste che ancora non ho sbattuto la testa contro il muro. Ho detto non ancora. Può darsi pure che lo faccia, un giorno di questi. Direi che sono sulla buona strada.

La manina.

Salta fuori lentamente, con un movimento lentissimo e impercettibile, da sotto il lenzuolo. Che non lo diresti mai che qualcosa possa muoversi, ma non sta dormendo?, tanto il suo respiro e regolare e lei così immobile, in quel delirio di fiorellini e orsetti. La manina esce fuori, lei ha ancora gli occhi così chiusi ma se guardi bene, c'è già una specie di piccolo sorriso addormentato, quei sorrisi un pò imbronciati che hanno i bambini appena svegli, anzi, non svegli del tutto, ancora. Che fatica stamattina, che sonno, a partire dal Capitano, che sonno i ragazzi, che non è un bel momento per nessuno dei due, verifiche a raffica per il Liceale e studio dannato e Dio solo sa cos'altro per il Maturando, che sonno la scrivente, che faccio sempre un pò la parte del giullare e mi sa che qualche mattina qualcuno mi tira dietro qualcosa, che accendo la radio a palla per svegliarli con la musica. Il Beato Ridanciano Giovane Holden sulle Nuvole ritornato alla sua magione da studioso già da ieri. Tutto come da progetto. E la sopresa, stamattina, un buongiorno di baci dato alla Princi addormentatissima, e quella carezza leggera, sbucata fuori da sotto il lenzuolo, a dirmi Sei Tu Mamma senza parole, a sentirsi beata e al sicuro anche se proprio di aprire quegli occhi non ne aveva la minima voglia. Buongiorno, così. Quelle mattine che non sai, se pioverà o non pioverà, se farà frescolino oppure no, se dovevi fare una cosa importante e l' hai dimenticata, c'è una carezza morbida e improvvisa, tenerissima e leggera che ti fa sentire padrona del mondo.

23 maggio, 2008

Cielo d'ostrica.

Il sole ce la mette tutta. Un pò c'è, un pò non c'è, stendo fuori e o stendo dentro o non stendo per niente, che è meglio, che stendere non mi fa impazzire, è un lavoro di precisione, è un gioco di equilibri e di dimensioni, e di finissimi contrasti, metto una cosa qui e bilancio con l'altra di là, l'accappatoio con il lenzuolo, se no lo stendino, il volgarissimo stendino che il mio Amico Architetto disdegna, crolla miseramente col suo rumore di ferraglia, come quando lo butta giù il vento. E allora, meglio stendere in lavanderia che di spazio ce n'è, di fili e fili attaccati al muro in un sapiente intreccio di saliscendi e bacchettine. Ohibò. No che non c'è il sole, ed è un tempo incerto fuori e dentro, nel senso che sono incerta io, non so bene, confusa, stanca? ma no, un pò sconclusionata, senza schiuma come certi cappuccini, e questo cielo grigiolino e violettino, che a vederlo da lontano sembra molle, indeciso anche lui, non con quelle belle nuvolone di panna, bianche o nere a piacer vostro, che almeno si possono guardare. Questo che c'è è solo uno strato informe, un cielo mollusco che mollusca anche me, che non ne ho nessuna voglia al mondo di niente, e che stamattina dovò aspettare l'idraulico, che nemmeno è un idraulico degli spot, palestrato e tatuato. Il mio idraulico è normale fra i normali, bassino, e per nulla avvenente. La mattina si sciorinerà in siffatto modo, si riordinerà una stanza che sembra un set per un serial sulle Crociate, il dopo battaglia, per intenderci, si prenderà un caffè solinghe in cucina verso le 11 e ce la si metterà tutta per non farsi troppo influenzare da questo cielo, di fare il tifo per il sole che alla fine da qualche parte sbucherà pure, che poi suvvia, è pure venerdì, un inzio di fine settimana, di equipaggi che riedono, di arrosti per dieci e di altre amenità. E poi, detto sottovoce, a me le ostriche proprio non piacciono. Figurarsi nel cielo.

21 maggio, 2008

La leggenda del caprifoglio.



