14 marzo, 2008

La famiglia dei Pettirossi.

Sono tanti. Uno stuolo. Uno stormo. Un sacco, insomma. Sono almeno 6, anche se non è molto facile distinguerli fra loro. Certo, ce n'è uno più cicciardo e uno con la testolina bianca, ma insomma, sono sempre una quantità. Arrivano al mattino presto e verso il tramonto. Li ho abituati così. Nel senso che non è che mi sono data all'ammaestramento dei pettirossi, così, a tempo perso, ma diciamo che me ne prendo cura. Ho comprato per loro una casetta di legno, dove, con un marchigegno ingegneristico è stato apposto un cucchiaino di plastica che possa contenere il loro cibo. E certo, briciole e briciole, ma anche e soprattutto il mangime appositamente apposito per i pettirossi, rosso, infatti, per mantenere il loro piumaggio vivace e splendente. I pettirossi sono strani personaggi: hanno, per cominciare, un aspetto buffo. Zampettano, sono guardinghi e sospettosissimi, non danno confidenza, sono, per così dire, un pò altezzosi. Non che se la tirino, però hanno quel modo di fare, che fanno cadere le cose un pò dall'alto, insomma, un tantino snob. Questa mattina, la sveglia è suonata più che all'alba in casa mia. Il Maturando si reca in gita scolastica, olè, e quindi alzarsi alle 5 è stato un gioco da ragazzi. Ma questo cambiamento di sveglia mi ha permesso di seguire meglio i movimenti della colorata famigliola che vive da qualche tempo nel mio giardino. Arrivano uno per volta, ben attenti ad eludere la sorveglianza dei ferocissimi felini che fanno finta di sonnecchiare sul terrazzo o che li osservano attraverso il vetro. Poi, una volta ben sicuri di non correre pericoli, si avvicinano in un frullare di ali e di cip cip al cucchiaino griffato. E lì, si scialano. I pettirossi mi piacciono. Confesso che per me è anche una terapia. Non faccio birdwatching, ma osservando i loro movimenti e le loro testoline e quelle faccine un pò così e quei loro colori così belli ed insoliti, riesco anche, alla bisogna, a dimenticare ansie e magoni, batticuori e debolezze, tristerie e paure. La terapia del Pettirosso. La brevetterò.

2 commenti:

santin ha detto...

L'immagine di te con la famigliola dei pettirossi è meravigliosa. hai dato colore a questa giornata un pò uggiosa..
Un bacio grande, cuginetta...

E' l'inizio di un romanzo che sto leggendo per lavoro e ti ho subito pensato..Carmela Cipriani, Dichiarazione d'amore a venezia,Sperling &Kupfer

"Un giorno mi svegliai e decisi di andare a scuola a cavallo del mio gatto.
Lo decisi fermamente e non vi fu verso di farmi cambiare idea.
Ci misi più di mezz’ora per convincerlo, il gatto.
Alla fine riuscii a montarlo. Fiera. Era un gatto persiano. Ciro.
Le difficoltà arrivarono al primo ponte.
Ciro non voleva salire nemmeno sul primo gradino. Gli davo dei colpetti ai fianchi con i talloni, ma lui miagolava «no».
Lo attraversai a piedi e lui anche. Poi rimontai in groppa e mi avviai al trotto verso il ponte dell’Accademia. Il grande ponte dai 104 scalini. «Ciro», dissi. «Vai!»
Lui miagolò un: «È troppo faticoso».
Replicai che non gli avrei dato il solito pesce. E così, piano piano, sotto gli occhi esterrefatti dei passanti, attraversai in groppa a Ciro il Grande Ponte.
A scuola i compagni mi accolsero con «È arrivata la marchesa di Carabas!»
Ciro si sentì protagonista e si mise ritto in piedi sulle zampe posteriori. Gli mancavano gli stivali e il cappello, ma camminò al mio fianco fino all’aula. Poi, pensieroso e incerto, si allontanò da me, e appena uscito dall’aula, voltando la faccia e non vedendomi più, si accucciò alla base del ponte ad aspettarmi"

diamanterosa ha detto...

Grazie di questa citazione, hai sempre dei pensieri speciali...cugino. Cugino???!!!

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...