Lo aspettava da tempo. In un certo periodo dell'anno, l' assetto olfattivo della piccola aiuola cambiava. Beh, certo, c'erano le rose inglesi, con il loro profumo di limone, misto vaniglia, misto rugiada, misto caramella mou. Ma poi, a questo, si aggiungeva un altro aroma, pungente, insistente e inebriante, tanto da farti dire, qualora fossi arrivata bendata davanti alla porta, Ok, Questa è Casa Mia. Quell'anno, invece, nulla. La pioggia battente e le giornate novembrine, benchè fosse maggio inoltrato, avevano in qualche modo rallentato l'arrivo di codesto fiore. Anzi, di codesti, qualcuno giallino, qualcuno bianco, perchè si sa, un vero caprifoglio ha sempre due fiori diversi, due gusti, due baci. Ma la siepe non ne voleva sapere. Qualcuno aveva azzardato pronostici catastrofici, Quest'anno Non FIorirà. 
Qualcun altro scrutava non visto tra le foglie, per vedere se per caso ci fosse qualche bocciolino timido e nascosto, o magari scoprire un'infestazione di rarissimi parassiti transoceanici, arrivati fin lì chissà come. Nulla. Nulla di nulla. 
Solo foglie e foglie. 

Così, quale non fu lo stupore generale, quando, un bel mattino, aprendo la finestra appena dopo le 6 e 30, ella avvertì che, alla sinfonia di vaniglia, caramella eccetera si era unito anche il profumo tanto atteso di sapone e limoncello.
 Fece i gradini quattro a quattro, scapicollandosi giù dale scale, e corse fuori, all'aiuola. Il caprifoglio era lì, esploso, rigoglioso, profumatissimo, perfetto. Come se qualcuno, nottetempo, avesse incollato per bene i fiorellini col vinavil, che, giuro, ieri non c'erano, e spruzzato una generosa di dose di profumo dell'Erbolario, nel genere. Morale: inutile sbattersi tanto, dannarsi e preoccuparsi, sorvegliare e controllare. Il mondo che ruota intorno a te fa lo stesso quello che vuole. Esattamente come il caprifoglio.

20 maggio, 2008

Senti.

Non voleva uscire nemmeno il gatto, stamattina. Diluvio e venticello, forse anche più di un venticello a giudicare dai petali delle rose sparpagliati ovunque, un tappeto e non è mica che passi la processione. Che bel rumore fa la pioggia sui vetri, che bello vederla da dove arriva, proprio, dal cielo, non quando è già caduta, non so come dire. Uno si corica in grazia di finestra e guarda in sù, e le gocce che scendono le vedi appena nate o quasi, appena uscite dalle nuvole, ancora intatte e trasparenti e pure, chi lo sa quanta strada hanno fatto prima di arrivare sul pavimento del terrazzo, sulle foglie sulla lavanda piantata di fresco, lì vicino alle menta, chissà se terrà, stavolta. Che bel rumore la pioggia sul tetto, bisognerebbe stare qui, a ciondolare per casa, fare una sorpresa ai ragazzi, stamattina niente scuola, lo faccio spesso quando c'è la neve anche se con la pioggia, in tutta sincerità, mi sembra un tantino esagerato, ma stamattina andava così, quanto avrei voluto stare lì, a niente fare, a cincischiare, a bighellonare per casa, a cucinare un pò, con la radio sommessa, cucino sempre con la musica, mi concentra, mi fa canticchiare rompendo le uova, improvvisare una piroetta aprendo il forno, fare un acuto pesando la farina. Che donna vanesia, che donna leggera, che donna sognatrice e un pò zuccona, che beata fra le beate, che sciocchissima fanciulla. E intanto piove, le Regie Autolinee hanno consegnato a destinazione, sparpagliandoli nelle patrie scuole, i Giovani Virgulti di questa inconsueta casa. La Princi con suo zaino a pinguino in gita scolastica verso Milano, i Due ai rispettivi licei, venticinque parole in due, mi sembra un bel record. E intanto piove, una mattina che si scioglierà velocissima, le cose di sempre, le Sorelle del Corso, magari, che una spesuccia, signora mia, sempre bene ci sta, terapeutica e rasserenante, quanto se ne ha bisogno, non crede? E intanto piove, quella piccola malinconia si accantona con delicatezza per non farla esplodere come una bomba, guarda che luce viola che c'è, senti che fresco che fa, senti che odore di acqua e senti, senti che bel rumore.

19 maggio, 2008

Panna e pioggia.

E nebbiolina. E nessuna voglia. E musi. E occhi, fra lo spiritato e lo smarrito, Non c'è Niente Che va Bene. Si immaginano diversi, di solito, i mattini di maggio. E invece. Chi decide il tempo che farà, dovrebbe anche tener conto che esso, il tempo, è parte fondamentale nell'inizio di un'altra settimana. Stamattina gira male. Ha girato male il week end, ha girato male la pizza della domenica sera, ha girato male il risveglio di oggi. A nulla sono servite le quintalate di panna da affondarci le fragole, il pane fragrante, lo sforzo disumano per rendere tutto più gradevole. Acqua a scrosci e silenzi, il mio Sposo ed io a guardarci e a dirci, boh!, passerà. Si è molto concentrati sulle facce dei figlioli, in questi giorni, si scrutano, si studiano a carpirne un qualche segreto, le cose non dette. Si cerca di farli parlare un pochino, con scarsissimi risultati. Il Beato Giovane Holden è il più ridanciano, il più ciarliero, il più frizzante. Nemmeno la Princi, questa mattina, che proprio i monti della Calabria non le entravano in testa. Ohibò, passerà. Passa la luna piena, passa la tosse, la nebbia e il vapore dei fusilli nel lavandino. Passa l'allergia, passa l'estate, il compleanno, l'influenza e la noia e Natale, pure lui. Ci si aiuterà, in qualche modo, questa mattina. A spingere fuori questo velo di malinconia sottile, questo scatolone ingombrante che non si riesce a sollevare, appunto, si spinge, così, questo senso di Non Ci Posso Fare Niente, se non spremute, vitamine e abbracci silenziosi. E quintalate di panna e una torta leggera, magari, d far trovare sul tavolo, sul piatto bello con le rose. DI più, proprio non so che fare.

16 maggio, 2008

Private garden.

Immortalato così, appena bagnato, alle 7 più o meno, sì, avevo la macchina fotografica proprio sul tavolo della colazione, tra la marmellata di fragole e le vitamine, è stato un attimo. Sono i vasi che guardo al mattino, che osservo bene per vedere se sono diventata almeno un pò brava e non la solita killer di piante e piantine, in buona fede, però. E poi, questi vasi bellissimi, qualcuno regalo della mia Amica della Pastiera, a me il decoupage non è mai piaciuto, giuro, ma questi qua sono così belli e semplici e colorati il giusto che mi sembrano i vasi più belli del mondo. La menta, poi, Un regalo anche quello, sa? Ricevuta proprio ieri in uno di quei bei vicoli della città, quelli col sole e i tavolini per il caffè, al volo, una chiacchiera, uno sfogo, una confessione, avendo cura di stare in equilibrio sugli argomenti, le donne intelligenti si capiscono da qui, massì, tiriamocela per un momento, è venerdì, si può dire di tutto fino alla mezzanotte, siamo o non siamo già nel week end. Che forse adesso dovrà ben cambiare nome e si chiamerà la mia Amica della Menta, che speriamo che lei, la menta, infesti per bene quel bel vaso decorato col glicine, lei, l'Amica, che il glicine ce l'ha per vero (!) sul terrazzo. Pensieri confusi che si affacciano in questo mattino appena iniziato, le piantine da accudire non sono mica solo quelle verdi dentro ai vasi colorati. Sono quelle che ho in casa, com'è difficile certe volte, che momento è quando si indugia dopo cena, e che discorsi impegnati e faticosi e duri da tirar fuori o digerire, quando i piatti non ci sono più e resta solo la tovaglia con le briciole ammucchiate per bene in un angolo con gesti un pò maniacali per trovare i coraggi, che sono due, quello per parlare e quello per ascoltare. Che fatica è innaffiare una piantina stanca e sfiduciata, un'altra confusa e malinconica, un'altra ancora che al telefono ti dice Sono un Pò Giù. Si prenda un innaffiatoio, un pò colorato, va bene. E ci si sciolgano dentro tutte le parole, tutti i caldi abbracci, tutti gli sguardi a dire Sono Qua, Siamo Qua, Siamo Una Famiglia di quelle normali, più o meno, siamo una grande fortuna, siamo un'azienda, un esercito, un plotone, una squadra di calcio, un equipaggio per la Luna. Siamo qui, c'è da parlare e da ascoltare, a medicare, piccole e grandi ferite di cuori e di anime, oltrechè di ginocchia, col monopattino giù dalla discesa. E per queste, un cerotto e un bacino, ma per le altre, Gesù, com'è difficile. Così, annaffio in camicia da notte le violette, la menta e le petunie del mercato, e penso fra me alle altre mie piantine, da accudire, da farci attenzione, da tenerci lontane le erbacce, di accarezzarne le foglie quando un pò si accartocciano su se stesse e un pò seccano e non ne vogliono sapere di fiorire, piantine così belle e colorate, così forti e così fragili che si innaffiano col cuore.

15 maggio, 2008

Ci siamo. Quasi.


Ci sono i piumini dei pioppi, il sole, i ragazzi a scuola coi bermuda, le foto di classe, i giochi della gioventù o cose del genere. Tutto lì a dirti che anche questo anno scolastico ce lo stiamo togliendo di torno. Passato in un soffio, direi. In questa casa, quest'anno, la fine della scuola ha un sapore diverso, più malinconico di sempre, non saprei, un pò più sofferto. La PrinciFanciulla che conclude la beatitudine delle scuole elementari, il Liceale che arriva arrancando e sbuffando e SonoStanco con la s sibilante alla fine della PrimaEffeLiceoScientificoStataleGalileoGalilei. E poi, Lui. Un pò sciupato, in questi ultimi giorni, Non Ho Fame. Ha i riccioli più riccioli del solito e uno sguardo liquido, sconfinato, che non so descrivere. Ride. Ride di una risata che non suona, fa lo scemo come sempre, ma per meno tempo, non so. E studia studia. Esce pochissimo, nessun allenamento, solo qualche partitella di calcetto nel campo del villaggio, Non Vado In Città, Mamma, Sto Qui Fuori. E a cena, parlaparlaparla. Non tace. Di qualsiasi argomento, calciomercato, Travaglio, cose, amici, persone. Non tace. Non Sono Agitato, Davvero. Non so se credergli. Prima dell'esame di maturità, è proprio normale avere paura, ce l'abbiamo avuta tutti, no? Nessun esame mai sarà più come questo, nella vita. Ma lui, non tace. Ed è più grave di qualsiasi silenzio, di qualsiasi muso, di qualsiasi mugugno o borbottio. Era così grande, stamattina prima di uscire, così smarrito, un pochino, di quegli smarrimenti che solo le mamme sanno sentire, di quelle vibrazioni sottilissime che ti trasmette quando si avvicina, sa di sapone e di buono, Ciao Mà, e sembra dire, Sapessi, Mà. Ma io non so. Cioè so, immagino, credo, penso, ma sto così zitta, io. No che non è la scuola, o forse anche, ma i suoi pensieri, le sue ore sui libri e questo parlare, parlare, tradiscono qualcosa che mi sfugge, una specie di segreto, lui sa che io so, e vorrei dirgli coraggio, si cresce anche attraverso queste cose, questi dolori freschi e questi nodi nello stomaco, è un regalo dei tuoi anni, che sono da vivere così come sono, ti faranno bene anche se ti sembrano così pesanti, adesso, una valigia piena di mattoni. Vorrei dirgli che capisco, che so così bene come si sente che lo potrei disegnare, perchè lui è la mia copia esatta, fuori e dentro, lui è la mia anima più maschia, lui è il mio cuore leggero, lui è come me. So i suoi respiri e la sua sfacciataggine che nasconde una dolcezza sconfinata, so i suoi sguardi spavaldi a celare una timidezza impalpabile, so il suo sentirsi perso e far finta che no. So. So e sto zitta mentre lui parla e parla.

14 maggio, 2008

Ode al Labello.

Caldo, fa caldo. Nel senso che ancora non ci siamo abituati, che si è fatta desiderare per un pò e non è detto che sia qui davvero, stavolta. Che la sera vien sù quel venticello impertinente, chiederci al Capitano che razza di vento sia e da dove viene, ci sono cose nella vita che mai e mai imparerò. Fa caldo. Sandalini e peep, e non stia lì come un cocomero, signora mia, lo sanno tutti che le peep sono le scarpe col buco davanti. Così come sanno tutti che col sole e il caldo, anche il make up giornaliero, ossissì che cambia. Ci siamo cosparse tutto l'inverno di brilli in ogni dove, di strati e strati di gloss scintillante e terre abbronzanti sberluccicanti. ora, la musica cambia. Tanto per cominciare, al rogo pennelli e ciprie compatti, che un bel viso palliduccio e assolutamente naturale, in salute, come dire, è quanto di meglio per la stagione estiva. Ci penserà il sole, un pò più avanti, e se proprio non resistiamo, resta sempre l'opzione lampada, alla quale sono fortemente refrattaria, ma insomma. Ma, la recente, personalissima scoperta ha dato una sferzata alle consuete abitudini. Ho scoperto il Labello. Colorato, perdipiù, il che ha del miracoloso. Cioè, non proprio colorato, ma un pò argentatino, non coi brilli ma luminosissimo, rosa madreperlaceo, una cosa un pò lunare, ecco. E che risolve. Si può applicare con scioltezza, senza specchio e senza matita, e dà subito tutta un'altra aria. Non occorre entrare nel tempio della bellezza, nelle profumerie specchiate, ma lo si può far scivolare nel carrello con beata noncuranza, anche più d'uno, proprio lì, tra la farina e il sacchetto delle nespole appena pesato, al supermercato. E poi, cura. Sia per mare che sulla terraferma, il Labello ha la sua bella importanza, liscia le boccucce di rosa che hanno preso troppo vento o troppo freddo, e in più, come dire, arreda. Apparecchia. Quel tocco in più, come la maionese. Al bando, per il momento, i gloss con l'applicatore, i rossettoni superbrillantinosi, i Juicy Tubes. Il Labello è il futuro. E' la semplicità. E' l'estate. Che sì che si è fatta desiderare, ma alla fine, arriverà pure, no?

13 maggio, 2008

Un assaggio.

Tutto quello che sono riuscita a registrare ieri sera.
Manca tutta la parte più importante, manco a dirlo, di Cuore di Maglia.
Comunque, eccomi qui.
Per quella completa, bisognerà aspettare un pò.
Per il momento, ma sì che ci accontentiamo.
Eccome.

The day after.

Ma certo che adesso non mi monterò la testa, certo che no. Che serata, signora mia, e che nottata, pure, chissà cosa hanno pensato i vicini, con tutto quel movimento, e a quell'ora della notte, poi, la mezza passata, da noi, poi, che alle 11 al massimo si dorme tutti o quasi. Che notte, signora cara, che notte, che poi quando sono andata a dormire non mi riusciva di prendere sonno, e mi giravo e rigiravo e stragiravo convulsa come un pollo sullo spiedo, che polla son veramente, tanto gas per una telefonata in radio...beh, sfido chiunque, dai. Direi che è andato tutto bene, non mi sono impappinata neanche un pò ed è scivolato tutto via veloce. Diciotto minuti di intervista, non è roba da tutti i giorni. Domande su di me, sulle mie Fragole e su Cuore di Maglia, soprattutto, questa creaturina che così piccina dà già tutte le sue belle soddisfazioni. E' stato emozionante e divertente. Ora, aspettiamo soltanto la registrazione. Sì, perchè l'unica sbavatura è stata che, ad un certo punto, la connessione a Villa Villacolle se ne è svanita, puff!, e quindi il file dell'intervista è rimasto a metà. Ma non è importante. Ce l'avrò e molto presto. Insomma, oggi si riprende, basta coi sogni di gloria, con l'agitazione come ad un esame, con gli sms incoraggianti delle mie Amiche. Sei contenta? Ti ha intervistato Costanzo? Hai finito di stremarci? Bene, adesso è finita. Riprendi con le tue Fragole, i tuoi progetti, le cose tue e non montarti la testa. Ma certo che no. Son forse una che se la tira? Son forse una che parla sempre di se stessa? Son forse una che, pur di non chiederti nulla a riguardo, si inventa un arresto, un maremoto in casa sua, un serpente a sonagli trovato nello sgabuzzino? Tutto rientra, da oggi. E per gli autografi, da quella parte.

09 maggio, 2008

... E va bene.

Sveliamo arcani e misteri, cose da nulla ed eventi cosmici, cose che sono talmente strane che non sembrano vere nemmeno a me, figuriamoci. Quelle cose che ti fanno dire, ma io? proprio io? siete sicuri che non vi siete sbagliati?
Va bene, lo abbiamo capito, andrai in radio e cosa c'è di strano, che radio sarebbe, ah, Rai Radio Uno. Bene. Beh, ma tanto non ti ascolterà un bel nessuno di nessuno, chi vuoi che resti alzato per te, di lunedì sera, alle 00,25, ad ascoltare una intervista telefonica, proprio a te, poi, sulle cose che scrivi sulle Fragole, ma dimmi un pò, bellina, ma a chi vuoi mai che gliene importi un qualche cosa di quel Cuore di Maglia e di quelle coperte con le quali ci stremi da giorni. E cosa sarà mai, due domandine e poi veloce tutti a nanna e nessuno saprà mai chi diavolo sei. E poi, sentiamo, ma chi sarebbe che ti intervista?
Ah. Ecco.

07 maggio, 2008

Curiosi come scimmie.

E dimmi cos'è, e dimmi cosa fai, sei mica incinta? hai un amante, giura! Dove vai? E' una cosa bella o una cosa brutta? Chi riguarda? Lo conosco? La conosco? Dai, dimmi cos'è, dimmi chi è, dimmi quand'è, e dimmi perchè? Dai, è uno scherzo, alla fine non è niente, dai, ma allora, aspetta, fai un viaggio, hai vinto che cosa? e dimmelo, dai.
Considerando che, se facessi un altro bambino non saprei più che macchina comprare, e che, il Cielo mi ascolti, un amante è faticoso e impegnativo e sinceramente ma dove lo trovo il tempo, il mistero che affligge e il grande segreto che presto svelerò non è nessuna di queste cose qui.


No. No. No. Non dirò un bel nientissimo niente proprio.
O forse sì, un qualcheccosa lo posso anche dire.
Che ci sarà da fare tardi, per una volta.
Curiosi, curiosi, curiosi.
Però, che bello.


CdM Day.

Che tradotto vuol dire Il Gran bel Giorno di Cuore di Maglia®. Domani, 8 maggio, dalle ore 15 e fin verso sera, ci troviamo tutte, ma proprio tutte, per fare il punto della situazia, gran bella situazia, come diceva la mai compianta abbastanza ancella Olga. Ordunque,domani si conteranno tutte le scarpine, tutte le cuffiette, e io l'ho fatta così e tu l'hai fatta cosà, si apporrà ad ogni copertina, che sono una quantità insperata, il suo bel cuoricione che dice che sì, anche questa coperta è stata fatta da Cuore di Maglia. Ai primi di giugno la consegna ufficiale all'Ospedaletto, ma per adesso ci beeremo di tutti quei fili, di tutto quel calore, di tutti quei punti, uno in fila all'altro, che hanno dato vita alle cose che abbiamo fatto in questi giorni. Lì, sul tavolo di Josephine, ci saranno le cose che si vedono. E anche quelle che non si vedono ma che si sentono, si sentono eccome: la grande collaborazione, l'entusiasmo, la precisione e la determinazione con cui tutte indistintamente hanno aderito a questo progetto, nato un pò in sordina un pomeriggio qualunque e poi scoppiato come un fuoco d'artificio, di quelli che fanno un botto da paura, la sera della festa del santo patrono, a fine spettacolo. Il più gigante, il più spettacolare, certamente il più luminoso.

Special Knit Cafè
Special Guest
Cuore di Maglia®
Giovedì 8 maggio
dalle 15 fino al tramonto
A Casa di Josephine
Via Parma 10
Alessandria
Photo from: The Purl Bee

Sorrisi di maggio.


E magliette leggere, le maniche a tre quarti, le gonnine di voile, gli occhiali da sole. E le ceste di paglia, di già, per la spesa, mica ci prendiamo più le buste di plastica, così attente che siamo e un pochino snob, abbiamo solo deliziosi sacchettini di tela colorata e sporte provenzali e cestini da spiaggia di un viola accecante, da dove tra poco faranno capolino i grissini tiepidi del forno in città. E i boccioli delle rose, ce l'hanno fatta alla fine, qualche pidocchio qua e là, ma insomma, non andiamo tanto per il sottile, uno spruzzino di quell'intruglio e spariranno, per far esplodere tra qualche giorno un profumo di fresco e di buono, che se chiudi gli occhi sembra di annusare un flacone di essenza, ma come di cosa, di rosa, no? E i colori, dal crema al lilla, dal rosa rosa all'arancio melone, sarà un tripudio di petali già un pò sfioriti, come dire, le rose inglesi sono così, fioriscono di fiori già pieni, boccioli restano pochissimo, un giorno o due, e poi esplodono, appunto. Oggi una mattina dedicata un pò alle cose di casa, lenzuola nuove, magari, quando si ha voglia di qualcosa di nuovo si passa anche dalle lenzuola, non succede anche a lei? Arriva il sole, il caldino della primavera, il piumone alle ortiche e un delirio di lenzuolini a glicini e a papaveri, gli stessi che crescono nelle aiuole in mezzo al traffico, che belli i papaveri ai bordi della strada, mi fermerei a raccoglierli e li metterei in un vaso, insieme alle calle dell'Esselunga, con la polverina per farli durare più a lungo. I papaveri sono il segno della scuola che sta quasi per finire, si disegnavano sul quaderno di bella, col fiordaliso e una spiga di grano, copiati da Roselline, a mano libera, si diceva, mica i disegni spigolosi da fare coi quadretti. Orbene, una mattina di una banale e rassicurante semplicità, chè non disperino le sorelle del Corso, che tornata son e presto mi recherò, un caffè e una chiacchiera, che di notizie, signore care, ne ho una esplosiva, che non è gossip ma è molto di più. Ben venga maggio, con le polo e i sandali, con questa beatitudine immotivata, con questo raffinato benessere, con questa placida, sorridente quotidianità. I sorrisi, signora mia, sono come le rose dell'aiuola. Stanno chiusi per un pò e poi giocano a chi esce fuori per primo, a chi ha il colore più sgargiante, chi il profumo più intenso. E i sorrisi di maggio, ben lo si sa, sono a mazzi come le rose, a sorpresa, come i papaveri, a grappoli, come il glicine delle lenzuola.

05 maggio, 2008

Un calcio nel culo.

E no che non è una giostra, peccato. E poi, avevo promesso, nessuna parolaccia scritta qui, e invece eccomi, sboccacciata, a chiamare le cose col loro nome e il suo vero nome è questo qua. Di quello che ho preso oggi, una notizia magnifica, di quelle che dici, come? proprio io? e un calcio nel didietro, come al solito,come sempre. Non che volessi frizzi e lazzi e banda e cose, e cicciccì e coccoccò, non ci sono abituata, non mi hanno abituato mai, e anche se qualche volta anche un abbraccio mi farebbe piacere, un brava, che ne so, un modo per farmi sentire un calore che ho perso, se mai ce l'ho avuto qualche volta, che si è dissolto come i profumi dei campioncini che trovi in fondo al cassetto del bagno. Sono grande, ma insomma, ho le cose che ho, cosa frigno come una lattante, cosa mi fa stare così male, adesso, cosa mi fa sentire adesso così triste e amareggiata e così come sto. Un altro calcio e quanti sono non lo so, che a contarli mi si incrociano gli occhi, e il cervello pure, da dove comincio, allora, che le mani non bastano e un foglietto nemmeno, a tenere il conto, non sono brava con i numeri, lo sanno anche i sassi. Di quella volta che, e quell'altra che e quell'altra ancora, poi. Triste a dirsi, triste a riceversi. Io sono quella che tanto fa lo stesso, io sono quella che in fondo devo pensare che è fatta così, io sono quella che cosa voglio, in fondo. Vorrei che mi dispiace, vorrei che resta dell'amaro, dopo, vorrei che mi chiedo ma perchè, il mio urlo nel telefono, sai mamma, questo e quello,e invece, invece niente, come se avessi detto stasera faccio la frittata, ah ecco. Che scema che sono che ancora non ho imparato, che scema, scema, scema che sono a voler raccontare le cose mie, ma se non racconto una cosa così! E questo che cos'è, se non un gioco al massacro, che cos'è se non un nodo qui in fondo al cuore, che cos'è se non un altro, chiamando le cose col loro nome, un altro, inspiegabile e dolorosissimo, calcio nel culo.

Percossa e attonita.

E' una tradizione, oramai. Da quando hanno l'età della ragione, i miei figli il 5 maggio vengono svegliati in poesia. Così, alle ore sette e zero cinque, ho fatto irruzione nella loro linda (!) cameretta, declamando Ei fu, siccome immobile datto il mortal sospiro eccetera. No che non erano contenti. Il Liceale, poi, che ultimamente è piuttosto imbronciato e polemico e non proprio gradevolissimo nonostante l'adorazione della famiglia tutta, ha bofonchiato qualcosa di indistinto e si è rimesso con la testa sotto al cuscino. Il Maturando, vista la sua preparazione classica (ri-!) non ha proferito parola nè suono alcuno. Eppure respirava. Esperimento letterario non riuscito. Fatt'è che oggi, maggio cinque, mi sento poetica e napoleonica e già che ci siamo pure manzoniana. Il ponte lungo, questo crudelissimo assaggio di estate e di costumi e di creme abbronzanti al sapore di cocco, e di vento, e di fruscio di jennaker, che lo so bene signora cara che non ha la minima idea di che cosa sia, ma non sono proprio io la persona più adatta a cotale spiegazione, chiederci al Capitano Stubing che è tanto meglio, io so soltanto che lo volevo lilla, ma il signore che li vende ha guardato il Capitano con tanto d'occhi, che coooooosa? una vela lilla non si è mai vista, e allora me lo devo tenere di un bel turchese, che và con tutto, col blù del cielo e col blù del mare. E che ora che ci penso, non ho neppure un costumino che vi si intoni e allora, mi sa davvero che dovrò rimediare, per non farmi trovare impreparata, per non stonare a poppa e a prua, sù e giù per la spiagge più raminghe, dall'Alpi alla piramidi, dal Manzanarre al Reno. E via, stamattina và così.

04 maggio, 2008

Yawnnnn!


Quasi il giro dell'orologio, più o meno. Niente tv, niente di niente, una cena improvvisata, qualcuno in giro, facciamo che stasera ognuno apre il frigo e prende un pò quello che vuole, un'insalatina, una pesca succosa da circa 3 euro, e fate un desiderio, sono le prime della stagione, qualcuno vuole una pasta? Una stanchezza cosmica, come se avessi passato il sabato pomeriggio a scaricare casse di angurie ai mercati generali. E invece, una festa a sorpresa ieri mattina, riuscitissima e stupefacente, e poi il nulla, qualche lavatrice estemporanea, che quella non manca proprio mai e lavoretti senza senso, da sabato pomeriggio. Alle 10 più o meno sono crollata, come si crolla quando proprio non ce la si fa più, quando fai fatica a tenere gli occhi aperti, quando ti infili la camicia da notte in uno stato di semi-incoscienza e ti schianti e resti immobile e formuli un pensiero e mezzo, di quelli che si fanno prima di dormire e poi, poi la nebbia, la schiuma, prati di cotone e di silenzio e di zzzzzz. Insomma, avevo sonno. E anche stamattina, in realtà. Va bene, sarà la primavera, ma dormire e dormire come nonna Cesira non mi pare nemmeno tanto normale. Con la quantità di cose domenicali che ho da fare. Sissignore. Un regio ragù per la regia famiglia. Lo stendimento di due lavatrici, accuratissime, essendovi insita la arbitrale divisa federale del federale arbitro Holden Paparesta LoBello, che più bello lo è per ben sul serio in questi giorni, che un pò gli brillano gli occhi castagna, vai tu a capire perchè. Una domenica di sole pallido pallido, coi gladioli già cresciuti al bordo del pratino, le rose in boccioli verdini, le violette esplose. Tutto normale e tranquillissimo. Però, un sonnellino...

02 maggio, 2008

Point à la ligne.

E che punto e a capo sia. Riedo. Mestamente ma un pò contenta, anche, chè di lasciare una parte della regia famiglia a casa non è che proprio mi sia così lieto. Solo a me, mi pare di capire. In effetti, la scuola, chi faceva ponte e chi no, e poi boccoli e biondine, giocoforza, trattengono in città. A nulla sono valse le nostre più dettagliate e mirabolanti descrizioni, andremo di qui e andremo di là, e loro a sbuffare impercettibilmente, ma come, non lo so ancora che la vacanza più desiata da queste parti è la casa libera e noi lontani, non troppo ma il giusto? Ben perciò, vacanza è stata, pure per loro. Plotoni di fanciulli e fanciulle hanno bivaccato in maniera composta e ordinatissima nei saloni della regia residenza, ala est e ala ovest. Hanno scongelato pizze, improvvisato pastasciutte per una quindicina, fatto spese tutti insieme, in questa specie di colonia elioterapica che era diventata la mia casa in questi ultimi giorni. Ho trovato tutto perfetto. Troppo perfetto. Non una piegolina sui divani, non un granellino di polvere, non una briciola, non una forchetta fuori posto. E tutto ciò mi insospettisce. Come nelle scene dei delitti più perfetti, non un'impronta, non un segno. Se l'orda è passata, deve aver anche rimesso tutto al posto suo, con precisione. Beh, intanto noi si riede dalla Cote d'Azur, abbronzatini, rilassati e pronti. Intanto, domani è ancora vacanza e dopodomani pure. Il punto l'abbiamo fatto. Per l'a capo c'è ancora tempo.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...